- Dopo l'11 settembre

La prossima guerra
Di Giulietto Chiesa tratto da www.megachip.org 

Su un palazzo genovese, ricordo, c'è una scritta che nessuno ha mai pensato di cancellare nonostante porti la firma di un certo Benito Mussolini. Forse perché è una frase molto bella e molto giusta. Succede. Dice : "La guerra è una lezione della storia che i popoli non ricordano mai abbastanza". Chissà quando la pronunciò, in quale fase della sua vita. Peccato che lui stesso se la sia dimenticata più avanti, trascinando l'Italia in guerra, a fianco dell'Asse. Si era distratto, forse, mentre era occupato a scegliere i luoghi di villeggiatura per i confinati, come pensa (e dice) l'attuale capo del governo italiano. 
Ma c'è un piccolo errore, comunque, in quell'aforisma. Io non sono convinto che i popoli abbiano la memoria così corta.
Loro, i popoli, la guerra se la ricordano benissimo, perché in guerra ci muoiono. Sono i governanti che tendono a dimenticare la lezione, non i popoli, i quali sono molto spesso trascinati in guerra dai loro governanti, con l'inganno. Come ormai stiamo vedendo, a ripetizione, in questi ultimi anni. Tutto questo mi è venuto in mente leggendo i numerosi articoli di giornale che parlano della minaccia nord coreana al mondo intero e, segnatamente, agli Stati Uniti d'America. Anche perché la Corea del Nord, ovvero (ironicamente) Repubblica Democratica Popolare di Corea, potrebbe presto diventare il luogo della prossima guerra imperiale. Non guardo in una sfera di cristallo. Mi limito a esercitare l'analisi.
Se l'Imperatore vuole vincere le elezioni, con i disastri in corso in Afghanistan, in Irak e in Palestina, dovrà per forza di cose inventare una nuova guerra vittoriosa. E La Corea del Nord, con le sue terribili, angoscianti bombe atomiche, con i suoi missili, è il capro già designato, lo stato "canaglia" già messo in lista d'attesa per l'attacco. Non so - nessuno lo sa - se l'augusto dito cadrà proprio su quel quadrante del mappamondo. Non poniamo limiti alla fantasia. Ma, se l'obiettivo sarà Pyongyang possiamo solo dire che, con ogni probabilità, non sarà una guerra come le altre. Forse sarà soltanto un ben predisposto bombardamento a tappeto dei siti nucleari esistenti, che gli strateghi imperiali hanno già fotografato, analizzato, studiato dall'alto, centimetro per centimetro.
Un combinato disposto di aerei, caccia bombardieri, missili di crociera potrà fornire la prova che l'Imperatore può vincere anche da lontano, demolendo il nemico senza nemmeno una perdita, senza versare una sola goccia di sangue amico. Non come sta accadendo attorno a Kabul e a Baghdad, dove invece, inspiegabilmente, di sangue occupante ce n'è stato fin troppo dopo le due squillanti vittorie dell'autunno 2001 e del marzo 2003. Di pensiero in pensiero mi torna alla mente che, in entrambi i casi, specie nel secondo, l'idea fu di portare la democrazia in quei paesi sfortunati. Esportazione di idee e di valori tramite bombe e missili che, per giunta, cadono sulle teste in cui quei valori dovrebbero essere trapiantati.
Operazione singolare invero, che pretende di convincere alla democrazia paesi e popoli (s'intende i sopravvissuti a tanta generosità) che non sanno neppure cosa sia , non avendola mai avuta, non per colpa loro, ma perché le vicende della storia e della geografia glielo hanno imposto. Siamo testimoni del fatto che l'esperimento non funziona. Ma temo che anche questa sia una lezione della storia che l'Imperatore non ha imparato abbastanza. E, sempre di pensiero in pensiero, ho l'impressione che davvero, questi "neo cons", cioè i neo-conservatori americani che sono giunti al potere negli Stati Uniti, siano tremendamente simili ai bolscevichi. L'ho già scritto in un mio libro recente, definendoli "i bolscevichi del neo liberismo".
Sono convinti (come lo furono i bolscevichi russi) che il bambino possa essere costretto a nascere in meno di nove mesi e, presi da questa furia rivoluzionaria, sono pronti a fare di tutto per realizzare i loro sogni: anche a costo di uccidere molti bambini. Con il che si dimostra, indirettamente, che si può essere rivoluzionari di sinistra, ma anche di destra. E il risultato è lo stesso in entrambi i casi. Vedi Kim Jong Il, il figlio del "caro leader di tutti i nord coreani" Kim Il Sung, passato a miglior vita verso la fine del secolo scorso. Quello era una rivoluzionario di sinistra, che applicò il marxismo-leninismo alla Corea, naturalmente con le migliori intenzioni.
Sfortunatamente per i contadini coreani dell'epoca - metà del secolo scorso - il marxismo-leninismo era altrettanto ostico ed estraneo di quanto non sia la democrazia americana per il popolo iracheno o afghano. Per cui si dovette imporglielo, nel loro esclusivo bene. Kin Il Sung, del resto, non era uno sciocco e pensò bene di inventare una variante coreana, del cui merito andava particolarmente orgoglioso, tant'è che si fece erigere dappertutto, statue gigantesche, magari anche dipinte d'oro zecchino, come imperitura riconoscenza del popolo per la sua intelligenza e abnegazione.
La sua teoria si chiamò "Diutchè" (non chiedetemi di spiegare cosa vuol dire) ed è tutt'ora in vigore. Si deve probabilmente al Diutchè se la Corea del Nord vanta al tempo stesso la più disperata e cronica carestia e missili capaci di raggiungere il Giappone. Dev'essere una filosofia assolutamente fantastica. Kim Il Sung è morto, ma Kim Jong Il, l'erede, l'ha addirittura migliorata, facendola diventare ereditaria. Più o meno come sta succedendo in Azerbajgian, o in Kazakhstan, dove i beneamati leaders si fanno prima eleggere presidenti a vita (o quasi) e poi , quando la vita finisce, stabiliscono una linea di successione ereditaria. Nuove monarchie, figlie di rivoluzioni (di destra o di sinistra) trapiantate a forza sulle schiene dei sudditi.
Adesso che ci penso, di pensiero in pensiero, mi accorgo che anche l'Imperatore di quella che viene ancora definita la più meravigliosa delle democrazie, anzi "il baluardo della democrazia mondiale" è figlio di un presidente. Anche laggiù, o lassù, le massime cariche democratiche sono diventate ereditarie, o quasi. Sarà quindi l'Imperatore, figlio di un presidente, che probabilmente bombarderà l'erede di Kim Il Sung, continuatore del Diutchè: rampolli di due rivoluzioni divenuti capi per la forza dei lombi paterni.
Vaglielo a spiegare agli iracheni, poveri disgraziati anche loro, che cosa li aspetta dopo essere stati liberati a colpi di missili da Saddam Hussein, anche lui pronto a lasciare in eredità ai figli il potere che si era preso con una rivoluzione.

Giulietto Chiesa
Questa è l'anteprima dell'articolo che uscirà nel prossimo numero, in edicola ad Ottobre di PhotoItalia

 
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