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Gli
inca masticavano le foglie per sopportare la fatica. Leone XIII la usava
come tonico.
Oggi i consumatori aumentano, soprattutto tra gli
adolescenti europei. L'Italia è al terzo posto
Usi
e abusi della cocaina
Paul
Vallely, The Independent (
Secondo me è stata tutta colpa del papa. Non quello nuovo.
E neanche quello precedente. Ma uno di nome Leone XIII vissuto nel
diciannovesimo secolo. Non solo faceva uso di cocaina, ma la
pubblicizzava. Accettò addirittura di apparire su un manifesto in cui
era rappresentato mentre consegnava una medaglia d’oro al fabbricante
di quel "tonico" che portava sempre con sé in una fiaschetta,
per fortificarsi quando la preghiera non era sufficiente.
Come vedremo, esiste un legame diretto tra Sua Cocaina e i dati dell'International
narcotics control board secondo i quali in Gran Bretagna le persone che
hanno usato la cocaina sono più numerose che nel resto del mondo. Circa
il 6,8 per cento degli adulti britannici ammette di averla provata,
rispetto al 4,9 per cento degli spagnoli, che occupano il Secondo posto.
A dimostrazione della sua diffusione, due ragazze di 14 e 15 anni sono
state espulse perché sono state trovate a sniffare cocaina nei bagni
della scuola di Crawley, nel West Sussex. Oggi il 2 per cento dei
britannici - la stessa percentuale degli statunitensi - fa regolarmente
uso di cocaina, che ormai è diventata la droga più diffusa negli
ambienti alla moda.
Le
linee eterne
Naturalmente si potrebbe andare più indietro di Leone XIII
e prendersela con gli inca. Gli abitanti dell'area compresa tra
Colombia, Perù e Bolivia, dove si producono tre quarti della cocaina
del mondo, masticano foglie di coca da migliaia di anni. Ufficialmente
la coca era riservata alla famiglia reale, ma, come dimostrano alcuni
reperti archeologici di sculture e ceramiche, era ampiamente usata anche
dalla popolazione per motivi mistici, religiosi, sociali e curativi. Non
la masticavano solo per le sue proprietà stimolanti - che cancellano la
fatica e danno l'energia necessaria per affrontare le ripide salite
nell'aria rarefatta di quella regione montuosa - ma anche perle sue
qualità alimentari, poiché le sue foglie contengono vitamine e
proteine.
Ai conquistadores la cosa non piacque. All'inizio gli
invasori spagnoli vietarono la coca definendola "uno strumento del
diavolo". Ma poi scoprirono che senza quel "dono degli dèi"
gli indigeni non riuscivano a lavorare nei campi o a estrarre l'oro.
Improvvisamente la coca fu legalizzata e anche tassata, e gli invasori
cominciarono a tenere per sé un decimo dei raccolti. Le foglie erano
distribuite ai contadini tre o quattro volte al giorno, durante le pause
dal lavoro. E la chiesa cattolica cominciò addirittura a coltivarla.
Poiché le foglie sopportavano male il viaggio venivano esportate in
Europa solo sporadicamente. Eppure le analisi effettuate su alcune pipe
del diciassettesimo secolo, trovate nel giardino di Shakespeare qualche
anno fa, hanno rivelato la presenza di residui di cocaina - il che forse
spiega il riferimento alle “linee eterne" in un famoso sonetto, e
il frequente uso del verbo "tirare" nel Re
Lear. In epoca vittoriana la tecnologia aveva già fatto molti passi
avanti. Nel 1863, il chimico italiano Angelo Mariani produsse un tipo di
vino chiamato Vin Mariani, trattato con foglie di coca. Sperimentò il
suo ricostituente su un'attrice depressa e i risultati furono
spettacolari. L'etanolo presente nel vino serviva da solvente ed
estraeva la cocaina dalle foglie, dando origine a un composto chiamato
cocaetilene, che rafforzava decisamente l'effetto di entrambe le droghe.
Ogni oncia di Vin Mariani conteneva l’11 per cento di
alcol e 6,5 milligrammi di cocaina. Probabilmente fu per questo che
Leone XIII gli diede una medaglia. E non era l'unico ad apprezzarlo.
Gli scrittori lo adoravano. Henrik Ibsen, Emile Zola, Jules Verne,
Alexandre Dumas e sir Arthur Conan Doyle ne andavano matti. Robert Louis
Stevenson scrisse “Lo strano
caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” durante un trip da
cocaina durato sei giorni. Anche i reali ne erano entusiasti. La regina
Vittoria, il re Giorgio di Grecia, re Alfonso XIII di Spagna, lo scià
di Persia e i presidenti americani William McKinley e Ulysses Grant,
tutti ne facevano uso. L’esploratore polare Ernest Shackleton affrontò
l'Antartide con un prodotto simile sotto forma di pastiglie e lo stesso
fece il capitano Scott, sebbene con risultati meno felici. Auguste
Bartholdi dichiarò che se avesse conosciuto prima il Vin Mariani
avrebbe progettato la statua della Libertà diverse centinaia di metri
più alta. Oltre alla generale sensazione di benessere che produceva, si
dice che "rinvigorisse meravigliosamente gli organi sessuali".
La bibita più famosa del mondo arrivò più tardi. Un
farmacista di Atlanta di nome John Pemberton si era già fatto il suo
vino di coca personale. Ma quando con il proibizionismo l'uso dell'alcol
fu vietato in tutti gli Stati Uniti, dovette sostituire il vino con una
speciale ricetta a base di sciroppo di zucchero. La chiamò Coca-Cola:
la bevanda della temperanza, "che presentava le virtù della coca
senza i vizi dell'alcol", e la commercializzò come la bibita
perfetta per “la nuova America turbolenta, fantasiosa, rumorosa e
nevrotica”. Nella sua pubblicità Pemberton la definiva "una
bevanda intellettuale" e "una delle bibite più gradevoli,
rallegranti e rinvigorenti".
Un orgasmo totale
Ogni bottiglietta conteneva l'equivalente di un piccolo
tiro di cocaina. All'epoca la cocaina si poteva comprare liberamente.
Negli Stati Uniti, all'inizio del 1900, Sears & Roebuck vendevano un
vino di coca peruviana che "corrobora e ristora il corpo e la
mente, e può essere assunto in qualsiasi momento con perfetta
sicurezza". La cocaina era ampiamente usata anche per curare il mal
di denti e per produrre medicinali, uno dei quali - il rimedio perla
febbre da fieno e il catarro - era costituito al 99,9 per cento da
cocaina pura. A Londra, nel 1916, i magazzini Harrods vendevano un kit
descritto come "un gradito regalo per gli amici al fronte":
conteneva cocaina, morfina, aghi e siringhe.
Tutto questo fu reso possibile dalla scoperta di un
sistema per separare l'alcaloide della cocaina dalla foglia. Il metodo
fu perfezionato da uno studente tedesco, Albert Niemann, che distillò
un alcaloide cristallino della serie del tropano dalle foglie della
pianta. Questa versione più raffinata della droga innescava un effetto
tonificante. inducendo il cervello a pensare che stava vivendo
un'esperienza piacevole.
Come l'eroina e la nicotina, anche la cocaina agisce sul
circuito cerebrale della gratificazione, inducendo maggiore lucidità
mentale, più fiducia in se stessi, una sensazione di forza e di potenza
sessuale. Questo effetto entusiasmava anche le grandi menti. Nel 1884
Sigmund Freud pubblicò il saggio Uber
Coca, in cui affermava che la cocaina produce “una
sensazione prolungata di euforia, che non differisce in alcun modo da
quella di una persona in buona salute. In altre parole ci si sente
normali ed è difficile credere di essere sotto l'effetto di una droga.
Si riesce ad affrontare un lungo e intenso sforzo fisico senza alcuna
fatica. Ci si sente bene senza nessuna delle sgradevoli conseguenze
dell'assunzione di alcol”.
Più rapidamente è ingerita e più veloci e
sensazionali sono gli effetti. A tal punto che Arthur Conan Doyle fa
dire a Sherlock Holmes che "è così straordinariamente stimolante
e rende così acuta la mente che i suoi effetti collaterali diventano
irrilevanti". 0 per usare il linguaggio più popolare di un moderno
consumatore di crack: "E’ come un orgasmo totale". Ma
l'intensità di questa sensazione assolutamente diversa da qualsiasi
altra esperienza umana ha un costo.
La natura, per usare le parole di un tossicodipendente
pentito, è crudelmente avara nel dispensare il piacere. Più
l'esperienza è eccitante, più il cervello soffre quando si rende conto
che è già finita. Con il passare del tempo, ci vogliono dosi sempre più
forti o più frequenti per ottenere lo stesso risultato. Inoltre,
l'accumulo di dosi di cocaina può causare problemi neurologici e
comportamentali, come vertigini, mal di testa, difficoltà di movimento,
ansia, insonnia, depressione e perfino allucinazioni. Poiché la cocaina
stimola le cellule del sistema nervoso centrale e del sistema
cardiovascolare, nell'ora successiva all'assunzione il rischio di un
attacco cardiaco aumenta di 24 volte. E molti dei pazienti ai quali
Freud consigliava la cocaina per curare una serie di malattie finirono
per assuefarsi alla droga.
Sul finire del diciannovesimo secolo, l'atteggiamento
nei confronti della cocaina cambiò. Ormai era chiaro che creava
dipendenza. Il suo uso cominciò a essere descritto come un vizio. La
pubblica opinione fu presa dal panico. Nel 1903 L’American journal of
pharmacy dichiarò che l’uso di cocaina era diffuso soprattutto tra
“bohémien, giocatori d'azzardo,
prostitute di tutte le razze, portieri notturni, fattorini, ladri,
malavitosi, ruffiani e lavoratori occasionali".
Un funzionario del Pennsylvania state pharmacy board
testimoniò che “la maggior
parte delle aggressioni nei confronti di donne bianche del sud sono la
diretta conseguenza dell'uso della droga da parte dei neri".
Nel 1904 fu eliminata la cocaina dalla Coca-Cola. Il governo
statunitense cercò di costringere la società a ribattezzare la bevanda
ma, dopo un lungo contenzioso legale, il nome restò quello.
Negli ambienti alla moda, invece, si continuò a
usarla per tutti gli anni venti e trenta. Perfino Cole Porter la usava,
anche se affermava di "essere
sicuro che se anche facessi una sola sniffata mi annoierebbe a morte".
Così come lo scrittore William S. Burroughs e l'attrice Talulah
Bankhead, famosa per aver dichiarato: “La
cocaina dà assuefazione? Ma certo che no. Io lo so bene. La uso da anni".
Comunque sia, nei decenni successivi, la cocaina fu
messa in ombra sul mercato nero da stimolanti sintetici come
l'anfetamina. I figli dei fiori degli anni sessanta scelsero invece la
marijuana e l'Lsd. La cocaina ebbe un breve revival ma predominavano
l'ecstasy, l'eroina, l'acido e le anfetamine. Alla fine degli anni
novanta e all'inizio del ventunesimo secolo, negli Stati Uniti la
cocaina ha avuto un ritorno di fiamma e nel 2003 le vendite nelle strade
hanno raggiunto i 35 miliardi di dollari. E non appena il mercato
statunitense si è saturato, i mercanti di droga si sono rivolti
all'Europa.
Soldatini bianchi
La ricerca di effetti sempre più sconvolgenti comporta
grossi rischi. Se viene fumata, la cocaina raggiunge il cervello entro
cinque secondi, producendo un'eccitazione molto più intensa di quella
che si avrebbe sniffandone la stessa quantità. Per fumare la cocaina
pura, o freebase, si usa un solvente come l'etere dietilico.
Ma questa tecnica è pericolosa perché il composto
è molto infiammabile, come ricorderanno i fan di Richard Pryor, che si
diede fuoco nel tentativo di fumarla. E’ anche una tecnica che spinge
il consumatore a eccedere nelle dosi, perché l'eccitazione dura una
decina di minuti ma raggiunge il suo apice subito dopo l'inalazione del
vapore. Il rischio di combustione spontanea ha portato alla creazione
della forma più letale di cocaina nota come forfora del diavolo, rock,
o semplicemente crack. In questo caso la cocaina è miscelata con
l'ammoniaca o il bicarbonato di sodio fino a raggiungere un colore
marroncino pallido. E’ la miscela che crea maggiore dipendenza, ancor
più dell'eroina.
La cocaina è una sostanza che i farmacologi definiscono
"a forte dipendenza". Lo dimostrano anche gli esperimenti
sugli animali. Se è messa a loro disposizione, i topi da laboratorio ne
fanno ampio uso. Sono addirittura disposti a sopportare le scosse
elettriche e a rinunciare al cibo e all'acqua pur di averla. E’
dimostrato che la cocaina provoca dipendenza in modi simili all'alcol,
ma è maggiore il numero di consumatori circa il 50 per cento - che alla
fine ne diventa dipendente. Il problema è che non è possibile
determinare quali saranno le vittime. “Tutti cominciano a usare
cocaina in modo casuale", spiega il professor Adani Winstock del
National addition centre. "Nessuno pensa che ne diventerà
dipendente in cinque anni". La dipendenza dalla cocaina si sviluppa
dopo circa tre anni di uso costante. Ma mentre per assuefarsi all'eroina
ci vogliono circa sei mesi, per il crack bastano sei volte.
C'è anche un ulteriore pericolo che deriva dalla
combinazione con altre droghe. Assunta insieme all'alcol, la cocaina
causala formazione di cocaetilene nel fegato, che provoca una maggiore
euforia ma fa anche aumentare il rischio d'infarto o arresto
respiratorio. Assunta insieme all'eroina, in una miscela chiamata
speedball o moonrock, la cocaina produce una rapida accelerazione del
battito cardiaco, ma quando l'effetto svanisce, l'eroina rallenta il
cuore e si rischia l'arresto. John Belushi e River Phoenix sono morti
per una dose di speedball. Assunta con una piccola dose di chetamina ne
riduce l'effetto allucinogeno e paralizzante. Ma se la dose è alta, può
anche uccidere.
La maggior parte delle persone che la usa per divertirsi è
convinta che non cadrà mai in queste trappole. Dopo cena fanno passare
intorno al tavolo un piattino con delle strisce di polvere - "una
fila di soldatini bianchi" per usare le parole di un habitué -
come i loro nonni avrebbero fatto circolare una bottiglia di Porto, o i
loro genitori uno spinello. Molti ne assumono la stessa quantità per
lunghi periodi senza diventarne dipendenti. Sarà per un colpo di
sfortuna se scopriranno che il 25 per cento degli infarti nelle persone
tra i 18 e i 45 anni sono causati dalla coca, e forse non sapranno mai
che facendo uso regolare di cocaina corrono sette volte di più il
rischio di avere un infarto rispetto a chi non la usa.
Ma per alcuni arriva il momento in cui il
divertimento diventa bisogno e poi ossessione. Spenderanno quasi tutti i
loro soldi per acquistare la droga. Passeranno la maggior parte del
tempo pensando a come procurarsela. A causa del loro comportamento
allontaneranno da sé familiari, amici e colleghi.
La strada che conduce alla dipendenza è un piacevole
sentiero in discesa. Quella per uscirne è in salita e molto più
faticosa.