"Quel video è manipolato"
Il Manifesto 22 dicembre 2001

"Quel video è manipolato"
Denuncia dei traduttori Usa e della tv tedesca: aggiunte arbitrarie, censure politiche
E. N.


I dubbi sull'ormai famoso video-confessione di Osama bin Laden sono enormemente aumentati ieri, quando da due diverse ma attendibili fonti sono state smentite le ferree certezze che la Casa bianca fin dall'inizio ha voluto associare al documento.
La prima, severa smentita viene dalla tv pubblica tedesca Ard, che ha condotto un'inchiesta sul video e sull'attendibilità della traduzione fatta dagli esperti del Pentagono facendola esaminare da un illustre orientalista dell'Università di Amburgo e da due traduttori giurati. Tutti e tre sono giunti alla conclusione che in diversi e qualificanti passaggi del video la traduzione inglese va assai al di là di quanto effettivamente si senta: e sono proprio i passaggi dove dalle parole di bin Laden "si dovrebbe dedurre una chiara responsabilità". In particolare, sembra che nella traduzione inglese siano stati inseriti dei contesti temporali - non presenti nelle parole arabe ascoltabili - che dimostrano una conoscenza anticipata dei fatti da parte del leader terrorista.
Le accuse tedesche sono abbastanza gravi. Ma ad esse si sommano le dichiarazioni, di tono e contenuto diverso ma altrettanto sconcertanti (e tali da intaccare seriamente la credibilità dell'operazione) rilasciate da uno dei traduttori ingaggiati dal governo americano, George Michael, intervistato dalla Associated press. Secondo Michael, il testo della traduzione da lui consegnata era più ampio e dettagliato di quello poi reso pubblico. Per esempio, conteneva molti nomi che poi sono scomparsi. Nomi di membri dei commandos suicidi di dirottatori: non solo Mohammed Atta verrebbe citato da bin Laden, ma anche diversi altri (almeno sei); inoltre nella conversazione ci sarebbero dei riferimenti espliciti a persone della polizia saudita e del clero saudita che avrebbero dato aiuto all'organizzazione terrorista. Michael (che è di origine libanese) e il suo collega egiziano Kassem Wahba (anch'egli assoldato dal Pentagono) non sono riusciti a intendere il nome di uno sceicco saudita citato dall'ospite di bin Laden come persona di grande aiuto; ma un altro traduttore indipendente saudita, Ali al-Ahmed, cui la Ap ha sottoposto il video, lo ha indentificato come Sheikh Abdulah al-Baraak, uno dei più importanti consiglieri religiosi della dinastia regnante saudita. Una realtà - osserva al-Ahmed - che probabilmente è molto imbarazzante per Riyadh: "penso che possa esserci stato un tentativo di coprire quello che poteva essere politicamente nocivo per gli Stati uniti".
Ma dalla vicenda emergono due fatti gravissimi: il primo, che il video per un verso o per l'altro è stato effettivamente manomesso e dunque non è pienamente attendibile; il secondo, che gli Stati uniti nella loro guerra contro il terrorismo possono sterminare interi popoli ma non intendono in nessun caso toccare i veri "santuari" del terrorismo islamico in Arabia saudita, troppo contigui ai loro interessi petroliferi. E non è consolante.

 
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