Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
Ucraina:
tra Eurasia e Occidente
A cura di Stefano
Vernole
“Sarà molto più difficile che [la Russia] accetti l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, in quanto ciò equivarrebbe a riconoscere che il suo destino non è più organicamente legato a Mosca… E se la Russia sarà disposta ad accettare questo nuovo stato di cose, ciò significherà che anch’essa sarà davvero propensa a divenire parte integrante dell’Europa, anziché scegliere una solitaria vocazione eurasiatica(1)”.
“La sovranità dell’Ucraina rappresenta per la geopolitica russa un fenomeno a tal punto pernicioso che, in linea di principio, può facilmente innescare un conflitto armato. L’Ucraina, come Stato autonomo e non privo di qualche ambizione territoriale, costituisce un enorme pericolo per tutta l’Eurasia. Sotto il profilo strategico l’Ucraina non deve essere che una proiezione di Mosca verso Sud e verso Occidente(2)”.
“I
risultati delle elezioni non possono essere accettati come
legittimi(3)”.
“Il
presidente russo Vladimir Putin si congratula con il vincitore delle
elezioni Victor Yanukovic(4)”.
Se qualcuno non
capisse le reali motivazioni del tam tam mediatico di questi giorni
sulle elezioni ucraine, dovrebbe forse correre a leggere il noto saggio
di Zbigniew Brzezinski, “La grande scacchiera”, dove l’ex
consigliere per la sicurezza nazionale statunitense avverte
dell’importanza della posta in gioco.
Queste le sue considerazioni più interessanti: “L’Ucraina assumeva
un’importanza decisiva. La crescente propensione degli Stati Uniti ad
assegnare un’alta priorità ai rapporti con questo Paese e ad aiutarlo
a difendere la sua nuova indipendenza veniva visto da molti a Mosca –
filo-occidentali compresi – come una politica contraria
all’interesse vitale della Russia a reintegrare col tempo l’Ucraina
nel suo campo: un obiettivo che rimane ancora un articolo di fede per
molti esponenti dell’élite politica russa … Tra il 2005 e il 2010,
l’Ucraina, specie se avrà fatto progressi significativi sulla via
delle riforme, assumendo sempre un carattere di Stato centroeuropeo,
dovrebbe essere pronta ad avviare seri negoziati sia con l’U.E. sia
con la NATO … L’indipendenza dell’Ucraina ha privato inoltre la
Russia della sua posizione dominante sul Mar Nero, dove Odessa
costituiva un avamposto strategico per gli scambi con il Mediterraneo e
il più vasto mondo. La perdita dell’Ucraina ha avuto anche enormi
conseguenze geopolitiche, poiché ha drasticamente limitato le opzioni
geostrategiche della Russia. Anche senza i Paesi Baltici e la Polonia,
una Russia che avesse conservato il controllo sull’Ucraina poteva
ancora cercare di fungere da guida di un impero eurasiatico risoluto,
dove Mosca avrebbe dominato i non slavi del Sud e nel Sud-Est dell’Ex
Unione Sovietica(5)”.
Ubi maior minor
cessat, si sarebbe detto in altri tempi, senonchè riteniamo doveroso
svolgere alcuni considerazioni su quello che sta succedendo in Ucraina,
dove le elezioni presidenziali hanno visto la vittoria del candidato
filo-russo Victor Yanukovic sul candidato filo-occidentale Victor
Yushenko, affermazione subito contestata dall’opposizione spalleggiata
da OCSE, NATO, Casa Bianca e mass media atlantisti.
I sondaggi che subito dopo il voto attribuivano il successo a Yushenko e
la repentina calata in piazza dei suoi sostenitori, fanno innanzitutto
pensare a un complotto ben organizzato dagli apparati spionistici
mondialisti, alfine di mettere in difficoltà il neoeletto Yanukovic e
il suo padrino di Mosca, Vladimir Putin, vero obiettivo della manovra
destabilizzante.
Chiunque abbia la pazienza di ascoltare e leggere i commenti delle tv e
della stampa occidentale sulla situazione ucraina non può che giungere
a due conclusioni:
1) la vittoria è
stata scippata a Yushenko grazie a brogli clamorosi e la stragrande
maggioranza della popolazione lo appoggia nelle sue rivendicazioni;
2) l’obiettivo di Putin è quello di annettere antidemocraticamente
l’Ucraina alla Russia al fine di ricreare una sorta di Impero zarista
o Unione Sovietica.
Se sul secondo
punto le citazioni sopra riportate sono sufficientemente esplicative,
sul primo è invece doverosa un’analisi di controinformazione, visto
che le numerose manifestazioni di sostegno a Yanukovic sembrano essere
state “oscurate” dai mass media nostrani.
Appare prematuro ora fare previsioni sulla possibile evoluzione della
crisi, fermo restando che l’eventuale degenerazione della disputa
elettorale (soluzione militare, spaccatura del paese …) ricade tutta
sulle spalle dell’Occidente, pronto ad appoggiare o a contestare i
risultati delle urne esclusivamente in funzione del proprio interesse
contingente (Algeria docet).
Subito dopo l’indipendenza concessa da Mosca nei primi anni Novanta,
la classe dirigente ucraina fece tutto il possibile per lasciarsi alle
spalle gli stretti legami culturali, economici e religiosi che la
legavano alla Russia, ma per vari motivi ottenne scarsi risultati.
Iniziamo col ricordare che almeno ¼ della popolazione dell’Ucraina è
russa o russofona, specie nelle regioni orientali di Doneck e
Dnepetrovsk, che sono anche le più ricche e industrializzate, così
come nei territori costieri sul Mar Nero (conquistati dall’Impero
zarista nel XVIII secolo) vi è una predominanza linguistica russa.
Secondo un censimento del 1989, i russi in Ucraina sono il 67,9% nella
regione di Doneck, il 65,5% in quella di Lugan, il 50,1% in quella di
Charkov, il 53,4% in quella di Zaporoz e il 67% tra gli abitanti della
Crimea.
Risultano perciò
vani i tentativi governativi d’ imporre l’ucraino come lingua di
Stato, di considerare nell’ambito della scuola media la letteratura
russa come straniera e di sottolineare grazie all’uso dei mass media
le peculiarità della cultura ucraina.
I russi che abitano in Ucraina non si sentono una minoranza etnica e
tantomeno sono percepiti come tali dagli stessi ucraini, se si fa
eccezione per le regioni occidentali del paese.
Sondaggi condotti nel 1999, dimostrano che il 61% degli abitanti
dell’Ucraina hanno una percezione positiva della Russia, più di 1/3
di essi desidererebbe vivere con i russi in unico Stato e la maggioranza
assoluta si dice favorevole a frontiere con Mosca del tutto trasparenti,
vale a dire senza controlli doganali o richieste di visto(6).
La situazione più complicata è sicuramente quella dei russi di Crimea,
che rifiutano ogni forma di ucrainizzazione e tendono piuttosto alla
creazione di una loro forma di autonomia, sia per la passata politica di
Kiev sia per le pretese avanzate dai tatari che rivendicano le loro
terre di origine e vorrebbero trasformare la regione in un’entità
statale poggiante sulla propria eredità culturale.
Qui i russi hanno creato non solo propri organi di stampa quotidiani e
periodici, ma anche partiti politici, perciò un’eventuale
inasprimento della contrapposizione potrebbe creare conseguenze
pericolose.
Anche sotto il
profilo religioso i risultati ottenuti dagli indipendentisti non sono
così lusinghieri, malgrado lo sforzo congiunto della dirigenza ucraina
e dell’uniatismo cattolico(7).
Già dal 1990, il Patriarcato
di Mosca ha concesso alle proprie diocesi e parrocchie sul territorio
ucraino lo status di chiesa autonoma, il che presuppone la piena
sovranità nelle questioni riguardanti la vita interna e l’ambito
amministrativo e finanziario.
Tuttavia, dal momento
stesso in cui l’Ucraina ha avuto la propria indipendenza statuale, una
parte dei vescovi della Chiesa ortodossa ucraina – sostenuta dai
politici locali – ha sollevato più volte il problema dell’autocefalia,
cioè della piena autonomia canonica dal Patriarcato russo.
Sono così sorte nel 1993 tre chiese ortodosse reciprocamente ostili: la
Chiesa ortodossa ucraina (UPC-MP) sotto la giurisdizione di Mosca, che
resta ancora alla fine degli anni novanta nettamente la maggiore
organizzazione religiosa del paese con 7.986 parrocchie; la Chiesa
ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev (UPC-KP), alla quale
appartengono 2.187 parrocchie e la Chiesa ortodossa ucraina autocefala (UAPC)
che di parrocchie ne conta 1.026(8).
Per ritornare invece a un quadro più strettamente geopolitico, occorre
ricordare che se per la Russia la perdita dell’Ucraina era stata assai
grave per ragioni strettamente economiche, Kiev dipendeva completamente
da Mosca per le sue forniture di petrolio e gas naturale.
Senza l’Ucraina, la Russia non solo perde le sue terre più fertili,
ma anche i tradizionali sbocchi portuali di Odessa, Mariupol e Ilicevsk,
nonché quelli della Crimea.
Inizialmente il governo moscovita aveva perciò deciso di sviluppare un
asse alternativo, Pietroburgo-Mosca-Voronez-Rostov-Novorrosijsk che,
contribuendo al declino dei porti ucraini, aveva aumentato
l’attrazione delle regione orientali e russofone dell’Ucraina verso
di esso.
Il compromesso,
firmato nel 1997, prevedeva che la Russia affittasse per 20 anni le
infrastrutture portuali all’Ucraina, in parziale pagamento
dell’immenso debito energetico che Kiev stava accumulando verso Mosca,
mentre la quasi totalità delle unità della flotta rimanevano in mano
russa(9) : ricordiamo che nella rada di Sebastopoli la flotta sovietica
aveva le sue basi migliori.
Gradatamente i legami economici
tra le due nazioni hanno ripreso a tornare forti.
Dalle statistiche emerge che nel 1997 i paesi aderenti alla CSI
hanno investito nell’economia russa 55,6 miliardi di rubli, di essi
26,2 sono dell’Ucraina (47,1% del volume complessivo) e malgrado una
lieve discesa nel 1998 (6,2 miliardi pari al 23,4% degli investimenti
totali operati dai paesi della CSI), ancora nel 1999 l’Ucraina riceve
dalla Russia il 40% delle sue importazioni, mentre quest’ultima
continua a sua volta ad essere il principale importatore della
produzione di Kiev(10).
L’ultimo sgarbo arriva perciò nel 1999, quando l’Ucraina si segnala
come il membro più attivo del GUUAM (Georgia, Ucraina, Uzbekistan,
Azerbajdzan e Moldavia), un blocco che intende fare da contrappeso
geopolitico all’influenza della Russia nello spazio postsovietico.
Ad esso segue la virata operata dallo stesso presidente ucraino Leonid
Kuchma, che rilancia la cooperazione con Mosca in vari settori.
Prima con la firma di un accordo per la riunificazione delle reti
elettriche dei due paesi, poi garantendo l’acquisto da parte della
Lukoil (la maggiore compagnia petrolifera russa) di quote della
raffineria di Odessa(11), infine con la sottoscrizione di un rilevante
pacchetto di accordi intergovernativi fra i quali spicca un’intesa per
il transito del gas per un periodo di 15 anni(12).
Si deve perciò
concludere che gran parte delle suggestioni instillate dall’opinione
pubblica mondialista in questi giorni non sono veritiere e a riprova
segnaliamo l’atteggiamento prudente mantenuto dai vari capi di governo
europei (Chirac e Schroeder in testa) sull’esito delle elezioni, a
dispetto dell’arrogante aggressione condotta dagli sgherri atlantisti
Barroso e Solana.
La decisa opzione strategico-militare adottata proprio recentemente da
Vladimir Putin(13) lascia ben sperare sulla possibile evoluzione della
crisi ucraina, malgrado le forti pressioni diplomatiche statunitensi e
la cecità dei burocrati di Bruxelles, autori di una politica europea
evidentemente suicida nel suo supino adeguarsi alle logiche di
Washington.
Per Mosca, d’altronde, potrebbe essere l’ultimo treno utile, prima
di essere definitivamente inghiottita dall’espansione occidentalista.
Stefano
Vernole
Tratto da www.eurasia-rivista.org
Note
(1)
Zbigniew Brzezinski, “La grande scacchiera”,
Milano, 1998, p. 165.
(2)
Aleksandr Dugin, citato in Vladimir A. Kolosov, “La
collocazione geopolitica della Russia”, Torino, 2001, p. 17.
(3)
Dichiarazione di Colin Powell, Segretario di Stato USA, riportate
dall’ANSA il 24/11/2004.
(4)
Notizia riportata dall’ANSA il 25/11/2004.
(5)
Brzezinski, op. cit., pp. 117-127-141-142.
(6)
Kolosov, op. cit., p. 324.
(7)
Per comprendere il ruolo dell’Uniatismo in Ucraina, bisogna
ricordare che nel XVI secolo, nel quadro della Controriforma, la Chiesa
cattolica – appoggiata dalle potenze dell’epoca come Austria e
Polonia – tentò di sottrarre intere regioni all’ Ortodossia. Il
meccanismo era molto semplice; in cambio di vantaggi materiali concessi
dagli Stati cattolici, i fedeli dovevano riconoscere l’autorità di
Roma, pur conservando la totalità delle loro tradizioni, dei loro
costumi, riti e rituali, cfr. Francois Thual, “Geopolitica
dell’Ortodossia”, Milano, 1995, p. 95. Significativo in questo
momento della crisi ucraina, l’arrivo a Kiev di Lech Walesa …
(8)
Kolosov, op. cit., p. 201.
(9)
Aldo Ferrari in Autori Vari, “Il grande Medio Oriente”,
Milano, 2002, p. 74.
(10) Kolosov, op. cit., p. 324
(11) La Lukoil sta peraltro valutando anche la possibilità di
acquistare la raffineria di Cherson, in Crimea, cfr. Aldo Ferrari,
ibidem.
(12) Fabrizio Vielmini, ibidem, p. 235.
(13) cfr. Giulietto Chiesa, “Torna la superpotenza russa e non è un
bluff”, www.lastampa.it, 24/11/2004. Il nuovo missile antiportaerei costruito dai
russi, sarebbe stato venduto oltre che all’Iran anche alla Cina, cfr.
Maurizio Blondet, su www.effedieffe.com.