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Questo
mondo NON è in vendita!
Sì a regole trasparenti e democratiche
per il commercio globale
No all’espansione dell’accordo GATS e del WTO a Cancun
Tratto dal sito www.campagnawto.org
Il ruolo ed i poteri del
WTO
Dalla sua nascita nel 1995, l’ Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO)
ha ampliato la sua sfera di influenza dal solo commercio di beni (GATT) ai
servizi (GATS), ai diritti di proprietà intellettuale (TRIPS), agli
investimenti nel settore del commercio (TRIMS), all’ agricoltura (AoA) fino
agli standard sanitari e fitosanitari (SPS). Alla vigilia della V conferenza
Ministeriale del WTO prevista a Cancun, in Messico, dal 10 al 14 Settembre del
2003, un nuovo round di negoziati rischia di obbligare il pianeta a vivere
soltanto secondo le regole del profitto e del commercio internazionale.
Il WTO deciderà, ad esempio, sulla
supremazia delle regole del commercio su tutti gli accordi internazionali
sull’ ambiente, quali le Convenzioni sui cambiamenti climatici e la
biodiversità, in nome del diritto alla libera concorrenza globale. A Cancun il
WTO intende fare un ulteriore passo avanti nella totale liberalizzazione della
produzione agricola ed alimentare, sostenendo l’ equazione cibo uguale merce,
con la pretesa di organizzare la produzione agricola del pianeta come se ogni
contadino lavorasse per un mercato mondiale. Il WTO si appresta a concentrare
nelle sue mani un potere che nessun’ altra istituzione internazionale ha mai
avuto; un potere che non è soltanto formale, vista la possibilità di comminare
ingenti sanzioni economiche agli stati che non ne rispettano gli accordi.
Oggi sono a rischio i risultati delle battaglie democratiche degli ultimi
decenni per avere regole locali, nazionali ed internazionali che tutelino i
diritti dei cittadini e dei popoli. Ma è ancora possibile fermare il WTO a
Cancun ed invertire la rotta. La resistenza dei paesi del sud del mondo e dei
movimenti sociali globali contro un ulteriore allargamento del mandato del WTO
si fa sempre più forte. Spetta a noi cittadini europei riprendere questa lotta
anche contro le proposte dell’ Unione Europea, che è la principale
sostenitrice di un ampliamento dei negoziati sull’ accordo GATS ad una serie
di servizi essenziali che vanno dall’ istruzione alla sanità, dai trasporti
alla gestione dei rifiuti, dalla fornitura d’ acqua alle telecomunicazioni.
L’ UE sta inoltre esercitando forti pressioni per avviare a Cancun un
negoziato su una serie di questioni che sono fuori dell’ ambito del commercio,
quali la proposta di un accordo sugli investimenti che ricalca in massima parte
il famigerato MAI (Multilateral Agreement on Investment), respinto con forza
dalla società civile e da alcuni parlamenti europei nel 1998.
Poco importa al potente Commissario europeo al commercio Pascal Lamy della
mancanza di trasparenza delle modalità con cui sono condotti i cosiddetti
“negoziati” al WTO, e poco o nulla si sa delle decisioni prese dalla
Commissione Europea su questi temi fondamentali. Lo stesso Parlamento Europeo,
ed in misura ancora maggiore i Parlamenti dei singoli stati, è tenuto all’
oscuro dei negoziati e delle decisioni prese. E’ emblematico che nell’
agenda della Commissione sia previsto che i Governi dei singoli paesi abbiano un
solo mese di tempo per prendere posizione sulle proposte in merito alla
liberalizzazione di tutti i servizi. L’ Italia, in particolare, avrà un ruolo
centrale nella conduzione della riunione ministeriale di Cancun poiché, come
presidente di turno, sarà il portavoce dell’ Unione Europea e avrà quindi un
ruolo di indirizzo delle scelte europee.
Le minacce del WTO Siamo preoccupati per il potere che il WTO va assumendo,
anche in ragione dei processi decisionali che tendono ad emarginare i membri più
deboli o scomodi. Anche se formalmente questa
organizzazione si presenta come una struttura democratica, che funziona secondo
il principio un paese un voto, nella pratica si osserva una grave mancanza di
democrazia e di trasparenza. Le decisioni fondamentali vengono spesso prese nel
corso di riunioni ristrette, come nel caso dell’ incontro di Sydney del
novembre 2002, al quale furono ammessi solo 25 dei 144 paesi membri, e dell’
ultima conferenza ministeriale di Doha del novembre 2001, dove numerosi
rappresentanti dei paesi del sud del mondo furono letteralmente tenuti fuori
dalle stanze dove queste decisioni venivano prese. Questa concentrazione di
potere si dimostra poi essere funzionale agli interessi delle imprese
multinazionali, ovvero delle élite economiche e finanziarie globali, senza che
venga fatta una congrua valutazione d’ impatto ambientale, sociale e di
sviluppo nei singoli paesi.
Siamo preoccupati per l’ impatto che potrebbe avere sull’ Italia, dove la
ricchezza è prodotta per l’ 80% da piccole e medie imprese, un regime di
completa liberalizzazione del mercato nel quale una piccola azienda, un
artigiano, un contadino o una cooperativa si dovessero confrontare direttamente
con una impresa multinazionale. Quale effettiva autonomia politica e decisionale
avrebbero le istituzioni, dal Governo agli enti locali, nel momento in cui ogni
decisione che avesse delle ricadute ambientali, sociali o di sviluppo potrebbe
essere vista come un ostacolo al libero commercio? L’ Unione Europea e gli
Stati Uniti intendono privarsi, legandosi a accordi internazionali sempre più
vincolanti, di tutta una serie di strumenti di politica economica, e non solo,
necessari per regolamentare i mercati e rispondere alle situazioni di crisi.
Nell’ ottica del WTO, servizi essenziali quali scuola o ospedali dovrebbero,
infatti, essere posti in un regime di libera concorrenza a livello mondiale,
favorendo di fatto una ulteriore privatizzazione di enti pubblici e la creazione
di monopoli privati che controllerebbero dei beni essenziali per la vita di
ciascuno di noi. Abbiamo già esempi di privatizzazioni di aziende pubbliche e
delle conseguenze in termini di perdita di posti di lavoro, di peggioramento dei
servizi ed aumento delle tariffe a svantaggio delle fasce più deboli.
Siamo preoccupati per l’ aggravamento che le regole del WTO imporrebbero alla
difficile condizione delle donne, che sono già oggi maggiormente colpite dalle
conseguenze della povertà e delle minori possibilità di accesso alle risorse,
nel nord come nel sud del mondo. Sono sempre più evidenti le responsabilità
che le grandi potenze agricole del pianeta, in particolare USA e Unione Europea,
hanno nell’ aggravare la crisi delle agricolture locali ed in particolare di
quella familiare, che contribuisce in misura decisiva a soddisfare le più
elementari esigenze alimentari.
Siamo preoccupati per le conseguenze della privatizzazione dell’ accesso e
della fornitura d’ acqua nei paesi del sud del mondo. Come potrebbero inoltre
le economie dei paesi in via di sviluppo sostenere l’ aggressione delle
multinazionali dei trasporti, delle telecomunicazioni, dei servizi postali,
della chimica e dell’ agricoltura se i governi nazionali non potessero più
applicare norme a tutela dello sviluppo locale? Già oggi assistiamo ad un
“corsa al ribasso” dei governi dei paesi del sud in materia ambientale e di
diritti dei lavoratori pur di attrarre i capitali e gli investimenti delle
multinazionali private. L’ Europa, che ha goduto per quasi cent’ anni di
mercati protetti che hanno permesso lo sviluppo della sua economia, vuole oggi
negare questa possibilità ai paesi in via di sviluppo, dimostrando la sua più
profonda incoerenza ed ipocrisia. L’ esempio più inaccettabile è quello
dell’ agricoltura, dove Europa e Stati Uniti non solo impongono l’
abolizione della protezione e del sostegno alle agricolture dei paesi del sud,
ma prefigurano accordi mondiali sull’ agricoltura che consentono di continuare
a concedere sussidi ingiustamente ripartititi a vantaggio dei grandi produttori
- in Italia lo 0,8% dei produttori incassa un quinto di tutti gli aiuti della
politica agricola comunitaria, mentre negli ultimi dieci anni è sparita una
azienda agricola ogni dieci minuti! - falsando il mercato agricolo mondiale e
strangolando le produzioni locali mediante pratiche di “dumping”.
Le nostre richieste Occorre invertire questa rotta. Dobbiamo adoperarci tutti,
singoli, organizzazioni della società civile e dei consumatori, enti locali,
sindacati, istituzioni, associazioni di categoria e formazioni politiche, per
fermare il disegno del WTO a Cancun e le proposte sostenute dall’ Unione
Europea. Per questo, come primi passi necessari, noi chiediamo al Governo
italiano ed all’ Unione Europea di:
- escludere dalle richieste e dalle offerte in ambito di negoziato GATS la
liberalizzazione di tutti i servizi essenziali e di adoperarsi per ridurre l’
invasività del GATS ristabilendo la sovranità nazionale e locale nella
definizione dei regolamenti sulla fornitura dei servizi;
- arrestare il tentativo di allargamento del mandato e dei poteri del WTO in
vista della V conferenza Ministeriale di Cancun e di opporsi all’ apertura di
nuovi negoziati;
- interrompere la concessione dei sussidi – comunque camuffati - alle
esportazioni di prodotti agricoli, ponendo così fine alle pratiche di dumping
che danneggiano irrimediabilmente i piccoli produttori europei e dei paesi in
via di sviluppo; assicurare la massima trasparenza delle forme di sostegno alla
produzione, come nel caso degli aiuti diretti; creare meccanismi per la
protezione delle produzioni locali favorendo il raggiungimento della sovranità
alimentare nel nord come nel sud del mondo;
- proibire all’ interno dei negoziati TRIPS il riconoscimento della
brevettazione sotto qualunque forma delle risorse genetiche affermando il
diritto di ogni paese a tutelare nelle forme più appropriate le sementi e più
in generale la biodiversità, i saperi e le conoscenze tradizionali dal
controllo monopolistico di un ristretto numero di grandi aziende private;
- impegnarsi per la piena ed effettiva attuazione delle eccezioni sanitarie
previste dagli accordi TRIPS, affinché i paesi del sud del mondo possano
produrre ed importare i farmaci generici, necessari a garantire il diritto alla
salute delle popolazioni.
Crediamo anche che sia giunto il tempo di istituire un sistema di regole chiare
e vincolanti che definiscano per le imprese multinazionali garanzie ma
soprattutto trasparenza e doveri al pari di quelle richieste agli Stati, e di
impegnarsi affinché le tematiche ambientali, sociali e di sviluppo locale siano
considerate come le priorità e gli obiettivi delle politiche commerciali. Dovrà
risultare chiaro che la commercializzazione del cibo deve necessariamente
seguire criteri e regole che gli sono propri e specifici e che debbono essere
negoziati in luoghi appropriati tenendo conto prima di tutto della salvaguardia
del diritto fondamentale di ogni persona e di tutti i popoli a veder garantita
la propria sicurezza alimentare.
Il successo di questa lotta comune ci darebbe la possibilità di lanciare con
forza le nostre proposte di regole democratiche e trasparenti per un commercio
internazionale basato su una giustizia sociale ed economica per tutti, e per la
protezione dell’ unico pianeta che abbiamo e che non possiamo mettere in
vendita.