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Spagnola: alla ricerca di un virus mortale
Marcello Pamio - tratto dal mensile "Biolcalenda"
nr.47
La “Spagnola” scoppiò a settembre del
1918, in un momento storico ben preciso e cioè quando l’umanità era
esausta dalla Grande Guerra; imperversò ovunque, e dopo aver ucciso nel
giro di pochi mesi più persone di qualsiasi altro morbo che la storia
umana ricordi, finì assieme alla guerra, scomparendo nello stesso
misterioso modo in cui era apparsa.
E’ stata un’apparizione così strana, che i medici esitarono a
definirla influenza proprio perché credevano fosse un nuovo
morbo. E forse non era così sbagliato…
Il numero esatto di morti non lo sapremo mai: le stime ufficiali
oscillano tra i 20 e i 60 milioni di individui, ma qualcuno azzarda
addirittura 100 milioni!
I libri di storia vengono scritti dai vincitori, per cui andiamo per
ordine, cercando di capire cosa realmente è successo agli inizi del
secolo scorso.
I sintomi
Le persone cominciarono ad ammalarsi lievemente nella primavera del
1918, accusando brividi e febbre per tre/quattro giorni, ma poi
guarivano. Dopo una calma estate, a settembre-ottobre si scatenò, con la
potenza di una macchina bellica, l’epidemia.
I medici erano impotenti: morivano loro stessi, e quelli che
sopravvivevano vedevano i pazienti, parenti e amici, morire come mosche.
Provarono di tutto: farmaci, sieri e arrivando ad inoculare composti da
secrezioni corporee degli ammalati e batteri che presumevano essere
all’origine della malattia.
Iniettarono - scrive un medico - “una broda composta di sangue e muco
degli influenzati, filtrata per eliminare le cellule più grandi e i
detriti”, ovviamente senza alcun risultato, anzi scatenando vere e
proprie patologie, come vedremo tra poco.
Vaccini per tutti
Per il paradigma vigente, la scomparsa delle grandi epidemie
(colera, tifo, vaiolo, ecc.) è stata opera delle vaccinazioni, che le
avrebbero debellato. Oggi sappiamo invece che il ruolo centrale lo hanno
avuto le migliorate norme igienico-sanitarie, l’alimentazione e la
pulizia in generale. Migliorie queste - e non i vaccini - che hanno
contribuito a salvare la vita a centinaia di milioni di persone.
Tornando alla Spagnola: possiamo veramente credere alla favola, secondo
la quale nel 1918 apparve dal nulla un virus, di cui nemmeno oggi
sappiamo il ceppo, le origini e le evoluzioni, che sterminò 100 milioni
di persone e poi, misteriosamente, da un giorno all’altro, scomparve
proprio alla fine della Guerra? Liberi di farlo, ma se iniziassimo a
usare il cervello - cose questa sempre più difficile in una società
computerizzata e multi tasking - potremo scorgere qualcosa non torna…
I sopravvissuti
Numerose persone sopravvissute alla Spagnola, hanno testimoniato che
si ammalavano e morivano solamente coloro che erano stati vaccinati!
I sintomi erano: febbre alta (tifoidea), brividi, dolore, crampi,
diarrea, congestione di gola e polmoni come nella polmonite (tipica
della difterite), vomito, mal di testa, debolezza, piaghe sulla pelle
(causate dai vaccini antivaiolosi), paralisi, ecc.
Esattamente i sintomi provocati dalle malattie per le quali erano stati
vaccinati tutti i militari e gran parte della popolazione civile: tifo,
difterite, polmonite, polio e vaiolo. Casualità?
Il primo tassello della nostra storia è questo: i medici hanno inoculato
vaccini totalmente sperimentali e sieri altamente tossici in quasi tutte
le persone giovani e sane.
“Ho potuto osservare - dice il medico L. Day, ex chirurgo in
capo dell’ospedale di S. Francisco e professore nella facoltà di
medicina - che l’influenza essenzialmente veniva contratta dai
vaccinati: coloro che non erano stati vaccinati, evitavano la malattia.
La mia famiglia aveva rifiutato le vaccinazioni; e’ in questo modo che
siamo rimasti tutto il tempo in ottima salute.
La combinazione di tutti quei vaccini tossici - per esempio quello
contro la febbre tifoidea scatenò un problema ancor più serio chiamato
paratifo - causò violente e gravissime reazioni che i medici non
riuscirono ad affrontare e alcuni ospedali militari furono riempiti
esclusivamente di soldati paralizzati.
L’esperimento di Sir William Leishman
E’ quasi sconosciuto il “grande
esperimento di vaccinazione” condotto da
Sir William Leishman
medico e direttore generale della Sanità militare britannica,
sui militari. Oltre a
partecipare alla vaccinazione contro il tifo nel 1914, ne
sviluppò il vaccino, partendo da tre fonti
principali: tifo, paratifo A e paratifo B.
Nell’autunno del 1914 i medici iniziarono a chiedere la vaccinazione
obbligatoria per tutte le truppe militari; quella contro il vaiolo lo
era già da tempo. E fu così che durante il 1915, il 90% delle truppe fu
vaccinato contro il tifo e a partire da febbraio 1916 anche contro
paratifo A e B.
Il vaccino era composto da brodo di colture di un ceppo di bacilli del
tifo, nel quale il batterio era standardizzato in modo che ogni
centimetro cubo del liquido ne contenesse 500.000.000 nella prima dose e
1 miliardo nella seconda.
Nel resto del mondo la situazione non cambia: nel 1855 passa in
Massachusetts la prima legge che impone l’obbligo vaccinale per tutti
gli scolari e nel 1856, stranamente, vi fu una grande epidemia di
difterite. Nel 1859 si inizia a produrre l’antitossina difterica; nel
1911 il vaccino contro il pneumococco e nel 1915 quello contro la
pertosse. Nel 1917 i militari vengono vaccinati con l’antitossina
tetanica, e nel 1918 arriva quello contro il vaiolo. Vaccini su vaccini
vengono iniettati nel corpo di milioni di persone.
Pandemia del
1976
Dove si verifica nel 1918 il primo
caso di Spagnola? Nella base militare di Fort Riley nel Kansas.
Nulla di strano, visto che l’altra cosiddetta pandemia avvenuta nel 1976
è scoppiata contemporaneamente nelle basi militari di Fort Meade nel
Maryland e Fort Dix nel New Jersey! Sempre e solo basi militari. Le
pandemie del 1918 e 1976 si sono manifestate nelle persone più
vaccinate al mondo: i militari.
Nel 1976 seguendo il motto “meglio un vaccino senza epidemia, che
un’epidemia senza vaccini” volevano vaccinare l’intera popolazione
americana: 200 milioni di individui.
L’American Insurance Association e le varie compagnie
assicurative - certamente più informate degli enti governativi e dei
medici - misero le mani avanti, affermando che toccava al governo farsi
garante per gli eventuali danni. Erano a conoscenza che i vaccini sono
pericolosi per la salute, per cui ritardarono la loro produzione.
L’empasse durò fino al 12 agosto, quando il presidente Gerald Ford firmò
la legge che assegnava al governo federale la responsabilità civile per
eventuali danni. I primi americani si vaccinarono il 1° ottobre e dieci
giorni dopo si verificarono i primi morti.
Per mitigare i timori, Ford e la sua famiglia si fecero vaccinare
davanti alle telecamere, ma i quotidiani continuarono a contare le
vittime: svariate migliaia di casi di Guillan-Barré (paralisi con
deficit sensoriale), sclerosi multipla, artrite reumatoide, polimiosite,
sincopi, paralisi facciale, nevrite, tetraplegie da encefalite,
demielinizzazione, nevrite ottica, ecc.
Le vittime: i più giovani e sani
Nel 1918 i medici che non usarono farmaci, ottennero guarigioni nel
100% dei casi.
“La malattia aveva le caratteristiche della peste nera, con
l’aggiunta del tifo, polmonite, vaiolo e di quelle malattie contro le
quali la gente era stata vaccinata alla fine della prima Guerra
Mondiale. La pandemia si trascinò per due anni, mantenuta viva
dall’aggiunta di farmaci velenosi dispensati dai medici. Quelli che
rifiutarono le vaccinazioni non si ammalarono!
La malattia colpiva sette volte di più i soldati vaccinati che i
civili non vaccinati.”
Non bastavano sieri e vaccini, vi fu anche un eccesso di farmaci come l’aspirina,
utilizzata per curare l’influenza. Secondo alcune ricerche
questa pratica fece morire moltissime
persone: le autorità
sanitarie scambiarono gli
effetti del sovradosaggio di
aspirina con l'influenza
stessa.
Il secondo tassello, è la caratteristica atipica della strana pandemia,
che uccise perlopiù adulti giovani, con il 99% delle vittime di età
inferiore ai 65 anni di cui più della metà tra i 20 e i 40 anni.
E’ curioso perché normalmente l'influenza è più micidiale tra i bambini
di meno di 2 anni e i vecchi con più di 70. Curioso fino a un certo
punto, perché le fasce a maggior mortalità sono proprio le fasce più
vaccinate…
Perché si chiama
Spagnola?
Alcuni soldati americani ammalati erano stati in Spagna durante il
periodo bellico, e così nacque l’idea di incolpare qualcun altro della
pandemia. Tanto più che all’epoca la Spagna non era coinvolta nella
Guerra, quindi la stampa era meno soggetta alla censura, onnipresente
nei periodi bellici. Essendo il primo paese a parlarne pubblicamente,
venne chiamata Spagnola, forse per rappresaglia nei confronti di questo
paese. Negli Stati Uniti, il silenzio fu tombale.
Resuscitare il
mostro
Il dottor Johan Hultin di San Francisco è riuscito a far rivivere il
virus della Spagnola.
Uno sforzo perseguito per 10 anni, e che ha compreso l'esumazione dei
resti di alcuni morti di spagnola, ben conservati nel permafrost
sub-artico.
Hultin però non è un ricercatore normale: lavora per l'Armed
Forces Institute of Pathology di
Rockwille e la ricerca è stata finanziata dal Pentagono.
Una simile ricerca finanziata dalla Difesa rende credibili i
peggiori sospetti, dichiarati da Leonard Horowitz, esperto
internazionale di sanità pubblica. Egli sostiene che nel 1975 Henry
Kissinger affidò alla CIA la preparazione di germi che potessero
“ridurre la popolazione mondiale”, come risulta dagli atti del
Congresso. Ed accenna ad un agghiacciante successo di alcuni
ricercatori (O'Conner, Stewart, Kinard, Rauscher) dello Special
Virus Cancer Program, che sarebbero riusciti, lavorando
sui virus ricombinanti, a combinare i virus influenzali con un
virus che provoca leucemia acuta linfocitica, per produrre una arma
capace di trasmettere la leucemia, come l'influenza.
Sappiamo pochissimo, per ovvi motivi di segretezza militare, ma è
possibile che nel 1918 stavano eseguendo simili esperimenti? Esperimenti
di guerra batteriologica sfuggiti di mano?
Il primo a proporre questa tesi fantascientifica fu nel 1948 Heinrich
Mueller, già capo della Gestapo. Durante gli interrogatori della CIA
disse che la Spagnola era parte di un’arma batteriologica iniettata con
i vaccini dell’esercito che infettò i soldati del Camp Riley nel marzo
del 1918 e si diffuse nel mondo…
Farneticazioni di un nazista o amara realtà? Non si sa, ma la cosa
certa, è che sicuramente c’entrano i vaccini e i primi infettati
furono i soldati.
Conclusione
Cosa accadde nell’autunno del
1918? Vi furono una concomitanza di fattori molto particolari, tra cui
una Guerra Mondiale devastante, condizioni igienico-sanitarie complesse
e numerose campagne di vaccinazioni che interessarono decine di milioni
di persone.
Alla fine del XIX secolo, la medicina era agli albori. I vaccini erano
un miscuglio tossico formato da sangue infetto di persone malate,
colture di batteri e bacilli; i medicinali erano a base di mercurio (calomelano),
stricnina, antimonio, iodio, poi c’erano i salassi, i caustici e
vescicanti, ecc.
Vaccini e medicinali erano un abbinamento mortifero che uccideva il
paziente.
Queste sostanze, iniettate più e più volte, assieme a farmaci, in
organismi debilitati, stressati e snervati dalla guerra, hanno creato le
premesse per la manifestazione di patologie mortali.
Oggi, nel Ventunesimo secolo, c’è chi afferma che l’omeopatia è acqua
fresca.
Sarà anche vero, ma su 26.795 casi analizzati di influenza Spagnola, i
medici omeopati e naturisti nel 1918 avevano un tasso di mortalità pari
a l’1%, mentre gli allopati, con i loro farmaci, una mortalità dal 30 al
100%!
Laudato sì, mi Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile
et humile et pretiosa et casta.
Ben venga l’acqua fresca…