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Suicidio
di Stato: al Signor Presidente della Repubblica
Di Fabio
Piselli - fabiopiselli.blogspot.com
Sono Fabio Piselli, recentemente sopravvissuto
ad una aggressione da parte di ignoti, i quali dopo avermi
stordito mi hanno lasciato nella mia auto che hanno dato alle fiamme con
me dentro.
Questi fatti sono
stati ricondotti alle indagini condotte dalla magistratura livornese
relative la tragedia del traghetto Moby Prince nella quale
persero la vita almeno 140 persone. Ho per questo assunto sia l'ufficio
di testimone, persona informata sui fatti, sia quello di parte offesa,
fornendo le notizie in mio possesso alla Procura della Repubblica
procedente, svolgendo confronti con operatori delle forze speciali e del
Sismi, con operatori della Base americana di Camp Darby e
sostanzialmente accettando ogni richiesta da parte degli inquirenti ai
quali non ho mai fatto mancare la mia più ampia collaborazione,
affrontandone tutti i rischi e cosciente delle responsabilità che mi
sono assunto in tal senso e del fatto che quanto da me raccontato
necessiti una verifica importante e non facile da condurre, a causa dei
numerosi filtri istituzionali che ostacolano le indagini.
Mi riferisco a quei personaggi che fanno del proprio ruolo
istituzionale un alibi ed uno strumento per tutelare i propri interessi
privati, di grembiule o referenti alla struttura alla quale
appartengono, presumibilmente non istituzionale ma sostanzialmente
istituzionalizzata atteso la capacità di controllo e di inquinamento
delle informazioni e delle indagini giudiziarie.
Nel corso degli anni, dopo aver servito lo Stato come sottufficiale
volontario paracadutista dell'Esercito, ho prestato la mia
collaborazione a quelle strutture ausiliare per i servizi di Polizia
Giudiziaria, chiamato da un ex Generale del Sismi e da altri operatori
tutti provenienti dalle FF.AA. dalle FF.PP. e dai servizi d'intelligence
che le coordinavano, affiancando
Mi sono trovato perciò a vario titolo coinvolto nei casi
più inquietanti della storia italiana, la più grande tragedia della
marineria e la serie di delitti compiuti da un presunto gruppo di amici
di merende su mandato dei c.d. livelli superiori, i quali hanno causato
altri delitti, fra questi quello di Francesco Narducci. In quest'ultimo
caso ho potuto assistere ad alcuni eventi che ho giudicato degni della
attenzione dei Magistrati, ai quali ho trasmesso il contenuto di alcune
intercettazioni che interessavano degli operatori dello Stato, i quali
da come si evince dalle intercettazioni stesse non hanno presumibilmente
compiuto degli atti fedeli al mandato ricevuto, al contrario, hanno
presumibilmente inquinato.
Mi sono chiesto perchè sono stato chiamato a svolgere un servizio
d'intercettazioni per un caso così delicato ed importante come quello
del mostro di Firenze, le cui indagini durano ormai da 40 anni. Mi sono
chiesto perchè proprio il sottoscritto, atteso che il mio curriculum se
da un lato mi descrive come un sicuro ed affidabile collaboratore dello
Stato, dall'altro è apparentemente carente di alcuni requisiti per
partecipare a simili indagini proprio a causa del mio percorso
esperenziale e professionale di questi 23 anni. Questo motivo e
l'esperienza acquisita mi hanno spinto a tenere alto il livello di
attenzione e come si suol dire "a prendere appunti" il cui
contenuto l'ho debitamente trasmesso alla Procura procedente, aggravato
dalla presenza costante di soggetti provenienti, o in servizio, presso i
servizi segreti militari e civili che hanno gravitato intorno a questa
indagine.
Vivo oggi un serio e grave problema nato da quanto posto in
essere dai filtri istituzionali ai quali ho sopra accennato e che meglio
spiego di seguito, con il fine non solo di riuscire a tutelare la mia
famiglia, ma anche con il desiderio che un Suo autorevole intervento
possa fornire quello stimolo necessario per superare ed abbattere detti
ostacoli, da qualcuno definiti muro di gomma da me considerati solo un
muro di sterco con l'alibi delle medaglie ma con un enorme potere
d'ingerenza, di controllo, di ricatto e d'inquinamento delle varie
indagini condotte dalle Procure procedenti verso la ricerca dei
responsabili dei delitti sopra descritti ma anche della storica serie di
stragi impunite per le quali i colpevoli sono ancora una immagine
sfuocata che il tempo tende a rimuovere anche dalla memoria collettiva.
Cambiano le dinamiche degli eventi giuridici ma i
meccanismi di depistaggio e d'inquinamento sono sempre gli stessi,
adottati dai rappresentanti di quella zona grigia nella quale gravitano
soggetti che operano al di dentro delle Istituzioni ma che riferiscono
il proprio operato verso altri interessi che quelli puri delle
istituzioni stesse. Meccanismi nei quali soggetti vulnerabili o non
schierati restano stritolati. Il mio nome è rimasto riservato per molto
tempo, nel quale sono stato sentito dalle Procure come persona informata
sui fatti, poi dopo l'aggressione di Novembre 2007, un poliziotto ha ben
pensato di fornire la mia identità ad un suo amico giornalista. Da quel
momento il mio nome è stato reso pubblico come quello di un testimone
dei fatti del Moby Prince e successivamente anche per i fatti del c.d.
mostro di Firenze. Ho ricevuto nel corso degli anni, prima della mia
ribalta alle cronache, numerose forme di intimidazione e di pressione,
effettuate tramite gli strumenti istituzionali, dalle false notizie di
Polizia alla scomparsa o distruzione di fascicoli e di atti giudiziari,
fino alla depersonalizzazione al fine di discredito, tutte tecniche
conosciute e sostanzialmente viste in altri e numerosi eventi della
nostra storia, fatti che ho subito e pagato a caro prezzo. Nonostante
questo ho sempre e solo reagito con l'arma della Giustizia, rivolgendomi
alla competente Autorità Giudiziaria firmando le denunce contro quegli
operatori dello Stato che ho saputo identificare, da solo. Uno di questi
è stato anche condannato ma poi la prescrizione lo ha graziato, nata
non solo dalla lentezza dei tempi di Giustizia ma dall'aiuto offerto dai
singolari errori di trascrizione di un indirizzo o di un nome che hanno
causato l'annullamento di una notifica, dalla perdita di
fonoregistrazioni importanti e da altri singolari episodi simili, fino
all' umiliante rinvio di una udienza solo perchè una parte doveva
assistere ad una regata velica e non ha saputo trovare un sostituto,
giustificando così il rinvio che ha contribuito al raggiungimento della
prescrizione.
Quanto sopra solo per farLe un esempio, ma ho 23 anni di
storia professionale, militare e militante, dalla quale potrei fornirLe
esempi a non finire di qualunquismo, carenza di professionalità,
pregiudizio, ignoranza professionale, arroganza dell'ignoranza e
soprattutto aderenza a quelle pratiche amicali di favori reciprochi
compiuti da degli operatori delle Istituzioni. Chi Le parla ha la
coscienza del significato delle istituzioni, ha il senso dello Stato mai
perso neppure quando lo Stato mi ha tradito, proprio perchè sono stati
solo quegli uomini che in esso si nascondono ad averlo fatto e non
Vivo l'isolamento, nel quale ho trascinano anche la mia
famiglia, sono sottoposto a costanti pressioni, intimidazioni, minacce,
forme di discredito feroci, che mi costringono a farmi forza per restare
fedele alla scelta di reagire con i soli mezzi di Giustizia
rappresentati dalla mera denuncia, la quale trova gli ostacoli sopra
accennati, aggravati dal fatto che proprio gli strumenti di lavoro di
questi soggetti gli consentono di conoscere in tempo reale le mie
decisioni e d'inquinare quanto consegno alla AG, non solo il contenuto
di una denuncia ma anche quegli elementi probanti i fatti esposti in
querela. Rinunciando a reagire in modo non ortodosso, certamente
definitivo, ma contrario ai miei principi, non è con la violenza che
posso risolvere il problema, innescherei solo una serie interminabile di
reazioni ottenendo ben poco.
Alcune forme di ritorsioni hanno coinvolto i miei familiari
ed oggi mirano a condizionare anche mia moglie, già provata da questi
mesi di dura resistenza a tutto questo, dal quale essa è sempre stata
estranea e che l'ha colpita in modo grave, atteso vedere il proprio
marito in fiamme.
Mi consigliano di suicidarmi, di uccidermi, altrimenti morirà mia
moglie. Mi consigliano di porre fine alla mia vita come altri hanno
fatto prima di me, non ultimo Adamo Bove, e prima di lui gli altri che
hanno scelto la via del suicidio per salvare i propri cari. Oggi sono io
che mi trovo di fronte a questo dilemma. Mi creda, non è la paura di
morire, non è la paura di lasciare la mia famiglia e mia moglie, che mi
costringe ancora a restare fisso di fronte al salto. E' il senso di
vuoto che anche la mia morte lascerebbe, è lo strappo dagli affetti,
dall'Amore per mia moglie, dalla ragione per la quale ho scelto di porre
a rischio la mia vita accettando "missioni" in tutto il mondo
e nei paesi bellici e post bellici, che è stata per portare il pane a
casa onestamente, seppur cosciente di non fare l'educanda, per crescere
una famiglia, dei figli, nel ricordo di un figlio già morto tanti anni
or sono. Ma ancora oggi la mia morte appare essere il prezzo per la vita
di chi Amo. Ancora oggi sono rimbalzato in quel muro di sterco di cui
sopra, incrementato dalla ignoranza di qualche tutore dell'ordine al
quale ho chiesto con le lacrime agli occhi, rinunciando al mio orgoglio,
di essere ascoltato e di identificare il soggetto che mi aveva appena
ancora una volta consigliato il suicidio, ricevendo le solite ignoranti,
classiche, purtroppo frequenti frasi di circostanza di chi non è in
grado di capire altro che qualche bestemmia e le mere denunce di
smarrimento chiavi, il quale ogni tre parole sapeva solo roboticamente
esprimere i termini "segnatamente", "a chi di
competenza", "nella fattispecie", "unitamente
a", che sembravano essere ostacoli insormontabili alla comprensione
della mia implorata richiesta di aiuto.
Mi
creda Signor Presidente, non sono una persona psicologicamente fragile,
bisognosa di attenzioni o vittima di se stessa, sono capace di pormi in
discussione, di accettare le mie responsabilità, di cercare di non
proiettare in altri il mio vissuto, ho la formazione e l'esperienza per
conoscere le mie dinamiche psicologiche, che ritengo essere ancora oggi
stabili ed equilibrate alla corretta struttura di pensiero che ha sempre
caratterizzato le mie scelte, anche le più rischiose, per quanto
sottoposte a forte stress. Ma il dilemma che ho di fronte non ha
soluzioni psicologiche, non richiede l'elaborazione dei suoi contenuti,
non prevede una eventuale mediazione, perchè la minaccia è questo, è
una tortura psicologica che ti devasta i pensieri fino a renderti
insensibile anche alla morte stessa e saltar giù. Mi creda, le penso
tutte pur di soddisfare le richieste di non continuare a fornire notizie
oppure stornare i documenti delle intercettazioni del mostro di Firenze
che detengo, ma sembra inutile, perchè un conto è essere minacciati da
qualche mafioso, per difendermi dal quale posso rivolgermi allo Stato,
altro conto è essere minacciato da chi nello Stato si nasconde,
togliendomi tutti i riferimenti e facendomi terra bruciata intorno. A
chi mi rivolgo?
Non ho chiesto io di trovarmi ad essere una sorta di
testimone storico della tragedia del Moby Prince e dei delitti del
mostro di Firenze, ho solo compiuto il mio dovere ed il mio lavoro,
esimendomi di fare come tanti altri, di fregarmene e saltare sul
carrozzone delle medaglie di cartone, perchè ognuno di noi prende un
traghetto e tutti noi abbiamo amoreggiato in una macchina nascosti in un
bosco; soprattutto perchè il mio senso dello Stato me lo ha impedito
pur non essendo più un uomo dello Stato, ma sono un cittadino che forma
lo Stato e non posso per questo solo delegare gli altri per la sua
tutela, facendo finta di nulla, quando posso contribuire al rispetto
delle regole.
Le chiedo dall'alto del Suo colle di osservare quanto
accade intorno a Lei, di rivolgere ogni ascolto ai meno urlanti e
soprattutto di porre fine a questo sfacelo di valori istituzionali
causati non solo dall'inquinamento delle istituzioni stesse, ma anche
dalla assoluta assenza di valori che uno Stato come il nostro merita di
vedere rispettati, altrimenti crescerà solo mediocri cittadini singoli
che formano solo una massa, e non un insieme di cittadini uniti che
formano uno Stato, ove i suoi soldati si suicideranno per onore, perchè
il suicidio, anche indotto, è una forma di rispetto fra soldati, non è
un metodo subdolo mafioso di uccisione come appare, è un codice.
Coloro che mi consigliano il suicidio, come hanno fatto con altri, sono
soldati e non sgherri. Mi offrono paradossalmente l'onore di quel codice
invisibile che abbiamo adottato nel corso del nostro lavoro, altrimenti
potrebbero farmi fuori in ogni modo ed io non potrei farci assolutamente
nulla nonostante le competenze e l'esperienza che ho in materia di
sicurezza.
Questo è il dilemma che vivo. L'onore del suicidio come ultimo
riconoscimento di un soldato diventato uomo, che ha donato la propria
vita al rispetto di un valore, dello Stato prima e dell'Amore di mia
moglie oggi. Con osservanza Fabio Piselli
Fonte:http://fabiopiselli.blogspot.com