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I
treni della morte
Il disastro della
privatizzazione delle FS
di
Antonella Randazzo per www.disinformazione.it
- 2 aprile 2007
Autrice del libro: "DITTATURE: LA
STORIA OCCULTA"
Il Ministro dell'Economia e delle Finanze Tommaso Padoa
Schioppa, nel suo discorso alla Commissione trasporti della Camera, ha
detto: "Se in tutto il mondo i treni possono viaggiare con un
macchinista unico, non si capisce perché in Italia ne servano
due". Il ministro non ricorda, o non vuole ricordare, che il metodo
del macchinista unico, adottato in Europa, ha provocato la morte di
centinaia di persone. Ad esempio, il 5 ottobre del
Il sistema del segnale luminoso non è sicuro perché la nebbia o la vegetazione potrebbero impedire la visuale, mentre il vecchio sistema, che vedeva una divisione dei compiti fra due macchinisti, era assai più sicuro. Anche in altri paesi europei, compresa l'Italia, gli incidenti sono aumentati a causa di questi metodi, introdotti dalle società per risparmiare sui costi. In Italia, soltanto nel periodo maggio 2003-dicembre 2004, si sono avuti 10 incidenti, con oltre 200 feriti e 9 morti. Il 7 gennaio 2005, un interregionale, che da Verona si dirigeva verso Bologna, si scontrò con un treno merci che arrivava in senso contrario. L'incidente avvenne a Crevalcore, e provocò la morte di 17 persone. La linea era a binario unico, e la causa attribuita ufficialmente all'incidente è stata "errore umano", cioè il semaforo rosso non è stato visto dal macchinista a causa della nebbia.
Il 20 dicembre del 2005, accadde un fatto analogo alla
stazione di Roccasecca (Frosinone), in cui 59 persone rimasero ferite.
Anche in questo caso si disse che il macchinista non aveva visto il
semaforo rosso. Il 14 marzo del 2006, si scontrarono due treni nel
milanese (Omnibus e Malpensa Express), e un conducente, Giuseppe Girola
di 41 anni, morì. La causa era sempre dovuta alla difficoltà a vedere
i semafori per la nebbia o per altri problemi (es: rami e foglie che
impediscono la vista), e perché c'era il sistema a binario unico, che
risale agli anni Sessanta. Per risparmiare, era stato licenziato il
secondo macchinista e non erano stati installati sistemi elettronici
che, in caso di errore umano, sarebbero stati in grado di arrestare il
treno. La ricostruzione fatta dalle Ferrovie Nord Milano conferma che
l'incidente è avvenuto a causa del mancato rispetto del segnale rosso
da parte del macchinista dell'Omnibus e del problema del binario unico.
L'Omnibus non era dotato di ripetitore di segnale, che avverte il
macchinista anche nell'impossibilità di contatto visivo.
In questi e in altri incidenti, i problemi di sicurezza
dovuti al taglio delle spese (assenza del ripetitore di segnale o del
secondo macchinista), vengono negati, addossando ai macchinisti la
responsabilità, evitando così anche di risarcire le vittime. Da quando
le Ferrovie sono state privatizzate sono morti 52 macchinisti.
Un'indagine del 2005 della trasmissione Report
portò alla luce, grazie
alla collaborazione di alcuni ferrovieri (licenziati in tronco e poi
riassunti), le condizioni di insicurezza di molti treni, e che in molte
linee ferroviarie è stato eliminato il secondo macchinista.
Le autorità politiche parlano di tecnologie
all'avanguardia rappresentate dal sistema dell'alta velocità, ma poi si
disinteressano al fatto che la maggior parte della rete ferroviaria,
quella più utilizzata, è arretrata e in degrado. La liberalizzazione
ha bloccato ogni possibile investimento per migliorare il servizio, e
per riempire le tasche delle società private è stato permesso tutto:
tagli al personale, aumento del biglietto, installazione sistemi
arretrati ecc.
Il ministro delle finanze, anziché mettersi dalla parte dei cittadini e
tutelare i loro diritti (sarebbe suo dovere), abbraccia completamente il
punto di vista delle società private, in spregio ai diritti e alla vita
stessa dei cittadini. Comportandosi in tale modo, egli mette in evidenza
che oggi la politica non è più a servizio di tutti, ma soltanto del
gruppo dominante, e il compito dei governi è diventato quello di
propagandare le ragioni di chi impone il proprio potere calpestando ogni
diritto umano.
Padoa Schioppa promuove persino il licenziamento dei
lavoratori delle ferrovie perché, secondo lui, ci sono "risorse
umane, come flessibilità e come ridondanze... Ci sono esuberi notevoli,
che sarebbero ancora più notevoli se ci fosse flessibilità... È un
sistema che va potato, come tutti gli alberi sani".[1]
Il ministro non ricorda che, da quando l'azienda è stata privatizzata,
oltre il 50% dei lavoratori è stato licenziato (compresi molti di
coloro che pulivano i treni o garantivano la sicurezza), con conseguenze
drammatiche, e gli stipendi sono stati decurtati del 23,3%. Mentre i
dipendenti diminuiscono o guadagnano meno, il numero dei dirigenti cresce
e i loro stipendi aumentano a dismisura.[2]
La diminuzione dei dipendenti ha prodotto scompensi e disservizi di
vario genere, creando una situazione che negli ultimi tempi ha visto
persino il proliferare di bande di delinquenti, che, approfittando
dell'assenza di controlli, salgono sui treni e derubano, minacciano e
impauriscono i passeggeri.
Le condizioni dei treni vengono dissimulate grazie alla
comunicazione anticipata di controlli o dell'utenza da parte di
personaggi importanti. Ad esempio, nel gennaio di quest'anno, il
presidente del consiglio Romano Prodi e il ministro dei Trasporti
Alessandro Bianchi hanno utilizzato il treno per recarsi da Napoli a
Caserta. I dirigenti della società, avvertiti in anticipo, hanno fatto
pulire e abbellire il treno, curando che la partenza fosse puntuale e
l'arrivo persino anticipato. I passeggeri di quel treno ebbero i
vantaggi della dissimulazione, mentre i viaggiatori comuni, specie se
pendolari, nel quotidiano subiscono numerosi disservizi, ritardi, e
spesso sono costretti a viaggiare su treni sporchi e con servizi
igienici inservibili.
Negli ultimi anni il costo del biglietto del treno è
salito del 9% e da recente è stato annunciato un aumento del 10%. Ciò
fa parte del piano industriale 2007-2011, che prevede aumenti tariffari
per treni di media-lunga percorrenza, con aumenti del 20% per quest'anno
(un 10% è già stato attuato, mentre un altro 10% scatterà a ottobre),
e poi del 5% l'anno dal 2009. Anche i treni regionali aumenteranno in
media del 3,5% l'anno. Complessivamente, le ferrovie incasseranno in più,
nel 2007, almeno 130 milioni di euro. Questi aumenti, secondo Padoa
Schioppa sarebbero esigui, e le tariffe ferroviarie nel nostro paese
sarebbero basse.
Il nostro governo non ha dubbi sul fatto che dobbiamo essere noi
cittadini a finanziare un'azienda che non è più statale:
"certezza di finanziamenti. E che lo Stato condivida scelte
delicate da un punto di vista politico e sociale: se ci sono esigenze
sul fronte dell'occupazione o dismissioni di rami della rete non più
redditizi né essenziali per assicurare il trasporto, chiedono ci sia
condivisione da parte del Governo su questi indirizzi... (occorre il)
raggiungimento dell'equilibrio finanziario".[3]
Si tratta di un peso finanziario che il paese non potrebbe
sostenere. Lo stesso ministro Padoa Schioppa, durante la manovra
finanziaria, aveva lanciato l'allarme sui conti pubblici e tagliato
gravemente le spese per i servizi essenziali ai cittadini (mediche,
scolastiche e per la giustizia). Il governo aveva promesso
l'abbassamento del livello fiscale, ma poi ha ritrattato dicendo che
soltanto nel 2009 ci potrà essere una pressione fiscale più bassa,
senza però spiegare come questo accadrà, dato che il debito pubblico
tende ad aumentare e le privatizzazioni hanno un costo elevato e nessun
guadagno. Padoa Schioppa ha parlato di "finanziaria di
sviluppo", ma come si può avere sviluppo se si tagliano le spese
persino nei settori essenziali e si elargiscono milioni di euro alle
società private come "vuoto a perdere"?
La privatizzazione delle aziende pubbliche (ferrovie,
poste, autostrade ecc.) ha prodotto ovunque perdite economiche
gravissime, il peggioramento della qualità dei servizi e l'aumento del
costo per l'utente.
La società Trenitalia, ridotta al fallimento da una
cattiva gestione, nel
Ormai da diversi anni, anche se i media non ne parlano, i ferrovieri stanno lottando per fare in modo che la situazione cambi, e denunciano le condizioni di degrado e di rischio. I dirigenti di Trenitalia non sono affatto preoccupati del rischio che i ferrovieri e gli utenti corrono, dato che nella maggior parte dei casi le responsabilità vengono dirottate altrove. Non sono disposti a spendere per la sicurezza nei treni, e hanno reintrodotto un metodo già esistente durante il fascismo: il Vacma (Veille Automatique de Contrôle par Mantien d’Appui). Si tratta di un dispositivo assai rudimentale, un pedale che deve essere premuto ogni 55 secondi, per evitare che si abbia l'arresto automatico del treno. Il metodo, installato da Trenitalia su centinaia di treni, è stato ritenuto illegale dal procuratore Beniamino Deidda, sulla base della legge 626 sulla sicurezza dei lavoratori, che vieta condizioni di monotonia e ripetitività. La società Trenitalia ha avuto il coraggio di fare ricorso al Tar, che è stato negato.
I macchinisti stanno protestando perché sono consapevoli
che in queste condizioni lavorative è a rischio la loro vita e quella
dei passeggeri. In molti treni, se l'unico macchinista dovesse
stancarsi, non c'è un sostituto temporaneo. La stanchezza non è poco
probabile, dato che a volte i turni sono massacranti, anche di 10 ore.
L'azienda induce i lavoratori a tacere sulle condizioni di lavoro, e ha
il licenziamento facile quando qualcuno denuncia la situazione o
protesta. Il 4 febbraio
I macchinisti continuano a denunciare la situazione (con
scarsa attenzione dei media) e a chiedere cambiamenti. I comunicati dei
ferrovieri spiegano la situazione con chiarezza. Ad esempio, il
comunicato SULT_FS 7/1/2005, dice: "Ancora una volta i quattro
colleghi macchinisti deceduti nell’impatto…. hanno pagato con la
propria vita la scelta aziendale di non dotare quella linea ferroviaria
degli opportuni accorgimenti tecnologici…. La questione della
sicurezza in Ferrovia sta diventando l’elemento centrale di una
battaglia nella quale non ci tireremo indietro".
Uno sciopero dei dipendenti di Trenitalia è stato annunciato per il
prossimo 13 aprile, allo scopo di protestare contro i licenziamenti e le
condizioni di degrado, sfruttamento e insicurezza.
Le responsabilità dei disservizi prodotti in seguito alle
privatizzazioni sono sempre più difficili da individuare, perché si
formano "scatole cinesi": ogni società appalta parte del
servizio a un'altra società. Ad esempio, il servizio di informazioni
telefoniche, che era un servizio nazionale al quale lavoravano
dipendenti FS regolarmente assunti, oggi è stato appaltato a una società
esterna che assume con contratti "atipici", che vuol dire di
lavoro precario.
I governi, anziché sostenere i diritti dei lavoratori e la
giusta battaglia per la sicurezza, cercano di impedire in tutti i modi
proteste e scioperi, ignorando i gravi problemi che attanagliano le
ferrovie italiane. Già il ministro Pietro Lunardi, anziché cercare di
risolvere il problema mettendo le società di fronte alle loro
responsabilità e ai loro doveri, aveva elaborato una "legge
anti-sciopero". La legge cercava di limitare le ore di sciopero,
così da rendere gli scioperi inutili. I politici non sono per nulla
interessati a tutelare la sicurezza dei lavoratori, basti pensare al
Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro, che depenalizza quasi ogni reato
dei datori di lavoro. Con contratti precari di lavoro, molti lavoratori
non sono soltanto condannati all'insicurezza economica, ma anche a
quella fisica, come fossero merce priva di valore.
I Consigli di Amministrazione delle diverse società che
amministrano le Ferrovie italiane (Rfi Spa, Fercredit Spa, Trenitalia
Spa, Grandistazioni Spa, Italferr Spa, Ferservizi Spa, Centostazioni Spa)
si atteggiano a benefattori dicendo di agire sempre per il "bene
dell'azienda", che equivale a dire "per alzare i profitti a
spese degli utenti e dei lavoratori".
La pubblicità di Trenitalia, che vede facce sorridenti, hostess felici
e treni lussuosi e puliti, serve all'azienda per attrarre investitori, e
per diffondere un'immagine truffaldina e ingannevole di ciò che
l'azienda è, inducendo a pensare che la privatizzazione abbia
introdotto migliorie. E invece, in realtà, in molti treni non viene
effettuata né la manutenzione ordinaria né quella straordinaria, e la
sicurezza è sempre più scarsa.
I disastri delle privatizzazioni non sono un fenomeno
soltanto italiano. Le ferrovie inglesi sono allo sfascio già dagli anni
Novanta, in cui si ebbero numerosi incidenti per motivi analoghi a
quelli avvenuti in Italia.
La privatizzazione ha interessato tutti i paesi dell'Unione Europea, e
quindi i disastri sono da registrare in ordine al processo di
privatizzazione di ogni paese. In paesi come
In Gran Bretagna, la maggior parte degli incidenti
ferroviari sono avvenuti dopo la privatizzazione avviata da Margaret
Thatcher, e la situazione peggiora nel tempo. Lo scorso 23 febbraio,
nella regione della Cumbria, tra
Anche in Francia si sono avuti numerosi incidenti, ad
esempio, l'11 ottobre
Questi tragici fatti sono conseguenze dell'ideologia introdotta a
partire dagli anni Ottanta, che inneggiava alla privatizzazione e alle
ristrutturazioni economiche, facendo credere che avrebbero migliorato
l'esistenza di tutti e la condizione economica dei paesi. Ma così non
è stato, e oggi siamo costretti a prendere atto che le privatizzazioni
erano un modo per svendere i beni pubblici e garantirsi sovvenzioni
milionarie, mentre le ristrutturazioni servivano ad asservire il paese
all'élite economico-finanziaria. Se non comprendiamo tutto questo e non
ci opponiamo, il nostro paese è destinato a diventare sempre più
povero e degradato, fino al totale disfacimento.
Antonella Randazzo ha scritto Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943, (Kaos
Edizioni, 2006);
Se vuoi lasciare un commento agli articoli o ai libri di Antonella
Randazzo vai a http://antonellarandazzo.blogspot.com/
[1]
Discorso del ministro dell'Economia e delle Finanze Tommaso Padoa
Schioppa alla Commissione Trasporti della Camera, 28 marzo 2007.
[2]
Il Sole 24ore, 8 febbraio
2005.
[3]
Discorso del ministro dell'Economia e delle Finanze Tommaso Padoa
Schioppa alla Commissione Trasporti della Camera, 28 marzo 2007.
[4]
The Guardian, 26 febbraio
2007.