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Gli
americani arruolano gli squadroni della morte tra gli ex di Saddam
Da
«L’Unità» del 5 novembre 2003
Superpoliziotti,
armati fino ai denti, con licenza di compiere interrogatori e irrompere
nelle case degli iracheni «sospetti». È questa la carta d’identità
della nuova «creatura» partorita da Ahamed Chalabi, ambiguo e discusso
esponente del nuovo corso iracheno e ascoltato consigliere degli
amministratori inviati da Bush.
Come spiega il Washington Post in una dettagliata e ben informata corrispondenza da Baghdad la creazione di un «corpo paramilitare» segreto è stata decisa nel corso di una riunione tra esponenti della Coalizione guidata da Paul Bremer, ministri del governo locale tra i quali Ahamed Chalabi che appare l’ispiratore dell’idea. La novità è clamorosa per varie ragioni e rappresenta un dietro-front del messaggero di Bush e dello stesso Chalabi. Quest’ultimo infatti, già leader in esilio dell’Iraqi National Congress e ribelle anti-Saddam con i soldi della Cia, è stato finora il teorico delle epurazioni ai danni degli esponenti del partito Baath, al potere fino al 9 aprile. Finora il governatore Bremer ha assecondato, con qualche eccezione e molte riserve, le «purghe» proposte dagli elementi più estremisti del governo ad interim. Per questo nella formazione dei primi reparti della polizia e dell’esercito gli elementi baathisti sono stati in larga misura emarginati ed esclusi.
Ma ora, dopo gli attentati e mentre proseguono gli agguati ai danni dei soldati Usa, Bremer ha cambiato idea. La nuova forza «paramilitare» sarà infatti composta non solo da poliziotti e soldati disoccupati, ma addirittura da elementi dei servizi segreti di Saddam Hussein che saranno quindi sguinzagliati contro i loro ex colleghi. Il compito degli 007 iracheni sarà infatti - spiega il quotidiano americano - quello di dare la caccia agli irriducibili del passato regime, ai miliziani del gruppi integralisti islamici, e ai guerriglieri arabi accorsi in Iraq per combattere la «jihad» contro gli occupanti. Bremer, dopo essersi opposto ai progetti di Chalabi, si è finalmente convinto che la forza paramilitare può essere utile, ma - spiega il Washington Post - ha posto come condizione (dispone di un diritto di veto assoluto su ogni decisione) la «stretta supervisione» americana sui super-poliziotti iracheni. A Baghdad e nel resto del paese agirà dunque una forza paramilitare segreta dotata di poteri eccezionali, che potrà operare al di fuori dei reparti regolari e sarà sottoposta solamente al controllo delle forze occupanti. All’interno del reparto delle «teste di cuoio» sarà creata un’unità dei servizi segreti incaricata di individuare gli obiettivi.
L’iniziativa
segnala le crescenti difficoltà degli inviati di Bush in Iraq che
devono ormai fronteggiare emergenze in ogni angolo del paese. A Najaf i
notabili sciiti hanno proclamato uno sciopero generale per protestare
per la mancanza di sicurezza. Pochi giorni fa due magistrati impegnati
nella raccolta di denunce sui crimini del passato regime sono stati
sequestrati da un commando. Uno di loro, il procuratore Mohan Jaber
al-Shwaeli, è stato assassinato con un colpo alla nuca, mentre
l’altro è stato misteriosamente risparmiato e, al suo ritorno, ha
detto che i killer hanno eseguito una «sentenza» nel nome di Saddam
Hussein. Il delitto è la riprova che, anche nelle regioni a sud di
Baghdad popolate dalla maggioranza sciita, gli apparati del disciolto
partito Baath continuano ad agire impunemente e a colpire coloro che
vogliono indagare sul recente passato e sulle stragi ordinate dal regime
di Saddam contro i movimenti sciiti. Per questo i capi moderati di Najaf
hanno chiesto ed ottenuto un incontro con i collaboratori di Bremer, ma,
insoddisfatti per le risposte ottenute, hanno proclamato la protesta ad
oltranza.
Questo fatto rischia di incrinare ulteriormente le relazioni tra i capi
dell’amministrazione americana e i leader sciiti moderati che,
coraggiosamente, si stanno battendo per arginare la spinta integralista
che potrebbe contagiare ben presto la popolazione sciita in particolare
a Najaf e Karbala. L’altro pericolosissimo focolaio è la città di
Kirkuk, cuore petrolifero dell’Iraq e terra di confine con le regioni
curde. Qui le vendette stanno colpendo gli ex esponenti del regime come
Jamila Abbas Khumeidi, già dirigente del Baath, ferita ieri assieme a
sua figlia in un attentato dinamitardo compiuto contro la sua
abitazione. Poche ore dopo un razzo ha colpito la sede di
un’organizzazione curda: a Kirkuk insomma arabi sunniti e curdi si
preparando alla resa dei conti, mentre gli americani sono «distratti»
dalle violenze che insanguinano il «triangolo sunnita» ad ovest di
Baghdad.