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Tumori
e cancri: loro sparizione per autolisi
Dottor Herbert
M. Shelton, dal libro “Tumori e cancri: loro sparizione naturale per
autolisi”
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I soli cancri che essi guariscono sono quelli che non sono
cancri. Asportare un tumore benigno e dire che con ciò si è guarito un
cancro ai suoi inizi, costituisce, suppongo, una buona pubblicità; ma
è anche una forma di sfruttamento del pubblico, che dovrebbe essere
guarita mediante il plotone di esecuzione.
A meno che la causa di un male non sia nota, trattarne i sintomi
significa perdere il proprio tempo e andare incontro a un disastro.
I medici possono diventare sempre più abili, nel guarire
il cancro, ma la mortalità cancerosa continua a crescere. Se sanno
guarire il cancro, perché non lo fanno? Cosa aspettano? Ma essi non
sanno guarire. Non sanno guarire un raffreddore, non sanno guarire
l'acne né i brufoli; non sanno guarire una semplice indigestione; non
sanno guarire una semplice costipazione; non sanno guarire l'insonnia,
riescono soltanto a fare, di coloro che ne soffrono, degli schiavi della
droga. I medici stessi muoiono frequentemente di cancro, così come i
membri delle loro famiglie. Un corpo professionale che risulta impotente
di fronte a malanni semplici, quasi completamente funzionali, come
quelli ora citati, ma che pretende di essere capace di guarire una
malattia complessa come il cancro, pur confessando di ignorare la causa,
dovrebbe essere spedito in un manicomio.
I membri di questo corpo hanno forse compiuto enormi
progressi nella diagnostica e la cura del cancro, nel corso dei tremila
anni che sono trascorsi da quando gli Egizi hanno per la prima volta
studiato questa malattia; ma, per quanto riguarda la scoperta della
causa del cancro, non hanno fatto molta strada. Eppure, la conoscenza
della causa di una malattia ha un'importanza primaria.
Citiamo ancora una volta Small: «Alcuni chirurghi possono
asportare quasi tutti gli organi del bacino e riportare i propri
pazienti a una vita attiva dopo qualche settimana. Tuttavia, è
virtualmente sicuro che in questo momento ci siano centinaia di donne
che soffrono perché affette, per esempio, di
cancro al collo dell'utero e che, per eccesso di pudore, andranno
dal medico in ultima risorsa, soltanto dopo che vi saranno state
costrette dal dolore o da altro insopportabile sintomo. Allora, sarà
probabilmente troppo tardi».
Il grosso delle operazioni chirurgiche è soltanto
teatralità spettacolare, con finalità commerciali. La chirurgia non ha
mai salvato un solo canceroso.
Asportare una delle ghiandole, o uno dei canali del seno, per una
tumefazione benigna e non uccidere in questo caso la vittima della
frenesia chirurgica, è una cosa; asportare un sicuro cancro e
registrare un nuovo caso di «ablazione riuscita di cancro», è ben
altra cosa.
L'ablazione di un tumore canceroso è già, di per sé, una azione
stupida. Ma, dopo aver effettuato l'ablazione, si accelera la recidiva
del tumore per mezzo dei raggi X e del radio, che complicano la
situazione provocando un indurimento dei vicini tessuti «normali» e
preparano così l'estensione del cancro nell'area vicina al tumore
primitivo.
Soltanto il più stupido dei somari può credere che una
malattia sia guarita quando un organo o tutti gli organi contenuti in
una cavità siano stati asportati. Non sarà certamente questo a
sopprimere la causa della malattia. Che alcune donne riescano a
sopravvivere a una tale operazione è cosa certa, poiché molte vi sono
riuscite; ma bisogna dire che la vita che conducono in seguito, è lungi
dall'essere attiva. In questo stesso momento, nel paese vi sono migliaia
di queste donne, che soffrono cioè a causa della perdita degli organi
asportati. Per altro verso, molti dei decessi che le statistiche
attribuiscono alla mortalità cancerosa non sono dovuti al cancro, ma ad
operazioni di questo genere.
Ogni anno la chirurgia uccide migliaia di vittime, la cui
morte viene imputata al cancro. Molte di tali vittime non soffrivano di
cancro; lo si sospettava soltanto.
Il vero carattere delle relazioni mediche è messo in luce da un
estratto che Small ci fornisce di un rapporto sullo studio del «problema
critico del ritardo», redatto a cura dei Dottori John E. Leach e Guy F.
Robbins, del Memorial Hospital di New York. Vi si legge: «Malgrado
tutti i progressi realizzati nella diagnostica e la cura del cancro
negli ultimi venticinque anni, è un fatto che la riduzione della
mortalità cancerosa, virtualmente possibile, è appena cominciata». In
realtà, non è vero che sia iniziata una riduzione della mortalità
cancerosa; semmai il suo aumento. E’ anche vero che la cura del cancro
è oggi la stessa di venticinque anni fa: chirurgia, raggi X, radio.
La causa del cancro, oggi, non è più nota ai medici di quanto non lo
fosse venticinque o mille anni or sono.
Questi stessi medici affermano che «la causa prima di
questo insuccesso (l'incapacità di ridurre la mortalità cancerosa) non
è dovuta alla mancanza di adeguati metodi terapeutici. La causa
fondamentale di tale stato di cose è il tempo eccessivo che trascorre
tra l'apparizione dei primi sintomi nel paziente e il momento in cui la
cura comincia effettivamente». Questa dichiarazione avrebbe un senso se
i medici conoscessero la causa del cancro e il loro intervento avesse un
qualsiasi effetto positivo. Non consiglio mai di tardare a rimediare a
un disturbo, qualunque esso sia, poiché quando una malattia si lascia
evolvere, essa non può che peggiorare, a meno che non se ne sopprima la
causa. Ma le visite mediche non rivelano mai le cause delle malattie;
infatti, esse non hanno questa finalità.
Un medico appare insieme ridicolo e stupido, quando parla
di guarire il cancro, o qualsiasi altra malattia la cui causa gli è
perfettamente ignota.
Il medico, che non sa guarire un raffreddore, si dice sicuro di portare
a buon fine un fenomeno patologico complesso come l'artrite e presto dirà
di poter guarire anche il cancro. Le sue illusioni sulla guarigione sono
così ben radicate, che egli immagina di poter guarire senza aver
bisogno di eliminare la causa di un male, o solo di conoscerla. Non si
può definire il cancro come un tumore maligno le cui cause sono ignote
ed estranee all'organismo. Le cellule di tutti i tessuti cancerosi,
presentando una deviazione patologica, sono notevolmente differenti
dalle cellule di tipo normale dell'organismo.
Il cancro, si dice, nasce e si sviluppa in un punto
sottoposto a una «irritazione cronica». E’ spiacevole che, nello
studio dell'evoluzione del cancro, non si pensi mai ad identificare le
cause che hanno portato a tale irritazione cronica. La nascita e
l'evoluzione di questo stato di irritazione cronica non sono oggetto di
alcuna indagine.
Se si avesse una chiara conoscenza di qualsiasi malattia sin dal suo
insorgere, delle cause che l'hanno provocata e della necessità di
sopprimerle, non esisterebbero malattie croniche. Non vi è differenza
alcuna tra l'origine, l'inizio, di un cancro e quello di una tubercolosi
o un'apoplessia.
La trasformazione patologica di un organismo può manifestarsi in
diversi modi, ma l'inizio è sempre lo stesso.
Ogni cattiva abitudine, mentale o fisica, riduce la riserva
di energie nervose, comportando così il rallentamento delle funzioni di
eliminazione e, conseguentemente, la ritenzione e l'accumulo di residui
delle cellule dell'organismo, causa di tossiemia.
Quando la tossiemia raggiunge un tasso elevato, si produce una crisi
dell'organismo (malattia acuta, febbre), mediante la quale esso mobilita
le proprie energie per eliminare l'eccesso di residui.
Poiché la causa della tossiemia non viene mai eliminata, le crisi si
susseguono, fin quando sfociano in una malattia cronica. Tutti i punti
attraverso i quali il corpo elimina i suoi detriti vengono allora
sottoposti a un'irritazione caratteristica.
Siccome le cattive abitudini non scompaiono e,
conseguentemente, la tossiemia non diminuisce, i punti di eliminazione
continuano a essere sottoposti ad irritazione anche dopo la sparizione
dei sintomi.
Ogni raffreddamento aggrava l'irritazione, finché la stessa si
trasforma in infiammazione. L'infiammazione aumenta, o sfocia in una
ulcerazione. L'infiammazione cronica finisce per rendere duri i tessuti,
creando uno stato d'indurimento. All'indurimento può seguire uno dei
tre seguenti fenomeni: cancro, tubercolosi, varie malattie degenerative
e paralizzanti, dette «malattie della vecchiaia», che hanno preso
questo nome soltanto perché esse appaiono dopo una lunga evoluzione.
L'ulcerazione del collo della matrice è la conseguenza di un catarro
cronico di tale parte dell'organo; l'ulcerazione dell’intestino tenue
è la conseguenza di un catarro intestinale cronico; l'ulcera gastrica
è la conseguenza di una gastrite cronica. Le ulcere del naso sono la
conseguenza di un catarro nasale cronico.
Nessuna affezione maligna lo è sin dall'inizio, e molti
pazienti, se lasciati a se stessi, si ristabilirebbero prima
dell'apparizione dei sintomi di malignità; ma il trattamento al quale
vengono sottoposti finisce spesso per provocare una rapida
trasformazione di un male benigno in male maligno incurabile.
Le masse cellulari anomale che costituiscono i neoplasmi traggono
origine dal leggero aggravamento di uno stato di circolazione sanguigna
già ostruita. La stessa cosa avviene per le iperplasie.
Il cancro è uno stato patologico caratterizzato dal restringimento
graduale dei vasi sanguigni (dai quali tutte le cellule ricevono il
proprio nutrimento) fino all'occlusione completa di tali vasi. Un
neoplasma che si metta a «crescere» sul seno, per degenerare
nell'orrenda massa putrescente chiamata cancro, ha, così, un'origine
molto semplice.
Quando un tumore ha una capsula spessa e resistente, che
intralcia la sua crescita volumetrica, il suo contenuto tende a
raggiungere una tale densità, che i capillari e le piccole arterie
finiscono per risultare completamente ostruite. Il tumore si trova,
cosi, sempre più tagliato fuori dal circuito sanguigno e finisce per
morire di asfissia. Il nucleo del tumore entra allora in decomposizione,
e ciò comporta un avvelenamento settico (un avvelenamento del corpo
dovuto alle sostanze putride che passano ogni giorno dalla massa in
decomposizione al resto del corpo). Questa setticemia cronica
(setticemia: avvelenamento settico dei sangue) dà, a sua volta, seguito
alla cachessia, che è lo stato in cui lo sviluppo cellulare dell'intero
organismo viene cronicamente colpito dall'avvelenamento settico.
Quando il processo che abbiamo appena descritto si verifica in un tumore, lo si può chiamare cancro. La trasformazione di un tumore benigno in un tumore maligno è avviata dall'ostruzione del circuito sanguigno e dall'asfissia cellulare che ne consegue. A partire da questo momento, non esiste alcun fattore estrinseco al tumore, sia patologico, sia eziologico, che possa influire in qualche modo su di esso. L'indurimento delle ghiandole linfatiche vicino al tumore costituisce il primo segno della sua trasformazione maligna.
Come dice il dottor Tilden: «Che il cancro sia mortale,
non ha nulla di particolarmente incomprensibile. Un cancro non è altro
che sepsi, il prodotto mortalmente virulento della putrefazione dei
tessuti, che si trova nelle ferite e nelle appendiciti mal curate, nella
febbre puerperale nonché in molti altri risultati dell'incommensurabile
e catastrofica ignoranza medica.
E’ lo stesso tipo di avvelenamento mortale che si manifesta dopo un
aborto (sia esso "legale" o "criminale"), oppure in
occasione dei parti, quando l’ostetrico, o supposto tale, è in realtà
un dilettante che raffazzona i parti per affrettarsi ad andare sul campo
da golf o a teatro, lasciando così prive di cure le mutilazioni
provocate dai suoi interventi rapidi e anormali».
Un certo numero, in verità molto esiguo, di casi di cancro sono finiti
con una guarigione. Generalmente, tuttavia, è lecito dire che quando un
tumore è diventato maligno la guarigione è impossibile.
Tutti i palliativi quali droghe, operazioni, raggi X, radio e gli altri
tipi di cura, che i medici non si fanno scrupolo di sperimentare sui
propri malati, sono crudeli ed inumani.
La legge dovrebbe obbligare i medici che praticano tali atti di crudeltà
ad astenersi dal farlo od a smettere di praticare la propria
professione.
Tratto
dal libro del Dottor Herbert M. Shelton: “Tumori e cancri: loro
sparizione naturale per autolisi”
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