Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
Cristianesimo
reale a confronto con tasse e sistema bancario
(Da
“L’INTERVENTO” di Nereo Villa sul quotidiano piacentino LIBERTÀ
dell’8 agosto 2005)
L'economia riprende nella misura in cui il cittadino sovrano - rifiutandosi di pagare le tasse in modo legittimo, i.e.: in base al suo diritto-dovere cristiano, chiamato epikéia, principio interpretativo (diritto canonico) che non tiene conto di una legge, e che entra in vigore quando il suo adempimento risulti immorale - comincia a pretendere che il morale principio della tassazione, consistente nella giustizia distributiva della ricchezza (in linguaggio biblico “tzedakà”) sia applicato alla moneta in sé (ricchezza nazionale tutta), e non più solo al salario, cioè al reddito proveniente dal sudore della fronte del cittadino.
Ciò è immorale perché, in tal modo, il principio costituzionale della progressività (= meno tasse ai poveri), non è rispettato, ma trasformato in progressività al contrario: dove il povero paga di più. La vigente fiscalità (reddituale) genera povertà in quanto le aziende, per non essere costrette a chiudere, devono scaricare le tasse sul prezzo delle merci. Di conseguenza avviene che nel prezzo di un caffé le tasse sono già inconsciamente pagate. E così è per tutto, vale a dire per ogni altro servizio in cui, accanto al prezzo dei costi, vi sia per es., la dicitura “più iva”, o di ogni altra imposta del valore aggiunto. Tale “aggiunta” pesa soprattutto sul povero, che oltre alle sue tasse, deve sostenere anche quelle contenute in tutti i prezzi, maggiorati a causa di questo occulto anatocismo di Stato (anatocismo significa “tassa sulla tassa”). Ciò è iniquo perché rende povero il povero, e rende ricco solo chi lo governa.
Il povero infatti non può scaricare, e scarica solo il suo portafoglio. Da tale anti-logica proviene anche l’iniquo paradosso per cui: più cresce il progresso tecnico, e meno il cittadino può goderne. Oltretutto, se il lavoro lo fanno sempre di più le macchine, il cittadino perde paradossalmente il suo diritto al lavoro, e non lavorando, diventa sempre più povero. Invece, gli istituti multinazionali e le banche centrali, arricchiscono con i soldi prelevati al cittadino attraverso il signoraggio dei mezzi di produzione e di creatività, esteso fino alla creazione tipografica della cartamoneta. E fino a prova contraria, poiché il signoraggio costringe i governi a imporre tasse per pagare interessi sul “debito pubblico”, creato con emissione fraudolenta di denaro “prestato” allo Stato, e che lo Stato dovrebbe stampare o emettere da sé, pagare le tasse è immorale perché costringe il cittadino a pagare in realtà il “pizzo” ai “signori” creatori di moneta, vale a dire ad avallare un sistema delinquenziale tanto organizzato quanto massmediaticamente occultato. Il signoraggio è infatti un anacronistico pedaggio sull’uso dei soldi, iniquo in quanto dal 1971 (fine degli accordi di Bretton Woods) le “signorie” che li emettono non offrono più la garanzia “pagabile a vista al portatore”, essendo state abolite la convertibilità e le riserve auree.
La cartamoneta attualmente emessa infatti prende valore non quando è ancora nelle mani del tipografo (o di chi la emette) ma solo quando è nelle mani di chi la riceve, e che la accetta come “prestito” presumendo, “ingenuamente”, che abbia già valore. Dunque delle due, l’una: se il soggetto di tale ingenuità è lo Stato - e lo Stato non sa - si tratta di uno Stato incosciente e quindi irresponsabile; se invece lo Stato sa, si tratta di iniquità cosciente, e quindi di delinquenza organizzata al massimo livello di “scientificità” giuridica. Prestiti o pedaggi infatti hanno senso solo in riferimento a proprietà. Ecco perché, di fronte a tale immoralità e iniquità, il cittadino sovrano deve valersi del diritto di epikeia, fino a quando il principio della tassazione non sia correttamente applicato. Allora l’economia riprende. In sintesi: l’economia riprende paradossalmente quando non si paga più la paradossale “iva” sul sacrificio (l’“iva” è solo l’esempio di una tassa, ma il discorso è riferito a tutte le altre) ma solo sulla moneta all’atto dell’emissione. Ciò è possibile secondo le “antiche” indicazioni dell’agente tributario Matteo, che si rifà, nel suo vangelo, al profeta Osea (Osea, cap. 6, vers. 6) sul concetto di sacrificio, e che sono le “moderne” indicazioni di Steiner, Gesell, Pound, Douglas, e di altri studiosi di economia, a cui mi associo, sul denaro datato.
Attuandole, i prezzi - grazie alla competitività, che è l’essenza
dello scambio delle convenienze, propria al mercato ed all’economia -
non possono che diminuire
progressivamente. Infatti non è il commerciante il colpevole
dell'aumento dei prezzi, ma l'anti-logica applicata all'economia. La
giusta logica (logos) dipende però solo dal coraggio della
consapevolezza del cittadino, non dalle leggi, perché di leggi ce ne
sono anche troppe. Questo è il mio parere. Abbasso il signorsì.
Abbasso il signoraggio bancario. Non chiamate nessuno Signore. Uno solo
è il vostro Signore. Questo è solo un aspetto della reale rivoluzione
cristiana, la cui conoscenza si sta espandendo a macchia d’olio. Per
verificarlo, basta digitare, in qualsiasi motore di ricerca internet, la
parola “signoraggio”. I nipoti dei nostri nipoti troveranno forse
loro il coraggio necessario per attuare il cristianesimo reale, che a
tutt’oggi di fatto non esiste. Perché il “fate questo in
memoria”, oggi riguarda l’ostia, e non la distribuzione reale della
ricchezza, che tali parole dovrebbero simboleggiare in senso messianico
reale.