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Il
business elettorale
Giorgia
Camandona - www.libero.it
I
partiti italiani si scontano l'Iva e hanno rimborsi milionari. Mentre
gli stipendi dei nostri eurodeputati sono da capogiro
Taglio dell'Iva
per le spese elettorali
In vista della campagna
elettorale, i partiti hanno messo da parte per un attimo dissapori e
divergenze e, insieme e velocemente, hanno approvato, nel mese di
aprile, una norma ad hoc che ha ridotto al 4% l'Iva sulle spese
sostenute nel periodo pre-elezioni: un bello sconto rispetto al canonico
20%. L'agevolazione è passata quasi inosservata, trattandosi di un
breve comma all'art. 7 nella Legge 80 dell'8/04/2004. Comma che modifica
una legge di 11 anni fa e ne allarga la portata: se allora lo sconto
sull'Imposta sul valore aggiunto valeva soltanto per il materiale
tipografico attinente le campagne elettorali, ora l'Iva al 4% si estende
a carta, inchiostro, acquisto di spazi di affissione, di comunicazione
politica radio-tv, di messaggi elettorali su quotidiani e periodici,
all'affitto di locali e agli allestimenti e i servizi connessi alle
manifestazioni. Si è valutato che l'onere derivante da questa piccola
modifica normativa, corrisponde a circa 14 milioni di euro. Anche perché,
come specificato dopo dall'Agenzia delle Entrate, tale agevolazione «non
è limitata a uno specifico evento elettorale, ma assume portata tale,
da riferirsi alla generalità delle competizioni elettorali». Il
provvedimento, però, potrebbe trovare contraria Bruxelles. «L'agevolazione
Iva...» cita la Rivista della Scuola superiore dell'Economia e delle
Finanze, legata al ministero dell'Economia « ...appare difficilmente
compatibile con il quadro normativo comunitario di riferimento». In
attesa che la Commissione Europea verifichi la conformità della norma
alle disposizioni comunitarie, la campagna elettorale è andata avanti e
le richieste di rimborso pure. Poi, se modifiche ci saranno, si faranno.
Finanziamenti e
budget
I partiti si spartiranno una “torta" da 250 milioni di euro
per le spese elettorali sostenute in occasione dell'election day. La
somma sarà ripartita in base alla percentuale ottenuta da ciascuno.
Inutile dire che il buon esito delle votazioni è fondamentale. Per
intendersi: un punto in percentuale vale 2,5 milioni di euro (5 miliardi
di vecchie lire). A questa cifra ci si è arrivati negli anni e con
piccoli aggiustamenti. Alle elezioni del 1999 fu approvata una legge sui
rimborsi elettorali che elargiva oltre 160 miliardi ai partiti: 3.400
lire per ogni cittadino iscritto nelle liste elettorali. Nel 2002 i
rimborsi si sono quasi triplicati: 5 euro. Il tutto grazie a una delle
rarissime leggi approvate in un clima bipartisan. Inoltre gli iscritti
alle liste elettorali, causa invecchiamento della popolazione, sono
aumentati superando i 50 milioni. Così nelle casse dei partiti
arriveranno, questa volta, 250.038.250 di euro. Per vincere bisogna
spendere e chi spende e perde, oltre al seggio, perde quel che ha speso.
Per il 2004 i budget iniziali dichiarati dalle forze politiche viaggiano
a 6 zeri.
Forza Italia ha stanziato per
ora circa 25 milioni per una campagna fatta non solo di manifesti con
Berlusconi. Il partito ha per esempio pubblicato un libricino di 50
pagine destinato ai 250mila iscritti in cui sono riportate le
realizzazioni del governo e vengono confutate le "menzogne"
dell'opposizione. La Lista Prodi ha messo in campo una cifra iniziale di
6 milioni per tutte iniziative: manifesti, spot, incontri dei leader sul
territorio (non sono comprese le spese sostenute dalle strutture
periferiche, che a loro volta si autofinanziano grazie a donazioni).
Cifra destinata a lievitare fino a 8 milioni nell'ultima fase
"calda" della campagna elettorale. I Verdi e L'Udeur prevedono
una spesa di 1 milione. Chi ha solo spese è invece il singolo
parlamentare, impegnato in una corsa difficilissima, perché deve
ottenere preferenze in una circoscrizione che comprende 4 o 5 regioni.
Le Europee possono costare anche 1 miliardo ecchie lire, come mostrano i
resoconti del 1999. Ma al momento nessun candidato svela il suo budget.
Se l'elezione va in porto,
l'indennità parlamentare ricompensa lo sforzo: 8.500 euro al mese più
i rimborsi spese, più la diaria per la partecipazione ai lavori in
commissione e in aula. Gli eurodeputati italiani sono quelli che
percepiscono la busta paga più ricca. L'attuale sistema, infatti,
prevede che i parlamentari di ogni Paese membro abbiano un'indennità
pari a quella dei rispettivi parlamentari nazionali. Il trattamento
lordo degli italiani si aggira intorno agli 11.000 euro mensili, seguono
gli austriaci (7.500), gli inglesi (7.100) e i tedeschi (7.000). Ultimi
della fila gli spagnoli, i cui rappresentanti prendono appena 2.618
euro, meno dei portoghesi con salari da 3.449 euro. L'ultimo tentativo
di istituire uno stipendio unico per i parlamentari di Strasburgo è
stato respinto dai quindici il 26 gennaio 2004. La cifra avrebbe dovuto
essere pari alla metà di quella percepita da un giudice europeo: circa
8.600 euro. Il provvedimento, tra l'altro, avrebbe potuto favorire i
Paesi dell'Est. Attualmente, i parlamentari nazionali ungheresi devono
accontentarsi di 761 euro al mese, gli slovacchi di 888, i lettoni di
980. Gli sloveni stanno decisamente meglio: prendono 4.144 euro al mese,
stipendio superiore a quello dei colleghi di alcuni Paesi già membri Ue.
10 giugno 2004
Giorgia
Camandona - www.libero.it