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Il
        sistema elettorale e la democrazia
        di Antonella
        Randazzo per www.disinformazione.it
        - 22 febbraio 2007
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con tono
        assai paternalistico, ci dice, in riferimento alla manifestazione di
        Vicenza, che le "manifestazioni (sono) legittime, ma sono le
        Istituzioni a decidere... E' nel riconoscimento della rappresentatività
        delle Istituzioni elettive che ogni forma di partecipazione deve trovare
        la sua misura".[1]
        Con queste parole il presidente ci fa capire che è inutile manifestare
        contro una decisione non favorevole alla cittadinanza, perché, tanto, i
        rappresentanti politici agiranno sempre sulla base di altri assunti, e
        non sulla base della sovranità popolare. 
Ma la sovranità, anche se si eleggono rappresentanti, non
        rimane comunque del popolo? Non ci viene spiegato che la democrazia è
        il sistema politico in cui il popolo è sovrano? O è sovrano soltanto
        il giorno in cui va a votare?
        Prendiamo l'esempio del titolare di un esercizio che decide di assumere
        un suo rappresentante. Dal momento in cui il rappresentante ha la
        fiducia del suo datore di lavoro, può ritenersi libero di agire come
        vuole o deve sempre avere come riferimento la volontà di colui che lo
        ha assunto? Ovviamente, ogni rappresentate deve dare conto a chi lo ha
        assunto per assolvere alla sua funzione. Perché questo non dovrebbe
        valere anche per i politici? I politici dovrebbero essere obbligati a
        rispettare l'interesse dei cittadini, altrimenti a servizio di chi
        sarebbero?
Anche Adolf Hitler è stato eletto regolarmente. Secondo il
        ragionamento di Napolitano, egli, essendo stato eletto, aveva il potere
        di fare quello che voleva, e il popolo tedesco era obbligato a subire
        passivamente tutte le decisioni del governo. 
        Le parole di Napolitano si fanno pericolose allorché egli giunge ad
        associare la violenza e il terrorismo alle legittime manifestazioni di
        dissenso popolare: "se si nega l'ancoraggio alle Istituzioni si può
        scivolare nella suggestione della violenza come matrice delle decisioni.
        E di lì, si può compiere il passo verso la degenerazione estrema del
        terrorismo".[2]
        
Cosa c'entra la violenza e il terrorismo con la pretesa
        democratica della popolazione di vedere rispettata la sua volontà? 
        Il dissenso non deve essere demonizzato né criminalizzato, ciò avviene
        nelle dittature e non nelle democrazie.  
        Napolitano brandisce il pericolo "terrorismo" come una volta
        ai bambini si gridava all'"uomo nero". Ma i cittadini non sono
        bambini e chi protesta per decisioni che vanno contro gli interessi
        materiali e morali dei cittadini italiani non deve essere considerato un
        potenziale terrorista o un violento.  
        Le parole di Napolitano ci inducono ad un brusco risveglio: quello che
        ci costringe a capire che l'attuale sistema politico è stato costruito ad
        oc per sottrarre la sovranità al popolo, dandogli l'illusione di
        possederla. 
L'attuale sistema politico elettorale è stato introdotto
        per la prima volta nel 1855, nelle colonie inglesi, come Australia e
        Nuova Zelanda, per dare ai popoli l'impressione di avere potere
        politico, ed evitare così che si sollevassero contro l'occupante. Il
        sistema elettorale di stampo anglosassone nacque, quindi, come un modo
        efficace per ingannare e dominare i popoli. Inizialmente, in Gran
        Bretagna, i proprietari terrieri avevano diritto a più voti, mentre i
        contadini e i loro domestici non ne avevano diritto. Col tempo il
        diritto di voto venne esteso a tutti i lavoratori e alle donne. Ma in
        realtà non cambiava granché, perché i due partiti che si contendevano
        il potere erano entrambi a servizio delle classi ricche. Lo stesso
        modello bipartitico veniva utilizzato dagli Stati Uniti. Col passar del
        tempo molti elettori anglo-sassoni si resero conto della truffa, e la
        quantità di coloro che si recavano alle urne diminuiva di anno in anno,
        fino a toccare i livelli bassissimi di oggi (30/40%). 
Alla fine della Prima guerra mondiale, il modello politico
        elettorale era già in grave crisi. Moltissime persone si erano accorte
        che il sistema era facilmente manovrabile da parte di chi deteneva il
        potere economico-finanziario. La democrazia veniva concepita, alla luce
        dei princìpi socialisti e comunisti, come un modello che aveva come
        fine ultimo il benessere dell'intera popolazione, e non gli interessi
        del gruppo egemone. Gli storici Charles e Mary Beard, dopo la grande
        guerra, osservavano che nel sistema elettorale i partiti si erano
        "accampati" come un "esercito permanente".[3]
Il sistema basato sui partiti e sulle periodiche elezioni
        veniva considerato a rischio anche perché i risultati potevano essere
        manipolati attraverso diverse strategie. 
        Ad esempio, una legge elettorale ben congegnata può limitare il numero
        di seggi assegnati ad un determinato partito. In Francia, nel 1958, il
        numero di seggi del Partito Comunista francese (Pcf) si ridusse da 150
        (del 1956) a 
Lo stesso accadde nella Germania dell'ultimo dopoguerra,
        dove già Hitler aveva ucciso nei lager quasi tutti i militanti
        social-comunisti, proprio come gli americani avrebbero fatto in Giappone
        e in Grecia. Il sistema elettorale in Giappone veniva definito come
        "the ballot is the bullet" (la scheda elettorale è una
        pallottola), ad indicare cosa significasse per i cittadini giapponesi
        essere costretti a sottomettersi a quel sistema dopo una terribile
        guerra che aveva prodotto in loro il desiderio di cambiare in modo
        autenticamente democratico il sistema politico. 
         
        Il sistema elettorale diventò, paradossalmente, un modo per impedire ai
        popoli di raggiungere un'autentica democrazia spontaneamente, imponendo
        dall'alto una finta democrazia. La democrazia imposta dall'alto o
        portata con le armi è una tirannia mascherata, e le sue impalcature non
        potranno renderla vera. La vera democrazia è quella in cui il popolo è
        libero di prendere le decisioni migliori per il popolo stesso. 
Negli ultimi decenni il sistema è diventato una sorta di
        "industria elettorale", con agenzie di spin doctors e la mobilitazione mediatica pubblicitaria e
        promozionale, come si trattasse di vendere un prodotto. 
        Il discorso di Napolitano non fa che confermare che questo sistema non
        permette ai cittadini di avere veri rappresentanti. Egli, in altre
        parole, sostiene che nel nostro paese, una volta che sono state chiuse
        le urne, le persone elette possono fare e decidere qualsiasi cosa, anche
        quello che la maggior parte della popolazione rifiuta. Le manifestazioni
        di dissenso popolare sarebbero dunque come un passatempo, dato che non
        possono incidere in alcun modo sulle decisioni del governo. 
Il sistema che Napolitano sostiene ha le medesime
        caratteristiche ovunque. Proprio nel paese che ha creato questo sistema
        politico, 
        Le autorità occidentali hanno esportato il sistema elettorale in molti
        paesi, compresi quelli più tirannici. 
        Le elezioni sono state organizzate anche in piena guerra, in Vietnam,
        come in Afghanistan e in Iraq. La gente votava con i fucili spianati
        addosso e sotto il controllo di chi qualche giorno prima aveva
        bombardato le loro case. In Vietnam le elezioni avvennero sotto il
        controllo delle stesse forze militari che arrestavano arbitrariamente,
        torturavano, uccidevano e deportavano nei campi di prigionia. Occorreva
        far vedere al mondo intero che era stata esportata la
        "democrazia". 
Oggi le elezioni sono diventate veri e propri spettacoli,
        sotto la regia di apposite organizzazioni, che si occupano di tutto:
        dalla lista dei candidati, al metodo di votazione. Tali organizzazioni
        sono corredate da spin doctors,
        una sorta di nuovi maghi della produzione di consenso e fiducia. La
        manipolazione del voto avviene a partire dalla campagna elettorale,
        nella scelta dei temi da discutere, dei personaggi da candidare, nella
        costruzione della personalità dei candidati, ecc.
        L'ambasciatore americano Paul Bremer, in Iraq, si occupò di fissare le
        regole del voto e creò una Suprema Commissione Elettorale, che aveva il
        compito di preparare la lista dei candidati, che però non era pubblica,
        cosicché le persone non potevano sapere chi veniva votato. L'obiettivo
        principale era quello di controllare rigidamente i candidati, curandosi
        di eliminare ogni opposizione, cioè tutti i candidati dei partiti che
        non appoggiavano l'occupazione americana. 
Prima di essere sostituito, Bremer approvò alcune leggi
        che nessuna tornata elettorale può cambiare. Con queste leggi, i
        settori chiave dell'economia irachena rimangono nelle mani delle
        corporation americane. Tutti i governi iracheni saranno sottomessi in
        egual modo ai voleri  di Wall
        Street. 
        Bremer sarà sostituito da John Negroponte, personaggio noto per le
        scorribande criminali che fece nel periodo 1981-1985, quando assoldò
        gli squadroni della morte che torturarono e uccisero migliaia di
        nicaraguensi. 
Negroponte venne assistito da organizzazioni americane che
        vantano una vastissima esperienza di manipolazione delle elezioni. Si
        tratta dell’Istituto Democratico Nazionale per gli Affari
        Internazionali (NDI) e dell’Istituto Repubblicano Internazionale
        (IRI),  che collaborano con
        il National Endowment for Democracy e l’USAID (Agenzia USA per lo
        Sviluppo Internazionale), di cui si è valsa anche 
Mentre alle elezioni in cui venne eletto Chávez erano
        presenti numerose delegazioni e associazioni per controllare le
        operazioni di voto, in Iraq non era presente nemmeno un osservatore
        esterno. Nessuno ha controllato le schede, le operazioni di voto,
        l’integrità delle schede o lo spoglio. Gli unici osservatori ammessi
        erano gli esponenti dell’Istituto Democratico Nazionale, cioè gli
        stessi che avevano organizzato il teatrino elettorale. Nelle città
        devastate (Falluja, Ramadi, Samarra ecc.), in cui gli abitanti sono ad
        oggi in preda alla disperazione, quasi nessuno votò. I seggi furono
        chiusi o rimasero vuoti. Oltre l'80% degli iracheni all'estero non
        votarono, sconcertati per quello che stava accadendo al loro paese. 
Chi crede che i popoli vessati ringrazino gli occupanti per
        aver organizzato le elezioni? Chi è disposto a credere che oggi in Iraq
        o in Afghanistan i cittadini  credano
        che il teatrino elettorale migliori le loro condizioni? 
        La truffa elettorale è ormai chiara a molti, anche ai cittadini
        americani. Ormai tutti sanno che l'attuale presidente americano non è
        nemmeno stato eletto, né nel 2000, né nel 2004, e che entrambi i
        candidati presidenti vengono  scelti
        e pagati dalla stessa élite. Eppure gli Stati Uniti si considerano una
        "democrazia". I loro presidenti, eletti regolarmente oppure
        no, agiscono a favore del potere economico-finanziario, che ha pagato le
        loro campagne elettorali. Sono a servizio di chi li ha fatti eleggere, e
        da moltissimi anni non considerano minimamente le proteste, sempre più
        imponenti, dei cittadini. 
I presidenti americani sono tutti esponenti della classe
        ricca, e per le loro campagne elettorali ricevono molto denaro, entrambi
        i candidati, dalle stesse imprese e dalle stesse banche. L'élite
        economico-finanziaria decide anche il futuro vincitore, che è colui che
        riceve somme di denaro più alte. Oggi il sistema politico americano
        punta sulla spettacolarizzazione della personalità dei candidati.
        Secondo Michel Chossudovsky, la democrazia è come un rito, celebrato
        per dare l'illusione alla gente di contare qualcosa: "Nessuna
        alternativa viene offerta all'elettorato. Il neoliberismo è parte
        integrante della piattaforma politica di tutti i principali partiti
        politici. Come in uno stato monopartitico, i risultati delle elezioni
        non hanno in pratica alcun impatto sull'effettiva gestione della
        politica economica e sociale dello stato".[4]
        Il sistema elettorale bipartitico svuota la democrazia di ciò che
        dovrebbe costituire la sua essenza: il potere politico del cittadino.
        Viene conservata l'apparenza della "democrazia", ma di fatto i
        cittadini hanno lo stesso potere politico che avrebbero in un sistema a
        partito unico, perché entrambi gli schieramenti obbediscono alla stessa
        élite. 
Scrive Peter Gowan: "Una Nuova Democrazia è
        amministrata da grandi proprietari capitalisti che finanziano il
        processo politico e offrono agli elettori una scelta tra leader che
        condividono le stesse opinioni ma hanno uno stile diverso di
        comandare... Allo stesso tempo 
Tutto questo fa capire come mai le elezioni oggi siano
        presenti anche in paesi in cui dominano feroci dittature. Le autorità
        occidentali considerano "democrazie" anche molte dittature,
        basta che ci siano le elezioni. Ad esempio, in Egitto, soltanto in
        apparenza le elezioni danno  modo
        ai cittadini di esercitare potere politico. In realtà, si tratta di una
        farsa per dare legittimità al governo di Hosni Mubarak. Il 26 novembre
        del 2005, giorno in cui si aprivano le elezioni parlamentari, almeno 240
        Fratelli Musulmani vennero arrestati col pretesto della
        "sicurezza". Mubarak difende il suo potere utilizzando brogli,
        repressioni nel sangue e arresti. Come per magia, pur avendo contro la
        maggioranza della popolazione, il Partito Nazional democratico di
        Mubarak vinse. Mubarak si autocelebrava come vincitore prima ancora
        delle votazioni finali del 1° e 7 dicembre 2005. 
Durante le elezioni, l'esercito venne utilizzato in maniera
        massiccia, per arrestare o per impedire di votare alle persone militanti
        nelle organizzazioni islamiche che si oppongono al governo. Il partito
        di Mubarak aveva anche assoldato numerosi teppisti per attaccare e
        spaventare i seguaci dei Fratelli Musulmani. Durante le fasi elettorali,
        un gruppo di 44 intellettuali egiziani scrisse una petizione per
        chiedere al presidente Mubarak di mantenere la promessa elettorale di
        riforme democratiche. Il Documento diceva: "Vistosi brogli
        elettorali e una violenza senza precedenti potrebbero portare al
        collasso del regime e della legittimità dello Stato".[6]
        Hanno firmato il documento importanti esponenti del mondo culturale,
        musulmani e cristiani, fra questi lo storico Abd Al-Wahab Al-Misri, l'ex
        parlamentare Mona Makram Ebeid, l'ex magistrato Tariq Al-Bishri e l'ex
        premier Aziz Sedki. Eppure Mubarak viene ricevuto dalle autorità
        europee e americane come fosse un legittimo rappresentante del suo
        popolo. L'Occidente decide chi considerare dittatore e chi no, ma in
        queste valutazioni non c'entrano nulla i diritti umani e la democrazia.
Durante le elezioni farsa, gli intellettuali egiziani
        denunciarono le ambiguità del governo egiziano e la delusione della
        gente "che credeva nella nascita di un sistema democratico, giusto
        e trasparente". 
        Lo stesso modello elettorale egiziano esiste anche in Afghanistan, Iraq,
        Etiopia, Indonesia, Haiti, Liberia, Congo, Rwanda, Turchia e moltissimi
        altri paesi, in cui le solite persone vengono misteriosamente rielette
        anche quando la maggior parte dei cittadini li disprezza. In Europa e
        negli Stati Uniti le autorità fanno finta di nulla, e trattano questi
        dittatori come fossero rappresentanti dei loro popoli. 
Le autorità occidentali fanno ampia propaganda dei valori
        di libertà e di rispetto dei diritti umani, mentre al contempo
        sostengono e armano governi che calpestano ogni diritto umano, per
        fornire alle corporation manodopera e materie prime a basso costo. 
        La democrazia occidentale sta diventando un modello fittizio, attraverso
        lo svuotamento della sovranità popolare e lo strapotere delle banche e
        delle corporation, che di fatto trattano i politici come loro
        dipendenti.
        Cambiare si può, perché le risorse umane sono illimitate. Senza questo
        sistema iniquo non ci trasformeremo tutti in violenti o in terroristi,
        come Napolitano pensa, ma rimarremo persone dotate di civiltà e di
        capacità di autodeterminazione. Liberarsi da un sistema dominato dalla
        legge del più forte e dalla guerra non può che essere un atto di
        crescita. 
Avremo sicuramente un sistema migliore quando saremo in grado di assumerci la responsabilità nelle questioni fondamentali della nostra esistenza. Come avverte Khalil Gibran: "Se è un despota colui che volete detronizzare, badate prima che il trono eretto dentro di voi sia già stato distrutto. Poiché come può un tiranno governare uomini liberi e fieri, se non per una tirannia e un difetto della loro stessa libertà?[7]
Antonella Randazzo ha scritto Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943, (Kaos
        Edizioni, 2006); 
[1]
            http://www.repubblica.it/2007/02/sezioni/cronaca/base-usa-vicenza-due/napolitano-piazza/napolitano-piazza.html
            [2]
            http://www.repubblica.it/2007/02/sezioni/cronaca/base-usa-vicenza-due/napolitano-piazza/napolitano-piazza.html
            [3]
            Cit. Testi Arnaldo, Trionfo e
            declino dei partiti politici negli Stati Uniti, 1860-1930, Otto
            Editore, Torino 2000, p. 2.
            [4]
            Chossudovsky Michel, Globalizzazione
            della povertà e nuovo ordine mondiale, Ega Editore, Torino
            2003, p. 347.
            [5]
            Cit.  Pilger John, Agende nascoste, Fandango Libri, Roma 2003, p. 64.
            [6]
            Documento citato dall'emittente satellitare Al-Jazeera
            il 28 novembre del 2005.
            [7]
            Gibran Khalil, Il profeta,
            Piemme, Casale Monferrato (AL)  2004.