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Ansia, stress e cancro
Di Giuseppe Cosco

L'ansia è definita dallo Zingarelli: "Stato emotivo spiacevole, accompagnato da senso di oppressione, eccitazione e timore di un male futuro, la cui caratteristica principale è la scomparsa o la notevole diminuzione del controllo volontario e razionale della personalità". Essa è legata allo stress. Alcuni studiosi hanno identificato lo stato ansioso nella tensione dolorosa tra la parte emotiva e quella cognitiva dell’individuo. L’ansia scatena un vero e proprio disordine psico-ormonale, che produce uno stato insostenibile di grande difficoltà adattativa, oggi sempre più presente, nell'ambiente artificiale della società industrializzata. Alti livelli d’ansia sono caratterizzati, essenzialmente, da una grande irrequietezza e da penosi sintomi.
Il manuale di classificazione dei disturbi psichici D.S.M. III (DSM. Criteri diagnostici, Masson, Milano 1983) li elenca: dispnea; palpitazioni cardiache; dolori al torace; sensazione di affogare o di essere soffocato; sbandamenti, vertigini, o sensazione di non stare bene in piedi; sentimenti di irrealtà; parestesie (formicolii alle mani e ai piedi); improvvise sensazioni di caldo e di freddo; sudorazione; sensazione di svenimento; tremori fini o a grandi scosse; paura di morire, di impazzire, o di fare qualcosa di incontrollato durante l’attacco.
Lo stress è la condizione nella quale un organismo si trova quando deve adattarsi a un cambiamento o a una situazione che gli viene imposta. Esso dà luogo ad una ampia serie di sintomi. Lo stress è la risposta organismica a tutta una complessità di stimoli considerati pericolosi. Lo stress logorante porta ad una vera patologia di ansia continua, non strutturata, libera, che investe sia la mente che il corpo. Vi sono due tipi di stress. Selye uno lo giudicava positivo e vitale per la vita, che serve a “rendere la persona in grado di aumentare la capacità di comprensione e concentrazione, di decidere con grande rapidità di mettere i muscoli in condizione di muoversi subitaneamente (per attaccare, difendersi, fuggire), di avere a disposizione l’energia adatta ad agire, e così via” (Ibid.). Lo stress continuo, cronico, è invece negativo e devastante.
Selye così definisce lo stress: “sindrome (cioè l'insieme dei sintomi) generale di adattamento; sindrome dell'essere malato; il sale della vita; fattore di logorìo organico; una reazione organica di adattamento (H. Selye, Stress senza paura, Rizzoli, Milano 1976). Lo stress può essere determinato sia da eventi spiacevoli, sia da eventi piacevoli (vi è infatti stress nell'apprendere una bella notizia, nel rapporto sessuale, nel vincere al lotto o al totocalcio, ecc.). Nel nostro organismo, quando si è sottoposti a uno stress intollerabile, cronico, avviene un vero e proprio sconvolgimento biochimico e muscolare. Per averne un’idea, ecco quanto scrive Vera F. Birkenbihl, che riporta quanto detto dal medico endocrinologo e biochimico F. Vester, su cosa avviene in un organismo dinanzi alla percezione di uno stress: “...attraverso determinati percorsi cerebrali, si attiva il sistema neurovegetativo, soprattutto il simpatico e l’ipofisi. Il simpatico manda i suoi impulsi alla midolla delle surrenali, che poi secernono la catecolamina adrenalina e noradrenalina nel circolo sanguigno. L’ipofisi stessa produce l’ormone ACTH (adrenocorticotropo) che subito dopo attraverso il sangue arriva a sua volta alle surrenali dove, non più nella midolla ma nella corteccia, induce la secrezione di ormoni corticoidi, ad es. di idrocortisone” (Vera F. Birkenbihl, Stress & felicità, De Agostini - FrancoAngeli, Novara 1993). Questi ormoni diffondendosi per tutto l’organismo provocano reazioni di questo tipo: Il ritmo cardiaco accelera e la gettata cardiaca aumenta per fornire sangue alle zone necessarie per la risposta alla situazione stressante. Il sangue viene deviato dalla pelle e dagli organi interni, tranne il cuore e i polmoni, mentre al contempo viene aumentata la quantità di sangue necessaria per portare ossigeno e glucosio ai muscoli e al cervello. La frequenza del respiro aumenta per fornire l’ossigeno necessario al cuore, al cervello e ai muscoli in attività. La sudorazione aumenta per eliminare le sostanze tossiche prodotte dall’organismo e per abbassare la temperatura corporea. Le secrezioni digestive vengono drasticamente ridotte, poiché l’attività digerente non è essenziale per contrastare lo stress. La concentrazione dello zucchero nel sangue aumenta considerevolmente, a mano a mano che il fegato libera la sua riserva di glucosio nel flusso sanguigno (M. Murray & J. Pizzorno, Enciclopedia della medicina naturale, Sperling Paperback, Milano 1996).
Non tutto lo stress, come diceva Selye, è, tuttavia, negativo e lo stesso Schultz spiegò che "la vita richiede polarità: ... alto grado di tensione per la realtà e la combattività da una parte, profonda distensione, sgorgante dall'interno, dall'altra" (J. H. Schultz, Il training autogeno, vol. I, Feltrinelli, Milano 1976). Stress e ansia sono peculiarità della nostra società caotica. Eppure sono pochi ad immaginare la pericolosità effettiva di questi fenomeni, quando esagerati, dolorosi e cronici. L'ansia e lo stress, scriveva Luigi Oreste Speciani, derivanti come "fattori intangibili, dalla tensione comunitaria alla solitudine frustrante, dallo stress del sovraffollamento alle istanze sociali, alla delusione giornaliera della politica; ... provocano un... coinvolgimento psicosomatico intollerabile, che poi, se protratto a sufficienza, può -somatizzare- come neoplasìa" 
E' risaputo, scrive Lawrence Steinmam, che "uno stress... può aggravare una malattia autoimmune influendo sull'ipotalamo e sull'ipofisi, i quali a loro volta secernono ormoni che promuovono l’infiammazione. (...) Queste scoperte possono offrire una spiegazione alla ben nota osservazione clinica che l'ansia può aggravare una malattia autoimmune" (L. Steinmam, Le malattie autoimmuni, in “Le Scienze”, n. 303, novembre 1993). La mente dell’uomo e il suo corpo non sono da intendersi separati, ma interferenti tra loro. Dopo le geniali intuizioni di Groddeck nel rapporto psiche-soma, la teoria dello stress distruttivo è stata illustrata, anche se in parte, da Hans Selye con i suoi studi concernenti la G.A.S. (General Adaptation Syndrome). 
Seyle divideva, abbiamo visto, uno stress distruttivo da uno essenziale, che chiamava "spinta a reagire" e scrisse, a tal proposito, che "Lo stress è il sale della vita, una carica fornita non solo alla sfera fisica ma anche alla sfera psichica purché l'uomo impari a rilassarsi e ad entrare in rapporto più intimo, sereno con sé stesso e con gli altri" (H. Selye, Stress senza paura, cit.). Sherrington nel suo lavoro "L'attività integrata del sistema immunitario" è lo studioso che più si è avvicinato a questa simbiosi trovando nell'emozione il confine-incontro tra la psicologia e la fisiologia. Secondo molti studiosi vi è una significativa relazione fra lo stress distruttivo (che consiste in quell'aggressività notevole che non viene espressa né scaricata all'esterno) e il cancro. 
Lennart Levi, nel 1972, alla fine di una complessa ricerca pubblicò i risultati ai quali era giunto. Lo studioso concludeva che nell'uomo le tensioni psicologiche sono da considerarsi le aggressioni più comuni, che si scaricano nella sfera delle emozioni e finiscono con l'alterare il sistema neurovegetativo. M. Wirsching (1981) ha riferito di aver elaborato e sperimentato con successo un test psicodiagnostico capace di svelare con grande anticipo il cancro. Oreste Speciani che fu, tra l'altro, direttore scientifico della rivista "Riza Psicosomatica", ebbe ad affermare che: "muore di cancro chi vuole morire, chi è sopraffatto dall'ansia, dal dolore, dallo stress..." (L. O. Speciani, Di cancro si vive, Masson, Milano 1982). Il medico, nel suo libro, delinea anche il quadro del carattere dei soggetti più a rischio di ammalarsi di neoplasìa: tensione, perfezionismo, disturbi emotivi, tendenza a tenersi tutto dentro, incapacità di far esplodere le proprie collere, ecc. 
Egli aggiunge che questo quadro del carattere "più lo stress ambientale della vita moderna, producono una situazione di squilibrio emotivo, che è prodromo non solo del cancro, ma di tutta la serie di malattie degenerative croniche, dall'ulcera gastrica all'ipertensione, alla malattia coronarica" (Ibid.). 
Speciani consigliava, per diminuire il rischio di ammalarsi seriamente, di utilizzare "tutto quel che serve ad abbassare la tensione distruttiva: dal training autogeno all'ipnosi, all'antiginnastica...". La mente può infatti uccidere le cellule neoplastiche. A tal riguardo Mears comunicava nel 1982, i risultati da lui avuti dopo aver sottoposto alcuni suoi pazienti affetti da cancro ad una serie di sedute di rilassamento, durante le quali suggeriva loro di visualizzare le cellule malate che venivano aggredite e distrutte. Mears ottenne interessanti regressioni nella crescita dei tumori. 
I coniugi Simonton hanno elaborato un metodo terapeutico "Educarsi a vincere il cancro e lo stress", descritto dettagliatamente nel loro libro "Star bene nuovamente". Essi insegnano la tecnica della visualizzazione delle immagini attraverso un caso di malattia cancerosa, raccontato dal protagonista: "Mi sono visualizzato su di un treno procedente verso la morte; ho fatto fermare il treno, sono sceso, salito sul treno del binario opposto, che è partito in direzione opposta, verso la salute..." (C. Simonton, Mattews-Simonton S., Creighton, Stare bene nuovamente, Riza). 
Diversi studi a tutt'oggi effettuati ipotizzano che il tumore è più raro tra i popoli primitivi, che sono meno sottoposti a stress ambientali, rispetto alle popolazioni più progredite e che un ruolo determinante, nell'ammalarsi o meno, lo svolge il sistema immunitario che, nell'uomo civilizzato e sottoposto agli stimoli stressanti del "disagio della civiltà", direbbe Freud, riduce la sua efficacia di azione. In quanto al complesso rapporto mente-corpo si può affermare che, ad onor del vero, già nel 1918 il medico Georg Groddeck applicava nella cura dei suoi malati (affetti da cancro o da altre malattie), alla clinica di BadenBaden, una terapia psicologico-psicoanalitica (Ferenczi - Groddeck - Corrispondenza (1921 - 1933), Astrolabio, Roma 1985).
Nel corpo e la mente formano un'unità psico-biologica inscindibile ed è per questo che il concepire solo il soma non spiega il mistero dell'essere umano, che rimane, per l'attuale scienza medica, un enigma in quanto, nella sua complessa doppia valenza, è in realtà una mirabile sintesi di anima e materia. Groddeck intuì l'unità psicosomatica dell'individuo e che il "turbamento dell'Id" era all'origine delle malattie. 
Egli scrisse a Freud, in una lettera datata 27 maggio 1917, la sua convinzione che: "...la distinzione tra anima e corpo fosse solo verbale e non sostanziale, che corpo e anima costituissero un tutto unico, e che in questa totalità stesse nascosto un Es... In altri termini, - afferma più avanti il medico - io ho rifiutato fin dall'inizio la distinzione fra disturbi fisici e disturbi psichici, tentando di curare il singolo individuo in sé, e l'Es in lui, cercando una via che porta nell'inesplorato, nell'inesplorabile. "...L'Es ...plasma il naso e la mano dell'uomo così come ne plasma i pensieri e i sentimenti, e si esprime sotto forma di polmonite o di cancro non meno di quanto possa esprimersi in forma di nevrosi ossessiva o di isteria" (Carteggio Freud-Groddeck, Adelphi, Milano 1973).
La correlazione "psiche-soma" è incontestabile. Oggi una enorme letteratura clinica documenta la relazione tra malattie organiche causate da disfunzioni del sistema immunitario e alterazioni emotive. Leriche scoprì e dimostrò che "ogni disordine puramente funzionale, alla lunga crea la lesione". Gli impulsi emotivi fanno capo al talamo, che coordina la vita vegetativa. Una eccitazione continua dell'ipotalamo (formazione del paleoencefalo), produce, attraverso il sistema nervoso simpatico, alterazioni nella secrezione e mobilità delle pareti dello stomaco, che, nel tempo, causano ulcerazioni (Cushing). Questo spiega perché l'ansioso è anche facilmente soggetto all'ulcera gastroduodenale.
Sono ormai tante le “ricerche specifiche sugli effetti delle condizioni emotive su questa patologia. Uno studio ha dimostrato che “…il rischio di carcinomi mammari spontanei in animali cresciuti in laboratorio è in stretto rapporto con le caratteristiche dell’ambiente nel quale questi sono stati allevati. In un ambiente ‘protetto’, l’incidenza del carcinoma è del 7%, mentre in un ambiente caratterizzato da stimolazione stressante intensa e protratta questa percentuale sale al 92%. (...).“ (Cabib e Puglisi Allegra, Lo stress, Laterza, Bari 1995).
Da molti ricercatori “è stata osservata una certa predisposizione alle infezioni da batteri o da virus in soggetti che dovevano affrontare situazioni emotivamente cariche” (Ibid.). Le emozioni, si è visto, nell'insorgenza tumorale, indubbiamente, giocano un ruolo molto importante. Il medico Raffaele Morelli, al proposito, scrive che “Molti autori come LeShan, Speciani, Graham, hanno messo in luce la presenza, prima della comparsa della malattia, di accadimenti depressivi di grave portata... Si tratta di separazioni affettive, cambi di lavoro frustranti, stile esistenziale amorfo, apatico, senza interessi vitali… (…). Nella ‘dimensione cancro’, il corpo sembra essere vissuto come elemento secondario, di scarsa importanza. ...nelle neoplasie gli istinti verrebbero o completamente negati o da un certo momento esistenziale rimossi. ...dopo un tempo più o meno lungo (da 2 a 5 a 10 anni secondo i vari autori) compare la neoplasia. La ‘linea embrionale’ sarebbe in chiave simbolica un tentativo disperato di rigenerare (con miliardi di cellule embrionali) un individuo che sta vivendo uno stato di morte profondo sul piano inconscio” (Riza Psicosomatica”, ottobre 1983).
Cosa accade nell’interno della persona che vive una situazione di stress distruttivo che si protrae nel tempo? Quali devastanti sismi annientano il nucleo profondo dell’individuo? Quali fili invisibili vengono attivati e annodati all’<<essere>> fino a stringerlo in una soffocante disperazione che ne strazia la vita e lo travolge, facendo irrompere in lui il caos impazzito di un universo di cellule?
Il dottor Morelli spiega, ancora, che “nella ‘dimensione cancro’ si assisterebbe a un processo che mette in moto il Sé, quasi che questo rivivesse i suoi albori zigotici. Il Sé, chiuso in uno spazio di vita troppo rigido, esperisce uno stato di morte e sembra correre ad una riparazione embrionale. Nello spazio vissuto del canceroso, ma non solo nel vissuto, esistono due individui: quello nato al momento del concepimento e cresciuto secondo le regole biologiche del Sé, e un secondo individuo, il cancro appunto, che rappresenta un ‘figlio concepito senza fecondazione’. Un nuovo individuo non individuato sembra essere il simbolo agito, la somatizzazione concreta del canceroso” (Ibid.). 
Il medico asserisce che: ”Il Sé sembra non avere altra via d’uscita che ripartorirsi, che costituire un nuovo figlio, costruito sulla rinascita del mondo istintuale negato. ...Il cancro appare, in questa chiave, come un tentativo filogenetico di ‘scalzare’ l’io, di ricreare un nuovo corpo, una nuova forma, data l’insopprimibilità dei nostri processi energetici” (Ibid.). 
Ma che cosa è il cancro?
Ancora, certamente, un mistero. Luigi Oreste Speciani scriveva: "In un tempo di definizioni precise come il presente, il cancro è l'unica malattia ad essere del tutto 'innominata'... Carcinoma e cancro, infatti, non sono altro che l'antichissimo nome egizio di granchio tradotto in greco (karkinos) e in latino (cancer), derivato dal suo aspetto, spesso, simile al crostaceo, cioè di una massa centrale con gettate radiali periferiche, come le chele del granchio... Tumore è puro latino (tumor), ma significa solamente gonfiore... ‘sarcoma’ (dal greco sarkoma) vuol dire solo 'massa carnosa'; neoplasia descrive unicamente, alla greca, 'la nuova formazione' (di tessuto); eteroplasia che vorrebbe forse esprimere un minimo giudizio patogenetico (formazione estranea) è addirittura un falso scientifico, riconosciuto tale dalla scoperta del microscopio in poi. Né i termini composti (oncologia, oncologo) hanno maggior significato: dal greco onkos (volume, mucchio, corpo voluminoso) essi definiscono puramente la scienza e lo scienziato del 'mucchio', cioè ancora del tumore! “Nel linguaggio comune ci si riferisce ad esso, con un inchino psicologico simile a quello del rabbino quando incontra nella Torah il nome di Jehova, come a 'qualcosa di brutto' o a un 'brutto male'. Nelle necrologie il suo sinonimo corrente è costantemente 'un male incurabile'. Dunque ha bisogno di un nome". (L. O. Speciani, Di cancro si vive, Masson, Milano 1982,) 
Marziale, 1900 anni fa, ammoniva: "non intellecti nulla est curatio morbi" (non vi è cura per un male sconosciuto). Ecco perché il cancro per la medicina allopatica rimane ancora un mistero .

 
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