|
La
strategia della tensione
Il terrorismo
non rivendicato della NATO
Di Silvia
Cattori*
- tratto da www.voltairenet.org/article144415.html
Daniele Ganser, professore di
storia contemporanea all'università di Basilea e presidente
dell'Aspo-Svizzera, ha pubblicato un libro "sugli eserciti segreti
della NATO".
Secondo lui, gli Stati Uniti hanno organizzato in Europa dell'Ovest
durante gli ultimi 50 anni attentati che sono stati attribuiti
alla sinistra e alla sinistra estrema per screditarli agli occhi dei
loro elettori. Questa strategia dura ancora oggi per suscitare il timore
dell'islam e giustificare le guerre per il petrolio.
Silvia Cattori: Il suo lavoro
dedicato agli eserciti segreti della NATO (1), spiega come la strategia
della tensione (2) e le operazioni “False Flag” (3 - operazioni
"false bandiere", è l’espressione usata per descrivere atti
terroristici, portati avanti segretamente da governi o organizzazioni,
per essere poi imputate ad altri) implicano dei
grandi pericoli. Spiega come
Daniele Ganser: È molto
importante comprendere ciò che la strategia della tensione rappresenta
realmente e come ha funzionato durante questo periodo. Ciò può
aiutarci ad illuminare il presente ed a vedere meglio in quale misura è
sempre in azione. Poca gente sa ciò che l'espressione “strategia
della tensione” vuole dire. È molto importante parlarne, spiegarlo.
È una tattica che consiste nel commettere degli attentati criminali ed
attribuirli a qualcuno di altro. Con il termine tensione ci si riferisce
alla tensione emozionale, a ciò che crea una sensazione di timore, di
paura. Con il termine strategia, ci si riferisce a chi alimenta le paure
della gente riguardo ad un gruppo determinato. Queste strutture segrete
della NATO erano state equipaggiate, finanziate e addestrate dalla CIA,
in coordinamento con l’MI6 (i servizi segreti britannici), a
combattere le forze armate dell'Unione sovietica in caso di guerra, ma
anche, secondo le informazioni di cui disponiamo oggi, per commettere
attentati terroristici in diversi paesi (4).
Così, fin dagli anni 70, i servizi segreti italiani hanno utilizzato
queste armate segrete per fomentare attentati terroristici con lo scopo
di causare la paura in seno alla popolazione e, in seguito, accusare i
comunisti di essere gli autori. Era il periodo dove la parte comunista
aveva un potere legislativo importante al Parlamento. La strategia della
tensione doveva servire a screditarlo, indebolirlo, a per impedirgli di
accedere all'esecutivo.
Silvia Cattori: Apprendere quello
che sta dicendo è una cosa. Ma resta difficile credere che i nostri
governi abbiano potuto lasciare
Daniele Ganser:
Silvia Cattori: Questi eserciti
segreti operavano in tutti i paesi dell'Europa occidentale?
Daniel Ganser: Con le mie
ricerche, ho dimostrato che questi eserciti segreti esistevano, non
soltanto in Italia, ma in tutta l'Europa dell'Ovest: in Francia, Belgio,
Olanda, Norvegia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Turchia, Spagna,
Portogallo, Austria, Svizzera, Grecia, Lussemburgo, Germania.
Inizialmente si pensava che ci fosse una struttura di guerriglia unica e
che, quindi, questi eserciti segreti avevano tutti partecipato alla
strategia della tensione, dunque ad attentati terroristici. Ma, è
importante sapere che questi eserciti segreti non hanno tutti
partecipato agli attentati. E comprendere ciò che li differenziava
poiché avevano attività distinte. Quello che appare chiaramente oggi
è che queste strutture clandestine della NATO, generalmente chiamate Stay Behind (5), erano concepite, in origine, per agire come una
guerriglia in caso d'occupazione dell'Europa dell'Ovest da parte
dell'Unione sovietica. Gli Stati Uniti dicevano che queste reti di
guerriglia erano necessarie per superare l’impreparazione nella quale
i paesi invasi dalla Germania si erano allora trovati.
Numerosi paesi che hanno conosciuto l'occupazione tedesca, come
Silvia Cattori: Se comprendo bene,
questo Stay behind il cui obiettivo iniziale era quello di prepararsi in
caso di un'invasione sovietica, è stato deviato da questo scopo per
combattere la sinistra. Di conseguenza, si è penato a comprendere perché
i partiti di sinistra non hanno indagato, denunciato queste deviazioni
prima?
Daniele Ganser: Se si prende il
caso dell'Italia, appare che, ogni volta che la parte comunista ha
sfidato il governo per ottenere spiegazioni sull'esercito segreto che
operava in questo paese sotto il nome di codice Gladio
(6), non ci sono state risposte con il pretesto di segreto di Stato. È
soltanto nel 1990 che Giulio
Andreotti (7) ha riconosciuto l'esistenza di Gladio ed i suoi legami
diretti con
Ha anche affermato che queste armate secrete controllate dalla NATO,
avevano ramificazioni ovunque in Europa. Quando quest'informazione è
uscita, ha provocato una crisi politica in Italia, ed è grazie alle
indagini del giudice Felice Casson che siamo stati messi al corrente
degli eserciti segreti della NATO. Nella Germania, quando i Socialisti
del SPD hanno appreso, nel 1990, che esisteva nel loro paese - come in
tutti gli altri paesi europei - un esercito segreto, e che questa
struttura era legata ai servizi segreti tedeschi, hanno gridato allo
scandalo ed incolpato la parte democristiana (CDU). Questi hanno reagito
dicendo: se voi ci accusate, diremo pubblicamente che, anche voi, con Willy
Brandt, avevate preso parta a questa cospirazione. Questo coincideva
con le prime elezioni della Germania riunificata, che gli SPD speravano
di vincere. I dirigenti del SPD hanno capito che non era un buono
argomento elettorale; per finire hanno lasciato intendere che quest'eserciti
segreti erano giustificabili. Al Parlamento europeo, nel novembre 1990,
voci si sono alzate per dire che non si poteva tollerare l'esistenza di
eserciti clandestini, né lasciare senza spiegazione degli atti di
terrore la cui origine reale non era delucidata, e che occorreva
indagare. Il Parlamento europeo ha dunque protestato per iscritto alla
NATO ed il presidente George Bush
senior. Ma nulla è stato fatto. Soltanto in Italia, in Svizzera ed in
Belgio, che indagini pubbliche sono state iniziate. Sono del resto i tre
soli paesi che hanno fatto un po'di ordine in quest'affare e che hanno
pubblicato una relazione sui loro eserciti segreti
Silvia Cattori: Cosa ne è oggi?
Questi eserciti clandestini sarebbero ancora attivi?
Daniele Ganser: Per uno storico, è
difficile rispondere a questa domanda. Non si dispone di un rapporto
ufficiale paese per paese. Nei miei lavori, analizzo fatti che posso
provare. Per quanto riguarda l'Italia, c'è una relazione che dice che
l'esercito segreto Gladio è stato eliminato. Sull'esistenza
dell'esercito segreto P
Mitterrand fu molto contrariato con Andreotti poiché, dopo questa
rivelazione, egli dovette rettificare la sua dichiarazione. Più tardi
l'ex direttore dei servizi segreti francesi, l'ammiraglio Pierre
Lacoste, ha confermato che questi eserciti segreti esistevano anche
in Francia, e che anche
È dunque difficile dire se tutto è passato. E, anche se le strutture
Gladio sono state sciolte, potrebbero avere create delle nuove pur
continuando a utilizzare la tecnica della strategia della tensione e del
“False flag”
Silvia Cattori: Si può pensare
che, dopo il crollo dell'URSS, gli Stati Uniti e
Daniele Ganser: Le mie ricerche si
sono concentrate sul periodo della guerra fredda in Europa. Ma si sa che
ci sono state altrove delle “False flag” dove la responsabilità
degli stati è stata provata. Esempio: gli attentati, nel
Così, abbiamo esempi storici che dimostrano che la strategia della
tensione e la “False flag” sono state utilizzate dagli USA,
Silvia Cattori: Queste strutture
clandestine della NATO, create dopo
Daniele Ganser: Avete ragione a
sollevare la questione. Gli Stati Uniti erano interessati al controllo
politico. Questo controllo politico è un elemento essenziale per la
strategia di Washington e di Londra. Il generale Geraldo
Serravalle, capo di Gladio, la rete italiana Stay-behind, lo spiega
nel suo libro. Egli racconta che ha compreso che gli Stati Uniti non
erano interessati dalla preparazione di una guerriglia in caso
d'invasione sovietica, quando ha visto che, cosa che interessava agli
agenti dell'CIA, che assistevano alle esercitazioni d'addestramento
dell'esercito segreto che dirigeva, era di assicurarsi che questo
esercito funzionasse in modo da controllare le azioni dei militanti
comunisti.
Il loro timore era l'arrivo dei comunisti al potere in paesi come
Silvia Cattori: Avete parlato
dell'elemento emozionale come fattore importante nella strategia della
tensione. Dunque, il terrore, la cui origine resta sfocata, dubbia, la
paura che provoca, serve a manipolare l'opinione pubblica. Non si
assiste oggi agli stessi metodi? Ieri, si utilizzava la paura del
comunismo, oggi non si utilizza la paura dell'islam?
Daniele Ganser: Sì, c'è un
parallelo nettissimo. In occasione dei preparativi della guerra contro
l’Iraq, si è detto che Saddam
Hussein possedeva armi biologiche, che c'era un legame tra il Iraq e
gli attentati dell'11 settembre, o che c'era un legame tra l’Iraq e i
terroristi di Al Qaida. Ma
tutto ciò non era vero. Con queste menzogne, si voleva fare credere al
mondo che i musulmani volevano spargere il terrorismo ovunque, che
questa guerra era necessaria per combattere il terrore. Ma, la vera
ragione della guerra è il controllo delle risorse energetiche. A causa
della geologia, le ricchezze di gas e petrolio si concentrano nei paesi
musulmani. Quello che vogliono accaparrarsi, deve nascondersi dietro
questo tipo di manipolazioni.
Ora non si può dire che non c'è più molto petrolio poiché il massimo
della produzione globale - "picco di petrolio" (12) - si
verificherà probabilmente prima del 2020 e che occorre dunque andare a
prendere il petrolio in Iraq, perché la gente direbbe che non occorre
uccidere bambini per questo. Ed hanno ragione. Non si può nemmeno dire
che, nel Mar Caspio, ci sono riserve enormi e che si vuole creare una
conduttura verso l'oceano indiano ma che, siccome non si può passare
per l'Iran al sud, né passare per
È per questo che si definiscono i musulmani come
"terroristi". Sono grandi menzogne, ma se si ripete mille
volte che i musulmani sono "terroristi", la gente finirà per
crederlo e per accettare che queste guerre antimusulmane sono utili;
dimenticando che ci sono molte forme di terrorismo, che la violenza non
è per forza una specialità musulmana
Silvia Cattori: Insomma, queste
strutture clandestine sono state sciolte, ma la strategia della tensione
ha potuto continuare?
Daniele Ganser: È esatto. Possono
avere sciolto le strutture, e averne formato delle nuove. È importante
spiegare come, nella strategia della tensione, la tattica e la
manipolazione funzionano. Tutto ciò non è legale. Ma, per gli Stati,
è più facile manipolare persone che dire loro che si cerca di mettere
le mani sul petrolio di altri. Tuttavia, tutti gli attentati non
derivano dalla strategia della tensione. Ma è difficile sapere quali
sono gli attentati manipolati. Anche coloro che sanno che la maggioranza
deli attentati sono manipolati da Stati per screditare un nemico
politico, possono scontrarsi con un ostacolo psicologico. Dopo ogni
attentato, la gente ha paura, è confusa. È molto difficile farsi
all'idea che la strategia della tensione, la strategia del “False flag”,
è una realtà. È più semplice accettare la manipolazione e dirsi:
"Da trenta anni mi tengo informato e non ho mai sentito parlare di
questi eserciti criminali. I musulmani ci attaccano, è per questo che
si combatte".
Silvia Cattori: Fin dal
Daniele Ganser: Gli stati europei
hanno avuto un atteggiamento abbastanza debole in relazione agli Stati
Uniti dopo gli attentati dell'11 settembre 2001. Dopo avere affermato
che le prigioni segrete erano illegali, hanno lasciato fare. Stessa cosa
con i prigionieri di Guantanamo. Delle voci si sono alzate in Europa per
dire: "non si possono privare i prigionieri della difesa di un
avvocato". Quando la signora Angela
Merkel ha evocato la questione, gli Stati Uniti hanno chiaramente
lasciato intendere che
Silvia Cattori: In questo
contesto, in cui ci sono ancora molte zone d'ombra, quale sicurezza può
portare
Daniele Ganser: Per quanto
riguarda gli attentati terroristici manipolati dagli eserciti segreti
della rete Gladio durante la guerra fredda, è importante potere
determinare chiaramente qual è l'implicazione reale della NATO là
dentro, di sapere ciò che è realmente avvenuto. Si trattava di atti
isolati o di atti organizzati segretamente dalla NATO? Fino ad oggi,
Silvia Cattori: Si potrebbe ancora
comprendere come Israele, che ha interessi ad allargare i conflitti nei
paesi arabi e musulmani, incoraggi gli Stati Uniti in questo senso. Ma
non si vede quale può essere l'interesse degli stati europei ad
impegnare truppe in guerre decise dal Pentagono, come in Afghanistan?
Daniele Ganser: Penso che l'Europa
è confusa. Gli Stati Uniti sono in una posizione di forza, e gli
europei hanno tendenza a pensare che la migliore cosa sia di collaborare
con i più forti. Ma occorrerebbe riflettere un po' di più. I
parlamentari europei cedono facilmente alla pressione degli Stati Uniti
che richiedono sempre più truppe su questo o quel fronte. Più i paesi
europei cedono, più si sottomettono, e più si troveranno con problemi
sempre più grandi. In Afghanistan, i tedeschi e i britannici sono sotto
comando dell'esercito statunitense. Strategicamente, non è una
posizione interessante per questi paesi.
Ora, gli Stati Uniti hanno chiesto ai tedeschi di impegnare i loro
soldati anche al sud dell'Afghanistan, nelle zone in cui la battaglia è
più cruenta. Se i tedeschi accetteranno, rischiano di farsi massacrare
dalle forze afgane che rifiutano la presenza di qualsiasi occupante.
Silvia Cattori: Cosa sanno le
autorità che ci governano oggi della strategia della tensione? Possono
continuare come ciò a lasciare guerrafondai fomentare colpi di Stato,
rapire e torturare gente senza reagire? Hanno ancora i mezzi per
impedire queste attività criminali?
Daniele Ganser: Non so. Come
storico, osservo, prendo nota. Come consigliere politico, dico sempre
che non occorre cedere alle manipolazioni che mirano a suscitare la
paura e fare credere che i "terroristi" siano sempre i
musulmani; dico che si tratta di una lotta per il controllo delle
risorse energetiche; che occorre trovare mezzi per sopravvivere alla
penuria energetica senza andare nel senso della militarizzazione. Non si
possono risolvere i problemi in questo modo; li peggiorano
Silvia Cattori: Quando si osserva
la diabolizzazione degli Arabi
e dei musulmani a partire dal conflitto israeliano-palestinese, ci si
dice che ciò non ha nulla a che vedere con il petrolio.
Daniele Ganser: Sì, in questo
caso sì. Ma, nella prospettiva degli Stati Uniti, si tratta di una
lotta per prendere il controllo delle riserve energetiche del blocco
eurasiatico che si situa in questa "ellisse strategico" che va
dall'Azerbaigian passando per il Turkmenistan ed il Kazachistan, fino
all'Arabia Saudita, Iraq, Kuwait e Golfo Persico.
È precisamente là, in questa regione in cui si svolgono le pretese
guerre "contro il terrorismo", che si concentrano le
importanti riserve in petrolio e gas. Secondo me, non si tratta di altra
cosa che di una sfida geostrategica dentro la quale l'Unione europea può
soltanto perdere. Poiché, se gli Stati Uniti prendono il controllo di
quelle risorse, e la crisi energetica peggiora, diranno: "volete
gas, volete petrolio, molto bene, in cambio vogliamo questo e
quello". Gli Stati Uniti non daranno gratuitamente il petrolio ed
il gas ai paesi europei. Poca persone sanno che il "picco del
petrolio", il massimo della produzione, è stato già raggiunto nel
mare del Nord e che, quindi, la produzione del petrolio in Europa - la
produzione della Norvegia e della Gran Bretagna - è in declino. Il
giorno che la gente si renderà conto che queste guerre "contro il
terrorismo" sono manipolate, e che le accuse contro i musulmani
sono, in parte, della propaganda, rimarranno sorpresi. Gli Stati europei
devono svegliarsi e comprendere infine come la strategia della tensione
funziona. E devono anche iniziare a dire no agli Stati Uniti. Inoltre,
negli Stati Uniti anche, c'è molta gente che non vuole questa
militarizzazione delle relazioni internazionali
Silvia Cattori: Avete anche fatto
ricerche sugli attentati dell'11 settembre 2001 e scritto un libro (13)
con altri intellettuali che si preoccupano delle incoerenze e delle
contraddizioni nella versione ufficiale di questi eventi come le
conclusioni della Commissione d'indagine delegata da Mister Bush? Non
temete di essere accusati di "teoria del complotto"?
Daniele Ganser: I miei studenti e
altra persone mi hanno sempre chiesto: se questa "guerra contro il
terrorismo" riguarda realmente il petrolio ed il gas, gli attentati
dell'11 settembre non sono stati anch’essi manipolati? O è una
coincidenza, che i musulmani di Osama
bin Laden abbiano colpito esattamente nel momento in cui i paesi
occidentali iniziavano a capire che una crisi del petrolio si
annunciava? Ho dunque iniziato ad interessarmi a ciò che era stato
scritto sull'11 settembre ed a studiare anche la relazione ufficiale che
presentata nel giugno 2004. Quando ci si immerge in quest'argomento, ci
si accorge di primo acchito che c'è un grande dibattito planetario
attorno a ciò che è realmente avvenuto l'11 settembre
Silvia Cattori: Il Parlamento del
Venezuela ha chiesto agli Stati Uniti di avanzare ulteriori spiegazioni
per chiarire l'origine di quegli attentati. Ciò non dovrebbe essere un
esempio da seguire?
Daniele Ganser: Ci sono molte
incertezze sull'11 settembre. I parlamentari, gli universitari, i
cittadini possono chiedere conto su ciò che è realmente avvenuto.
Penso sia importante continuare ad interrogarsi. È un evento che
nessuno può dimenticare; ciascuno si ricorda dove si trovava in quel
momento preciso. È incredibile che, cinque anni più tardi, non si sia
ancora arrivati a vedere chiaro.
Silvia Cattori: Si direbbe che
nessuno voglia rimettere in discussione la versione ufficiale. Si
sarebbero lasciati manipolare con la disinformazione organizzata da
strateghi della tensione e False flag?
Daniele Ganser: Si è manipolabile
se si ha paura; paura di perdere il proprio lavoro, paura di perdere il
rispetto della gente. Non si può uscire da questa spirale di violenza e
di terrore se ci si lascia manipolare dalla paura. È normale avere
paura, ma occorre parlare apertamente di questa paura e delle
manipolazioni che la generano. Nessuno può sfuggire alle loro
conseguenze. Ciò è tanto più grave in quanto i responsabili politici
agiscono spesso sotto l'effetto di questa paura. Occorre trovare la
forza di dire: "Sì ho paura di sapere che queste menzogne fanno
soffrire per la gente; sì ho paura di pensare che non ci sia più molto
petrolio; sì ho paura di pensare che questo terrorismo di cui si parla
è la conseguenza di manipolazioni, ma non mi lascerò intimidire"
Silvia Cattori: Fino a che punto
paesi come
Daniele Ganser: Penso che non ci
sia strategia della tensione in Svizzera. Questo paese non conosce
attentati terroristici. Ma, la cosa vera è che, in Svizzera come
altrove, è che le politiche che temono gli Stati Uniti, le loro
posizioni di forza, tendono a dire: sono buoni amici, non abbiamo
interesse a battersi con loro.
Silvia Cattori: Questo modo di
pensare e coprire le menzogne che derivano dalla strategia della
tensione, non rendono tutti complici dei crimini che comporta? A
cominciare dai giornalisti e partiti politici?
Daniele Ganser: Penso,
personalmente, che tutti i giornalisti, universitari, politici devono
riflettere sulle implicazioni della strategia della tensione e del
“False flag”. Noi siamo evidentemente in presenza di fenomeni che
sfuggono a qualsiasi comprensione. È per questo che, ogni volta che ci
sono attentati terroristici, occorre interrogarsi e cercare di
comprendere cosa si nasconde dietro. È soltanto il giorno in cui si
ammetterà ufficialmente che le False flag sono una realtà, che si potrà
stabilire una lista delle False flag che hanno avuto luogo nella storia
e mettersi d'accordo su ciò che occorrerà fare.
La ricerca della pace è il tema che m’interessa. È importante aprire
il dibattito sulla strategia della tensione e prendere atto che si
tratta di un fenomeno reale. Fintantoché non si accetterà di
riconoscere la sua esistenza, non si potrà agire. È per questo che è
importante spiegare quello che la strategia della tensione significa
realmente. E, una volta compreso, non di lasciarsi prendere dalla paura
e odio contro un gruppo. Bisogno dire che non è soltanto un paese
implicato; che non sono soltanto gli Stati Uniti, Italia, Israele o gli
iraniani, ma che questo si produce ovunque, anche se alcuni paesi vi
partecipano in modo più intenso di altri. Occorre comprendere, senza
accusare tale paese o tale persona. Il timore e l’odio non aiutano ad
avanzare ma paralizzano il dibattito. Vedo molti accuse contro gli Stati
Uniti, contro Israele,
Silvia Cattori: Perché il vostro
libro sugli eserciti segreti della NATO, pubblicato in inglese, tradotto
in italiano, in turco, sloveno e presto in greco, non è pubblicato in
francese?
Daniele Ganser: Non ho ancora
trovato un editore in Francia. Se un editore è interessato a pubblicare
il mio libro sarò felicissimo di vederlo tradotto in francese
[1] Nato’s secret Armies :
Terrorism in
[2]
C’est après l’attentat de Piazza Fontana à Milan en 1969 que l’expression
stratégie de la tension a été entendue pour la première fois.
[3] False flag operations (opérations
faux drapeaux) est l’expression utilisée pour désigner des actions
terroristes, menées secrètement par des gouvernements ou des
organisations, et que l’on fait apparaître comme ayant été menées
par d’autres.
[4] « Stay-behind :
les réseaux d’ingérence américains » par Thierry Meyssan, Réseau
Voltaire, 20 août 2001.
[5] Stay behind (qui veut dire :
rester derrière en cas d’invasion soviétique) est le nom donné aux
structures clandestines entraînées pour mener une guerre de partisans.
[6] Gladio désigne l’ensemble des
armées secrètes européennes qui étaient sous la direction de
[7] Président du Conseil des
ministres, membre de la démocratie chrétienne.
[8]
« Rapport
Andreotti sur l’Opération Gladio » document du 26 février
1991, Bibliothèque du Réseau Voltaire.
[9]
« 1980 :
carnage à Bologne, 85 morts », Réseau Voltaire,
12 mars 2004.
[10] « La
France autorise l’action des services US sur son territoire »
par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 8 mars 2004.
[11]
Affaire Lavon, du nom du ministre de
[12]
Voir : « Odeurs
de pétrole à la Maison-Blanche », Réseau Voltaire,
14 décembre 2001. « Les
ombres du rapport Cheney » par Arthur Lepic, 30 mars
2004. « Le
déplacement du pouvoir pétrolier » par Arthur Lepic, 10 mai 2004.
« Dick
Cheney, le pic pétrolier et le compte à rebours final »
par Kjell Aleklett, 9 mars 2005.« L’adaptation
économique à la raréfaction du pétrole » par Thierry Meyssan,
9 juin 2005.
[13] 9/11 American Empire :
Intellectual speaks out, sous la direction de David Ray Griffin,
Olive Branch Press, 2006
* Silvia Cattori, giornalista svizzera