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Sporchi trucchi delle Banche Centrali
di Maurizio Blondet tratto da www.effedieffe.com 

Il crollo dei mercati azionari mondiali è stato accompagnato da alcune manovre dietro le quinte che vale la pena di sottolineare.
E' ovvio che il calo del dollaro viene pilotato dalla Federal Reserve: così svaluta l’immenso debito americano, e screma il potere d’acquisto delle montagne di dollari in possesso di Cina, Giappone Germania ed altri esportatori, specie petroliferi.
I grandi detentori di dollari hanno tentato di resistere.

Tokio specialmente ha manipolato il cambio dello yen, perché un dollaro basso sottrae valore ai profitti degli esportatori nipponici e alle multinazionali che hanno comprato imprese in USA.
La  Germania ha brontolato, perché un rafforzamento dell’euro danneggia il suo export.
Mosca ha minacciato di sostituire il dollaro come riserva.
Poi è arrivato l’ordine dal Bilderberg per bocca del suo membro Martin Wolf, direttore del Financial Times: «lasciate cadere il dollaro, altrimenti è il collasso globale!».
E tutti hanno ubbidito.

Ben Bernanke l’aveva detto chiaro il 21 marzo, che la FED era pronta a convivere con un dollaro basso: «i deficit commerciali USA non possono continuare ad allargarsi per sempre, ma non è necessario che generino un declino precipitoso del dollaro, né che tale declino, ove accada, debba necessariamente scuotere i mercati finanziari, la produzione o l’occupazione».
Tradotto in chiaro, era l’annuncio dell’acrobatico tentativo: deprezzare la moneta di riserva mondiale in modo piano e regolare - facendo pagare agli altri le spese della cicala americana - mantenendo nel pubblico idiota l’illusione del continuo «boom».
Due mesi dopo l’annuncio, però, il dollaro è sotto attacco speculativo, e in un clima di panico lo Standard & Poor perde il 4,5%.

Il 14 maggio, perciò, viene sparsa la voce che il Fondo Monetario è impegnato in colloqui dietro le quinte con i responsabili di UE, Giappone, Cina ed altri per studiare misure riguardanti la svendita dei dollari che scuote i mercati.
Miracolo: il 15 mattina, mezz’ora prima dell’apertura del mercato dell’oro a Londra, «qualcuno» getta sul tavolo un’offerta eccezionale del metallo giallo.
L’oro, che sale da tre anni ad altezze stratosferiche fino a 730 dollari l’oncia, cade di 35 dollari.
E’ evidentemente questa la misura presa dietro le quinte.
A quale scopo?

Cercare di detronizzare l’oro dalla posizione naturale che stava riprendendosi, quella di monetadi riserva.
Ricordiamo che mentre le monete di carta sono promesse di pagamento di qualcuno che può essere insolvente (e di fatto lo è), l’oro ha dentro di sé il suo attivo.
La sua ascesa ha rivelato che resta, come copertura monetaria contro l’inflazione, uno strumentopiù sicuro delle azioni in trionfante rialzo.
Le azioni salgono e salgono, ma il loro valore contro l’oro cala.
Bisogna quindi impedire che l’oro torni ad imporsi come moneta.

E’ una politica tradizionale delle Banche Centrali, quella di rompere il legame psicologico tra i prezzi dell’oro e i tassi dei titoli di debito.
Nel settembre 2003 la Banca Centrale olandese ha svenduto mille tonnellate d’oro e reso noto che ne avrebbe vendute altre 700.
«Ci siamo alleggeriti del 50% delle nostre riserve auree, e questo dice come consideriamo l’oro», proclamò il governatore olandese Nout Wellink.
Sostanzialmente, sterco.

Altre banche hanno seguito l’esempio, compresa Bankitalia.
Svendendo come sterco le ricchezze dei loro cittadini e contribuenti.
Così ora l’oro è ribassato, ed ora è anch’esso nel vortice ribassista che ha coinvolto metallie materie prime, persino il petrolio.
Ma c’è una differenza: il boom dei metalli industriali era dovuto in più gran parte alla speculazione. L’oro ha ristabilito invece un regime di «gold standard di fatto»; può andare giù e su anche selvaggiamente, come ha fatto nel complessivo rialzo dei quattro anni passati, ma per detronizzarlo occorre più di qualche trucco.
Occorre la fiducia mondiale in Ben Bernanke e nelle Banche Centrali, fiducia che non c’è più.

Il gold standard di fatto già impone la sua disciplina ai ridicoli maghetti delle Banche Centrali.
Più loro pompano denaro di carta ed elettronico per gonfiare i loro mercati azionari (illusione di boom eterno), più l’oro rincara.
L’oncia è passata da 350 euro di settembre 2005 a 570 euro dell’11 maggio 2006.
L’EuroStoxx-600 (seicento azioni) sale in termini di euro, ma in once d’oro passa da 0,81 a 0,60, rivelando l'illusione ottica.

Alla lunga, la tendenza del metallo giallo è ineluttabilmente rialzista.
In questo genere di sporchi trucchi, si è distinta per servilismo criminale la Banca Centrale Europea, BCE.
Ricordate il suo proclamato principio?
«Mantenere la stabilità dei prezzi», ossia bloccare l’inflazione sotto il 3%.

Quella politica ideologica di lesina è costata agli europei milioni di posti di lavoro e crescita zero. Ma dopo aver tenuto per anni la massa monetaria stitica, di colpo la BCE ha aperto i cordoni.
A marzo, la moneta M3 messa in circolazione è cresciuta di un vertiginoso 8,6%, con espansione continua per tre mesi.
I prestiti al settore privato, altro modo di accrescere la liquidità, sono cresciuti del 10,8%,
come non si vedeva dal ‘92.
La crescita dei mutui ha superato il 12,15.
E tutto ciò, mentre ci parlano di un'inflazione del 3%, e ammettono a mezza bocca che è del 4,5.

Lo scopo?
Continuare a far crescere i mercati azionari in valore nominale, rimettere in tasca denaro agli speculatori perché non falliscano.
Quando si trattava di salvare i lavoratori, la lesina; per sostenere la speculazione, e allontanare la resa dei conti, la più incredibile generosità.
Ma la resa dei conti verrà.
Più la si procrastina peggio sarà.

La manovra della BCE ha già portato l’euro, che si è apprezzato sul dollaro (male per il nostro export) a cadere del 65% rispetto all’oro, il che ha avuto come conseguenza il rialzo di 60 punti, fino al 4% del BOT tedesco, il bund.
Così si vede che cosa è sterco (la carta) e cosa è l’oro (oro).
La BCE non fa la sola cosa che dovrebbe fare: svalutare competitivamente l’euro, per dar fiato alle esportazioni.
E non lo fa perché i suoi servi hanno giurato al padrone USA di tener bordone alla scivolata del dollaro, a costo della rovina per gli europei.
Quanto a Ben Bernanke, il suo soprannome è «helicopter», perché si è detto disposto a gettare dollari dall’elicottero, pur di salvare le borse e il «boom perpetuo» americano (falso).
Ma questo, era qualche anno fa.

Oggi, si trova davanti a un dilemma insolubile.
Da una parte deve mantenere il dollaro, pur calante, con la reputazione di affidabile moneta di riserva, e perciò è premuto ad aumentare i tassi del bond al 5,25%, magari a giugno.
Altrimenti, il calo del dollaro non sarà piano, ma «precipitoso», l’inflazione s’infiammerà fino all’iperinflazione, il costo del debito USA aumenterà, e così l’invincibile oncia d’oro.
Però, una politica monetaria più seria della FED farebbe scoppiare la bolla immobiliare, che fornisce  la sola forma di ricchezza residua dei consumatori americani, provocando una recessione storica.

Gli americani infatti sono sempre più poveri.
Se riescono ancora a comprare a man bassa tutto ciò che la Cina produce, è perché il «valore» facciale delle loro case aumenta trionfalmente.
Così si sentono ricchi, ipotecano le case a quel valore inflazionato e spendono il ricavato.
Ma, come ha detto «elicottero» Bernanke il 18 maggio, oltre il 40% dei mutui in essere in America sono oggi «non tradizionali», ossia a tasso variabile, e mutui senza alcun anticipo, debito al 100 %. Ancora un ritocco del tasso primario, e il debito delle famiglie aumenta, aumentano i tassi dei mutui, i ricchi americani si scoprono poveri.
Anzi poverissimi perché devono far fronte a ratei maggiorati «sotto meno favorevoli condizioni» dell’economia di carta, ossia alla fine del boom fittizio, riduzioni dei posti di lavoro, rincari di ogni genere, restrizioni del credito da panico.

Come se la caverà Bernanke?
Forse ha qualche problema di credibilità.
«No», ha assicurato Bush il 5 maggio: «questo tizio è all’altezza, è astuto, è capace.L’ho nominato io».
Detto da Bush, è l’abbraccio della morte.
Anche lui ha qualche problema di credibilità, negli ultimi tempi.

Intanto, in India, il crollo in Borsa ha già messo la polizia in allarme: i suicidi stanno per aumentare. E da noi, i cosiddetti genii della speculazione, quelli che fino a ieri si dipingevano come i capitani intrepidi del rischio finanziario, hanno subìto la già vista metamorfosi in conigli.
Loro che si piccavano di «conoscere il mercato», di capire meglio di tutti l’economia e i suoi algoritmi.
In realtà, la sola vera legge economica che governa la Borsa è antica almeno quanto la febbre dei tulipani olandese.
Si chiama «la legge del più cretino», e funziona così: anche se sai perfettamente che sono sopravvalutate, continui a comprare azioni e materie prime a prezzi fantasticamente crescenti, nella certezza che ci sarà sempre uno «più cretino» a cui appiopparle dopo.
Fino al giorno in  cui ti accorgi che il «più cretino» eri tu.

 
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