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La
prossima guerra
Di Giulietto Chiesa tratto da www.megachip.org
Su
un palazzo genovese, ricordo, c'è una scritta che nessuno ha mai
pensato di cancellare nonostante porti la firma di un certo Benito
Mussolini. Forse perché è una frase molto bella e molto giusta.
Succede. Dice : "La guerra è una lezione della storia che i popoli
non ricordano mai abbastanza". Chissà quando la pronunciò, in
quale fase della sua vita. Peccato che lui stesso se la sia dimenticata
più avanti, trascinando l'Italia in guerra, a fianco dell'Asse. Si era
distratto, forse, mentre era occupato a scegliere i luoghi di
villeggiatura per i confinati, come pensa (e dice) l'attuale capo del
governo italiano.
Ma c'è un piccolo errore, comunque, in quell'aforisma. Io non sono
convinto che i popoli abbiano la memoria così corta.
Loro, i popoli, la guerra se la ricordano benissimo, perché in guerra
ci muoiono. Sono i governanti che tendono a dimenticare la lezione, non
i popoli, i quali sono molto spesso trascinati in guerra dai loro
governanti, con l'inganno. Come ormai stiamo vedendo, a ripetizione, in
questi ultimi anni. Tutto questo mi è venuto in mente leggendo i
numerosi articoli di giornale che parlano della minaccia nord coreana al
mondo intero e, segnatamente, agli Stati Uniti d'America. Anche perché
la Corea del Nord, ovvero (ironicamente) Repubblica Democratica Popolare
di Corea, potrebbe presto diventare il luogo della prossima guerra
imperiale. Non guardo in una sfera di cristallo. Mi limito a esercitare
l'analisi.
Se l'Imperatore vuole vincere le elezioni, con i disastri in corso in
Afghanistan, in Irak e in Palestina, dovrà per forza di cose inventare
una nuova guerra vittoriosa. E La Corea del Nord, con le sue terribili,
angoscianti bombe atomiche, con i suoi missili, è il capro già
designato, lo stato "canaglia" già messo in lista d'attesa
per l'attacco. Non so - nessuno lo sa - se l'augusto dito cadrà proprio
su quel quadrante del mappamondo. Non poniamo limiti alla fantasia. Ma,
se l'obiettivo sarà Pyongyang possiamo solo dire che, con ogni
probabilità, non sarà una guerra come le altre. Forse sarà soltanto
un ben predisposto bombardamento a tappeto dei siti nucleari esistenti,
che gli strateghi imperiali hanno già fotografato, analizzato, studiato
dall'alto, centimetro per centimetro.
Un combinato disposto di aerei, caccia bombardieri, missili di crociera
potrà fornire la prova che l'Imperatore può vincere anche da lontano,
demolendo il nemico senza nemmeno una perdita, senza versare una sola
goccia di sangue amico. Non come sta accadendo attorno a Kabul e a
Baghdad, dove invece, inspiegabilmente, di sangue occupante ce n'è
stato fin troppo dopo le due squillanti vittorie dell'autunno 2001 e del
marzo 2003. Di pensiero in pensiero mi torna alla mente che, in entrambi
i casi, specie nel secondo, l'idea fu di portare la democrazia in quei
paesi sfortunati. Esportazione di idee e di valori tramite bombe e
missili che, per giunta, cadono sulle teste in cui quei valori
dovrebbero essere trapiantati.
Operazione singolare invero, che pretende di convincere alla
democrazia paesi e popoli (s'intende i sopravvissuti a tanta generosità)
che non sanno neppure cosa sia , non avendola mai avuta, non per colpa
loro, ma perché le vicende della storia e della geografia glielo hanno
imposto. Siamo testimoni del fatto che l'esperimento non funziona. Ma
temo che anche questa sia una lezione della storia che l'Imperatore non
ha imparato abbastanza. E, sempre di pensiero in pensiero, ho
l'impressione che davvero, questi "neo cons", cioè i
neo-conservatori americani che sono giunti al potere negli Stati Uniti,
siano tremendamente simili ai bolscevichi. L'ho già scritto in un mio
libro recente, definendoli "i bolscevichi del neo liberismo".
Sono convinti (come lo furono i
bolscevichi russi) che il bambino possa essere costretto a nascere in
meno di nove mesi e, presi da questa furia rivoluzionaria, sono pronti a
fare di tutto per realizzare i loro sogni: anche a costo di uccidere
molti bambini. Con il che si dimostra, indirettamente, che si può
essere rivoluzionari di sinistra, ma anche di destra. E il risultato è
lo stesso in entrambi i casi. Vedi Kim Jong Il, il figlio del "caro
leader di tutti i nord coreani" Kim Il Sung, passato a miglior vita
verso la fine del secolo scorso. Quello era una rivoluzionario di
sinistra, che applicò il marxismo-leninismo alla Corea, naturalmente
con le migliori intenzioni.
Sfortunatamente per i contadini coreani dell'epoca - metà del secolo
scorso - il marxismo-leninismo era altrettanto ostico ed estraneo di
quanto non sia la democrazia americana per il popolo iracheno o afghano.
Per cui si dovette imporglielo, nel loro esclusivo bene. Kin Il Sung,
del resto, non era uno sciocco e pensò bene di inventare una variante
coreana, del cui merito andava particolarmente orgoglioso, tant'è che
si fece erigere dappertutto, statue gigantesche, magari anche dipinte
d'oro zecchino, come imperitura riconoscenza del popolo per la sua
intelligenza e abnegazione.
La sua teoria si chiamò "Diutchè" (non chiedetemi di
spiegare cosa vuol dire) ed è tutt'ora in vigore. Si deve probabilmente
al Diutchè se la Corea del Nord vanta al tempo stesso la più disperata
e cronica carestia e missili capaci di raggiungere il Giappone. Dev'essere
una filosofia assolutamente fantastica. Kim Il Sung è morto, ma Kim
Jong Il, l'erede, l'ha addirittura migliorata, facendola diventare
ereditaria. Più o meno come sta succedendo in Azerbajgian, o in
Kazakhstan, dove i beneamati leaders si fanno prima eleggere presidenti
a vita (o quasi) e poi , quando la vita finisce, stabiliscono una linea
di successione ereditaria. Nuove monarchie, figlie di rivoluzioni (di
destra o di sinistra) trapiantate a forza sulle schiene dei sudditi.
Adesso che ci penso, di pensiero in pensiero, mi accorgo che anche
l'Imperatore di quella che viene ancora definita la più meravigliosa
delle democrazie, anzi "il baluardo della democrazia mondiale"
è figlio di un presidente. Anche laggiù, o lassù, le massime cariche
democratiche sono diventate ereditarie, o quasi. Sarà quindi
l'Imperatore, figlio di un presidente, che probabilmente bombarderà
l'erede di Kim Il Sung, continuatore del Diutchè: rampolli di due
rivoluzioni divenuti capi per la forza dei lombi paterni.
Vaglielo
a spiegare agli iracheni, poveri disgraziati anche loro, che cosa li
aspetta dopo essere stati liberati a colpi di missili da Saddam Hussein,
anche lui pronto a lasciare in eredità ai figli il potere che si era
preso con una rivoluzione.
Giulietto
Chiesa
Questa
è l'anteprima dell'articolo che uscirà nel prossimo numero, in edicola
ad Ottobre di PhotoItalia