Opec, vittima degli effetti collaterali della guerra
di Angela Nocioni - estrapolato da "Liberazione" 12 aprile 2003

Caracas - nostra inviata

«Il 20 marzo 2003 Washington attacca l'Iraq stracciando l'Onu e lo stato di diritto internazionale. 
L'11 aprile 2002 promuove e appoggia il colpo di stato contro il governo Chavez rompendo lo stato di diritto in Venzuela.
L'aggressore è sempre lo stesso: il direttorio petrolifero dell'amministrazione Bush. Identico l'obiettivo a lungo termine: assicurarsi il controllo dei giacimenti petroliferi. Sono differenti gli strumenti. In Iraq l'aggressione militare è diretta. In Venezuela, Washington utilizza prima una piccola cupola di generali e poi la sua enclave in territorio nemico: la dirigenza della "Petrolio de Venezuela", Pdvsa, l'impresa petrolifera statale di cui è il principale cliente.
Il progetto fallisce, ma gli è impossibile archiviarlo. Con una guerra avviata all'Iraq e le aggressioni annunciate alla Siria e all'Iran, assicurarsi il controllo sulle risorse del suo principale fornitore petrolifero dopo il Medio Oriente è per Washington una necessità strategica».
Nell'anniversario del Golpe fallito dell'11 aprile Victor Poleo, economista, massimo esperto a Caracas della politica del petrolio fatta dentro e fuori dell'Opec, assai ascoltato dagli alti comandi militari venezuelani è tutt'altro che tranquillo. 
«Da quando il primo bombardiere si è alzato su Bagdad i nostri timori hanno trovato conferma. Quando Terek Aziz dice: "fate attenzione a ignorare la nostra sorte perché la prossima volta tocca a voi" tenta di difendere pateticamente le aspirazioni alla sopravvivenza di un regime agonizzante, ma non dice il falso. Non ci bombarderanno, certo, non ne hanno bisogno. Per prendere il controllo sulle risorse di quest'area gli è sufficiente creare uno stato di caos da presentare come una situazione d'ingovernabilità su cui intervenire gestendo la transizione attraverso un governo complice sul modello del gabinetto golpista preparato da loro nell'aprile scorso».

Domanda: L'attacco all'Iraq è partito il 20 marzo. Una proposta ufficiale per una riunione straordinaria dei Paesi dell'Opec è arrivata solo quattro giorni fa, con le truppe angloamericane a un passo da Bagdad. Un ritardo calcolato o un segno di impotenza?

Di debolezza, si assoluta debolezza. Non è nemmeno il primo. Non dimentichiamoci che la decisione dell'Opec di mantenere i prezzi alti del petrolio, l'ultima presa di posizione inequivocabilmente politica dell'Opec, avvenne durante il primo governo Chavez e fu una nostra proposta agli altri produttori. Non venne dai paesi arabi. Il margine di manovra dell'Opec è drammaticamente ridotto. Washington controlla le decisioni in materia petrolifera di Kuwait e Arabia Saudita. Ora prenderà direttamente quelle dell'Iraq. Ha assestato un colpo pesante al soggetto che poteva presentarsi più pericoloso per gli interessi statunitensi nel nuovo assetto di poteri mondiali. E' un successo incassato in pieno. Tra i maggiori di questa guerra. E non era affatto scontato.

D: Perché esclude che con il mondo arabo in fermento ci possano essere delle sorprese anche dentro l'Opec?

Perché gli unici dai quali le si potrebbero attendere sono Libia e l'Algeria, entrambi paesi fortemente nazionalisti, ma che disgraziatamente hanno già mostrato in passato la loro disponibilità al compromesso.
(...)

A cura di Angela Nocioni

 
www.disinformazione.it