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Pagina psichiatria

Trattamenti psichiatrici e violenza
Tratto da CCDU

A Perugia, un uomo di 43 anni, spara e uccide due donne della Regione Umbria e si suicida: era in cura psichiatrica.

Il titolo sembra evocare la vecchia litania: era matto e questo spiega il gesto folle. Questo ragionamento, però, serve solo a razionalizzare un fatto apparentemente inspiegabile e tranquillizzarci (meno male che non sono matto). Serve anche a rafforzare il mito della psichiatria - l'inquisizione del 20° secolo - che non manca mai di sfruttare questi fatti per lanciare campagne stampa terroristiche e richiedere maggiori stanziamenti per far fronte a questi terribili episodi.

Non risulta che l'autore del duplice omicidio avesse mai ammazzato (o anche solo minacciato) nessuno fino al 2009, anno in cui fu sottoposto al primo TSO (trattamento sanitario obbligatorio). Spieghiamo: il TSO è una pratica che la legge "Basaglia" si prefiggeva di regolamentare, con una serie di paletti che la rendessero un'eccezione e non la regola. In seguito sono state trovate scappatoie burocratiche che essenzialmente rendono lo psichiatra libera d'incarcerare chiunque. TSO significa, infatti, violenza. Significa che qualcuno ti prende con la forza (a volte polizia e vigili del fuoco sfondano la porta di casa tua per venirti a prendere), ti lega come un salame, t'immobilizza (polsi e caviglie) al letto di contenzione, ti somministra un farmaco potentissimo e ti lascia lì a marcire.  Poi dicono che il tipo era violento: sfidiamo chiunque a non diventare violento dopo un simile trattamento 'sanitario' (ma cosa mai c'entra con la salute?).

Abbiamo centinaia di testimonianze di persone che riferiscono di essere rimaste legate al letto di contenzione per giorni (il massimo previsto per legge sono 12 ore), spesso abbandonate a sé stesse e obbligate a giacere in mezzo alle proprie feci e urine. Il caso pietoso dei Mastrogiovanni è noto solo perché le telecamere della sorveglianza hanno documentato il tutto: ma purtroppo è ben lungi dall'essere un caso isolato. 

Diverse persone sottoposte a TSO ci riferiscono di provare un grande senso di rabbia per il sopruso che stanno subendo, rabbia che a volte viene lenita dal tempo e a volte no. Una di loro ci ha riferito che mentre era legata mani e piedi per lunghissime ore riusciva a restare in sé solo immaginando che da un momento all'altro qualcuno avrebbe sfondato la porta e sarebbe corso a liberarla.

Dal 2009 a oggi, l'autore di questo duplice omicidio ha subito ben due TSO e due elettrostimolazioni del cervello. Non lasciatevi ingannare dal termine politicamente corretto: è il caro vecchio elettroshock - stile Nido del Cuculo - solo che la persona adesso viene anestetizzata in modo che non si agiti troppo.

Gli effetti però sono gli stessi: perdita di memoria, confusione mentale, rabbia per la violenza subita. 

L'elettroshock è l'unica pratica medica caratterizzata da questi due fattori: nessuno (nemmeno i più accaniti sostenitori) è in grado di fornire un motivo convincente razionale scientifico sul perché dovrebbe funzionare, e nessuno ha mai dimostrato che i danni provocati (tanti e documentati) siano adeguatamente controbilanciati da effetti positivi. Ernest Hemingway, premio nobel per la letteratura, personaggio affascinante e geniale, dopo aver ricevuto venti elettroshock confessò: "Che senso ha rovinare la mente e cancellare la memoria? Queste cose costituiscono il mio capitale e senza di esse sono disoccupato. E' stata un'ottima cura, ma abbiamo perso il paziente". Pochi giorni dopo si suicidò.

Ovviamente non abbiamo la cartella clinica di A. Z.. Riteniamo certo però che, alla violenza del TSO e dell'elettroshock, si siano aggiunte forti dosi di psicofarmaci, alcuni dei quali sono noti per i loro effetti collaterali, documentati dalle agenzie di sorveglianza farmacologica di mezzo mondo, tra i quali idee suicide e omicide, violenza, rabbia ecc.

 

Negli USA il legame tra assunzione di psicofarmaci e stragi scolastiche è ormai oggetto di dibattito sui media, ed esistono forti pressioni per la costituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta. In Italia l'accesso a questi dati è più difficile, ma esistono vari legami e ben documentati dai sempre più numerosi casi riportati dalla stampa:

 

- A Casapulla (CE), un ragazzo di 25 anni speaker radiofonico, si toglie la vita, era in cura per depressione.

- A San Bendetto del Tronto (AP), un uomo scappa dal reparto di psichiatria, dove era ricoverato da alcuni giorni e torna a casa a picchiare i genitori.

- A Ragusa, un medico di 65 anni, ha tentato il suicidio. Da qualche tempo era in cura

psichiatrica.

- A Carinaro (CE), una donna di 33 anni, si uccide gettandosi dalla finestra, da tempo soffriva di disturbi psichici.

- A Seregno (MB), una donna di 58 anni, uccide la pensionata che accudiva. La donna omicida assumeva psicofarmaci.

- A Bologna, una donna di 36 anni, tenta di suicidarsi ferendosi gravemente a causa dello scoppio della bombola del gas, era stata recentemente in cura psichiatrica.

- A Crescenzago (MI), un uomo di 65 anni, uccide la moglie a coltellate e poi si suicida. Era in cura psichiatrica presso Villa Turro a Milano (un centro in cui si pratica l'elettroshock in maniera estensiva) e assumeva psicofarmaci.  

- A Migliarina, fraz. di Carpi (MO), un uomo di 51 anni si toglie la vita. Era in cura presso il servizio di Igiene mentale della ASL.

- A Soverato (CZ), un avvocato di 58 anni si è suicidato gettandosi nelle acque antistanti un lido a Soverato, era in cura per depressione.

- A Mesagne (BR), un uomo di 74 anni, uccide la moglie. L'uomo era in cura psichiatrica da tempo.

- A Vimodrone (MI), un uomo di 64 anni di Brugherio (MI), si suicida gettandosi sotto il treno della metropolitana. Era in cura psichiatrica da tempo.

- A Rovereto (TN), un uomo di 35 anni, uccide il sacrestano della chiesa. Era in cura psichiatrica da tempo.

- A Mondovì (CN), un uomo di 58 anni, si da fuoco e muore. Si era rivolto in più di un'occasione al Centro d'igiene mentale di Mondovì.

- A Maniago (PN) Un uomo di 40 anni ha ucciso la madre a coltellate e poi si è seduto, in attesa di essere arrestato. Era stato in cura un anno prima presso DSM.

- A Siracusa, un 21enne si toglie la vita nella comunità psichiatrica, dove era giunto il giorno prima dopo essere stato ricoverato per due anni e mezzo nel reparto di psichiatria dell'ospedale di Siracusa, dove era trattato con psicofarmaci.

 

In questi casi sentiamo immancabilmente recitare la litania: la causa scatenante sono state le condizioni psichiche di coloro che hanno compiuto il gesto.  Ma c'è un altro modo di

vedere la cosa.

Sin dall'inizio degli anni 90 la nostra associazione è impegnata in una campagna informativa sui pericoli legati all'assunzione dei nuovi antidepressivi (SSRI).

In particolare:

               

A) Nei mass media è spesso riportato che la possibilità di commettere suicidio è elevata nelle persone "depresse", tuttavia molti depressi non arrivano mai nemmeno a pensare di suicidarsi.

Sembra invece che i pensieri suicidari siano successivi all'assunzione di farmaci indirizzati al trattamento della depressione:

               

Nel febbraio del 1990, l'articolo "Emergence of intense suicidal preoccupation during fluoxetine treatment", nell'American Journal of Psychiatry, evidenziava che l'assunzione di SSRI può indurre pensieri e tentativi suicidari anche in coloro che prima non avevano tali idee e intenzioni. Questi pensieri spariscono a distanza di due o tre mesi dalla sospensione della

terapia.               

Il fenomeno era descritto dal "Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry", nell'articolo "Emergence of self destructive phenomena in children and adolescent during fluoxetine treatment" del  marzo 1991.

           

La correlazione tra assunzione di SSRI e comparsa d'idee suicidarie particolarmente intense e violente, così come descritta negli articoli scientifici citati, in persone che mai prima avevano avuto tali pensieri, la scomparsa di tali ideazioni dopo la sospensione del trattamento con SSRI (in un periodo di due tre mesi dalla sospensione), le affermazioni fatte dagli stessi pazienti in terapia dovrebbero indurre a esaminare il problema della causa scatenante dei suicidi con maggiore attenzione.

               

B) Alcuni pazienti hanno affermato: "Gli SSRI mi avevano reso capace di commettere il suicidio con successo".

Da notare che le persone coinvolte nello studio scientifico non solo svilupparono idee di suicidio, ma in diversi casi tentarono di commetterlo con modalità tali da cercare di evitare ogni tentativo di salvarli. Alcuni acquistarono o si procurarono armi da fuoco. Altri si sono dichiarati perseguitati da idee suicidarie e di strage così intense e violente che togliere e

togliersi la vita sembrava essere l'unico modo di farle cessare.

               

C) In base alle più recenti ricerche, gli effetti descritti si manifesterebbero in una percentuale di pazienti che assumono SSRI che può variare dal 1,3 al 7,5 %.

Da allora molti altri studi hanno confermato quanto sopra e pericoli simili sono stati identificati anche a seguito dell'assunzione di altri psicofarmaci.

               

In conclusione, se da un lato abbiamo cercato di segnalare questo tipo di fenomeno, dall'altro chiediamo che le Istituzioni preposte indaghino sui trattamenti cui tali persone erano sottoposte, tenendo in considerazione i dati sopra esposti, e auspichiamo che si riesca a squarciare la cortina di fumo che troppo spesso avvolge la verità

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