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Sottoposti
a tutto (o quasi)
Sara
Santolini – tratto da “La Voce del Ribelle” http://www.ilribelle.com/
Radiazioni nocive, in
primo luogo. Ma non solo: inquinanti, pubblicità,
Iniziamo dal nucleare. E poi
il resto.
Il
mondo contemporaneo, così come è configurato grazie al nostro modello
di sviluppo, fa in modo che gli uomini, a prescindere dalla loro
posizione nel mondo e nella società, vengano sottoposti a una serie di
trattamenti di varia natura che, quando non gliela nega del tutto, ne
rende la qualità della vita molto meno buona di quanto potrebbe e
dovrebbe essere.
L’impressione
generale è che il nostro modus vivendi, dal mondo della comunicazione a
come abbiamo strutturato il lavoro, dai materiali con i quali siamo
soliti costruire le nostre case alla quantità - enorme - di energia di
cui abbiamo bisogno per perpetrare il nostro stile di vita, piuttosto
che offrirci un maggior benessere ci stia esponendo in modo sempre più
evidente a malattie, fisiche e non solo. Davanti alle quali siamo
sostanzialmente inermi. I veleni, anche psicologici e sociali, che
assumiamo ogni giorno inconsapevolmente o, più spesso, in maniera
rassegnata, hanno decretato il nostro sostanziale annientamento come
uomini di fronte al sovrasviluppo di cui siamo ormai diventati ciechi
seguaci.
Di
fatto, invece di vivere, subiamo. Una serie infinita di cose, materiali
e immateriali, ovvero psicologiche, cognitive. Ma iniziamo questa
rassegna, ovviamente, da un tema di stretta attualità.
L’esposizioni alle radiazioni
Fukushima
è solo l'ultimo esempio. L’incidente in proposito non solo ha creato
danni irreparabili alla popolazione e all’ambiente circostante la
centrale ma ha provocato un aumento dell’indice di radioattività
dell’acqua di tutto il pianeta. I rischi di contaminazione radioattiva
sono ormai dappertutto.
L’Ue
ha abbassato i limiti di tolleranza di radiazione nei cibi, proprio come
aveva fatto all’indomani dell’incidente di Chernobyl, alzando la
soglia di “tolleranza radioattiva” per alcuni alimenti provenienti
dal Giappone. Inoltre ha inserito nuovi parametri di sicurezza anche per
lo Iodio 131, normalmente non rilevato. Questo elemento, un isotopo
radioattivo, è quello che più di ogni altro
rappresenta
un rischio per la salute in caso di esplosioni nucleari o inquinamento
atmosferico in caso di incidenti nelle centrali, essendo uno dei
prodotti principali della fissione. Questo iodio viene concentrato
preferenzialmente nella tiroide dove in alti livelli fa aumentare
l’incidenza di cancro alla tiroide, tumefazioni e tiroidite: si tratta
delle malattie più diffuse nelle zone vicine a Chernobyl. Il CRIIRAD,
una associazione francese di ricerca e informazione sulla radioattività,
da parte sua, ha diffuso un documento nel quale sconsiglia di usare
l’acqua piovana per l’innaffiaggio e di consumare verdure a foglie
larghe, latte e formaggio fresco, che sono più facilmente inquinabili,
ai soggetti più deboli, come i bambini e le donne incinte. La
problematica coinvolgerebbe, oltre la Francia, anche il Belgio, la
Germania, l’Italia e la Svizzera, dove i livelli di contaminazione
dell’aria sono pressoché identici: oltre allo Iodio 131 sarebbero
presenti quantità di cesio undici volte il limite fissato dall’UE.
La direttiva Euratom (Agenzia per l'energia atomica dell'Unione Europea) del 13 maggio 1996 ha stabilito che l’impatto delle attività nucleari può essere considerato “trascurabile” se le dosi di radiazioni cui è esposta la popolazione non supera 1 mSv (millisievert) all’anno. Il Sv (sievert), l’unità di misura utilizzata, calcola l’effetto delle radiazioni sul corpo umano. Ma raggiungere la soglia di 1 mSv anche in poche settimane mangiando alimenti con livelli di radiazioni superiori al normale è facilissimo, e ancora più facile per i bambini a causa del loro peso. Inoltre il tempo di esposizione è fondamentale per i rischi alla salute: la stessa dose di radiazioni è molto più dannosa se assorbita in una sola ora piuttosto che in un anno. Per questo, nonostante l’esposizione tollerata per chi lavora in una centrale nucleare sia di 50 mSv l’anno, la dose di 3,6 mSv giornaliera che la popolazione entro 50 km da Fukushima ha subito all’indomani dell’incidente è allarmante. Chi ancora afferma che ha fatto più vittime lo tsunami in sé dell’incidente nucleare dimostra di non avere alcuna idea di cosa si stia parlando.
Radiazioni, tutti i giorni
La
questione, oltretutto, va ben al di là dell’incidente nucleare in sé,
che rappresenta un’emergenza ma che non esaurisce la problematica.
All’indomani di Fukushima Randall Munroe, ex consulente della Nasa, ha
diffuso uno schema sulla quantità di radiazioni cui siamo esposti ogni
giorno, al di là dell’incidente giapponese. Quello che ne viene fuori
è tutt’altro che rassicurante. Dormire con qualcuno espone a 0,05
microsievert, mangiare una banana a 0,1, volare da New York a Los
Angeles a circa 40, usare un monitor a tubo catodico per un anno a 1,
sottoporsi a un’ortopanoramica a 5 mentre fumare un pacchetto e mezzo
di sigarette al giorno espone a ben 36 mSv, che equivalgono a 36000
microsievert. Il limite oltre il quale il rischio di cancro incrementa
in maniera evidente è di 100 mSv l’anno. Dunque, se pensiamo che il
massimo di radiazioni rilevate a Fukushima è stato di 400 mSv l’ora,
mille volte tanto le radiazioni immesse in condizioni normali con
l’alimentazione in un anno intero, risulta ancora più chiaro quanto
possa essere grave quello che è accaduto in Giappone.
Un’altra
fonte comune di radiazioni è la presenza di radon nell’ambiente, un
gas inerte risultato del decadimento radioattivo di uranio, torio e
attinio, presenti spesso negli ambienti chiusi quali abitazioni e luoghi
di lavoro, che, in alte concentrazioni, aumenta il rischio di tumore
delle vie polmonari. È vero che il radon è presente in natura, e che
viene generato dalla crosta terrestre, ma è anche vero che spesso
l’utilizzo di alcuni materiali nelle costruzioni ne può aumentare in
maniera significativa la concentrazione: stiamo parlando, tra l’altro,
di marmi, tufo, rocce vulcaniche, pozzolane e alcuni graniti. Inoltre il
radon può disciogliersi facilmente nell’acqua e inquinarla, con tutto
ciò che ne consegue per le coltivazioni e gli allevamenti, esattamente
come le fughe radioattive delle centrali nucleari. In Italia, Lazio e
Lombardia sarebbero le regioni maggiormente esposte all’inquinamento
da radon per la loro conformazione geologica e costruttiva. A questo
dato però non sembrano corrispondere politiche di prevenzione,
informazione e adeguamento delle costruzioni necessarie a limitare i
rischi per la popolazione.
Ancora, le radiazioni possono essere
usate per conservare più a lungo i cibi.
Proprio
così. La Comunità Europea ha infatti elaborato una Direttiva al fine
di regolamentarne l’utilizzo. Erbe aromatiche, frutta secca, fiocchi e
germi di cereali, frattaglie di pollo, albume d'uovo, gomma arabica,
cosce di rana, gamberi decorticati, frutta fresca e verdure, cereali,
tuberi amidacei, pesci, camembert al latte crudo, caseina, farina di
riso e prodotti a base di sangue, carni rosse fresche e carni di pollame
sono gli alimenti per i quali l’irradiazione è esplicitamente
ammessa. Nonostante i prodotti sottoposti a tale trattamento debbano
riportarlo ben impresso in etichetta, e che il processo debba essere
controllato e dosato a dovere, la Commissione stessa prevede che «uno
Stato membro può rivolgersi alla Commissione qualora riesca a provare
che l’irradiazione di taluni prodotti alimentari costituisca un
pericolo per la salute umana anche se sono rispettate le disposizioni
della presente direttiva». In tal caso «consulterà allora il Comitato
permanente per la catena alimentare e la salute degli animali prima di
adottare le misure necessarie». Nel frattempo, però, avremo ingerito
cibo che espone a una quantità radiazioni sopra la norma, anche se
entro il limite prefissato, al solo fine di mantenerlo “fresco” più
a lungo, e dunque poterlo comprare a migliaia di chilometri di distanza
a prezzi convenienti.
I rischi per la salute
Come
si legge in uno studio dell’Ispra le radiazioni pericolose di cui
stiamo parlando, le “ionizzanti”, sono «particelle e/o energia di
origine naturale o artificiale in grado di modificare la struttura della
materia con la quale interagiscono». Tali radiazioni, provenienti in
particolar modo da decadimento radioattivo, fissione nucleare, fusione
nucleare, sono “agenti cancerogeni di classe 1” , la cui
cancerogenicità è cioè comprovata, secondo lo IARC, l’Agenzia
Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Non solo. L’esposizione ad
esse provoca radiodermite, eritemi cutanei, necrosi della pelle,
sterilità, oltre a leucemie, tumori, mutazioni genetiche, aberrazioni
cromosomiche e malattie ereditarie.
Gli effetti possono manifestarsi anche dopo decenni dall’esposizione.
Ogni singola dose di radiazione, inoltre, aumenta il rischio individuale
di sviluppare tumori, che sia protratta nel tempo o meno e da qualsiasi
fonte essa provenga.
Nel corso dei prossimi numeri, vedremo gli altri “agenti” ai
quali è sottoposto l’uomo “moderno”. ™
Sara Santolini
Note:
- www.criirad.org/
-www.salute.gov.it/ipocm/resources/documenti/Direttiva_96-29.pdf
- 1000 microsievert= 1 millisievert= 0,001 Siviert
- Direttiva 1999/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22
febbraio 1999, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri concernenti gli alimenti e i loro ingredienti trattati con
radiazioni ionizzanti - http://europa.eu/legislation_summaries/consumers/product_labelling_and_packaging/l21117_it.htm
- www.isprambiente.gov.it
- www.iarc.com