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Leggete con molta attenzione questa incredibile proposta economica!
Titan: i titoli a tasso negativo
di Domenico
De Simone
Nel mio ultimo libro Per un'economia dal
volto umano, ho avanzato una proposta per iniziare una battaglia efficace
contro il potere del sistema finanziario. La proposta approfitta di un
buco nell'attuale legislazione che consente agli enti locali di emettere
dei titoli di debito a determinate condizioni. Ho ipotizzato che sia
possibile emettere dei titoli a tasso negativo che non creano debito e che
anticipano la pratica della tassazione degli strumenti finanziari, senza
stravolgere il meccanismo di creazione di ricchezza. Riporto qui un brano
del libro che introduce il saggio in cui analizzo in dettaglio il
funzionamento di questi titoli.
L'opposizione al potere ha, da tempo, costruito una propria presenza sul
territorio tramite i centri sociali, luogo di aggregazione e di
sperimentazione di forme di vita diverse da quelle imposte dal pensiero
unico dominante.
Ovviamente queste situazioni non costituiscono che delle nicchie di
alternativa che non destano alcuna preoccupazione seria al potere.
Però, è indubbio che il localismo e la trasversalità delle relazioni e
della produzione stiano crescendo in misura esponenziale. E che per
consentire loro di crescere ulteriormente e di estendersi sul territorio,
fisico e virtuale, è necessario immaginare delle forme di
autofinanziamento che rifiutino il sistema di potere legato alla finanza
senza richiedere ai suoi membri di fare sacrifici o sforzi di volontarismo
per mantenere in piedi le strutture.
Insomma, occorre fare della finanza alternativa.
La prima idea che viene in mente è quella di utilizzare gli stessi
strumenti del potere finanziario ma in maniera da depotenziarne il
potenziale distruttivo e di potere.
La legge consente alle strutture locali di emettere titoli di debito a
determinate condizioni.
Queste condizioni consistono in pratica nella necessità che questi titoli
trovino copertura nel bilancio dell'ente locale e che il loro tasso di
interesse non sia superiore a quello fissato periodicamente dalla Banca
d'Italia.
I titoli di questo genere, ovviamente, producono ed alimentano l'economia
del debito, e quindi sono perfettamente funzionali agli interessi del
potere finanziario.
Nessuno vieta, però, che l'ente locale possa emettere titoli che invece
di dare un interesse attivo, siano gravati da un interesse passivo, che li
porti all'estinzione in un determinato periodo di tempo.
Faccio un esempio per chiarire di cosa stiamo parlando.
Un Comune d'Italia, emette dieci miliardi di titoli gravati da un
interesse passivo del 5% all'anno per finanziare delle attività
imprenditoriali sul proprio territorio.
In venti anni i titoli si estinguono, poiché ogni anno perdono il 5% del
proprio valore. Questa emissione è perfettamente legittima, poiché la
legge indica il livello massimo del tasso di interesse applicabile, ma non
quello minimo, e oltretutto, poiché i titoli sono destinati ad
estinguersi, non c'è necessità di ulteriore copertura nel bilancio del
Comune.
Il Comune in questione, però, potrebbe anche emettere annualmente delle
marche da applicare sui titoli emessi, pari al 5% dell'importo facciale di
essi, subordinando la loro circolazione all'applicazione annuale della
marca. Alla fine del ventennio, la copertura dei titoli sarebbe comunque
garantita dall'importo ricavato dalla vendita delle marche e quindi
l'operazione in sé sarebbe perfettamente legittima.
Ovviamente questi titoli non sarebbero collocabili sul mercato per mezzo
dei canali usuali. Nessuno darebbe i propri soldi per acquistare titoli
che, invece di rendere un interesse, richiedono il pagamento di un
interesse da parte di chi lo possiede.
La loro utilizzazione, invece, diventa interessante ed utilissima se il
meccanismo di collocamento dei titoli segue una strada a ritroso rispetto
a quella usuale. Insomma, il Comune consegna i titoli alle imprese che
finanzia e che si impegnano a restituire l'importo ricevuto alla fine del
periodo di validità dei titoli. L'imprenditore, dovrà spendere
rapidamente quei titoli se non vuole che il capitale gli muoia in mano e
ritrovarsi con il debito verso il Comune dopo i venti anni di durata
dell'operazione. Porterà, quindi questi titoli alle imprese cui chiederà
di fornirgli il materiale necessario per realizzare la sua iniziativa.
Queste imprese hanno l'interesse a prendere i titoli e vendere i propri
prodotti. Possono contare sul fatto che in un anno riusciranno a loro
volta a liberarsene, e questo comporterebbe al massimo uno sconto del 5%
sul prezzo praticato per la vendita.
Insomma attraverso questo meccanismo i titoli entreranno sul mercato,
svolgendo una funzione essenzialmente monetaria.
Quelli che ricevono i titoli, che possono anche esser di taglio
relativamente piccolo, diciamo il più piccolo da cento o duecento euro,
avranno l'interesse a liberarsene il più in fretta possibile.
Una legge in economia dice che la moneta cattiva scaccia sempre quella
buona. Se una moneta d'oro equivale a dieci di rame, si spenderanno quelle
di rame e si terranno quelle d'oro, e così, parimenti, tra una banconota
corrente da cento euro ed un titolo gravato da interesse passivo del
medesimo importo, il possessore spenderà il più rapidamente possibile il
titolo del Comune e terrà la banconota per sé.
In altri termini, il Comune, in questo modo, ha creato una massa monetaria
adeguata alle esigenze dell'economia, perché ha finanziato delle imprese
che richiedono per la loro attività una massa di moneta pari almeno al
capitale investito, e non ha gravato le imprese né il consumo di oneri
finanziari. Di fatto, il pagamento dell'operazione viene caricato su
coloro che operano sul mercato ma in maniera indolore, se pensiamo che un
interesse del 5% all'anno comporta un aggravio giornaliero di poco più
dello 0,01%, e mensile di circa lo 0,34%.
Alla fine del periodo, il Comune si trova le somme che ha ricavato dalla
vendita delle marche, che vanno a copertura del pagamento dei titoli, e
quelle somme che gli saranno restituite dagli imprenditori finanziati.
In altre parole, tranne il rischio di fallimento che potrebbe essere
comunque coperto da una garanzia assicurativa e da garanzie adeguate delle
imprese, il Comune ha raddoppiato il capitale impiegato inizialmente.
Queste ulteriori somme, devono essere destinate ad attività di solidarietà
sociale, o alla distribuzione iniziale di reddito di cittadinanza in
misura proporzionale alla popolazione del territorio.
L'emissione dei titoli potrebbe essere preceduta da una campagna di
sensibilizzazione delle imprese e della cittadinanza per spiegare il
funzionamento di essi, e raccogliere adesioni alla loro accettazione.
Le imprese che accettassero i titoli vedrebbero incrementare il proprio
fatturato dell'importo degli acquisti, e sappiamo bene quale necessità ci
sia per molte aziende di produzione, di cercare nuovi sbocchi alla loro
produzione.
La stessa operazione, ma con titoli privati, potrebbe essere effettuata
dai centri sociali, o altre strutture locali, sia sul territorio reale che
su quello virtuale, per le attività che li riguardano. Insomma il centro
sociale emette questi titoli, anche facendosi autorizzare dalla Banca
d'Italia (c'è un precedente negli USA, dove la FED autorizzò un ente
locale del Massachussets ad emettere titoli del genere, per sollevare una
situazione economica locale particolarmente depressa), coinvolgendo
nell'operazione imprese e commercianti vicini che accettino i titoli in
pagamento.
In questo modo si sferra un attacco decisivo al potere finanziario. Il
fine di questa operazione è di eliminare il debito come strumento di
creazione di moneta, e restituire alla politica, e quindi alla collettività,
il diritto di fare le emissioni monetarie necessarie al funzionamento
dell'economia.
Non esiste una legge che impedisca ai Comuni di emettere questi titoli, e
l'unico impedimento per i titoli privati è che la loro circolazione
lecita è gravata dall'imposta di bollo per le cambiali, anche se nella
pratica corrente gli assegni postdatati girano tranquillamente ed in
misura rilevantissima.
Ma si sa che il potere, se venisse attaccato in maniera così diretta e
pesante, reagirebbe cercando tutti i mezzi per impedire il proseguimento
dell'iniziativa.
Se ci pensiamo bene, ogni titolo emesso in questo modo equivale a mille
vetrine di banche sfasciate e senza il rischio di farsi prendere e
condannare.
La vendetta è un piatto che si mangia freddo.
Considerazioni generali
I titoli a tasso negativo sono strumenti
finanziari che perdono interamente il loro valore con il decorso di un
tempo predeterminato.
Non sono legati alla quotazione di un sottostante, come i futures o i
covered warrant, e la loro emissione non è subordinata all'acquisto di un
analogo strumento di segno opposto. La loro circolazione, quindi, non
necessita della presenza di un Market Maker.
Ciò non toglie affatto che essi possano avere un mercato: la loro
quotazione, come tutte le valute o gli strumenti finanziari dipende dalla
domanda e dall'offerta di essi. La loro circolazione dovrebbe essere più
lenta di quella dei CW e dei futures in generale, poiché il tempo
ipotizzato per la loro scadenza è molto più lungo di quello degli
strumenti derivati il cui decay time non supera in genere l'anno. Si è
ipotizzato che i titoli a tasso negativo abbiano una durata ventennale.
Che gli strumenti finanziari perdano di valore con il decorso del tempo
non è certo una novità. Per effetto dell'inflazione tutti gli strumenti
finanziari vedono erodere periodicamente il proprio valore, e poi i
derivati hanno tutti un decay time di maggiore o minore durata. La
peculiarità dei titoli a tasso negativo è che la loro emissione è
legata alla nascita di un'attività di produzione o commerciale, anche se
il loro valore non dipende dalle vicende dell'attività per la quale sono
stati emessi, ma dall'andamento generale dell'economia dell'area nella
quale essi circolano.
La loro emissione viene effettuata sul presupposto che ci sia un eccesso
di offerta rispetto alla domanda globale. D'altra parte, la loro stessa
emissione favorisce la crescita dell'offerta di beni strumentali, poiché
essi vengono creati esclusivamente a fronte della realizzazione di un
progetto di produzione o commerciale. Successivamente, i titoli a tasso
negativo, dovrebbero produrre una crescita equilibrata dell'offerta e
della domanda di beni di consumo secondo il moltiplicatore.
Proprio per questa loro natura i titoli a tasso negativo non determinano
inflazione: di fatto essi si risolvono in una riduzione del prezzo dei
beni trattati per loro tramite.
I titoli a tasso negativo generano un interesse che viene incassato
dall'ente che li emette. L'interesse viene pagato dai possessori dei
titoli al momento della scadenza annuale sotto forma di una marca da
applicare al titolo stesso e che è condizione per la validità e la
circolazione del titolo.
Il valore del titolo senza marche al momento della scadenza è pari a
zero, mentre un'apposizione parziale di marche darà diritto ad un
pagamento pari alla somma dell'importo portato dalle marche stesse.
L'importo delle marche è fisso, ed è pari all'interesse necessario per
portare il valore del titolo a zero nel periodo prefissato di validità
dello stesso. Ad esempio, se il decay time è fissato in venti anni,
l'interesse necessario per portare il valore del titolo a zero sarà del
5%, e pertanto la marca corrisponderà al 5% del nominale del titolo. Per
un titolo da 500€ la marca sarà di 25€ ogni anno. Se invece, il tempo
di decadenza è fissato in dieci anni, per lo stesso titolo l'interesse
sarà del 10% e quindi la marca annuale avrà l'importo di 50€.
Le somme incassate dall'ente a titolo di marche andranno a coprire il
pagamento dei titoli presentati alla scadenza e coperti totalmente o
parzialmente da marche, mentre l'interesse che l'ente incasserà è
rappresentato dalle somme che gli saranno restituite per le attività
promosse tramite l'emissione dei titoli a tasso negativo.
Il finanziamento delle attività prevede la restituzione dell'intera sorte
capitale alla scadenza dei titoli. In teoria, quindi, l'ente incasserà a
titolo di interessi una somma pari a quella emessa per mezzo dei titoli.
E' presumibile, però, che una parte delle attività promosse per il
tramite dell'emissione dei titoli non siano in grado di restituire le
somme ricevute, sia a seguito di un fallimento dell'iniziativa, sia per
effetto di crisi periodiche del sistema economico in cui circolano i
titoli. Prudentemente, quindi, l'ente emittente considererà di ricevere
alla fine del periodo una somma inferiore a quella portata dall'intero
finanziamento. Nell'ipotesi di una consistente e continua emissione di
titoli a tasso negativo che determini una loro significativa presenza sul
mercato finanziario, è presumibile che il tasso di interesse effettivo di
essi tenda ad assestarsi intorno al tasso di crescita dell'area dove essi
circolano.
Una diversa tipologia di titoli da offrire al mercato finanziario prevede
che il titolo stesso sia legato all'andamento dell'azienda per il quale
viene emesso. Questo comporta da un lato un minore tempo di durata del
titolo stesso, e dall'altro lato che l'andamento dell'azienda sia decisivo
per il valore del titolo, che oscillerà periodicamente tra il valore
massimo portato dal facciale a valori che si collocheranno al di sotto di
quell'importo. In altri termini questi titoli saranno assoggettati ad un
rischio maggiore e quindi anche ad una maggiore redditività per gli
operatori del settore. Il pagamento degli interessi all'ente dovrà però
avvenire per mezzo di erogazioni periodiche e non mediante un unico
versamento alla scadenza del titolo.
Sull'emissione dei titoli
I titoli possono essere emessi da un ente
al solo scopo di promuovere un'attività di carattere imprenditoriale o
commerciale.
Il presupposto della loro emissione è che ci sia un cronico eccesso di
offerta rispetto alla domanda globale. Per millenni l'umanità ha avuto il
problema opposto di un eccesso di domanda rispetto all'offerta di beni, in
dipendenza di carestie, guerre, e soprattutto di un sistema di produzione
che generalmente era in grado a mala pena di soddisfare i bisogni primari
della popolazione.
Raramente, e sempre limitatamente a singole categorie di beni, si è avuto
un eccesso di offerta rispetto alla domanda. Più che in dipendenza di
eccessi di produzione (come ad esempio per l'oro dopo la scoperta
dell'America) questo avveniva per improvvise cadute della domanda per le
singole categorie di beni, ma mai per beni necessari alla sussistenza come
il grano o il riso. Insomma, le crisi di sovrapproduzione erano per lo più
ignote ai nostri antenati.
Dall'industrializzazione in poi, ma soprattutto dal secondo dopoguerra, il
problema ha iniziato a rovesciarsi. Risolto nella maggior parte del mondo
la questione della sussistenza alimentare, ci si è trovati di fronte a
continue crisi della domanda per la mancanza dei mezzi finanziari
necessari per sostenerla. La crisi del '29 è stata essenzialmente una
crisi di sovrapproduzione. Se ne uscì per mezzo dell'economia del debito,
che generò il consumo di massa e diede grande impulso alla produzione. Le
crisi periodiche furono affrontate stimolando la produzione per mezzo
dell'indebitamento pubblico, mentre sul versante della domanda il credito
al consumo svolgeva un ruolo essenziale di sostegno della produzione.
Il limite dell'economia del debito è la capacità di indebitamento degli
operatori del sistema, le famiglie, gli stati e le imprese. La
virtualizzazione del denaro, a partire dall'abrogazione degli accordi di
Bretton Woods, e il suo completo e definitivo distacco da ogni merce, ha
accelerato la creazione di debito come unica via per le emissioni
monetarie. E poiché il debito tende a crescere in misura esponenziale, la
capacità di indebitamento dei soggetti del mercato si è ridotta in
proporzione, frenando la domanda, mentre dall'altro lato la produzione,
stimolata dall'indebitamento dello stato e delle imprese, e favorita dalla
diffusione delle nuove tecnologie, si è trovata a generare un'offerta
cronicamente maggiore della domanda.
Lo sviluppo della produzione immateriale ha aggravato il problema, poiché
l'immateriale riduce al minimo l'incidenza dei costi della produzione
materiale sul ciclo di produzione, e pertanto non è soggetto ai limiti di
sviluppo propri dell'economia fondata sui beni di consumo.
La ragione per cui l'emissione di titoli può essere effettuata solo a
fronte di un'intrapresa commerciale o produttiva, risiede in due esigenze:
la prima, di giustificare l'emissione di titoli con la maggiore quantità
di beni e di attività che essi inducono nell'area economica locale, la
seconda di consentire la circolazione dei titoli tra gli operatori
finanziari.
I titoli a tasso negativo sono un debito dell'ente solo nella misura in
cui sugli stessi sono apposte le marche, altrimenti restano un debito
dell'emittente. Tale debito è garantito dall'imprenditore nei confronti
dell'ente emittente, ma la garanzia viene liberata se alla scadenza del
termine i titoli non vengono presentati all'incasso presso l'ente
emittente.
In quel caso la liberazione delle garanzie opererà in favore dei
possessori dei titoli. Insomma, l'emissione dei titoli si risolve in un
debito tra privati tutelato dalle garanzie prestate dall'imprenditore
all'ente, se sugli stessi non fossero apposte le marche periodiche emesse
dall'ente. Per questa ragione, la negoziazione dei titoli avrà un
maggiore o minore indice di rischio in funzione dell'andamento delle
imprese cui sono legati, mentre l'emissione di titoli non direttamente
collegata alle imprese finanziate è comunque garantita dall'ente poiché
la loro copertura è assicurata dalla vendita delle marche.
Sul rischio dei titoli
Il rischio dell'emissione dei titoli
grava principalmente sull'imprenditore che li riceve. Nell'ipotesi limite
in cui i titoli non circolassero affatto, il loro pagamento è comunque
garantito dall'imprenditore che li ha ricevuto e che si troverà a dover
onorare con l'interesse concordato i titoli alla scadenza. In altri
termini è come se l'imprenditore ricevesse un mutuo che non utilizza e
che però è gravato da un interesse: alla fine del periodo, si troverà
costretto a restituire la somma mutuata oltre agli interessi concordati.
L'interesse dell'imprenditore a ricevere comunque un mutuo sotto questa
forma è dato dalla ragionevole certezza che i titoli saranno spendibili
presso altre imprese. La ragione per cui altre imprese possono ricevere in
pagamento questi titoli è data dalla fiducia nel sistema e dalla relativa
certezza di essere a loro volta in grado di spendere questi titoli presso
altre imprese o presso operatori finanziari.
L'emissione dei titoli in via sperimentale, potrebbe essere preceduta da
una campagna pubblicitaria per farli conoscere al pubblico e dalla
raccolta di adesioni di un numero congruo di imprese nella zona
interessata, allo scopo di instaurare un clima di fiducia nei confronti
dei titoli sia tra le imprese che tra le famiglie.
Maggiore è la durata dei titoli è più semplice diventa la loro
circolazione, poiché dalla durata dipende il tasso necessario per
l'ammortamento dei titoli stessi. In altri termini, un titolo di durata
ventennale, gravato quindi da un interesse annuo del 5%, ha un costo
giornaliero dello 0,013% rispetto al valore facciale. Un titolo da 500€
costa al giorno di interessi negativi 0,07€, ovvero circa 140 lire.
Per l'impresa che riceve i titoli si tratta di rischiare di perdere
qualche tempo per negoziarli acquistando altri beni. In questa maniera
l'interesse finisce per gravare su tutti coloro che hanno negoziato i
titoli, poiché sarà ripartito tra di loro. Il valore effettivo del
titolo tenderà ad avvicinarci al facciale decurtato dell'interesse, in
prossimità della scadenza per l'apposizione della marca ed a riprendere
valore pieno all'inizio dell'anno successivo.
Per l'impresa che li trattenesse per uno o due anni prima di spenderli,
l'accettazione dei titoli si risolve in uno sconto sulla merce venduta
pari rispettivamente al 5 o al 10%. E' possibile che una conseguenza delle
transazioni di questi titoli, fino a che almeno non saranno comunemente
accettati come mezzo di pagamento, possa essere un relativo irrigidimento
dei prezzi.
A questo proposito faccio notare che la recentissima e debole ripresa
dell'economia americana, si fonda essenzialmente sui forti sconti che le
imprese produttrici hanno operato nel tentativo di stimolare la domanda,
come è stato sottolineato da Greenspan in un suo intervento al FOMC.
Queste politiche riducono però i margini di profitto ed indeboliscono gli
investimenti e, sul lato della domanda, tendono a riportare in negativo
quel tasso di risparmio delle famiglie che, solo nell'ultimo trimestre, è
tornato leggermente in attivo dopo anni di contrazione.
La ragione per cui le imprese saranno portate ad accettare i titoli a
tasso negativo come mezzo di pagamento, risiede nel cronico eccesso di
offerta globale rispetto alla domanda globale. E se la stimolazione delle
attività imprenditoriali avviene per mezzo di questi strumenti
finanziari, è altamente improbabile che un'impresa decida di non
prenderli e di non aderire per non correre il rischio derivante da
un'interruzione della loro circolazione. Rischio relativo finché permane
una situazione in cui l'offerta sarà superiore alla domanda.
Il modello ipotizzato è quello di un intervento keynesiano che però non
genera debito, e che prelevi solo una parte del surplus generato dal
moltiplicatore per destinarlo ad attività che sono decise a livello
politico. Attività che possono esser di solidarietà verso determinate
categorie o più in generale verso la collettività. In altri termini, si
tratta di restituire alla politica, e per essa ai cittadini, la possibilità
di incidere sulle scelte economiche e sulla destinazione delle somme
derivanti dalle imposte.
Una volta innescato il meccanismo di accettazione dei titoli e la loro
iniziale circolazione, essi tenderanno a circolare più rapidamente delle
banconote per la semplice ragione che rispetto ad esse sono moneta
"cattiva", poiché gravata da un interesse che le banconote non
hanno.
Insomma, la tesaurizzazione riguarderà le banconote e non i titoli a
tasso negativo, e il verificarsi di questo noto fenomeno aumenterà la
domanda di titoli a tasso negativo sul mercato finanziario. E' noto,
infatti, che la moneta cattiva scaccia sempre quella buona. Di fronte
all'alternativa di spendere una moneta d'oro ovvero dieci di rame per un
equivalente valore, si sceglie sempre di spendere le monete di rame e
tesaurizzare la moneta d'oro. Così, di fronte all'alternativa di spendere
una banconota da 500€ o un titolo a tasso negativo, certamente si
tesaurizzerà la banconota e si spenderà il titolo.
La velocità di circolazione dei titoli dovrebbe crescere con l'aumento
delle emissioni. L'aumento della velocità di circolazione non comporta
però un aumento di inflazione, anche se i titoli esercitano una certa
pressione al rialzo sui prezzi, per remunerare il rischio insito nella
loro natura.
Sono due le ragioni per cui i titoli a tasso negativo non dovrebbero
generare inflazione. La prima è che il rischio dell'emissione si attenua
progressivamente per effetto della generale accettazione dei titoli, la
seconda, che è quella essenziale, è che i titoli a tasso negativo sono
destinati a morire con il tempo e ad essere ritirati dalla circolazione e
pertanto non gonfiano la massa monetaria. In altri termini, si tratta di
un'emissione monetaria che accompagna la crescita economica e che poi
scompare senza lasciare il peso del debito, dopo che le attività sono
state avviate e consolidate.
Di fatto, il pagamento degli interessi dei titoli a tasso negativo finisce
per ricadere sulla collettività che li usa. In questo senso si risolve in
un'imposta sulla circolazione del denaro, poiché ad ogni transazione il
prenditore si farà remunerare il rischio di non riuscire a spendere i
titoli, mentre la remunerazione dei titoli stessi andrà a favore
dell'ente che li ha emessi.
Sulla restituzione delle somme ricavate dalla circolazione dei titoli
Abbiamo visto che i titoli a tasso
negativo generano un interesse che, nella ipotesi migliore, sarà pari al
valore facciale dei titoli emessi. L'interesse in questione è
apparentemente pagato attraverso l'emissione delle marche, ma in realtà
è necessario considerare queste emesse a copertura del pagamento finale
del titolo, e le somme restituite dall'imprenditore come se fossero il
pagamento dell'interesse sui titoli. Questo sia per evitare di gravare il
bilancio dell'ente del rischio della mancata restituzione, dati i tempi
necessari al realizzo delle garanzie rilasciate dall'impresa a fronte
dell'emissione, sia per il legame che intercorre tra il tasso di interesse
e il tasso di crescita dell'area cui abbiamo accennato sopra.
L'imprenditore può essere obbligato a restituire la somma portata dai
titoli o in unica soluzione alla fine del periodo di mutuo, o con una
differente periodicità. Nell'ipotesi di emissione dei titoli legati
nominativamente ad un'impresa, l'imprenditore potrebbe essere obbligato a
restituire le somme annualmente, per fornire ai prenditori una maggiore
garanzia sulla solvibilità dei titoli. In ipotesi d'insolvenza, infatti,
i prenditori metterebbero a rischio solo gli interessi dell'ultimo anno
che sarebbero poi loro remunerati all'esito dell'escussione delle garanzie
prestate all'ente.
Facciamo un esempio.
Un imprenditore riceve un milione di euro per l'esercizio della sua
impresa. A fronte dell'emissione dei titoli egli deve prestare una
garanzia a copertura della restituzione del milione di euro alla fine del
periodo, che ipotizziamo essere di venti anni. Questo potrebbe comportare
delle difficoltà per le nascenti imprese, poiché una garanzia di questa
misura deve necessariamente consistere in immobilizzazioni di capitale, o
garanzie reali di congruo importo (vale a dire da due a tre volte la somma
mutuata in funzione degli interessi applicati e della loro natura). Queste
difficoltà possono esser superate se la garanzie viene prestata da un
terzo, per esempio una banca d'affari, ovvero se la garanzia venga emessa
nella forma revolving.
La garanzia revolving, comporta un rischio attenuato per l'ente che la
emette, poiché essa si riferisce solo alla frazione di periodo
considerato. Nell'ipotesi di un finanziamento da un milione di euro per
venti anni, la garanzia revolving ammonterebbe a 50.000€ all'anno,
appunto per venti anni. In questo caso, nell'ipotesi di mancato pagamento
di una rata, l'ente può decidere o di intervenire con fondi propri a
sostegno dell'impresa in difficoltà, o di escutere le garanzie e ritirare
i titoli dalla circolazione.
In questo caso, pagherebbe direttamente ai portatori dei titoli la somma
risultante dalle marche e all'esito dell'escussione, la quota residua
relativa al periodo di circolazione.
L'utilizzo di una garanzia revolving, pratica molto usata soprattutto per
a copertura di forniture periodiche, consente l'accesso al finanziamento
di quelle imprese che non sono in grado di fornire adeguate garanzie per
il finanziamento richiesto, e consente anche la partecipazione all'impresa
di strutture finanziarie che seguano l'impresa nelle sue vicissitudini,
assumendosi il modesto rischio della perdita degli interessi per un anno
di esercizio a fronte della ben maggiore possibile remunerazione derivante
dalla partecipazione all'impresa.
Il sistema bancario, insomma, sarebbe indotto a partecipare all'impresa
svolgendo una duplice funzione di garanzia verso il pubblico della solidità
dell'impresa e di controllo dall'interno delle scelte imprenditoriali.
Questo intervento del sistema bancario nella vita delle imprese, non
comporta, però, un'accelerazione del processo di finanziarizzazione
dell'economia, anzi si avrebbe un effetto opposto, poiché indurrebbe il
sistema finanziario ad investire proprio nelle attività di produzione per
garantire una sufficiente remunerazione ai capitali loro affidati.
Nell'ipotesi di garanzia revolving, dopo la metà del periodo l'intero
importo dei titoli sarebbe coperto, e nel rimanente periodo l'ente
incasserebbe le somme a titolo di interesse. Questo fatto garantirebbe la
copertura del pagamento dei titoli solo dopo che sia trascorsa la metà
del tempo di durata dei titoli, e quindi rassicurerebbe i prenditori sul
pieno valore dei titoli in circolazione anche se emessi nominativamente su
un'impresa.
Altra forma di emissione di titoli a maggiore rischio, potrebbe prevedere
un premio per il portatore al momento della scadenza sul valore nominale
del titolo.
Per tornare all'esempio del finanziamento da un milione di euro, un premio
potrebbe consistere in una somma oscillate tra il 10 e il 40% dell'importo
facciale, graduato secondo la maggiore o minore rischiosità dei titoli.
L'importo del premio sarebbe remunerato con parte delle somme restituite
dall'impresa alla fine del periodo. Il maggiore rischio sarebbe
rappresentato da una minore copertura del titolo, durante il periodo di
durata, in caso di insolvenza dell'impresa nominata nel titolo.
La circolazione dei titoli "a premio" sarà ristretta agli
operatori finanziari, considerato il maggiore rischio cui essi sono
assoggettati che li rende diversi dagli altri titoli emessi dall'ente, il
cui rischio è assimilabile a quello delle comuni banconote. Sul facciale
deve essere chiaramente indicato sia l'importo del premio sia il rischio
derivante dalla loro circolazione.
Sulla destinazione delle somme ricavate dalla circolazione dei titoli
Abbiamo visto che l'ente emittente
ottiene comunque dall'emissione dei titoli, un ricavo di importo
variabile. Questo ricavo si risolve in un'imposta che grava sulla
circolazione del denaro.
La destinazione naturale del ricavo ottenuto è quindi quella di una
riduzione delle imposte sulle attività di lavoro. Questo al fine di
evitare un aumento della pressione fiscale complessiva sulla collettività.
Poiché, però, è presumibile che le entrate fiscali aumentino per
effetto della ricchezza indotta dalle nuove imprese finanziate con i
titoli, la riduzione della pressione fiscale può anche essere
giustificata da queste maggiori entrate, e pertanto la destinazione delle
somme ricavate dall'emissione dei titoli a tasso negativo può essere
diversa.
Anzitutto queste somme possono essere impiegate per attività di
solidarietà sociale a sostegno delle persone disagiate e delle classi più
deboli. In questo modo si finisce per sostenere la domanda, soprattutto di
beni di prima necessità, e questo è perfettamente coerente con il fatto
che l'emissione dei titoli a tasso negativo, almeno all'inizio, generano
un incremento dell'offerta di beni. Allo stesso modo si può ipotizzare di
ridistribuire tra i cittadini il ricavato dell'emissione a titolo di
reddito di cittadinanza, che produce egualmente l'effetto di incrementare
la domanda.
Ma una diversa destinazione può essere quella di utilizzare le somme
ricavate dalla circolazione dei titoli per la tutela dell'ambiente e del
bene pubblico. In questo caso, sarà opportuno sottolineare nella campagna
di presentazione dei titoli al pubblico che la loro accettazione comporta
il partecipare fattivamente al miglioramento dell'ambiente e che il costo
di questa partecipazione è davvero irrisorio. Tenere un titolo da 500€
per dieci giorni ha lo stesso costo di un caffè al bar, mentre per uno da
150€, il caffè si paga in un mese. Potrebbe essere lo slogan di una
campagna pubblicitaria per la diffusione dei titoli tra il pubblico.
Ho scritto sopra che l'ente potrebbe decidere anche di utilizzare parte
delle somme, per sostenere le imprese di produzione che si trovino in
temporanee difficoltà, e che non abbiano i fondi per fare fronte al
pagamento di una rata dell'obbligazione assunta. Questo comporterebbe da
parte dell'ente, la costituzione di un fondo specifico per questo fine,
che gli consentirebbe di svolgere una funzione di ammortizzatore sociale
in momenti di contrazione del ciclo economico. Lo scopo potrebbe essere
quello di salvaguardare l'occupazione, ad esempio, o di sostenere
un'attività di particolare interesse per il pubblico che si trovi in
temporanee difficoltà per contingenze di mercato.
La normativa esistente
Non c'è nessuna norma che vieti a enti
pubblici o privati di emettere titoli di credito a interesse negativo.Per
gli Enti pubblici ci sono peraltro le norme che consentono l'emissione di
titoli di credito subordinandola al rispetto di due condizioni
sostanziali: l'esistenza di una copertura nel bilancio dell'ente, e il non
superamento di un interesse massimo definito periodicamente dalla Banca
d'Italia.
Non c'è la norma che autorizzi l'emissione delle marche, ma non esiste,
al contempo, nemmeno il divieto di subordinare la circolazione del titolo
a determinate condizioni. In altri termini, ritengo che nell'attuale
quadro normativo, un ente pubblico possa emettere queste marche senza
incorrere in alcuna violazione di legge.
Diverso è il discorso per i privati. I titoli a tasso negativo non
possono essere emessi come cambiali né come altri titoli di credito che
sono tipizzati dalla norma. E' possibile che però possano essere emessi
da una società nella forma di un prestito obbligazionario gravato di un
tasso di interesse negativo. Le cedole periodiche comporterebbero da parte
del portatore l'obbligo di versare una somma invece che di incassarla.
Emissioni di questo genere, ove possibile, sarebbero particolarmente
adatte a società con un elevato numero di soci e di dipendenti.
I titoli sarebbero spendibili essenzialmente presso i punti vendita
dell'emittente e genererebbero una pressione sulla domanda nel gruppo in
cui circolassero. La loro accettazione all'esterno, dipenderebbe dalla
solidità e notorietà delle società emittenti. Questi titoli potrebbero
essere remunerati da un forte premio per i portatori, al fine di favorirne
la circolazione tra gli operatori finanziari e tra gli stessi iniziali
prenditori.
Frequently Asked Questions
· Cosa sono i titoli a tasso
negativo? Sono titoli finanziari gravati da interesse negativo per
il decorso del tempo e che perdono interamente il proprio valore con la
scadenza del termine di validità.
· Che interesse ha un operatore economico ad accettare questi titoli? L'interesse
degli operatori economici è dato dalla fiducia nella loro spendibilità,
e quindi dalla possibilità di acquistare delle merci o effettuare dei
pagamenti per loro tramite.
· Che interesse ha un operatore finanziario ad accettare questi
titoli? Gli operatori finanziari si basano anch'essi sulla fiducia
nei confronti dei titoli, e sulla propria capacità di riuscire a
rimetterli in circolazione guadagnando un interesse.
· Perché si dovrebbe creare un clima di fiducia intorno a questi
titoli e una loro generale accettazione? Il presupposto
dell'emissione dei titoli è un persistente eccesso di offerta globale,
che induce i produttori a effettuare anche forti sconti pur di smobilitare
le scorte. L'accettazione dei titoli comporta, anche in ipotesi di una
loro circolazione molto lenta, l'effettuazione da parte del prenditore dei
titoli di uno sconto molto basso (5% all'anno). Per questa ragione i
titoli circoleranno prevalentemente tra i produttori.
· Perché i titoli a tasso negativo dovrebbero circolare più
velocemente delle banconote? Perché si tratta in sostanza di mezzi
di pagamento gravati da un costo. Di conseguenza, il prenditore cercherà
di spenderli il più rapidamente possibile e non li tesaurizzerà per
evitare il costo. E' impossibile tesaurizzare i titoli a tasso negativo
data la loro natura, e questo comporta che si tratta di mezzi di pagamento
che non generano debito.
· Perché i titoli a tasso negativo devono essere emessi solo per
creare nuove imprese? Nel caso di loro emissione slegata dalla
creazione di attività d'impresa, si risolverebbe in una emissione di
moneta senza alcuna corrispondente attività nel territorio, e quindi essi
finirebbero, almeno nella fase iniziale, per premere in aumento sui
prezzi. In altri termini genererebbero inflazione. Un'altra ragione
risiede nel fatto che l'emissione in favore di imprese in via di
costituzione favorisce un'iniziale circolazione dei titoli presso i
produttori, che sono portati ad accettare qualunque mezzo di pagamento pur
di liberare i propri magazzini.
· Perché i titoli a tasso negativo non generano inflazione? Perché,
appunto, sono legati alla nascita di un'attività, e quindi alla
corrispondente circolazione di beni. I titoli non generano nemmeno debito,
poiché muoiono alla scadenza e sono ritirati dalla circolazione dall'ente
che li ha emessi, lasciando, però, la ricchezza che hanno creato.
· Perché si mettono le marche periodiche sui titoli? Per
evitare il loro decadimento con il tempo, e quindi la necessità per i
prenditori di fare complicati calcoli sul valore effettivo del titolo nel
momento in cui lo accettano in pagamento. E' necessario e utile che il
valore dei titoli oscilli periodicamente in misura non maggiore
dell'interesse periodico ad essi applicato.
· Chi garantisce il pagamento dei titoli alla scadenza? La
garanzia del pagamento dei titoli è data dall'ente che li ha emessi che,
a sua volta, ha ricevuto garanzie dall'imprenditore in cui favore ha
rilasciato i titoli e che ha incassato le marche che consentono al termine
del periodo il pagamento degli stessi titoli.
· Chi paga l'interesse negativo sui titoli? L'interesse
negativo sui titoli viene ridistribuito tra la platea che li accetta in
pagamento. Inizialmente, quindi, tra i produttori e poi tra tutta la
popolazione locale. Di fatto, i titoli a tasso negativo sono un'imposta
che grava su una forma di emissione monetaria.
· Chi incassa l'interesse sui titoli a tasso negativo? L'interesse
sui titoli viene incassato dall'ente che li ha emessi, e che è
essenzialmente un ente pubblico locale. Questo comporta che essi
restituiscono al potere politico un potere di spesa e di indirizzo
dell'economia che la saturazione dell'economia del debito ha reso pressoché
irrisorio.
· Che destinazione hanno le somme ricavate dall'ente? La
destinazione naturale delle somme incassate a titolo di interesse sui
titoli a tasso negativo è quella di ridurre le altre imposte, poiché si
tratta di un'imposta che grava su tutta la popolazione e in particolare
sulle aziende produttrici. Altra destinazione può essere quella di
sostenere la domanda di beni di consumo mediante la distribuzione a titoli
di reddito di cittadinanza, ovvero quella di opere di pubblica utilità e
tutela dell'ambiente.
· Come si può ragionevolmente garantire la circolazione dei titoli? Prima
di effettuarne le emissioni, l'ente sensibilizzerà l'opinione pubblica
per mezzo di un'opportuna campagna pubblicitaria che metta in chiaro le
caratteristiche dei titoli stessi, e si premunirà, facendo aderire le
imprese di produzione e commerciali del luogo, ad un cartello di
produttori che accettano i titoli stessi in pagamento.
· Come deve essere il taglio dei titoli? Il taglio dei titoli
deve essere il più possibile ridotto, al fine di consentirne la più
ampia diffusione in tutti gli strati della popolazione. E' possibile
ipotizzare un taglio minimo da 200€ ed uno massimo da 1000€.
· Che effetto ha l'immissione dei titoli nell'economia locale? Inizialmente
i titoli dovrebbero determinare un aumento della domanda di beni
strumentali, e poi generare una crescita equilibrata dell'offerta e della
domanda di beni di consumo secondo il moltiplicatore. In generale, i
titoli dovrebbero causare un aumento della ricchezza complessiva senza però
generare debito.
· Che ruolo hanno gli istituti finanziari con l'emissione dei titoli a
tasso negativo? Le banche e in generale gli istituti finanziari,
possono partecipare all'impresa prestando le garanzie necessarie per
l'emissione dei titoli, e possono negoziare i titoli stessi sfruttando lo
spread tra il nominale e l'interesse negativo presunto nel periodo di
negoziazione garantendosi un ricavo da questo. Le banche e le finanziarie
possono, più facilmente dei privati, collocare i titoli presso propri
clienti in difficoltà per stimolarne la capacità produttiva e recuperare
i propri crediti. I titoli a tasso negativo possono anche essere emessi
dalle banche per partecipare ad una nuova impresa e stimolare imprese
esistenti.
A cura di Domenico De Simone