- Dopo l'11 settembre

«Stati uniti, Stato canaglia»
Di Maurizio Matteuzzi - «Il Manifesto» 15 settembre 2003

Da «L'altro terrorismo», il documentatissimo servizio di Report andato in onda martedì sera, viene fuori un quadro agghiacciante (e inoppugnabile) del ruolo avuto dagli Usa, dall'Inghilterra, dall'Occidente e dalla Russia negli ultimi 40 anni. America latina e centrale, Indonesia, Cecenia, Timor, Turchia e altro ancora. Una interminabile sequela di nefandezze.

L'«altro» terrorismo? Stando a quello che si è visto martedì sera nel programma di Report su Raitre, l'altro terrorismo è quello degli Osama e dei kamikaze. Roba da dilettanti. Quello buono, quello vero, quello storico, quello doc, è il «nostro». Quello dell'Occidente democratico e campione dei diritti umani. Quello degli americani e dell'America che, come ci ha confermato domenica il presidente Bush ancora, «è una nazione buona, autenticamente buona». Quello degli inglesi di Tony Blair, il modello della nostra sinistra «riformista», le cui parole chiudevano (in)degnamente il programma: «a sconfiggere quel male», il terrorismo, «alla fine non saranno i nostri fucili ma i nostri valori». Quello della Russia di Putin - occidente in fieri - che, dopo avere aderito alla crociata anti-terrorista post-settembre 2001, si è visto abbonare gli orrori commessi dai russi in Cecenia. Il programma di Milena Gabanelli e i servizi di Paolo Barnard e Giorgio Fornoni sono un grande momento di giornalismo investigativo e un esempio di cosa potrebbe e dovrebbe essere la televisione.
Ne viene fuori un quadro agghiacciante ed esauriente. Come mai l'America così «autenticamente buona», tutrice e garante dei diritti umani - non solo quella dei Bush padre e figlio, o della mefitica accoppiata Nixon-Kissinger, o del criminale Reagan, ma anche quella veltroniana di Kennedy o del rimpianto Clinton - ha potuto fare, e può continuare a fare, quelle nefandezze? E l'Inghilterra culla della democrazia e del liberalismo - non solo quella dei reazionari Churchill e Thatcher, ma anche quella del laburista Tony Blair?
Barnard è andato a Miami e a New York a cercare Orlando Bosch, un terrorista cubano «indifferente alle leggi e alla decenza umana» (parole che si leggono su un documento dell'Fbi), e Emmanuel Constant, un killer e torturatore haitiano, entrambi sul libro paga della Cia. Dopo l'11 settembre 2001 l'amministrazione Bush chiese all'Afghanistan dei taleban la consegna di Osama bin Laden. Non la ebbe e, per questo sgarro e in nome della libertà, seppellì di bombe l'Afghanistan. Stesso mese, stesso anno - come mostra un ritaglio del New York Times - il presidente di Haiti Aristide chiese per via diplomatica l'estradizione di Constant.
Per quanto colpito come Bosh da un ordine di espulsione, entrambi continuano a vivere tranquilli, uno a Miami, l'altro a New York. Un documento di Amnesty international s'intitola: «United States, a safe haven for torturers»,. Rifugio sicuro per torturatori, purché i torturatori abbiano ammazzato e torturato dalla parte giusta.
I governi americani sono mai stati terroristi, hanno mai sostenuto il terrorismo? Risponde David Mac Michael, ex agente della Cia distaccato negli anni `80 in Centramerica: «Sì lo sono stati, lo hanno fatto». Non solo: «Secondo la definizione che ne dà la presente amministrazione americana, penso che sì, gli Stati uniti possano essere definiti uno Stato canaglia».
Gli esempi - alcuni dei quali presentati e documentati nel programma di Report - sono infiniti. Noam Chomsky ne ricorda alcuni. La guerra sporca lanciata da Reagan contro il governo sandinista del Nicaragua nell'81 per mano di «squadre della morte chiamate contras». Il golpe del `65 contro Sukarno in Indonesia con il massacro di «uno o due milioni» di comunisti del Pki. La Corte internazionale dell'Aja nell'86 condannò l'America di Reagan per «terrorismo».
Che come risposta intensificò la guerra sporca fino alla caduta dei sandinisti. Alcuni degli gentlemen di allora sono ancora in prima linea. John Negroponte, che coordinava le atrocità dei contras dal suo posto di ambasciatore in Honduras, è il rappresentante all'Onu; Elliot Abrams che era il responsabile per l'America latina, è oggi responsabile per i diritti umani di Bush.
In Indonesia i massacri di militanti e gente del Pki non suscitarono lo scalpore e l'indignazione di quelli che avrebbero poi condannato all'abominia il regime comunista di Pol Pot in Cambogia. Anzi, dice Chomski, «gli americani sapevano e applaudirono. Il New York Times scrisse di Suharto "è un raggio di luce in Asia"». E gli fa eco lo storico inglese Mark Curtis: «L'Inghilterra appoggiò con entusiasmo il massacro in Indonesia».
Ma è nel cortile di casa degli Stati uniti che il terrorismo di stato dell'America così «autenticamente buona» diede il meglio di sé. Brasile, Cile, Argentina, Uruguay (qualcuno ricorda il nome di Don Mitrione?), Bolivia, Paraguay (e ora il Venezuela di Chavez...), Cuba, Nicaragua, El Salvador, Guatemala, Haiti, Santo Domingo, Grenada, il Panama dell'ex amico (come Osama e Saddam) Noriega.
Immagini, documenti, episodi. Il documento «top se cret» del `62 con cui i servizi indicano allo stato maggiore dell'esercito Usa le opzioni strategiche contro Cuba («Potremmo fare esplodere una nave americana a Guantanamo e incolpare Cuba. Si potrebbe organizzare una falsa campagna terroristica comunista a Miami o persino a Washington che deve colpire i rifugiati cubani. Potremmo affondare una barca piena di rifugiati cubani, oppure incoraggiare i tentativi di omicidio contro i rifugiati cubani negli Stati uniti»). Le liste di persone da far sparire fornite dall'ambasciata Usa in Guatemala. L'assassinio di monsignor Romero a San Salvaror nel marzo `80, per mano del maggiore D'Aubuisson, le 4 suore americane assassinate in Salvador nel dicembre `80, la strage dei 1200 abitanti (tutti civili, fra cui 400 bambini) del villaggio salvadoregno di El Mozote nell'81 ad opera del battaglione d'élite Atlacatl, addestrato dagli americani e con la partecipazione diretta di «consiglieri» americani; l'assassinio dei sei padri gesuiti dell'Università centramericana del Salvador nell'89. Il tutto inoppugnabilmente sostenuto da documenti (non più) riservati e da testimonianze dei protagonisti di allora, nonché dalla forza delle immagini. Poi i manuali e le pratiche di tortura a Fort Benning, in Georgia, la famosa «School of the Americas» per dove sono passati tutti i killer e torturatori della «parte giusta»: «A school of assassins and terrorists», dice Roy Bourgeois, un ex veterano del Vietnam fattosi prete. Poi i massacri della fine anni `90 contro la popolazione kurda. Non per mano di Saddam ma del governo e dei militari turchi armati dagli Stati uniti del liberal Clinton, dall'Inghilterra del laburista Blair, dalla Germania del socialdemocratico Schroeder. Poi le stragi a Timor est, non solo i 200 mila morti del `75 per mano delle truppe indonesiane di Suharto, che aveva chiesto - e ottenuto - il permesso all'accoppiata Ford-Kissinger, ma anche i 4 mila morti del `99 con Clinton-Albright al timone, quelli dell'«interventismo umanitario». Poi la Cecenia di Putin, «2879 decessi avvenuti al di fuori di ogni scontro armato o bombardamento nel solo anno 2002» e «con il plauso di gran parte dell'occidente democratico» .
Meravigliarsi? Indignarsi? E perché mai: «Noi scegliamo la libertà e la dignità della vita». Parola di Bush.

 
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