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- Pagina cambiamento climatico
Il
tempo è scaduto
di Carlo Bertani
- 23 gennaio 2007
Apuleio – Le metamorfosi (o L'asino
d'oro) – II sec. D.C.
Fa
paura usare quel termine, ed allora ci s’inventa di tutto: Kyrill
diventa così una “tempesta”, poi un “ciclone”. Infine, quando i
venti raggiungono i
Sì, per la prima volta a memoria d’uomo, sul Nord Atlantico si è
formato un uragano ed ha attraversato l’intera Europa centrale: non
era mai successo.
In passato abbiamo avuto la tempesta Erwin (8 gennaio 2005) che provocò
43 morti in Germania, Svezia, Estonia, Danimarca, Gran Bretagna e
Irlanda: il vento soffiò per ore a
Nel 1999 una violenta bufera s’abbatté sulla Francia e provocò 130
morti, e per trovare un altro disastro simile dobbiamo riandare al 1990,
quando una violenta tormenta di neve e ghiaccio colpì soprattutto la
penisola iberica.
Apparentemente
sono fenomeni analoghi, ma non dobbiamo farci ingannare dalle apparenze:
il triste conto dei morti indica sì la violenza dei fenomeni
atmosferici, ma le manifestazioni che provocano questi disastri possono
essere molto diverse.
Anzitutto le temperature: l’evento del 1990 fu una tempesta artica,
ossia l’impatto contro il continente europeo di venti che giungevano
direttamente dal Polo Nord. Passò quasi sotto silenzio la “strana”
nevicata dello scorso inverno a Firenze: non è certo strano che nevichi
a Firenze, ma dobbiamo ricordare che le nevicate in quell’area
capitano per il passaggio di fronti freddi che giungono dalla Russia,
non dall’Atlantico.
Forti
perturbazioni che calano veloci dalla Siberia, attraversano le pianure
dell’Europa Centrale e si abbattono sull’Italia entrando dalla
“porta” triestina non sono certo dei fatti inusuali, e la
meteorologia ha registrato quasi tutti gli inverni eventi del genere.
Raro è invece che un fronte così freddo parta dalla Groenlandia,
riesca ad attraversare l’Atlantico, entri dalla cosiddetta “Porta di
Carcassonne” – ovvero la zona pianeggiante che si trova fra i
Pirenei ed il Massiccio Centrale francese – superi il Golfo del Leone,
le Bocche di Bonifacio e s’abbatta sulla Toscana.
Questo percorso è invece comune per le perturbazioni atlantiche
autunnali – difatti,
Tutta
questa vicenda è un susseguirsi di contraddizioni e di domande senza
risposte: l’unica certezza è quella spirale inusuale e terrifica,
sotto la quale sono morte decine di persone ed intere regioni sono state
squassate come nessuno ricorda a memoria d’uomo.
C’è anche un’altra vicenda da raccontare, e non si tratta di un
evento molto onorevole per le burocrazie europee. Sembra che tutta la querelle che ruota intorno al mutamento climatico abbia subito
un’improvvisa accelerazione: ecco cosa partoriva il Presidente della
Commissione Europea – Barroso – soltanto lo scorso 10 gennaio 2007:
“
L’Europa
pare svegliarsi dalla morfina delle burocrazie di Bruxelles e darsi un
colpo di reni: il 20% in meno! Vi pare poco?
L’Italia – tanto per citare il nostro paese, ma anche gli altri
partner non hanno fatto molto – s’era impegnata a ridurre in
un decennio le emissioni di CO2 del 6,5% ed invece le ha aumentate
dello stesso quantitativo. D’altro canto: non sentiamo soltanto
parlare di “riconversione” di centrali verso il più economico
carbone? Oppure si crede di risolvere il problema con il nucleare,
dimenticando che gli italiani si sono già espressi in tal senso e che
– se anche si decidesse di calpestare quel referendum – per avere
centrali nucleari in funzione ci vorrebbe un decennio? Troppo poco e
troppo tardi.
L’unica
soluzione che è proibito prospettare riguarda le rinnovabili: anche se
in Europa ruotano migliaia d’aerogeneratori e l’ENEA ha praticamente
concluso la fase sperimentale sul solare termodinamico – la grande
intuizione di Rubbia – bisogna tacere ed affermare che Kyrill è un
“ciclone extratropicale”. Ma che cosa è un “ciclone
extratropicale”, se non un ciclone od un uragano che si forma ad altre
(ed eccezionalmente alte) latitudini? Vogliamo, ancora una volta,
fare gli azzeccagarbugli sulla terminologia?
Per cinque anni il governo di centro-destra non ha fatto praticamente
nulla: l’errore di Matteoli è stato quello voler imporre dall’alto
(come per
Il nuovo governo ha imboccato una via migliore: i consistenti sgravi
fiscali concessi a chi installa collettori solari per l’acqua calda
sono un intervento che è sulla buona strada, ma se non s’interviene
sui “grandi numeri” della produzione termoelettrica rischia di
perdersi come una brezza nell’uragano.
La strana coincidenza fra le esternazioni di Barroso e l’uragano Kyrill insospettisce, e non poco: cos’altro sanno e non ci raccontano? Perché non ci espongono come stanno veramente le cose? Forse perché dovrebbero ammettere di non aver fatto nulla per decenni, d’aver ignorato gli avvertimenti di molti scienziati, d’aver – addirittura – commissionato ricerche “compiacenti” per sostenere che l’aumento delle temperature non era da mettere in relazione con le emissioni di gas serra? Perché tutta questa fretta europea ed il silenzio degli USA, della Russia…praticamente del resto del pianeta?
Lasciamo
stare – per ora – le beghe di casa nostra ed osserviamo il problema
sotto l’aspetto planetario, perché è oramai evidente che se non
ritroviamo una nuova empatia – ossia il profondo senso di solidarietà
interno alla stessa specie, e la consapevolezza che gli esseri viventi
sono legati fra di loro da legami a volte evidenti, a volte misteriosi
ma preziosi – con i traumatici mutamenti del clima in atto si
sopravvive o si va a fondo tutti assieme.
Il motivo della fretta europea – ossia chiudere le porte della stalla
quando i buoi sono già scappati – si spiega soltanto con l’evidenza
che sarà l’Europa in primis
a pagare gli effetti di un eventuale, drammatico mutamento climatico,
molto di più del resto del pianeta, e chi crede d’essere al riparo
dai rischi “scarica” sugli altri gli oneri che inevitabilmente
dovremo accollarci per preservare il pianeta. Ci sono evidentemente due
linee di pensiero: ad esempio, l’UE teme l’invasione degli OGM,
mentre gli USA tentano di farne un grimaldello per dominare
l’agricoltura mondiale.
La
ragione della strana “fretta” europea nasce tutta da quel fenomeno
– praticamente unico su Gaia – che chiamiamo “Corrente del
Golfo”, ossia quel fiume d’acqua calda che sale dal Golfo del
Messico fino alle coste scandinave. Sale:
potremmo quasi affermare che saliva.
La quantità d’energia convogliata dalla Corrente del Golfo verso le
coste europee è pari a miliardi di volte l’intera energia prodotta
dall’uomo con tutti i mezzi: qualcuno ha provato a quantificarla in
decine di miliardi di volte, ma sono calcoli abbastanza vaghi. L’unica
certezza è che l’Europa gode di temperature medie ben superiori
rispetto alle pari latitudini del Canada: sappiamo che il bacino del
Mediterraneo gode di condizioni particolarmente favorevoli – quasi un
microclima, se paragonato alle dimensioni del pianeta Terra – ma una
città atlantica come Bordeaux è sullo stesso parallelo di Halifax,
mentre Lisbona è su quello di Filadelfia.
Ora,
a Bordeaux ed a Lisbona la neve è un fatto abbastanza raro, mentre a
Filadelfia hanno spartineve grandi come locomotori ed ad Halifax –
d’inverno – il panorama è polare.
Salendo – in Europa – incontriamo le isole britanniche e qui la
differenza è ancor più abissale: Londra ed il tiepido Kent sono alla
stessa latitudine del Capo Charles e della baia di Hudson, che si
trovano a centinaia di chilometri a nord delle grandi città del Canada,
ossia già nel pieno regno dei lupi e degli orsi.
Infine, Glasgow, Edimburgo e Copenhagen sono alla stessa latitudine
della “Costa del Labrador”: luoghi gelidi e disabitati, dove per
centinaia di chilometri non s’incontra anima viva.
L’Europa
ha quindi goduto per secoli di un colossale vantaggio rispetto alle pari
latitudini americane (ed asiatiche): possiamo affermare che il grande
sviluppo europeo sia stato catalizzato dalle temperature più miti?
Può darsi, poiché la costa atlantica europea gode di un clima umido e
relativamente caldo rispetto a quella americana – e per secoli, non
dimentichiamo, l’agricoltura è stata l’architrave dell’economia
– ma non cadiamo in queste speculazioni e limitiamoci a riconoscere il
fenomeno.
Una cosa assai curiosa è che ci si potrebbe attendere un analogo
fenomeno nei mari asiatici: una corrente calda potrebbe risalire
dall’Oceano Indiano verso le coste cinesi e giapponesi, ed invece così
non è.
Ci
sono – ovviamente – anche in quei mari delle correnti calde ma nulla
di paragonabile al colossale “boiler” che attraversa l’Atlantico:
perché? Nessuno lo sa.
L’evidenza
dei fatti[2]nasce
da una semplice considerazione: le temperature medie non salgono ovunque
e non incrementano della stessa misura. Nell’emisfero australe, ad
esempio, non ci sono variazioni apprezzabili, mentre in quello boreale
l’aumento delle temperature varia da circa 1 grado nelle aree
meridionali fino a circa 5 nelle regioni polari. Perché? Nessuno lo sa.
Quanto ci vorrà per raggiungere quei valori? Dipende. Saranno proprio
quelle le temperature o saranno altre?
L’aumento delle temperature già oggi presente – nei luoghi
dell’orso bianco – provoca effetti disastrosi: si sciolgono quantità
enormi di ghiaccio che diventano acqua di mare. Sì, acqua di mare, ma
acqua praticamente dolce perché il ghiaccio non include il sale marino.
Queste
enormi masse d’acqua relativamente poco salata scendono verso sud ed
incontrano le acque calde – ma molto dense perché salate – della
Corrente del Golfo. Cosa succede? Anche se più calde (l’acqua calda
pesa di meno dell’acqua fredda) le acque della Corrente del Golfo sono
più pesanti perché più saline e, quando incontrano le fredde e dolci
acque polari, scivolano sotto di esse come noi infiliamo le gambe sotto
il lenzuolo quando andiamo a letto.
Dove va a finire l’acqua calda? Torna indietro in profondità verso il
Golfo del Messico. Risultato: Più a sud scendono le acque artiche,
prima s’arresta
L’errore
che potremmo compiere sarebbe cercare di trarre conclusioni certe da
questo quadro – accettato dalla gran maggioranza degli scienziati –
poiché non sappiamo se il calore che ristagna nell’Atlantico centrale
provocherà temperature più miti in Europa o gelerà le coste inglesi
per il mancato afflusso della Corrente.
Siamo di fronte ad un fenomeno estremamente complesso e del quale non
conosciamo nemmeno tutti gli attributi: come possiamo trarre delle
conclusioni sensate? Quello che è certo è che un sistema termodinamico
nel quale l’energia aumenta costantemente tenderà a deviare dai
sentieri abituali per generare effetti estremi: antitetici o simbiotici,
violenti o poco apparenti, ma che si discosteranno sempre di più dalla
norma.
L’uomo
ha sempre cercato di spiegare gli intimi meccanismi dei fenomeni
naturali – chi non ricorda i molti De
rerum natura scritti nell’età classica? – ma un conto è
cercare di spiegare dei fenomeni, un altro diventare dei saccenti
dispensatori di teorie quando non si hanno i mezzi per farlo.
Da molti anni, oramai, il mondo scientifico è attraversato da due
correnti di pensiero: coloro che sostengono l’origine antropica dei
mutamenti climatici e quelli che, invece, attribuiscono il mutamento a
cause naturali.
Notiamo
che il mutamento del clima non viene assolutamente negato: sarebbe
troppo. Il problema è stabilirne le cause e – siccome nessuno ha
sufficienti mezzi per provare la propria tesi – la scienza non ha una
voce univoca e certa sul mutamento climatico: afferma che ci sono ipotesi
molto fondate, ma non può spingersi oltre. I modelli matematici per
lo studio del clima sono estremamente complessi e pieni d’incognite:
eventi stocastici (ossia imprevedibili ed estremi) li attraversano, che
in matematica conducono ad intervalli dove una funzione è
indeterminata. Questa è la principale ragione che “pesa”
sull’incertezza scientifica.
Su questa apparente ambiguità – ricordiamo che la scienza può
spiegare moltissimi fenomeni, ma non tutto – i governi per decenni
hanno sguazzato alla grande: gli scienziati non riescono a provare senza
ombra di dubbio le ragioni dei mutamenti climatici? E noi dovremmo –
sulla base di teorie non provate – mettere a rischio la nostra
rielezione “caricando” sull’economia i costi ambientali?
Per
tacitare le molte critiche, potremmo firmare un bel protocollo
internazionale nel quale c’impegniamo a ridurre le emissioni dannose:
come lo chiamiamo? Sì, Kyoto, suona bene, ricorda i ciliegi in fiore
del Giappone: anche l’orecchio vuole la sua parte.
Applicarlo? Sì, si può, basta che sia “globale”. Questa
“globalizzazione” delle emissioni dannose ha provocato un fenomeno
perverso: le nazioni industrializzate acquistano con quattro soldi le
quote di emissione dei paesi poveri (alle quali hanno diritto, ma che
non hanno!) e così continuano ad emettere miliardi di tonnellate
d’inquinanti nell’atmosfera. Risultato: la quantità di anidride
carbonica presente nell’atmosfera aumenta regolarmente di 1,5 PPM[3]
l’anno ed è giunta a 367 PPM, quando per venti milioni di anni[4]
non aveva mai superato le 280 PPM!
Eppure,
nonostante l’evidenza di questi inverni oramai “inglesi” anche
nell’Europa Centrale, malgrado la crescente desertificazione del Sud
europeo, sorvolando allegramente sul fatto che un uragano per la prima
volta ha colpito l’Europa, si continua come se nulla fosse a fare
previsioni.
Basta sfogliare una rivista o leggere articoli sul WEB per ascoltare
saccenti previsioni: il livello dei mari si alzerà di
tot…l’anidride carbonica in eccesso sarà assorbita in tot anni dal
fitoplancton…la temperatura media dell’Europa Centrale salirà di
tot…
Addirittura,
pochi giorni or sono, l’INPS ha comunicato che – grazie allo
“scalone” di Maroni – i conti dell’Istituto sono “a posto”
fino al 2050. Ora, se ci fosse una persona su questo pianeta in grado di
prevedere cosa capiterà fra 43 anni, credo che dovremmo nominarlo
dittatore mondiale ed accettare qualsiasi sua decisione. Allo stesso
modo,
Tutte queste sciocche previsioni – sparse a getto continuo dagli
stregoni dell’economia e della scienza – servono soltanto per
imbonirci e farci credere che tutto è sotto controllo: non temete,
riempite il serbatoio dell’auto ed andate a fare shopping
all’ipermercato, a tutto il resto pensiamo noi. Vedo e prevedo.
Sembra
quasi che i Soloni della scienza e dell’economia si disputino il trono
che fu dei profeti: se Malachia – vescovo di Armagh nel IX secolo –
ci lasciò un azzeccato epitaffio per ogni papa fino a quelli del nostro
tempo, oppure se Nostradamus mescolò in un rompicapo enigmistico le sue
Centurie, noi – illuministi
e razionalisti – non vogliamo essere da meno. La scienza diventa
dunque un'altra volta dogma, poiché torna nuovamente a distribuire
affermazioni certe quando non ha i mezzi per provarle compiutamente.
La prossima primavera – se questo inesistente inverno rimarrà tale,
ma anche se dovesse fare più freddo non ci sarebbe il tempo per
ricostituire le riserve idriche – mancherà l’acqua: non bisogna
essere dei profeti per capirlo, visto che già nel 2003 non si
riuscirono a riempire come si doveva le risaie del vercellese. Lo scorso
anno, abbiamo perduto circa il 30% della produzione agricola padana per
mancanza d’acqua: qualcuno ha preso dei provvedimenti? No, ma le
previsioni e le esternazioni non mancano.
Noi
poveri dementi – che non siamo dotati del crisma della profezia –
temiamo che ci stiano raccontando un sacco di balle e lo affermiamo: più
del 50% degli italiani – quelli ignoranti, ovviamente, e senza
“terzo occhio” – considerano il problema energetico ed i
conseguenti risvolti sul clima come la principale priorità che le
classi politiche dovrebbero affrontare: lo dicono metà degli italiani,
non sarebbe l’ora di chiedersi se sono proprio un branco
d’imbecilli? Ah dimenticavo: fra coloro che non sono dotati del sacro
dono della preveggenza e che hanno lanciato un forte allarme per la
situazione c’è anche Rubbia, premio Nobel per
Adesso
“è passata la nuttata”: verrà un po’ di freddo, forse la neve, e
ci dimenticheremo in fretta del vortice di Kyrill, del primo uragano che
si è abbattuto sull’Europa
Al prossimo dibattito sul clima – quando cercheranno d’imbonirci
affermando che tutto è sotto controllo e che basterà un’Aspirina per
guarire la febbre del pianeta – rammentiamo quella terribile spirale,
mai vista alle nostre latitudini. Non basta? Chiediamoci allora perché
si piantano oliveti in Valle d’Aosta, perché la neve sulle piste è
oramai quasi soltanto artificiale, perché il Po d’estate diventa un
rigagnolo puzzolente, perché le fonti hanno ridotto del 50% la loro
portata, perché…
Vedo e prevedo guai, ma questa non è una profezia: è il trascurato e
vecchio buon senso a suggerirlo.
Carlo
Bertani bertani137@libero.it www.carlobertani.it