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Storia e storielle
di Carlo Bertani – 27 aprile 2007

“Che farai Pier da Morrone? Sei venuto al paragone…”
Jacopone da Todi, Laude.

Ci sono momenti nei quali la storia accelera improvvisamente: qualcuno li definisce “svolte strategiche”, altri più semplicemente “passaggi storici”, altri ancora “eventi epocali”, ma la sostanza non cambia.
Ciò che è avvenuto oggi – 26 aprile 2006 – entra a pieno titolo nella storia: non a caso tutte le agenzie internazionali l’hanno riportato in prima pagina e – non altrettanto a caso – tutte le cancellerie si sono mobilitate. Seguiamo gli eventi:

MOSCA - Il Presidente russo Vladimir Putin ha annunciato nel suo discorso annuale alla nazione una moratoria del trattato sulle armi convenzionali in Europa. La moratoria, secondo Putin, dovrebbe sussistere finché “tutti i Paesi non ratificano il trattato e non iniziano ad applicarlo”, come riferisce l'agenzia Itar-Tass. Il leader del Cremlino ha proposto di discutere il problema al consiglio NATO-Russia: “se non ci saranno progressi propongo di esaminare la possibilità di uscire dall'accordo e chiedo di sostenere questa mia proposta”. (ANSA – 26/04/2007 – ore 19:03).

Una “moratoria” – in termini diplomatici – può ancora dare adito a qualche speranza sulla composizione del conflitto, poiché non si conoscono esattamente i confini della moratoria stessa, ma a fugare ogni dubbio è giunta la doccia fredda del ministero degli esteri russo. Insomma, i giochi sono fatti.

OSLO - Il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, ha detto stasera che il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha confermato ai 26 paesi dell'organizzazione la sospensione dell'applicazione del trattato sulle forze convenzionali in Europa (CFE), annunciata in giornata dal presidente russo Vladimir Putin. Scheffer ha detto che la posizione della Russia è stata accolta dai membri dell'Alleanza con “grande preoccupazione e rammarico”. (ANSA – 26/00/2007 – ore 20:36).

In un’ora e mezza – appena novanta minuti – quello che appariva come un atto interlocutorio si è materializzato in una certezza. Dopo anni di “tira e molla” sul destino dell’Europa Centrale, Vladimir Putin ha calato sul tavolo le sue carte: non sono carte gradite all’Europa, né agli USA.
A quel punto, la timida Condoleeza Rice – oramai spettro della “sovietologa” di Bush padre – tentava una controffensiva in extremis:

“Non siamo più nella situazione in cui gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica erano avversari, noi non siamo avversari della Russia, ma abbiamo davanti a noi minacce comuni” (ANSA – 26/00/2007 – ore 19:03).

Siamo amici – sembra affermare Condoleeza – non c’è più il demone del comunismo a dividerci: ma chi ci ha mai creduto? E chi ha affibbiato l’epiteto di “sovietologa” a questa Chevron/ragazza dalle belle speranze? Non siamo più nemici, ma vi abbiamo “soffiato” il petrolio iracheno sotto gli occhi del mondo. Siamo amici, ma cerchiamo di prendervi Georgia ed Ucraina. Begli amici.
Già, perché la ragazza scambia ancora gli aspetti ideologici con il solido pragmatismo del Cremlino: che ci frega di falci e martelli – sembra affermare Putin – chi tocca i fili (ovvero il mercato dell’energia) muore.
Vale la pena di spiegare allora – rapidamente – perché la denuncia di quel trattato è così importante: non si tratta di guerra, ma di soldi. E i soldi, pur non avendo odore, sono la cosa più seria del pianeta. Più delle ideologie.

I costi di difesa mediante armi nucleari (o chimiche e batteriologiche) sono enormemente inferiori a quelli della guerra convenzionale: costa di meno un missile con 12 testate nucleari che un reggimento corazzato dotato (oppure no) d’armamento atomico.
Insomma, la V 2 inventata dai nazisti rimane ancora oggi un’arma difficilissima da intercettare: quello che poi c’è appiccicato all’ogiva del missile ha poca importanza e, soprattutto, non ha costi esorbitanti.
Un reggimento corazzato prevede invece il mantenimento di centinaia di militari, mezzi, carburanti, spese previdenziali e d’assistenza per le famiglie. Una voragine.

Questa fu la ragione che condusse sia gli USA e sia l’URSS sulla via nucleare: un’arma “assoluta” – forse mai utilizzabile – ma dai costi bassi rispetto ai risultati tattici e strategici che poteva fornire. Ciò nonostante – intorno al 1980 – gli USA spendevano il 6,5% del PIL per le spese militari, mentre l’URSS era giunta al 16,5%. Difatti, fallì.
La ragione del fallimento fu anche ideologica: fedele al dettato socialista, era il “popolo in armi” che doveva difendere la patria del socialismo. Decine di divisioni corazzate sovietiche e migliaia di velivoli s’accatastavano lungo il confine occidentale dell’URSS e la NATO sapeva benissimo – molti documenti ufficiali dell’epoca lo ricordano – che l’unica risposta possibile ad un attacco sovietico sarebbe stata quella nucleare. La situazione, all’epoca era questa:

o URSS/Russia/Serbia         o NATO/USA        o Formazioni Islamiche  

1985

Le forze NATO non erano numericamente sufficienti per contenere un eventuale attacco sovietico, ma rimaneva l’opzione nucleare. Già John F. Kennedy aveva intuito i rischi di una strategia “tutta nucleare”: “C’è il rischio di farsi bastonare a sangue sotto la protezione di un ombrello nucleare”, sentenziò, e mostrò doti di lungimiranza.  
Se, da un alto, lo spiegamento sovietico obbligava la NATO ad una (im)probabile rappresaglia nucleare, i costi di gestione dell’apparato condussero al collasso dell’URSS ed alle guerre nei Balcani, prima “porta” da sfondare per abbattere definitivamente l’Orso russo. Ecco come si presentava la situazione ai tempi di Eltsin:  

1995

La morte di Boris Eltsin proprio negli stessi giorni sembra quasi evocare i toni della tragedia greca: dopo aver intessuto invisibili trame, gli Dei si scatenano improvvisamente ed il carro di Giove sembra squassare i cieli.
La salvezza della Russia inizia con la P : Putin e Petrolio. Ma anche gas. La disgrazia degli USA, invece, con due I: Intervento ed Iraq.
Per la prima volta dopo il Vietnam, gli USA mettono truppe a terra: già la brutta figura rimediata in Somalia avrebbe dovuto insegnare loro qualcosa, ma non tutti sono in grado d’analizzare gli eventi per trarne esperienza, soprattutto se il livello culturale è quello dei Bush, dei Luttwak, dei Perle e di Condoleeza.

Un piatto di poker andato a male: la puntata sconsiderata per sottrarre le seconde riserve petrolifere del pianeta (quelle irachene) a Russia e Francia è un vero disastro. Non solo arrocca la Russia su posizioni d’estrema difesa e la riavvicina all’enigmatica Cina, ma squassa l’Europa e la scinde in quella che Marcello Veneziani definì saggiamente “l’Europa carolingia” – oppure il Terzo Reich al suo apogeo nel 1942 – e la “corte” degli Angli, da re Artù a Schwarzenegger, con dependance in Australia.
Dopo il 2001 e le invasioni dell’Iraq e dell’Afghanistan, la situazione è ancora mutata: le milizie islamiche, tradite in Bosnia ed in Afghanistan, cercano conforto nei capitali d’origine petrolifera. Inizia la stagione della contrapposizione fra gli ex alleati: Bin Laden diventa il nemico numero uno, Saddam Hussein quello numero due. Nessuno s’accorge che il vero nemico è sempre a nord, attestato nelle steppe siberiane.

Saggiamente e con prudenza, Putin già nel 2003 aumenta del 50% le spese di ricerca e sviluppo dell’apparato militare: sa di non poter reggere il ritmo americano, ma sa anche che gli USA saranno obbligati a rallentare e che a lui basta reggere il passo.  
Nel 2002, Bush e Putin s’incontrano per la prima volta a Lubljana: con abile regia mediatica, l’americano fa precedere di pochi giorni il primo successo da parte di un missile intercettore, lanciato da Kwajalein (Oceano Pacifico), contro un Minuteman lanciato dalla California. Successo mediatico e basta.
L’FSB russo scopre facilmente l’inganno: sul Minuteman è stato sistemato una sorta di radiofaro per guidare l’intercettore all’impatto, mentre un vero missile balistico invierebbe decine di false eco al nemico per confonderlo, altro che radiofaro per guidarlo.

Il Minuteman scende a circa 8.000 Km l’ora, l’intercettore sale a circa 1.500: come possono due oggetti che s’avvicinano a 9.500 Km l’ora (quasi 3 Km al secondo!) avvicinarsi fino a poche decine di metri per distruggersi l’un altro? Difatti, tutti i precedenti esperimenti americani (non truccati) erano stati dei sonori fallimenti.
Ciò nonostante, il bluff americano continua per anni ed è un bluff che assorbe risorse incredibili: il programma – partito con Reagan – viene quasi annullato da Clinton ma arriva Bush, ed il Pentagono esige la sua parte di gloria (e di soldi).
Altri soldi vengono ingoiati dall’interminabile guerra irachena e dal calvario afgano (dove la NATO , e quindi anche l’Italia, si schiera apertamente a favore degli interessi statunitensi) – necessario per mantenere sotto pressione la Russia da Sud – e la situazione muta ancora una volta:  

2004

Parallelamente, Putin si mostra grande stratega ed intesse le sua alleanze all’interno del Patto di Shangai: coopta l’India ed oggi anche l’Iran alla sua corte, mentre i soldati americani crepano nella polvere irachena.  
Dopo varie risoluzioni dell’ONU, tentativi di provocazione e quant’altro, Bush non riesce a scatenare l’unica sua via di scampo: una nuova guerra, questa volta contro l’Iran.
Negli stessi giorni, scatta l’offensiva dei Democratici americani che – si badi bene, ai soli fini di politica interna – sanno di poter scalzare definitivamente Bush ed i possibili eredi repubblicani alle prossime elezioni.

WASHINGTON - Il Senato Usa ha approvato una legge che indica nell'aprile 2008 la scadenza della permanenza delle truppe americane in Iraq. La stessa legge era stata approvata ieri sera dalla Camera. Il presidente George W. Bush ha confermato che metterà il veto perché il testo comprende “date arbitrarie” sulla durata della missione americana in Iraq. La controversa legge, che stanzia anche i fondi per le guerre in Iraq e Afghanistan, è stata approvata dal Senato per 51 voti a 46. (ANSA – 26/04/2007 – ore 19:56).

Bush potrà imporre tutti i veti che vorrà, ma se casserà la legge taglierà contemporaneamente anche i fondi stanziati per la guerra (i due provvedimenti fanno parte della medesima legge): in un modo o nell’altro, dovrà ritirarsi.
Il judoka è pronto. Rilassa i muscoli e li tende nell’attacco, perché sa che il nemico ha il fianco scoperto: ecco a cosa condurrà la denuncia del trattato da parte russa:  

2007

Prontamente, Condoleeza Rice risponde:
“I russi hanno migliaia di testate. L'idea che in qualche modo si possa fermare il deterrente nucleare strategico russo con qualche intercettore semplicemente non ha senso”. (ANSA – 26/04/2007 – ore 19:03).

Condoleeza ha ragione! Non ha nessun senso la mossa russa! Se si considera il solo aspetto militare.
In realtà, l’attacco russo non è militare: è politico. Nessuna guerra nell’Europa Centrale, né per il gas. Che farà la NATO – ora, sparsa nel pianeta – quando dovrà riposizionare le sue forze? Potrà sottovalutare la minaccia? Quale sarà il destino della Georgia e dell’Ucraina? E la Bielorussia ? Il petrolio del Caucaso?
Oggi, 26 aprile 2007, si volta pagina: questa è storia, non una storiella da Mullah.

Carlo Bertani articoli@carlobertani.it  www.carlobertani.it

 
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