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Come
vennero tramandati i vangeli?
Tratto
da: «La Chiesa che mente» di Karlheinz Deschner
Non
solo non esiste nessun Vangelo nel testo originario - anche se fino al XVIII secolo si è affermato di possedere l'originale del Vangelo di
Marco, e precisamente a Venezia e a Praga - ma anzi non si è conservato
nessun libro neotestamentario, e neppure alcun libro della Bibbia, nella
sua originaria stesura autografa. Di più, non esistono nemmeno le prime
trascrizioni. Ci sono soltanto copie di copie di copie: trascrizioni di
manoscritti greci, di vecchie traduzioni latine, siriane, copte, nonché
da citazioni neotestamentarie fatte da
Padri della chiesa, riferite sovente a memoria... all'incirca 18.000 in
un autore come Origene! (50) Senza contare che le opere degli stessi Padri
della chiesa sono state a loro volta tramandate con livelli di
attendibilità assai differenti.
La riproduzione scritta dei Vangeli non avvenne comunque senza
errori. Per più di due secoli, infatti, essi furono esposti agli
interventi intenzionali o involontari dei copisti. Nel corso della loro
diffusione, attraverso l'uso pratico cui erano sottoposti, i testi
subirono per dirla coi teologi Feine e Behm - «molteplici
mutamenti, del tutto spontanei, epperò
anche ampliamenti e accorciamenti premeditati. «Redattori,
commentatori e glossatori ecclesiastici - come dimostra il teologo Hirsch
- hanno seguitato a lavorarci, ovvero hanno limato», «completato»,
«armonizzato», «ripianato» e «migliorato», di modo che in
ultima analisi - come scrive il teologo Lietzmann
- «ne risulta una giungla di varianti, di aggiunte e omissioni
in contraddizione le une con le altre. Di conseguenza noi, spiega il
teologo Knopf, «in molti luoghi non possiamo determinare con certezza,
ma neanche solo con probabilità, il testo primigenio»(51). Il quale è
oltretutto scarsamente originale, come tante altre cose nel
Cristianesimo. Perché nella stessa maniera già gli antichi Egizi
avevano migliorato le loro sacre scritture (52)
Ciò
nondimeno, il teologo cattolico Alexander Zwettler
afferma (con
licenza di stampa dell'Ordinariato arcivescovile di Vienna) che «nessun
libro della letteratura mondiale fu tramandato ai posteri con tanta
accuratezza quanto la Sacra Scrittura: illusione o inganno ne rimasero esclusi»(53).
Alois Stiefvater, presidente della Società Kolping,
giunge a stimare una percentuale della credibilità biblica: «Nella
Bibbia tutto è in regola al 99 per cento» (54)
Il contrario è certamente più vicino al vero. Con una certa impudenza,
Stiefvater chiama in causa la moderna esegesi biblica, per porre il
problema: perché mai la Bibbia dovrebbe essere stata mutilata d'un
tratto? E risponde: «Ma la Bibbia è tramandata anche più
scrupolosamente e accuratamente di altri libri. Eppoi, la critica
biblica moderna ha fatto sì che la Bibbia fosse studiata con precisione
scientifica... Le si può senz'altro prestar fede» (55).
In realtà, nel copiare i Vangeli, e specialmente nei primi
decenni, si procedette tanto più disinvoltamente in quanto - per quasi
un secolo - essi non vennero affatto considerati come testi sacri e
inviolabili. Difatti, non si possedeva ancora un Nuovo Testamento, ma si
faceva uso, in mancanza di una propria scrittura sacra, di quella dell'ebraismo.
Solo nella seconda metà del II secolo - quando la tradizione orale
assunse forme sempre più inverosimili - i Vangeli vennero equiparati
all'Antico Testamento, finendo con l'esser preferiti ad esso.
Solo
dalla medesima epoca si cominciò inoltre a preferire i quattro Vangeli
- che in seguito verranno canonizzati - ai molti Vangeli «apocrifi»,
facendo di quei quattro il «Vangelo» per antonomasia. Per lungo tempo,
tuttavia, essi non vennero ritenuti ispirati. Infatti, tranne l'autore
dell'Apocalisse (peraltro assunta a stento nella Bibbia), nessun autore
neotestamentario ebbe a dichiarare la sua produzione come divina o
ispirata da Dio: né Paolo, né gli autori delle altre epistole, né gli
evangelisti medesimi. Al contrario, la stessa assicurazione di Luca, di
avere «accuratamente indagato tutti
i fatti fin dalle origini», dimostra, più e meglio di altre
considerazioni, quanto poco il compilatore si ritenesse estasiato da
divine illuminazioni. E neppure credeva di fare qualcosa di eccezionale.
Piuttosto, fin dal primo verso, confessa che «già molti» prima di lui
avevano compilato simili narrazioni.
Ma queste non lo avevano soddisfatto, per cui era sua
intenzione di migliorarle (56)
Quello di migliorare i Vangeli fu pure - senza alcun dubbio - il
proposito dei loro innumerevoli copisti.
I quali cancellarono e inserirono, paragrafando e
profondendosi nella coloritura di dettagli. In generale, riassunsero e
adattarono, più che fornire corrette riproduzioni. «Il
testo originale - spiegano i teologi Hoskyns e Davey - scompare
sempre di più; si rilevano le contraddizioni, che diventano via via più
numerose, tra i manoscritti di differente derivazione, mentre si cerca
di appianarle e di compensarle: il risultato è il caos» (57)
Fino all'anno 200 circa, i testi del Nuovo Testamento soggiacquero -
secondo il teologo Julicher -
«ad un parziale imbarbarimento formale»(58),
giacché si trattavano i Vangeli secondo i gusti o le
necessità del momento(59). Ma altri amanuensi, anche posteriori a quel
l'epoca, hanno incluso nuovi miracoli oppure hanno ingrandito quelli
preesistenti (60).
Per
por fine all'inaudito imbarbarimento, il vescovo Damaso di Roma chiamò
nel 383 il dalmata Girolamo, falsario e calunniatore privo di scrupoli (tanto che il mondo
cattolico lo elevò con sicuro istinto a patrono delle facoltà
teologiche), incaricandolo di stabilire un testo unitario delle bibbie
latine, delle quali non ce n'erano due che concordassero in passi di una
certa lunghezza. Di conseguenza, il delegato papale tramutò la lezione
del modello da lui usato come base per la sua «rettifica»
dei quattro Vangeli - in circa 3.500 punti. Questa traduzione di Girolamo,
conosciuta col nome di Vulgata,
quella generalmente diffusa - benché rifiutata per secoli dalla
Chiesa stessa - fu dichiarata l'unica autentica solo nel XVI secolo dal
Concilio di Trento.
Tuttavia, come nessuno dei manoscritti latini della Bibbia
concorda pienamente con un altro, così anche tra quelli greci (nel 1933
si conoscevano ben 4.230, nel 1957 già 4.680 manoscritti greci del
Nuovo Testamento) non ce ne sono due con l'identico testo. Una
concordanza di tutti i codici si riscontra appena nella metà delle
parole. Ciò accade nonostante che, o piuttosto proprio perché nella
tradizione manoscritta si sono equiparati e allineati i Vangeli tra di
loro. Si stima il numero di queste varianti, ovvero delle diverse
lezioni e modi interpretativi, intorno a una cifra di 250.000. E dunque,
il testo della Bibbia - oggi diffusa in più di 1.100 lingue e dialetti
- risulta degenerato senza speranza e mai più ripristinabile, nemmeno
in maniera approssimativa.
E non basta, dato che tuttora si continua a falsarlo e a modificarlo. In
piena ufficialità.
Lutero,
ad esempio, nella sua traduzione relativa ai prigionieri di guerra di
Davide, aveva scritto: «Ma il popolo là rinchiuso/ ora egli fece
uscire/ lo strinse sotto seghe/ ed ascie di ferro/ e lo bruciò nelle
fornaci di mattoni».
Orbene, dopo la
Seconda guerra mondiale, questo metodo del «divino Davide» rammentava
un po' troppo i metodi di Hitler. Ed ecco che
la Bibbia stampata nel 1971 «secondo la traduzione tedesca di Martin
Lutero» dal Consiglio della Chiesa evangelica dì Germania - in
sintonia con l'Unione delle Società bibliche evangeliche in Germania,
autorizzata nel 1956 e nel 1964 - trasforma così il passo citato come
segue: «Ma egli condusse fuori il popolo colà riunito, collocandoli
come servi alle seghe, ai picconi e alle asce di ferro, e facendoli lavorare
ai forni di mattoni» (63)
Oppure, dove Lutero aveva tradotto il corrispondente passo del I Libro
di Cronache, 20,3 «Fece uscire gli abitanti ch'erano nella città, e li
fece a pezzi con delle seghe, degli
erpici di ferro e delle scuri», ecco mutato il tenore del medesimo
passo nella Bibbia «secondo la traduzione di Martin Lutero»
autorizzata dal Consiglio delle Chiese evangeliche: «Fece
uscire gli abitanti e li adibì
ai lavori forzati con seghe e scuri di
ferro». E ancora; se Lutero scrive di «cinquantamilasettecento»
persone che Dio fa morire perché avevano rimirato l'Arca dell'alleanza,
la Bibbia del suddetto Consiglio (Ekd) ne ricava la modica quantità di
«settanta uomini»(65).
La falsificazione è sistematica. Nella redazione revisionata nel
1975 della Bibbia di Lutero, appena due terzi risalgono direttamente a
Lutero stesso. Almeno una parola su tre è stata cambiata, talvolta
leggermente, talaltra pesantemente. (66)
Note:
48) Rathgeber 66
49) Lietsmann (1953) vol.2, 94
50) Knopf (1930) 47 sg.
51) Deschner (1962) 142
52) Cfr Leipold/Morenz 53 sgg.
53) Zwettler 195
54) Stiefvater (1961) 16
55) Ididem 15 sg.
56) Luca 1,1 sgg.
57)
Hoskyns/Davey 29 sg.
58)
Jülicher 591
59) Ibidem 581; Knopf (1930) 63
60) Karnetzki 180
61) Dettagliatamente su Girolamo: Deschner (1986[2]) 169 sgg,
specialmente 179 sg.
62) Deschner (1962) 142 sg.
63) Cfr La Bibbia 368 con Lutero vol I, 591. Il corsivo è mio
64) Cfr La Bibbia 484 con Lutero vol I, 773. Il corsivo è mio
65) Cfr La Bibbia 321 con Lutero vol I, 517
66)
L. Schmidt 345 sgg.; inoltre Krause 75 sgg.