Si riaccende il caso della USS Liberty
L’otto
giugno 1967, in piena «Guerra dei Sei Giorni», la USS Liberty, nave
per la ricognizione elettronica della marina degli Stati Uniti che
navigava in acque internazionali del Mediterraneo meridionale al largo
della coste di Gaza subì un serie di attacchi da parte della marina e
dell’aviazione israeliana che provocarono 34 morti e 171 feriti.
Israele ha sempre sostenuto che si trattò di un errore perché la USS
Liberty era stata scambiata con la nave egiziana El Quseir destinata al
trasporto di cavalli. Accettando questa giustificazione il Congresso
statunitense non aprì mai un’inchiesta ufficiale sull’incidente.
D’altra parte i sopravvissuti, i parenti delle vittime e numerosi
esponenti del mondo politico e militare statunitense sostengono da anni
che si trattò invece di un attacco deliberato.
Tra i motivi ipotizzati all’origine dell’attacco non provocato
potrebbero esserci i dati che l’equipaggio della nave, dotata di
sofisticate attrezzature d’intercettazione, era in grado di acquisire
sull’esecuzione di circa 150 prigionieri di guerra egiziani avvenuta
in un centro di raccolta presso l’aeroporto di El Arish, a portata
visiva dal punto dove navigava la USS Liberty, oppure sui movimenti e le
comunicazioni in preparazione dell’offensiva per l’occupazione delle
alture del Golan siriano.
Alle
pressanti richieste di aiuto dalla nave divenuta bersaglio di un uragano
di fuoco alcune squadriglie di cacciabombardieri Phantom vennero
lanciati in soccorso e protezione dalle portaerei USS Saratoga e USS
America che incrociavano al largo di Creta con la Sesta Flotta ma la
loro missione venne inspiegabilmente interrotta, infatti, un messaggio
proveniente direttamente dalla Casa Bianca ordinava l’immediato
rientro dei velivoli a bordo della loro unità.
Ad oltre 35 anni da questi fatti si riaccendono a Washington le
polemiche su quell’episodio per una serie di recenti dichiarazioni di
esponenti civili e militari.
Lo scorso ottobre il Capitano Ward Boston consigliere legale della US
Navy, ora in pensione, ha rivelato nel corso di una conferenza stampa,
durante la quale ha consegnato una memoria giurata, che nel 1967 furono
il Presidente Lyndon B. Johnson e il Segretario alla Difesa Robert
McNamara ad ordinare agli inquirenti di concludere il caso come un
incidente. Boston ha sostenuto di essere rimasto in silenzio in tutti
questi anni perché era un militare e doveva obbedire a specifici ordini
di segretezza su quell’episodio.
Agli inizi di gennaio di quest’anno l’Ammiraglio Thomas Moorer, già
comandante in capo dello Stato Maggiore della Difesa degli Stati Uniti
dal 1970 al 1974, ha illustrato quanto risultato da un’inchiesta
indipendente svolta sul tragico attacco alla USS Liberty assieme al
Generale Ray Davis (recentemente scomparso), all’Ammiraglio Merling
Staring già avvocato generale della Marina e all’ex-ambasciatore
James Akins. Nella relazione viene sottolineato che:
-
I velivoli da ricognizione israeliana hanno potuto sorvolare e osservare
attentamente la USS Liberty per circa otto ore prima dell’attacco da
altezze anche prossime ai 60 metri. I rapporti meteorologici confermano
come la giornata fosse limpida e la visibilità illimitata. La nave
navigava in acque internazionali, aveva la bandiera sul pennone ed era
dotata di grandi marche di identificazione sui lati dello scafo. La
massiccia presenza di antenne radio e la sua stazza la rendevano
completamente differente da qualsiasi imbarcazione della marina
egiziana, ciò rende non credibile l’errore come giustificato
dall’intelligence israeliana.
- Israele ha tentato di prevenire l’invio di richieste di soccorso da
parte dei radio operatori della Liberty disturbando i canali di soccorso
di emergenza.
- Le motosiluranti israeliane hanno mitragliato da breve distanza e
affondato le scialuppe di salvataggio della Liberty che erano state
ammainate per raccogliere i feriti.
Come
risultato di quanto sopra la commissione ha concluso che:
-
Esiste una forte evidenza che l’attacco israeliano fu un tentativo
deliberato di distruggere una nave americana e uccidere l’intero
equipaggio.
- Attaccando la USS Liberty, Israele ha commesso atti di assassinio nei
confronti di marinai statunitensi e un atto di guerra contro gli Stati
Uniti.
- La Casa Bianca ha nascosto deliberatamente i fatti di questo attacco
agli occhi del popolo americano.
- Tuttora la verità su quella che può essere definita una disgrazia
nazionale continua ad essere mantenuta nascosta.
Queste recenti dichiarazioni rappresentano la conferma di quello che in
passato è stato sostenuto dal pluridecorato Comandante della Liberty
William McGonagle, dalla Cia in tre dettagliati rapporti, dal Segretario
di Stato Dean Rusk e da Clark Clifford all’epoca capo dei consiglieri
di politica estera.
Va anche ricordato che nel 1980 il senatore Adlai Stevenson III annunciò
in una conferenza stampa la convinzione sua e di altri importanti
esponenti della commissione senatoriale sull’intelligence che
l’attacco alla USS Liberty fosse stato deliberato e come l’apertura
di un’inchiesta ufficiale fosse un dovere verso i sopravissuti.
Venuto a conoscenza del fatto il governo di Israele contattò
immediatamente la Casa Bianca è offrì di versare come riparazione dei
danni, valutati in 40 milioni di dollari, sei milioni di dollari eguali
a un dollaro per ogni ebreo vittima dell’Olocausto. Il vice Presidente
Walter Mondale accettò prontamente alla vigilia di Natale, proprio
quando il Congresso e il Presidente Carter erano in vacanza. Il
Dipartimento di Stato diramò subito un comunicato, riportato in prima
pagina dal New York Times, che annunciava “Ora il dossier sulla USS
Liberty è chiuso”. Da allora fu impossibile rinnovare l’interesse
sul caso al Congresso.
Israele pagò i sei milioni di dollari in tre rate annuali di 2 milioni
l’una.
In
seguito il Segretario di Stato Dean Rusk dichiarò di considerare quel
pagamento privo di significato poiché il Congresso decise un aumento
dei fondi ad Israele pari a quella
cifra.