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I videogiochi inducono comportamenti e pensieri aggressivi
Videogiochi
& violenza
La strategia
per condizionare e deviare le menti dei giovani
Marcello Pamio
– 8 marzo 2007
L’argomento “Videogiochi & violenza” è un
argomento ostico e delicato e per questo attaccabile da coloro che non
comprendono, o non vogliono comprendere, l’importanza enorme che
invece ha nel condizionamento della nostra società, soprattutto quella
giovanile.
Inizio con una breve analisi storica dell’evoluzione dei giochi, per
evidenziare come nel corso di soli trent’anni, la tecnologia ha reso
possibile il passaggio da giochi semplici a strutture complesse e
impressionantemente realistiche.
I videogiochi nascono agli inizi degli anni ’60 da un
gruppo di ricercatori del M.I.T. (Massachusetts Institute of Technology
di Boston) che inventano lo Spacewar,
un gioco in cui due navicelle spaziali si sparano a vicenda attorno ad
una stella. La grafica per le potenzialità limitate dei computer
dell’epoca è molto scadente e semplice: sfondo nero e astronavi
bianche, ma nonostante questo ebbe una diffusione enorme.
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Spacewar
del 1962 |
Pong
degli anni ‘70 |
Si dovrà attendere circa 10 anni, perché venga prodotto
il primo “videogioco di massa”: il famosissimo Pong della Atari
(prima casa produttrice a livello mondiale).
Il gioco consiste nel colpire una pallina, rappresentata da un
quadratino (anche qui la grafica è scadente). Gioco estremamente
semplice e ripetitivo.
Passano gli anni e la tecnologia elettronica (ricaduta militare) fa
passi da gigante.
Intorno agli anni ‘70, per la precisione nel 1975, nasce l’Altair
8800 seguito poi da IMSAI
8080. Nasce il Personal Computer, il 5100
della IBM con 16Kb di memoria e monitor a 16 linee x 64 caratteri.
Il 1976 vede sul mercato addirittura 50 microprocessori (in pratica
l’unità centrale di processo del computer) delle principali marche: Intel,
Ami, Motorola, Rca, Rockwell, Toshiba,
ecc.
Questo stesso anno
I processori, mese dopo mese, si fanno sempre più veloci e le
risoluzioni dei monitor sempre più elevate. Con la crescita delle
prestazioni hardware, naturalmente, cresce anche la qualità software
che implica sempre più realismo.
Vediamo adesso alcuni dei principali giochi.
Nel 1991 la ditta Capcom
commercializza il primo videogioco della serie “picchiaduro”: Street
Fighter II.
Un classico
combattimento di Street Fighter II
Scopo del gioco: abbattere, sconfiggere l’avversario
attraverso una serie di mosse e/o armi.
Le mosse sono sempre le stesse, come pure le armi (l’arma è
caratteristica di ogni personaggio scelto) e questo comporta ripetitività
e mosse sleali. Vince chi abbatte tutti i “nemici”.
L’anno successivo
Nel gioco,
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Scena
violenta di Mortal Kombat Deception |
Locandina
del gioco. Da notare la scritta
ARMAGEDDON e simboli come il drago |
Oltre ad un simbolismo molto oscuro iniziano ad apparire scritte evocanti, come per esempio Armageddon, che - guarda caso - troveremo più avanti anche in altri giochi, e il sangue inizia ad essere il comun denominatore.
Nel 1993, prodotto dalla ID Software, esce il cruentissimo DOOM.
Il giocatore indossa i panni di un marine statunitense deportato sul
pianeta Marte. Qui si troverà a combattere, con fucili a pompa,
motoseghe e armi al plasma, contro gli stessi compagni “mutati” in
zombie e le creature infernali che hanno invaso la colonia.
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Scena
sanguinolenta del gioco DOOM |
Locandina
del gioco DOOM |
Altissimi sono i livelli di violenza in questo videogioco,
come pure numerose sono i riferimenti a Satana e questo ha scatenato
negli States una forte protesta.
La cosa che ha fatto rizzare i capelli (ma che pochi sanno) è che gli
autori del massacro alla scuola superiore di Colombine (che ha ispirato
il documentario di Michael Moore)
erano sfegatati proprio di questo videogioco! Non solo, addirittura Eric
Harris, uno dei due criminali, aveva riprogrammato
il gioco con la riproduzione virtuale del suo ambiente scolastico!
E’ d’obbligo precisare a questo punto che Harris era in “cura”
con psicofarmaci come Luvox,
molto simile al Prozac.
Droghe legali che hanno pesantissimi effetti collaterali, aggravano
depressioni, aumentano il rischio di suicidio e l’aggressività.
Siamo nel 1996 e il mondo viene letteralmente inondato dai Pokemon,
della giapponese Nintendo.
Qualcuno potrebbe obiettare che i piccoli mostricciatoli nipponici sono
simpatici e buoni e non possono rientrare in questa analisi! Ma non è
così.
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Il
mostriciattolo Pikachu, all’apparenza simpatico e buono
nasconde invece una cattiveria profonda |
Tale gioco, mirato ovviamente ai piccolissimi, ha
partecipato invece alla promozione di istinti violenti. Pokemon,
contrazione di Pocket Monsters
(piccoli mostri o mostri tascabili), è un sistema articolato di
videogiochi, figurine e film che ha lo scopo di inculcare nella mente
dei bambini (che diventano subito dipendenti) delle regole a cui essi
poi si rifaranno nel mondo reale. «La
prima è quella di uccidere, ammazzare soprattutto i poveri, prima che
quelli diventino briganti che ammazzano te»[1]
«Nell’universo
Pokemon si ammazza in tanti modi, ad esempio c’è chi succhia via
l’anima del nemico, chi spara palle di fuoco, ecc. In sostanza le
regole sono quelle di rendere la vita sociale del tutto meccanicistica»[2]
Alla faccia dei simpatici mostricciatoli!
Nel 1997
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Il
giocatore ha appena schiacciato dei passanti |
Locandina
(molto satanica) del gioco |
Da notare anche in questo caso il gioco di parole Carmageddon, Carma e Armageddon che ricorda la battaglia finale citata nell’Apocalisse
Il XXI secolo inizia molto bene: esce Hitman, un gioco della IO
Interactive.
Gioco questo che ha scatenato un vero e proprio putiferio. Il famoso
editorialista del Corsera, Gian
Antonio Stella lo ha aspramente attaccato perché «consente
di uccidere il padre». A rincarare la dose ci pensa il senatore di
AN Michele Bonatesta, che ha chiesto alla magistratura il sequestro per
istigazione a delinquere affermando che si tratta di un «videogioco
criminale che non solo, come tanti altri, incita irresponsabilmente i
giovani alla violenza e all’assassinio, ma addirittura insegna ad
ammazzare il proprio padre».
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Scena del gioco, in cui il protagonista sta per uccidere
una persona con il martello! |
Locandina
di Hitman. Le mani del protagonista con 2 pistole formano una croce |
In effetti lo scopo del gioco non è proprio pedagogico: si
è un killer a pagamento incaricati di uccidere di volta in volta
soggetti diversi.
Nel 2005
I giocatori, proiettati in un futuro fanta-horror, lottano per la
sopravvivenza contro il Locust Horde, una razza di creature uscite
direttamente dalle viscere del pianeta.
Anche in questo caso la violenza e le scene orride sono all’ordine del
giorno.
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Uno
dei tanti mostri orrendi da annientare |
Locandina
di Gears of War. Sempre
immagini di morte |
Per ultimo, nel 2006, Rule of Rose, un horror psicologico della giapponese Punchline.
Un gioco a tinte fosche, in cui una ragazza durante un viaggio in
autobus si ritrova vittima di uno scherzo ad opera di un misterioso
bambino. Successivamente verrà catapultata in un universo di
perversione (in cui si scontrerà anche con dei pedofili) dove i
protagonisti sono dei bambini nefasti!
In pratica in questo games, si vuole terrorizzare il
giocatore-spettatore non con zombie e/o mostri ma con i bambini stessi!
Per capire la pericolosità è bene evidenziare che sono state fatte
interpellanze parlamentari affinché venga tolto dal commercio.
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Questa disamina è incompleta per via della mancanza di
decine di altri videogiochi violenti, ma certamente sufficiente per
comprenderne la portata e l’assoluta importanza nella formazione ed
educazione dei bambini.
Adesso vedremo infatti quali implicazioni hanno questi
videogames sulla psiche e sul comportamento dei ragazzi.
Numerose sono le ricerche scientifiche che mettono in guardia
sull’impatto devastante e pericoloso di simili immondizie mentali:
All’Università di AAchen in Germania, un gruppo di
ricerca guidati dal Dott. Klaus
Mathiak ha evidenziato che «l’esposizione
a videogiochi violenti produce la stessa attività cerebrale provocata
da un evento pericoloso e potenzialmente aggressivo»
In pratica, sottoponendo il cervello a risonanza magnetica durante
le sedute ludiche è emerso – esattamente come nel caso di un pericolo
reale - «sia l’amigdala che la
corteccia anteriore si spengono in ogni occasione di violenza digitale».
Quindi il cervello preparerebbe - neurochimicamente parlando - il corpo
a reagire con aggressività alla minaccia incombente, anche se in questo
caso la minaccia è assolutamente virtuale!
Dello stesso parere il neurobiologo tedesco Niels
Birbaumer, che dalle colonne del New
Scientist, afferma che «i
giochi sanguinolenti alimentino abitudini aggressive».
All’Università del Michigan hanno dimostrato le medesime cose: i «videogiochi
violenti possono condurre a schemi di attività cerebrale che possono
essere caratteristici del pensiero aggressivo». Su 600 ragazzi tra
i 13 e i 14 anni, è risultato che tra loro quelli che più degli altri
avevano giocato con video violenti, risultavano avere un atteggiamento
più ostile nei confronti di insegnanti e autorità in genere!
I giochi violenti alterano lo stato emotivo, provocando
sovreccitazione, inibendo l’autocontrollo riducendo la capacità di
concentrazione e le capacità razionali.
Un altra cosa molto importante, riportata dal Journal
of Experimental Social Psycolology è che chi «utilizza
videogiochi ‘violenti’ e ‘cruenti’, sarebbe predisposto ad una
tendenziale ‘desensibilizzazione’ nei confronti della violenza reale».
Dopo aver fatto giocare in maniera causale 257 studenti del College a
videogame violenti (Carmageddon, Duke Numen, Mortal Kombat, Doom, ecc.)
e non violenti (Pinball, ecc.) è stato chiesto loro di assistere a un
video di 10 minuti contenente scene reali di violenza (tratte da tivù,
filmati della polizia, ecc.). Il risultato - scontato ma agghiacciante -
è la minore sensibilità alle scene di violenza reale dagli studenti
che avevano giocato con videogiochi violenti.
Risultato: chi gioca con i videogiochi violenti
rischia di diventare meno sensibile alla violenza reale, e addirittura
più violento e "cattivo" nella gestione delle relazioni
interpersonali.
Ricapitolando: la violenza virtuale (indotta)
dei videogiochi ha provoca i seguenti effetti:
- Produce la stessa attività cerebrale
provocata da un evento pericoloso e aggressivo reale;
- Alimenta abitudini aggressive;
- Alimenta atteggiamenti ostili verso gli insegnanti e le autorità;
- Inducono schemi di pensiero, caratteristici del pensiero aggressivo;
- Riducono la capacità di concentrazione e le capacità razionali;
- Diminuisce la sensibilità alla violenza
reale;
- Aumentano le difficoltà di gestione delle relazioni interpersonali;
In tutto questo è necessario per completezza
sottolineare l’importanza e le implicazioni della televisione, perché
i videogiochi sono solo la punta dell’iceberg che incolla i bambini
davanti allo schermo e trasmette loro messaggi devianti!
I programmi televisivi impiegano composizione delle immagini, sequenze,
frequenze e colori appositamente calibrati per causare la totale
dipendenza. Dipendenza non solo di tipo commerciale, per vendere un
prodotto piuttosto che un altro, ma anche psicologica e comportamentale.
Se a tutta la violenza indotta dai videogiochi,
aggiungiamo quindi anche quella veicolata dalla televisione, il quadro
si fa molto più completo e assai preoccupante. Ogni anno un bambino
assiste almeno a 100.000 scene di violenza (dati molto sottostimati), in
forma di film, documentari, reality, ecc.
Con tutta questa violenza, e con l’assenza
sistematica dei genitori (impegnati ad affrontare difficoltà economiche
di sopravvivenza), i bambini sostituiranno il modello e i punti di
riferimenti famigliari con beceri e squallidi personaggi virtuali presi
dai cartoon, dallo spettacolo, dal cinema, dalla musica,
dall’intrattenimento (come i demenziali e totalmente finti
protagonisti del Wrestling), ecc.
Privi di un serio modello, lasciati soli e in
balia di un sistema mediatico vergognoso improntato sulla violenza e la
libera pornografia, come potranno crescere questi bambini?
Capirete che lo scopo finale rientra in una strategia occulta mirata ad
istupidire e assopire la popolazione (partendo soprattutto dai bambini
che saranno gli adulti di domani), rendendola desensibilizzata
moralmente e culturalmente e deviandola verso dei precetti precisi:
sesso (pornografia), violenza (droga) e soldi (illusione della ricchezza
e miraggio di felicità).
Una strategia che punta direttamente, e non casualmente, ai bambini,
rendendoli apatici, ripetitivi, irrazionali, violenti e soprattutto
aggressivi. Il tutto isolandoli dalla società per meglio distruggere la
capacità di socializzazione.
In poche parole: modificano il comportamento
dei bambini (adulti in divenire), per controllarli e manipolarli in
futuro!
E’ arrivato il momento quindi che i genitori, i quali dovrebbero
innanzitutto essere educatori, comprendano l’importanza e soprattutto
la devianza di un Sistema creato ad arte (tivù, videogiochi, ecc.).
Articoli per approfondire l’argomento:
- “Bambini
psico-programmati” di Antonella Randazzo, 27 dicembre 2006 www.disinformazione.it/bambini_psicoprogrammati.htm
- “La nuova violenza figlia
dell’utopia mondialista”, 2 giugno 2000 Movisol, www.movisol.org/pokemon.htm