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Senza petrolio
Tratto da “Internazionale” nr 591, 19 maggio 2005
http://www.internazionale.it/firme/articolo.php?id=9487

Nel 2006 ci sarà una carenza cronica di petrolio: è la fine di uno stile di vita. O la guerra per preservarlo

"Principe, si rende conto dell'importanza di garantire prezzi ragionevoli? Prezzi troppo alti danneggerebbero i mercati", deve aver detto George W. Bush con espressione preoccupata. Il presidente americano sa che il costo attuale è già eccessivo per il mercato e che il sovrano non è sempre disposto a essere ragionevole.
   
Il sovrano è Abdallah, principe reggente dell'Arabia Saudita, ricevuto due settimane fa da Bush nel suo ranch in Texas. I due hanno parlato di petrolio. Di cosa precisamente, forse non lo sapremo mai. Ma immaginiamo per un momento la loro conversazione. Bush: "Principe Abdallah, questa situazione non può continuare! Nel mio paese il prezzo della benzina continua ad aumentare e lei sa bene che l'America è una nazione di automobilisti.
   
Se le cose dovessero continuare così, rischio di perdere la poltrona per colpa del costo della benzina. Sarebbe il colmo. Allora, sia gentile, apra i rubinetti, faccia qualcosa! E non dimentichi che senza di noi non sareste niente".

    Abdallah: "Mio caro George, spiacente, ma siamo al massimo delle nostre capacità produttive. E per favore, non usi toni offensivi, siamo comunque dei partner. Del resto senza di noi, voi cosa sareste? Dei pedoni? In ogni caso mi permetto di rassicurarla. Noi stiamo facendo il possibile per calmare gli altri membri dell'Opec, ma sembra che qualcuno voglia mettervi i bastoni tra le ruote. Quel venezuelano per esempio, Chávez, vi è ostile. Vuole aumentare i prezzi. Parla del barile a cento dollari tra sei mesi e scoppia a ridere, è irritante. E gli iraniani sono dei veri falchi. Non voglio immischiarmi in cose che non mi riguardano, ma ho l'impressione che siano irritati da quando li avete messi sotto pressione con la questione del nucleare".
Scambi del genere – ma meno virtuali – hanno luogo in questi giorni tra i ministeri degli esteri dei paesi produttori e dei paesi consumatori. Di fatto tutte le previsioni sul petrolio sono molto pessimiste. Se da un lato la domanda non si riduce ( la Cina ha sete), dall'altro l'offerta stagna. Ancora peggio, la produzione potrebbe cominciare a ridursi, raggiungendo tra non molto quel famoso peak oil, che vuol dire una delle crisi più gravi della nostra era energetica.
   
Ogni previsione apocalittica ha il suo oracolo, e quello del peak oil si chiama Colin Campbell. Geologo, in pensione ma attivo, vive a Dublino e ha sempre lavorato nella valutazione delle riserve e nella localizzazione dei giacimenti per Amoco, Fina, Bp, Texaco, Shell, ChevronTexaco ed Exxon, e in una dozzina di paesi diversi. Da qualche anno dirige l'Association for the study of peak oil (Aspo), organismo indipendente che analizza tutte le statistiche disponibili sulle riserve di greggio nel mondo. Con le sue ricerche, Campbell è diventato il guru della fine del petrolio. O piuttosto della sua carenza.

    Lo scienziato infatti non dice che il petrolio smetterà di scorrere negli oleodotti tra qualche anno, ne resta ancora molto: "Finora sono stati estratti circa 944 miliardi di barili. Ne rimangono 746 da estrarre nei giacimenti già individuati, in quella che viene definita la riserva accertata. E 142 miliardi in quelle che vengono chiamate riserve da scoprire. Queste cifre vanno messe in relazione con i consumi attuali, tenendo conto del loro aumento".
    Così si vedrà che "il peak oil – cioè una situazione di carenza cronica – arriverà nel 2006". Con tutto ciò che comporterà: aumento rapido e drammatico dei prezzi dei viaggi, dei trasporti, del riscaldamento, dell'agricoltura, del commercio, di tutti i prodotti in plastica. In altre parole è la fine di uno stile di vita. Oppure la guerra per preservarlo.

Gli ottimisti
   
Vediamo adesso lo scenario dei petro-ottimisti. Le compagnie dicono di non aver problemi, che le loro riserve non diminuiscono e non aumentano. La Bp ha affermato che secondo i suoi calcoli "ai ritmi attuali di consumo, nel mondo rimangono riserve di greggio per quarant'anni".
   
Dimentica però di dire che il ritmo dei consumi non rimane "attuale" ma cresce vertiginosamente. Inoltre le società del settore dicono spesso il falso ed è probabile che alcune delle più grandi abbiano gonfiato i dati sulle loro riserve per soddisfare gli azionisti.
    A loro volta i governi non hanno alcun interesse ad allarmare inutilmente i cittadini. Chi si assumerebbe il rischio di annunciare agli elettori che un litro di super senza piombo costerà cinque euro nel 2010? L'Agenzia internazionale dell'energia (Aie), portavoce dei governi, stima che il peak oil arriverà tra il 2013 e il 2037. Come si può vedere la forchetta è molto vasta: il petrolio rende folli e la paura che finisca provoca stime sempre più opposte, come se i protagonisti si preparassero alla battaglia finale.
   
In questi giorni in Venezuela ci si appresta a trivellare il petrolio pesante dell'Orinoco. Un petrolio così denso che finora si riteneva impossibile da portare in superficie. La forza di aspirazione necessaria è tale che ci vuole molta energia per far girare le macchine. Molta energia, cioè molto petrolio


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