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film e/o documentari da non perdere
"THE
CORPORATION": un documentario assolutamente da NON perdere!
C’è
un problema globale. Anzi, multinazionale
Curzio
Maltese – “Venerdì” di Repubblica
The
Corporation non è spettacolare come un film di Michael Moore,
divertente come uno show di Beppe Grillo o popolare come un libro
di Naomi Klein ma è forse l'opera più interessante prodotta
Nato da un libro
inchiesta di Joel ßakan, professore di diritto alla British Columbia,
che è anche coregista con Mark Achbar e Jennifer Abbot, il film,
prodotto in Canada, è stato premiato dal pubblico dei Sundance
festival, ma boicottato negli Stati Uniti. Sullo schermo sfilano alcune
delle icone del movimento no global, da Noam Chomsky a Michael
Moore, da Jeremy Rifkin a Vandana Shiva, alla Klein.
Eppure The Corporation non è un manifesto politico. Altrettanto se non
più illuminanti delle interviste ai critici delle multinazionali sono
le paradossali «confessioni, di manager e dirigenti, guru finanziari,
spie industriali e pubblicitari. Più efficace di un comizio è, per
esempio, la convinta e sorridente autodifesa di una dirigente dei
marketing per l'infanzia: «Manipolare i bambini è immorale? Molti me
lo chiedono e a volte me lo chiedo anch'io. Ma questo è il mio lavoro».
Un'aura di rispettabile, perfino accattivante schizofrenia circonda
tutte le testimonianze dei manager. E difficile
immaginare queste brave persone, colte e compassionevoli, alle
prese con brutali speculazioni sulla pelle di bambini cinesi o indiani.
Eppure è quanto gli autori documentano senza possibilità di dubbio.
The Corporation (da oggi nei cinema italiani) contiene alcune storie che
varrebbero ciascuna un film.
La
più sconvolgente racconta la lunga complicità della Ibm con
Adolf Hitler, dagli albori dei regime nazista e fin dopo lo scoppio
della Seconda guerra mondiale. La corporation americana è il
vero e occulto sponsor dell'Olocausto, sul quale mette il proprio
marchio. Non si tratta di una metafora: l'inchiostro con il quale furono
marchiati i deportati nei lager era fornito dalla Ibm, che si
offrì anche di organizzare la feroce contabilità di Auschwitz, Dachau,
Buchenwald. I massimi dirigenti di New York, fervidi ammiratori di
Hitler, considerarono l'eliminazione di massa di milioni di persone un
ottimo banco di prova per collaudare nuovi sistemi di calcolo complesso.
Un'altra storia esemplare, stavolta dei nostri giorni, è quella dei due
reporter licenziati dalla Fox per aver osato indagare sullo
scandalo del latte contaminato della Monsanto. Il colosso
alimentare usa il Bgh, un ormone sintetico, per accelerare il
metabolismo delle mucche, quindi per produrre più latte e profitti.
L'effetto collaterale è che le mucche si ammalano e vengono curate con
antibiotici che finiscono nel latte dei bambini. I danni sono
scientificamente provati e i due reporter ottengono un risarcimento
miliardario, che verrà annullato in appello per un cavillo legale
escogitato dagli avvocati della Monsanto.
Il
viaggio all'inferno non è però del tutto senza speranze. Il movimento
internazionale contro il capitalismo selvaggio di questi anni
ottiene alcune vittorie insperate. In India, dopo molti morti e feroci
repressioni, vengono revocati i brevetti occidentali sul riso. In
Bolivia la lotta della impedisce la privatizzazione
dell'acqua. Ma la corsa delle multinazionali a impadronirsi di
tutto, compresa l'acqua, le sementi, il Dna, non si ferma davanti a
nulla. Con l'aiuto della deregulation, il pilastro ideologico della
nuova destra americana (e derivati coloniali), che si traduce nei fatti
in un'abdicazione degli Stati democratici nei confronti del crescente
potere delle grandi imprese. La storia economica dell'ultimo secolo può
essere letta come una costante ascesa delle grandi imprese fuori e
spesso contro ogni controllo democratico.
Sorte già nel primo Settecento, subito travolte da immensi scandali
speculativi e proibite per quasi un secolo, le corporation risorgono a
metà Ottocento per avviare quello che diventerà il grande processo di
globalizzazione del mercato mondiale dei nostri giorni. Quanto più
aumentano i poteri delle corporation, tanto più il sistema si svincola
da ogni responsabilità sociale che non sia la ricerca del massimo
profitto.
Gli
autori provano a indagare la psicologia della grande impresa attraverso
i normali test sulla salute mentale usati per le persone reali. La
diagnosi è una grave forma di psicopatia, qualcosa di molto simile al
profilo mentale del serial killer. E’ la malattia del sistema a far
ammalare chi vi lavora, i compassionevoli manager di cui sopra. Il gioco
della corporation consiste, naturalmente, nel rovesciare la realtà e
attribuire ogni misfatto del sistema alla singola devianza di questo o
quel dirigente.
The
Corporation si apre con l'inevitabile George Bush impegnato nel discorso
più imbarazzante della sua presidenza, quello che dovette tenere alla
nazione dopo lo scandalo Enron, dov'era coinvolta mezza Amministrazione.
Lo slogan dì Bush fu il solito, ipocrita: «Poche mele marce in un
sistema sano». E’ la versione ufficiale e la ripetono tutti,
mezzibusti dei telegiornali e illustri ospiti, intellettuali ed
economisti, mentre un satirico contrappunto replica l'immagine di una
macchina che seleziona le mele ed espelle le cattive.
In realtà negli anni della grande speculazione era accaduto
esattamente il contrario. Un'invisibile macchina aveva selezionato ed
espulso dal mucchio le poche mele buone, i rari e coraggiosi manager,
economisti, giornalisti che avevano visto e denunciato i rischi della
new economy.