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I soldati israeliani fanno irruzione in quattro istituti di credito a Ramallah e rapinano milioni di dollari. Per il governo di Tel Aviv è un'operazione contro «i fondi che alimentano il terrorismo». Secondo il premier palestinese Abu Ala si tratta di un attacco «di stampo mafioso»
Palestina,
Sharon assalta le banche
Michele
Giorgio - «Il Manifesto» 26 febbraio 2004
Con
un blitz fulmineo ieri mattina l'esercito israeliano ha preso di mira le
filiali di Ramallah della Cairo-Amman Bank, della Arab Bank e della
Palestine International Bank dove, secondo lo Shin Bet, il servizio di
sicurezza israeliano, sarebbero stati versati fondi dall'estero per
finanziare attacchi armati contro lo Stato ebraico. L'incursione
militare è stato uno shock per l'intera Ramallah, dove le truppe
israeliane non entravano così in profondità da alcuni mesi. Diversi
quartieri della città sono stati messi sotto coprifuoco mentre nelle
strade i soldati hanno replicato sparando ai lanci di sassi e alle
proteste di decine di giovani. I soldati hanno anche perquisito la sede
del Medial Relief, una organizzazione non governativa palestinese che
offre servizi sanitari alla popolazione. Almeno 17 palestinesi sono
rimasti feriti, uno dei quali in modo grave, ha comunicato l'ospedale di
Ramallah.
Ieri sera il centro della città era ancora
presidiato da ingenti forze militari. I reparti israeliani invece non si
sono avvicinati alla Muqata, il quartier generale del presidente Yasser
Arafat. Nelle banche sono stati solo prelevati - secondo quanto riferito
dall'agenzia Ap - tra i 6,5 e i 9 milioni di dollari: sacchi
pieni di banconote sono stati caricati su automezzi e portati a un
palazzo congressi all'ingresso di Gerusalemme. I soldi in un secondo
tempo saranno depositati nella Banca d'Israele. Ieri sera fonti
giornalistiche israeliane hanno detto che al termine del raid è
possibile che la cifra requisita arrivi fino a due milioni di dollari.
È la seconda volta in poco più di un anno che
truppe israeliane fanno irruzione in istituti bancari palestinesi - era
già accaduto a Ezzarieh, alle porte di Gerusalemme - e questi raid
rischiano di minare le fiducia della popolazione nell'unica struttura
finanziaria che ha saputo e potuto sopportare l'urto della crisi
economica nei Territori occupati. I funzionari delle banche ieri
sottolineavano con forte preoccupazione che i risparmiatori potrebbero
adesso ritirare i loro depositi nel timore di nuovi sequestri di fondi
da parte delle autorità di occupazione, portando al crollo del sistema
bancario che peraltro, in questi ultimi anni, ha spesso messo a
disposizione dell'Autorità nazionale palestinese i fondi necessari per
pagare gli stipendi a oltre 100.000 dipendenti pubblici. L'effetto
domino potrebbe rivelarsi catastrofico. Secondo Israele invece i fondi
sequestrati erano destinati a finanziare «attacchi terroristici». I
servizi di intelligence dicono di aver individuato un trasferimento a
Ramallah di somme cospicue destinate a gruppi armati, proveniente con
ogni probabilità dai guerriglieri libanesi Hezbollah. Ma parlano anche
di una indagine sui rapporti fra istituti di carità palestinesi e il
movimento di resistenza islamico Hamas.
«L'operazione militare israeliana contro le nostre banche, che è senza
precedenti nel suo genere, avrà l'effetto di distruggere la nostra
economia», ha protestato il ministro palestinese per i negoziati Saeb
Erekat. «Se Israele aveva dei sospetti circa determinate transazioni
bancarie - ha detto Erekat - poteva rivolgersi a noi, oppure agli
americani». Durissima la reazione del premier palestinese Abu Ala, che
ha accusato il governo israeliano di aver eseguito un'operazione «in
stile mafioso», che come tale dovrebbe essere condannata, trattandosi
di un vero e proprio atto criminale.
Finite le udienze all'Aja, il Muro avanza
Intanto ieri mentre proseguivano, davanti alla
Corte di giustizia dell'Aja, le udienze sulla legalità internazionale
del muro israeliano in Cisgiordania, le autorità militari hanno
annunciato che la barriera verrà «accorciata». Allo stesso tempo sono
cominciati i lavori di costruzione di un nuovo troncone del muro (96 km)
dalla colonia ebraica di Elkana fino alla prigione militare di Ofer (Ramallah).
Il generale Eran Ophir, responsabile dei servizi tecnici e logistici
dell'esercito israeliano, ha detto che la barriera sarà ridotta di 80
chilometri e avrà effettivamente la forma di muro «soltanto» per 37
chilometri, 29 dei quali attorno a Gerusalemme (dove raggiunge gli 8
metri di altezza). Il resto della barriera sarà costituito
prevalentemente da reti metalliche collegate a sensori elettronici.
Intorno a Gerusalemme il muro verrà completato nel 2005.
Arafat mette fuori legge le brigate al Aqsa?
È altissima la tensione tra la leadership di
Al-Fatah, il partito del presidente palestinese Arafat, e le brigate
Al-Aqsa, una costola armata dello stesso partito, nata tre anni e mezzo
or sono con la seconda Intifada. Arafat avrebbe deciso negli ultimi
giorni di mettere fuori legge il gruppo. Dopo l'arresto, l'altra notte a
Gaza, di un esponente di spicco del gruppo armato (aveva rivendicato la
paternità della strage di domenica a Gerusalemme, otto morti israeliani
e decine di feriti) da parte di membri di una unità di elite
palestinese, ieri in tarda serata era in programma una riunione del
Consiglio rivoluzionario di Al-Fatah per decidere sul da farsi. Il
Consiglio rivoluzionario potrebbe decidere lo «scioglimento» delle
Brigate per venire incontro alle pressioni e alle accuse di «alimentare
il terrorismo» che piovono sull'Anp principalmente da Israele e Stati
uniti. Spingere i combattenti di Al-Aqsa verso la «clandestinità»
potrebbe tuttavia provocare l'effetto opposto: rendere i «martiri»
completamente incontrollabili