Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
Tumore al seno: meglio la prevenzione che la
diagnosi precoce
Il
Dott.
Filippo Ongaro è stato per anni medico degli astronauti
presso l’Agenzia Spaziale Europea ed ha lavorato alla NASA e
all’Agenzia Spaziale Russa. Oggi è Direttore Scientifico
dell’Istituto di Medicina Rigenerativa e Anti-Aging di Treviso e
collabora con enti di ricerca tra cui l’Istituto di Fisiologia Clinica
del CNR di Pisa e l’Institute for Biomedical problems di Mosca.
Pensare
che i tumori, e in particolare, il tumore del seno non siano prevenibili
è un grosso errore. Altrettanto grosso è però l’errore di pensare
che il tumore al seno possa essere prevenuto con la mammografia, un
esame che viene troppo spesso erroneamente spacciato come preventivo.
Occorre fare molta attenzione a non confondere diagnosi precoce e
prevenzione: con il primo termine si descrivono interventi mirati a
diagnosticare il prima possibile una malattia in atto.
Tra
i sistemi di diagnosi precoce ricordiamo appunto la mammografia, il PAP
test e la densitometria ossea. Con prevenzione invece si intende una
procedura medica o di stile di vita atta a ridurre l’incidenza di una
determinata malattia. Nel settore della prevenzione la diagnostica per
immagini è spesso insufficiente perché in grado di vedere solamente
danni d’organo e non squilibri biochimici e molecolari. In patologie
come quelle tumorali per esempio possono passare anche 30 anni dalle
prime alterazioni molecolari ad un danno d’organo visibile con
indagini radiologiche. Esiste molta confusione sul significato dei
termini diagnosi precoce e prevenzione, confusione che spinge in
particolare le donne a sottoporsi ad un numero eccessivo di esami
radiologici nell’illusione di prevenire lo sviluppo di tumore.
Pensiamo
per esempio all’uso della mammografia:
La mammografia riduce l’incidenza di tumore al seno? No. La
mammografia è una indagine che può aiutare nella diagnosi precoce ma
non nella prevenzione. In termini numerici di riduzione del rischio
assoluto se 1.000 donne partecipano ad uno screening mammografico per 10
anni, una morte per tumore al seno verrà evitata. In termini di persone
che devono essere trattate per salvare una vita queste sono 1000 per 10
anni.
-
Una diagnosi precoce significa una riduzione della mortalità? Non in
tutti i tumori. Una diagnosi precoce può ridurre la mortalità ma
non è automatico che lo faccia. Per esempio nel caso di un tumore senza
cura, una diagnosi precoce comporta solo un tempo maggiore in cui il
paziente deve vivere sapendo di avere un tumore.
-
Una mammografia positiva significa avere un tumore? No. Nel caso
di una prima mammografia un caso su 10 risultati positivi ha
effettivamente un tumore. Nel caso di mammografia ripetute annualmente o
ogni 2 anni per 10 volte, una donna su due può aspettarsi di risultare
positiva ad un esame pur non avendo il tumore.
-
La mammografia è utile a ridurre la mortalità? Sembra esserlo nelle
donne sopra i 50 anni ma non lo è in quelle sotto i 50. Anche nelle
donne sopra i 50 anni i benefici sono modesti. In termini di riduzione
del rischio assoluto considerando una popolazione di donne che dai 50
anni si sottopone a mammografia ogni due anni per i successivi 20 anni,
vengono salvate quattro vite ogni mille di queste donne. Inoltre va
tenuto presente che esiste un rischio di indurre un tumore al seno a
causa delle radiazioni emesse dal mammografo. Questo rischio aumenta in
modo lineare con la quantità di radiazioni a cui la persona è stata
esposta. Quindi tanto prima una donna inizia a fare regolarmente
mammografie tanto più alto sarà il rischio che raggiunge un picco
15-20 anni dopo l’esposizione.
Secondo
le stime, su 10.000 donne che si sottopongono a programmi di mammografia
a partire dai 40 anni, da 2 a 4 svilupperà un tumore da radiazioni e
una perderà la vita per questo. Infine la mammografia, soprattutto
nelle donne più giovani, diagnostica molti carcinomi duttali in
situazioni che in oltre la metà dei casi non evolvono in un tumore
invasivo e quindi pericoloso. La diagnosi quindi comporta successive
procedure invasive spesso inutili.
Cosa vuol dire tutto questo? Le donne devono forse rassegnarsi a non
poter fare nulla per prevenire il tumore della mammella? No, ma
è necessario passare da una semplice diagnosi precoce poco efficace,
molto costosa e con una certa dose di rischio ad un vero programma di
prevenzione. Fattori di rischio.
I
fattori di rischio più noti per il tumore al seno sono:
Predisposizione genetica - Menarca precoce - Menopausa
tardiva - Dieta ricca di grassi.
Tuttavia
questi fattori di rischio sono presenti solo nel 30 per cento delle
donne. Per esempio la presenza di geni ad alto rischio (BRCA1 e BRCA2)
probabilmente incide solo per il 4 per cento di tutti i casi di tumore
al seno. Evidentemente quindi sono altri i meccanismo patologici alla
base di questo tumore, meccanismi che non vengono presi in
considerazione ne dai programmi di screening ne dalle comuni analisi dei
fattori di rischio.
Inoltre
se è vero che il 70 per cento dei tumori al seno avviene proprio in
quelle donne che non presentano i classici fattori di rischio, è
altrettanto vero che a rischio sono quindi probabilmente tutte le donne.
Come si sviluppa il tumore del seno. Come negli altri tumori, anche in
quello del seno la malattia inizia quando una cellula (che normalmente
non si divide), perde proprietà di auto-regolazione, si trasforma ed
inizia a dividersi all’infinito. Negli stadi più avanzati alcune
cellule possono staccarsi, infiltrare i vasi ed attecchire in tessuti
distanti dando luogo a metastasi. Questa trasformazione è indotta da
tossine ambientali ed alimentari, scarsa funzione immunitaria, virus,
stress, squilibri ormonali e nutrizionali ed elevato stress ossidativo.
In
generale possiamo dividere le sostanze in grado di stimolare la
trasformazione delle cellule mammarie in 2 classi:
-
Estrogeni, sostanze estrogeno-simili e xenoestrogeni: gli estrogeni sono
fattori di crescita per le cellule mammarie. Sebbene essi non siano
responsabili del danno genetico che innesca un tumore, possono favorirne
la proliferazione. Vista la ricchezza di recettori per gli estrogeni
nelle cellule mammarie e la presenza massiccia di xeno-estrogeni è alta
la possibilità di stimolazione delle cellule del seno.
-
Agenti cancerogeni: sono agenti in grado di indurre un danno genetico
che trasforma una cellula normale in una cellula cancerogena. Le donne
portatrici di mutazioni a carico dei geni BRCA1 e BRCA2 hanno un rischio
quattro volte più alto di sviluppare un tumore al seno. Mettere in
pratica un programma di prevenzione per il tumore al seno.
Come
per altri tumori, anche per il tumore del seno è possibile attuare un
programma di prevenzione mirata composto da vari elementi:
1. Favorire un corretto metabolismo degli estrogeni: con estrogeni ci riferisce in realtà a 3 composti: estrone, estradiolo ed
estriolo con effetti diversi di stimolazione sul tessuto mammario.
L’estrone in particolare, l’ormone maggiore dopo la menopausa, ha
un’azione di gran lunga più potente dell’estradiolo e dell’estriolo
rispettivamente l’ormone più presente prima della menopausa e
l’estrogeno della gravidanza. Inoltre gli estrogeni possono venire
metabolizzati in modo diverso dando vita a metaboliti tossici e
cancerogeni come il 4-OH estrone e il 16-OH estrone e metaboliti invece
protettivi come il 2-OH estrone, sostanzialmente privi di attività
estrogenica. Questo diverso risultato metabolico dipende da un delicato
equilibrio enzimatico individuale ma può essere modificato da
interventi semplici come quelli alimentari. Le verdure crucifere infatti
come cavoli, cavoletti e broccoli contengono alte concentrazioni di
Indole-3-Carbinolo (I3C) e Diindolilmetano (DIM) sostanze capaci di
modificare l’attività di specifici citocromi (enzimi del fegato
preposti a metabolizzare tossine, farmaci e sostanze endogene) e di
favorire la formazione di composti protettivi come il 2-OH estrone. Per
esempio la valutazione del rapporto 2/16 OH estrone con semplice esame
delle urine è un indice molto utile in un programma di prevenzione per
il tumore al seno. Le donne con un rapporto basso (e quindi con elevate
concentrazioni di 16-OH estrone) hanno un rischio del 30 per cento
maggior di sviluppare un tumore al seno. É evidente che gli aspetti che
riguardano il metabolismo degli estrogeni sono più importante della
presenza degli estrogeni in quanto tali. Infatti la maggior parte dei
tumori del seno si sviluppano dopo la menopausa quando i livelli
complessivi di estrogeni diminuiscono ma l’equilibrio ormonale
complessivo varia così come il metabolismo degli ormoni stessi. È
importante quindi assumere tutti i giorni verdure possibilmente 2 volte
al giorno.
2. Evitare la carenza di progesterone: in molte donne già subito dopo i 30 anni la produzione di progesterone
cala considerevolmente. Una delle funzioni del progesterone è quella di
proteggere le cellule mammarie dalla stimolazione estrogenica
proteggendole quindi dal rischio tumorale. Valutare eventuali carenze di
progesterone e integrarle con progesterone bioidentico (non progestinici
sintetici ma progesterone con formula analoga a quella del progesterone
endogeno) è importante per garantire una corretta omeostasi del tessuto
mammario.
3. Determinare le predisposizioni genetiche: anche se le conoscenze genetiche attuali nel campo del tumore al seno
permettono di utilizzare con certezza solo mutazioni dei geni BRCA1 e
BRCA2 che sono fattori di rischio solo nel 4% dei tumori al seno, in
casi di predisposizione familiare appare sensato conoscere la presenza o
meno di tali mutazioni. Questo oggi si fa con semplici esami del sangue
o con un prelievo indolore di cellule della mucosa orale.
4. Fare esercizio fisico regolarmente: esercizio fisico regolare ad intensità corretta è stato messo in
relazione ad una riduzione del rischio relative di tumore al seno del
30% e ad un’aumentata sopravvivenza. Inoltre l’esercizio fisico
aiuta a ridurre il grasso corporeo. È stato visto che un eccesso di
peso anche di solo 5 chili dall’età di 30 anni in poi aumenta il
rischio di tumore del 25 per cento. Il grasso, ricco dell’enzima
aromatasi, contribuisce alla produzione di estrogeni.
5. Ridurre e selezionare i grassi: gli acidi grassi omega 3 contenuti in noci, pesce, semi di lino sono
anti-infiammatori e anti-tumorali. Gli acidi grassi omega 6 invece
contenuti in alcuni oli vegetali e in grassi animali sono
pro-infiammatori e potenzialmente cancerogeni. Un’alimentazione
protettiva dovrebbe dunque limitare i grassi saturi animali, le carni
rosse, latte e latticini, prodotti confezionati contenenti grassi
idrogenati e favorire invece il pesce, le verdure, le noci e i semi
naturali.6. Arricchire l’alimentazione con anti-ossidanti e fibra:
l’eccessiva produzione di radicali liberi è una fonte di danno al
DNA. Una dieta ricca di anti-ossidanti aiuta a ridurre l’impatto di
queste sostanze nocive. Verdure e frutta sono ricche di fitonutrienti
che assieme a vitamine come la vitamina A, E e C sono efficaci nel
ridurre lo stress ossidativo. Molto utile è anche il té verde ricco di
sostanze come l’Epigallocatechina 3 gallate dall’alto potere
anti-ossidante. La fibra riduce l’assorbimento di sostanze tossiche e
di zuccheri che stimolano la secrezione di insulina e IGF-1 e agiscono
come fattori di crescita sulle cellule.7. Evitare alcol, tabacco,
pesticidi, tossine e stress: ogni fattore che ha il potenziale di
danneggiare la cellula e indurre una sua proliferazione va evitato in
qualsiasi programma di prevenzione tumorale.
Conclusioni
Se
con le procedure di diagnosi precoce ci si illude di fare prevenzione e
ci si affida in toto ad una tecnologia attribuendole capacità che essa
non ha, nella prevenzione si parte sempre dallo stile di vita e da
elementi basilari come la nutrizione. Esistono anche interventi più
complessi di chemio-prevenzione che possono essere indicati in casi
particolari ma la prevenzione di base dovrebbe essere applicata a tutte
le donne indipendentemente dalla presenza o meno di fattori di rischio