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Come la tv danneggia le facoltà mentali
Marco Della Luna - http://marcodellaluna.info/sito/?p=506
Visto su www.stampalibera.com
Le
funzioni psichiche superiori, cognitive e metacognitive, possono essere
sviluppate, mediante l’addestramento (famigliare, scolastico,
professionale) e/o pratiche autonome, ma anche impedite nel loro
sviluppo, o danneggiate. Uno dei fattori più attivi in questo senso,
sia per intensità che per quantità di persone colpite, è la
televisione, assieme ai videogiochi.
Norman Doidge, in The Brain that Changes Itself (Penguin Books, 2007), espone allarmanti risultati di rilevamenti scientifici sugli effetti neuroplastici dell’esposizione alla televisione e ai video games. Preliminarmente, Doidge illustra come la neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì che, come il cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche quelle che possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il cervello. Lo foggiano generando e potenziando reti neurali, collegamenti nervosi, innervazioni, che consentono di compiere prestazioni ritenute estranee alle facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione subacquea senza l’uso di occhialini (osservato negli “zingari del mare”, una popolazione di pescatori di perle, e sperimentalmente riprodotto in bambini svedesi – Doidge, cit., pag. 288).
Anche
l’attività di meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni
dell’insula (pag. 290). Anche la pratica della lettura produce
modificazioni espansive di alcune aree corticali (pag. 293). I nostri
cervelli sono diversi da quelli dei nostri antenati. Principio basilare
della neuroplasticità è che quando due aree cerebrali lavorano
abitualmente assieme, si influenzano reciprocamente e a sviluppare
connessioni, formando un’unità funzionale. Ciò può avvenire tra
aree di livello evolutivo diverso: ad esempio, nel gioco degli scacchi,
dove si punta a dare la caccia al re avversario, tra aree arcaiche
esprimenti e organizzanti l’istinto della predazione, e aree corticali
esprimenti l’intellettualità (297): in tal modo, l’attività
predatoria viene temperata e trasfigurata. Naturalmente, il
condizionamento cerebrale, l’impianto di schemi neurali (valori,
codici, inibizioni, fedi) è assai più agevole e rapido nell’infanzia
e nella prima adolescenza, prima che si compia il processo di
sfoltimento dei neuroni e delle loro connessioni (neuroplasticità
sottrattiva) (pag. 288). Per tale ragione, tutte le istituzioni
totalizzanti – religiose e politiche – tendono ad impadronirsi della
gestione dell’infanzia; notevole è il caso del regime nordcoreano,
che gestisce i bambini dai 5 anni in poi impegnando quasi tutto il loro
tempo in attività di culto delle personalità del dittatore e di suo
padre. Altresì per questa ragione, l’integrazione culturale e morale
degli immigrati adulti è pressoché impossibile, se richiede estesi
“ricablaggi” neurali. (pag. 299). Anche la percezione e l’analisi
di eventi avviene in modi diversi a seconda dell’imprinting ricevuto,
e non per effetto di differenze meramente culturali, ma a causa di
diversità di reti neurali, come hanno confermato esperimenti di
comparazione tra occidentali e orientali (pagg. 298-304).
Dopo
tali premesse, Doidge spiega come la televisione, e gli schermi in
generale, risultano esercitare un’importante influenza neuroplastica,
soprattutto sui bambini, con dannose conseguenze, nel senso soprattutto
di compromettere la facoltà dell’attenzione. Uno studio su oltre
2.500 bambini ha mostrato che l’esposizione alla tv tra 1 e 3 anni
mina la capacità di prestare attenzione e di controllare gli impulsi
nella successiva fanciullezza. Ogni ora passata alla tv a quell’età
comportava una perdita del 10% della capacità attentiva all’età di 7
anni (pag. 307). La pratica di guardare la tv è molto diffusa tra i
bambini sotto i 2 anni. Quindi la tv è verosimilmente un’importante
causa del moltiplicarsi di sindromi di deficit attenzionale e di
iperattività (ADD, ADHD) e della minore capacità di seguire le
lezioni, di imparare, di capire – che si nota vistosamente nelle
scuole anche italiane, dove la necessità di abbassare il livello
dell’insegnamento per farsi capire ha già portato a una sostanziale
dequalificazione. E l’introduzione di computers in classe,
evidentemente, rischia di peggiorare le cose.
Notevole
è che questi perniciosi effetti non sono dovuti ai contenuti delle
trasmissioni televisive o dei videogiochi, bensì al veicolo stesso,
allo schermo. Il mezzo è parte costitutiva del messaggio, come intuì
per primo Marshall McLuan. Il medesimo testo è processato diversamente
dal cervello, a seconda che arrivi dalla lettura del giornale o dalla
televisione. I centri di comprensione attivati sono diversi, come
mostrano scansioni cerebrali mirate (pag. 308).
“Molto
del danno causato dalla televisione e da altri media elettronici, come i
music videos e i computer games, viene dal loro effetto
sull’attenzione. Bambini e adolescenti dediti a giochi di
combattimento sono impegnati in un’attività concentrata e sono
gratificati in misura crescente. Video games, come pure il porno in
Internet, hanno tutti i requisiti per mutare plasticamente la mappa
cerebrale.” Un esperimento con un gioco di combattimento (sparare al
nemico e schivare il suo fuoco) “mostrò che la dopamina – il
neurotrasmettitore della gratificazione, rilasciato anche per effetto di
droghe assuefacenti – è secreto dal cervello durante siffatti giochi.
Coloro che sviluppano dipendenza dai giochi cibernetici mostrano tutti i
segni delle altre dipendenze: bramosia quando cessano il gioco,
trascuranza per altre attività, euforia quando sono al pc, tendenza a
negare o minimizzare il loro coinvolgimento effettivo.
Televisione, video musicali, e videogiochi – tutti utilizzanti tecniche tv – operano a un ritmo assai più rapido che la vita reale, e vanno accelerando, così che la gente è costretta a sviluppare un crescente appetito per sequenze veloci in quei media. E’ la forma del mezzo televisivo – tagli, inserti, zumate, panoramiche, improvvisi rumori – che alterano il cervello, attivando quella che Pavlov chiamava “reazione di orientamento”, che scatta ogniqualvolta avvertiamo un improvviso cambiamento nel mondo intorno a noi, soprattutto un movimento improvviso. Istintivamente interrompiamo checché stiamo facendo, focalizziamo l’attenzione, e facciamo il punto. La reazione di orientamento si è evoluta, senza dubbio, perché i nostri antenati erano sia predatori che prede e abbisognavamo di reagire a situazioni potenzialmente pericolose o tali da offrire opportunità per cose come il cibo o il sesso, o semplicemente a nuove circostanze. La reazione è fisiologica: il battito cardiaco cala per 4 – 6 secondi.
La
tv fa scattare questa reazione con frequenza molto maggiore di quanto ci
accada nella vita – ed è per questo che non riusciamo a staccare gli
occhi dalla tv, persino nel mezzo di un’animata conversazione; ed è
pure per questo che si finisce per passare alla tv più tempo di quanto
si intende. Poiché i tipici video musicali, le sequenze di azione, e
gli spot pubblicitari fanno scattare la reazione in parola ogni
secondo, stare a guardarli ti mette in uno stato di incessante reazione
di orientamento senza recupero. Non c’è da stupirsi, quindi, se le
persone si sentono svuotate dopo aver guardato la televisione. Però
contraggono un gusto per essa e finiscono per trovare noiosi i ritmi di
cambiamento più lenti. Il prezzo di ciò è che attività quali
lettura, conversazioni complesse, e ascolto di lezioni divengono più
difficili.” (pag. 309-310). In sostanza, la televisione rende la gente
al contempo dipendenti da sé (quindi proni ai suoi input
propagandistici e pubblicitari), e meno capaci di attenzione, dialettica
e apprendimento. Diventa quindi uno strumento di “social control”,
un tranquillante per le masse, e al contempo un veicolo per impiantare
in esse la percezione della realtà che si vuole che abbia. Inoltre, la
tv crea disturbi dell’attenzione e del controllo degli impulsi, che
aprono un florido e rapidamente crescente mercato per le industrie
farmaceutiche, la psichiatria, la psicologia clinica – come
approfonditamente spiega l’Appendice di Regina Biondetti alla 2a
edizione di Neuroschiavi.
Va
inoltre evidenziato che la televisione abitua la mente a un rapporto
unidirezionale, passivo, e non interattivo, in cui si può solo recepire
senza replicare o criticare, e non vi è il tempo di analizzare e
filtrare. Inoltre, abitua a seguire immagini e suoni, non i discorsi, i
ragionamenti; inibisce la capacità di costruire o seguire sequenze
logiche, con corrispondenti difficoltà o impossibilità di
apprendimento attraverso lo studio di testi scritti.
Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente
subalterne e inerti.
Ovvia
misura protettiva contro questo mezzo di manipolazione mentale e neurale
sarà quindi il non esporre, o esporre solo minimamente, i bambini alla
televisione e ai video giochi, e il moderare assai anche l’esposizione
degli adulti. Inoltre, è opportuno trovarsi tempi e ambienti idonei al
recupero, alla riflessione solitaria, alla conversazione approfondita
coi propri simili. Faccio presente che è importante, ma non è
sufficiente, il selezionare i contenuti, cioè il tipo di programma che
si guarda, perché il danno viene soprattutto dalla televisione o dal
videogame in sé, come veicolo, come modo di trasmissione e ricezione