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La
sbornia dell’11 settembre
di
Carlo Bertani - 18 settembre 2006
“Il se ed il ma sono il pane dei grulli”
Proverbio
toscano
Dopo le commemorazioni di rito per l’attentato “che ha
cambiato il mondo”, dopo i mille “speciali” dei TG nazionali, dopo
gli “esperti” che ci hanno mostrato anche l’ultimo pelo
nell’uovo della vicenda (dov’erano durante la guerra in Libano?),
dopo la retorica e la mistificazione, l’incenso e la polvere, cosa
rimane?
Una sensazione d’inadeguatezza, confusione, sconcerto: la classica
“sbornia mediatica”.
Ma, veramente, qualcuno ritiene di poter scrivere la verità sugli
attentati dell’11 settembre 2001? Ci sono persone le quali ancora
credono che, sapere tutta la verità su cosa successe, cambierebbe
qualcosa? Conoscere i retroscena della vicenda muterebbe l’oggi?
Confesso che l’argomento mi ha appassionato assai poco,
giacché chi ha vissuto la stagione italiana delle bombe e degli
attentati, delle BR e dei servizi segreti deviati non ci ha messo molto
a capire che si tratta del solito polverone, del medesimo garbuglio
storico già visto tante volte, delle comuni mezze verità raccontate
per alimentare per anni i “cercatori della verità”, che a loro
volta finiscono proprio per essere utilissimi – nella miglior buona
fede – per chi desidera nascondere la verità.
Apparente contraddizione? No, perché le “verità” importanti sono
altre, e non serve andare a squartare il capello in quattro per
verificare se gli attentatori fossero proprio quelli indicati, se gli
aerei furono proprio quelli, se nessuno sapeva nulla, se, se, se…
Per gli amanti della Storia, possiamo citare alcuni eventi
che illuminano quanto sia pieno di sfumature e contraddizioni ciò che
ci raccontano.
Garibaldi
fu il conquistatore del Regno delle Due Sicilie? E come fece a
raggiungere Marsala – con due piroscafi praticamente rubati – se a
contrastarlo c’era
Semplicemente perché nel porto di Marsala erano ormeggiate
– casualmente – due fregate britanniche. Quando le navi borboniche
giunsero nel luogo dello sbarco, non riuscirono a far molto per il
timore di colpire i due legni inglesi – che a loro volta avrebbero
chiamato qualche “fratello maggiore” della Flotta del Mediterraneo
britannica – e Garibaldi riuscì ad inoltrarsi nell’interno
indisturbato. Successivamente, parecchi alti ufficiali borbonici si
fecero corrompere – ma qui entriamo già in aree dubbie – mentre la
presenza delle due navi inglesi è inconfutabile. Molti, però,
continuano a ritenere l’impresa dei Mille una semplice combinazione di
coraggio e fortuna, mentre dietro all’impresa c’era la precisa
volontà britannica, che vedeva in un futuro (e relativamente debole)
stato italiano un contrasto all’espansione francese nel Mediterraneo.
Spicchiamo un salto di quasi un secolo ed atterriamo a Pearl
Harbour il 7 dicembre del 1941, quando gli aerei giapponesi stanno
per attaccare le corazzate americane alla fonda. Nessuno sapeva nulla
delle sei portaerei dell’ammiraglio Nagumo, che avevano attraversato
completamente indisturbate il Pacifico?
Gli americani sapevano che le navi giapponesi erano scomparse dal loro
ancoraggio nella baia di Hitokappu – nelle isole Kurili, Giappone settentrionale – il 23
di novembre[1]:
quando si presentarono alle Hawaii erano due settimane che lo Stato
Maggiore Americano le aveva perse di vista. Tutto ciò avveniva proprio
mentre Roosevelt attendeva una risposta all’ultimatum posto al Giappone,
nel quale gli USA fissavano le quantità di materie prime (ferro,
carbone, petrolio, ecc) che l’Impero del Sol Levante avrebbe potuto
importare: Washington attendeva una risposta che poteva significare solo
pace (ossia completa sottomissione) oppure guerra. E persero di vista
per due settimane l’intera squadra di portaerei giapponesi?
Di più: l’ammiraglio Chester
Nimitz – a quel tempo addetto alle operazioni navali a Washington
– bramava per avere un comando in mare: l’occasione di Pearl Harbour
gli consentì di superare l’ostracismo del presidente Roosevelt verso
la sua persona, e “scalzò” lo sfiduciato Kimmel
dalla poltrona di comandante della Flotta del Pacifico.
In questo caso, addirittura, ci furono più elementi a giocare a favore
della sorpresa giapponese: la necessità di Washington d’entrare in
guerra per dare finalmente la scalata al potere planetario ed anche un
competitore interno che – pur di raggiungere quella poltrona –
possiamo ipotizzare che “tifasse” giapponese.
Alberto Franceschini
– uno degli storici fondatori delle BR – afferma nel suo libro[2]
di memorie che riuscirono a scampare più volte alle trappole tese loro
dalle forze dell’ordine, grazie alle “soffiate” ricevute niente di
meno che dal Mossad. Quando furono catturati nel 1974, nei pressi di Pinerolo,
erano di ritorno da Roma dove s’erano recati per preparare un agguato
a Giulio Andreotti. Allora
non esistevano i telefonini, ed un loro compagno che puntualmente
ricevette la “soffiata” non riuscì a contattarli per avvertirli del
pericolo prima che giungessero in Piemonte, dove i Carabinieri li
attendevano.
Forse il Mossad riteneva che una sorta di “tanto peggio,
tanto meglio” – vista la politica sfacciatamente filo-araba
dell’Italia – potesse aprire la porta a soluzioni autoritarie più
favorevoli per Israele, oppure colui che forniva le “soffiate” –
sempre che Franceschini racconti la verità – usò la “copertura”
del Mossad per proteggere le sue vere fonti?
Come si può notare, nonostante queste coincidenze, non è
possibile dimostrare nulla: nessuno può sostenere un diretto
coinvolgimento della Gran Bretagna nell’impresa dei Mille né, tanto
meno, affermare che Nimitz si
guardò bene dal rendere pubbliche eventuali informazioni in suo
possesso. Chi era l’informatore delle BR? C’era veramente il Mossad
dietro alle “soffiate”?
Stupisce osservare come tanti commentatori si consumino per dimostrare
un coinvolgimento diretto dell’amministrazione Bush
negli attentati dell’11 settembre, per un semplice motivo: anche se
così fosse – ossia se gli USA avessero avuto proprio bisogno
dell’attentato per partire alla conquista delle aree di produzione
petrolifera – non avevano nessuna necessità di “sporcarsi le
mani” e compierlo loro stessi.
Stupisce ancor più costatare che nella trappola cascano
esperti giornalisti italiani: ma, abbiamo dimenticato cosa successe nel
nostro paese fra il 1969 ed il 1980? Chi ha saputo indicare gli autori
dell’attentato di Piazza Fontana? Dopo i vari processi-farsa, dopo Valpreda, Freda, Ventura,
Giannettini, Zorzi…cosa
rimane?
Nel giugno del 1980 un DC-9 sparì dagli schermi radar, e dai tabulati
di tutti gli aeroporti del Tirreno scomparvero contemporaneamente tutti
i tracciati radar di quella sera maledetta. Si trattò di una
coincidenza del tutto normale? Pochi giorni prima o dopo (nessuno è
nemmeno più in grado di sostenere con certezza una data!) un Mig libico
si schiantò sulla Sila. E’ un fatto del tutto normale: i Mig libici
ogni tanto cascano, cadono dove fa loro comodo.
Insomma, che questa gente ci sta prendendo in giro da
decenni lo sappiamo, ma se commettiamo l’errore di correre dietro ai
“fatti” – ossia al sofisticato caleidoscopio delle informazioni e
delle smentite, dei processi, delle sentenze emanate e poi annullate,
delle “gole profonde” e dei “dossier” segreti – sapete cosa
combiniamo? Ci dissanguiamo in un assurdo teatrino, nel quale noi
corriamo come pazzi per dimostrare la loro cattiva fede, mentre loro se
la ridono beati e preparano per tempo la nuova “rivelazione”, il
nuovo “agente all’Avana”, l’ennesima imitatrice di Mata
Hari. E ci prendono per il sedere alla grande.
Qualcuno pensa veramente che, se gli USA avevano bisogno di un attentato
eclatante per dare il via alla danza della guerra, dovevano per forza
crearsi i “mostri” in casa? Dovevano andarli a pescare proprio dalle
parti del socio in affari del presidente, nei rapporti fra il Saudi
Binladin Group e la famiglia Bush?
Suvvia, signori, non crediamoli troppo fessi. Per fare queste cose non
è necessario “fare”, è sufficiente “lasciar fare”.
Da qualche parte, nel pianeta, esisterà pure il più scalcinato gruppo
terrorista del Medio Oriente – che so io…il “Donald Duck Fan
Club” della valle della Bekaa – che si propone d’affondare la
corazzata USA distruggendo tutte le copie esistenti dell’odiato
“Topolino”. Basta lasciarli fare: è sufficiente fornire loro i
mezzi economici e qualche “buon consiglio”. I buoni consiglieri
militari non mancano mai: sono lì apposta per consigliare…
Basta spostare l’attenzione da Topolino ad un altro
obiettivo…fornire un po’ di soldi…il necessario
addestramento…fatto!
Dopo, si può gridare ai quattro venti che l’Islam ha colpito
l’Occidente – come se i quattro scalzacani fossero l’Islam – e
dare inizio alle grandi operazioni militari su larga scala. E chi glielo
fa fare di preparare loro stessi una simile pantomima?
Di più: lasciano filtrare anche vecchi piani “segreti” dove si
narra di missili contro il Pentagono, contro Paperino, contro Marte…e
noi: giù per la china a correre loro dietro!
Piuttosto, la domanda da porre ai sostenitori della politica USA è:
com’è possibile che la prima potenza mondiale – che può contare
sull’FBI, sulla CIA, sui servizi di spionaggio e controspionaggio di
Esercito, Marina, Aviazione e Marines e sulla rete consolare più
ramificata del pianeta – non sia riuscita a sapere nulla del più
eclatante attentato terroristico mai compiuto?
Questa domanda – solo apparentemente retorica – ne
trascina una seconda: è sulla stessa rete d’informazioni e di
elaborazione dei dati che poggia la cosiddetta “guerra al
terrorismo”? In altre parole, è sotto il comando della stessa gente
che le truppe ed i servizi di molti paesi dovrebbero contrastare il
terrorismo mondiale? No, ditelo subito se è così, perché sarebbe
meglio – a questo punto – chiamare subito il Mago Zurlì ed
affidargli seduta stante tutta la faccenda.
Il tranello nel quale cade chi si presta a correre dietro a queste Fate
Morgane è quello di farsi dare dell’idiota, del fantasticatore, del
cantastorie e del terrorista in
pectore da gente che dovrebbe invece rispondere dei massacri di
Falluja e di Haditha, di Abu Graib, del disastro afgano, del nuovo
“polpettone” in salsa ONU del Libano, della Jugoslavia, del
Ruanda…dov’erano lor signori mentre migliaia di persone ci
lasciavano la pelle per le loro belle pensate? Forse a preparare
l’ennesima notizia/bufala da far filtrare abilmente per gli sciocchi
che amano reti, ami e nasse mediatiche?
Se vogliamo tracciare le future linee della politica
internazionale, non le troveremo certo andando a rovistare negli archivi
che
L’unica vera notizia è che il prezzo dell’energia aumenta a ritmi
superiori al 15% annuo, perché sugli ultimi 50 anni d’estrazione
petrolifera vogliono giocarsi tutto, fino all’ultimo centesimo.
Passare alle rinnovabili? Perché farlo oggi quando c’è ancora tanto
da lucrare?
I contratti d’estrazione del petrolio iracheno erano nelle mani di
Francia e Russia? OK: facciamo una bella guerra all’Iraq e prendiamoci
‘sto petrolio. Punto. Cosa serve? Un po’ di polverone mediatico? E
che ci vuole…date a Powell due fialette d’acqua distillata,
scriveteci sopra “Antrace” e mandatelo all’ONU, ci cascheranno
come degli idioti…
Per contrastare il passaggio d’eventuali oleodotti verso
L’Iran vende il suo gas alla Cina e con i dollari che guadagna compra
tecnologia da Mosca? Cosa si può trovare per bombardarlo? Costruiscono centrali
nucleari? E voi raccontate che costruiscono bombe
nucleari, tanto la gente quando sente la parola “nucleare” si
spaventa e chiude le orecchie.
Il Pakistan ci ha costruito sotto gli occhi degli ordigni nucleari ed i
relativi missili per la consegna? Perché, cosa c’entra il Pakistan?
C’è petrolio in Pakistan?
No, in Pakistan abitano Bin Laden ed Ayman Al Zawahiri, ma non ce ne frega niente. Bin Laden era a libro paga della CIA? Ma lo sanno tutti, che notizia
è? Iniziò in Afghanistan, poi in Bosnia ad organizzare i battaglioni
dei mujaiddin, mentre l’inviato di Clinton
– William Burns – compiva
un lungo tour fra i clan dell’Albania e del Kosovo per preparare il
gran finale del decennio balcanico, la guerra contro
Intanto, nel
Anche in questo caso – però – giungere a concludere che oggi
Al-Qaeda è a libro paga di Washington è un azzardo che non si può
dimostrare, perché il miliardario saudita ed il medico egiziano hanno
probabilmente deciso semplicemente di mettersi in proprio. Eh, dopo
tanti anni “a bottega” il mestiere l’abbiamo imparato: se c’è
da combattere almeno proviamo a farlo per qualcosa che renda – magari
io mi prendo Ryad e tu Il Cairo, che ne dici Ayman? – mica per
riempire le tasche delle corporation di quel bellimbusto di George.
Perché hanno deciso di mettersi in proprio?
Osserviamo chi ha debiti e chi invece ha crediti nel pianeta, chi
vorrebbe acquistare beni e servizi con quei crediti e chi vorrebbe
invece calmierare la sua situazione debitoria con i crediti altrui.
A quanto ammonta il debito pubblico italiano? All’incirca al 110% del
PIL, qualcosa come 1.400 miliardi di euro. Bel colpo.
E quello americano?
Sommando il debito interno, quello con l’estero e l’indebitamento
delle famiglie americane potremmo ipotizzare una cifra fra i 15.000 ed i
20.000 miliardi di dollari, un voragine. Francia e Germania stanno un
poco meglio, ma circa mille miliardi di euro di debito li hanno
anch’esse sul groppone.
Chi ha dei crediti?
La consistenza delle riserve di petrolio nel Medio Oriente ammonta a
circa 700.000 milioni di barili[3]
– ed è una cifra molto prudente, senz’altro sottostimata – che
tradotti in dollari ad un prezzo medio di 70 $/barile fanno la
rispettabile cifra di 49.000 miliardi di dollari, ossia quanto basta per
“rimpinguare” l’immaginario conto in banca dell’Occidente e
tornare ad osservare il mondo “in rosa”. C’è poi il gas naturale,
e circa un terzo del metano presente nel pianeta è sempre da quelle
parti: altre migliaia di miliardi di dollari.
E, attenzione: quelle riserve sono beni, non pezzi
di carta di dubbio valore, sono il motore con il quale alimentare il
pianeta nei prossimi 40 anni (forse meno, ma non ha soverchia
importanza).
Avendo la possibilità di mettere le mani su un simile tesoro, c’è da
preoccuparsi su come accendere la miccia che consentirà di mettere le
mani sul malloppo?
A fronte di simili cifre tutto torna comodo: grattacieli, navi,
attentati vari…anche un pestone su un callo al presidente USA può
essere utile per rimpinguare la sciaguratissima economia americana e
l’asfittico sistema produttivo europeo.
In definitiva, il lupo perde il pelo ma non il vizio: dopo aver
trascorso quattro secoli a depredare le ricchezze altrui, USA ed Europa
tornano sui loro passi e riprendono l’andazzo coloniale e neocoloniale
che, tradizionalmente, ha sempre dato buoni frutti.
Iniziarono subito dopo la scoperta delle Americhe con il
cosiddetto “triangolo degli schiavi”: le navi europee portavano
mercanzie di scarso valore in Africa, le scambiavano con gli schiavi
neri razziati dagli arabi, poi prendevano il mare per le Americhe e
scambiavano la carne umana con zucchero, cotone, tabacco, ecc. che
rivendevano in Europa.
Con quella bella trovata campammo tre secoli: l’esperienza qualcosa
insegna. Dopo, venne la stagione dell’energia: lo scambio di petrolio
contro dollari, tecnologia ed armi segue praticamente lo stesso schema.
L’unica cosa da non permettere è che qualcuno che possiede
l’energia sia in grado di trasformarla in tecnologia, altrimenti il
giocattolo – il nuovo “triangolo degli schiavi” – si rompe: vedi
la questione iraniana.
Per mantenere in vita il nuovo “triangolo” servono
delle truppe d’occupazione? Pazienza, si raccattano negli slums
di New York i poveracci – come un tempo venivano raccattati nei
bassifondi di Liverpool
per schiaffarli in India – e con un po’ di fregnacce li si convince
che l’Iraq non è poi tanto male: tanto, quando ritorneranno in un
sacco di plastica non potranno più obiettare. I soldati USA in Iraq
sono i nostri eroi: sono loro che consentono alla massaia americana di
comprare pane e latte anche domani.
Per la stessa ragione, l’unico accordo che sta bene agli
occidentali è quello con i paesi arabi “moderati” (e Musharraf?), ossia con quei dittatori (Mubarak, gli Al-Saud,
ecc) che non si fanno problemi di “democrazia” pur di vivere nel
lusso sfrenato che la corruzione occidentale loro concede.
Chi si oppone alla legge dei colonialisti viene via via
accusato di terrorismo, di non essere “democratico”, d’essere uno
“stato canaglia”, mentre i sauditi che continuano a tagliare le
teste dei condannati a morte in piazza – come nel Medio Evo – non
sono mai menzionati.
Perché Ryad non è uno “stato canaglia”?
Poiché i sauditi – dopo gli accordi che misero fine ai contrasti
degli anni ’70 – compresero che per vivere tranquilli bastava
vendere il proprio petrolio in dollari e riconsegnare gli stessi dollari
ai grandi gruppi finanziari ed alle corporation americane – questo è
il senso dei petroldollari – cosicché Washington scambia il petrolio
con della pura e semplice carta.
Di più: se domani, per caso, Ryad meditasse di cambiare
alleato, verrebbe accusata subito di terrorismo e si vedrebbe congelare
all’infinito le enormi ricchezze che ha negli USA. 15 degli
attentatori dell’11 settembre erano sauditi? Ma davvero? Cheney
mi ha raccontato che erano tutti iracheni, ed io credo a Cheney: è il
miglior amico di papà.
Queste sono le ragioni che stanno alla base di Al-Qaeda, che non lavora
per l’Occidente, anche se in passato lo ha fatto perché i suoi
interessi e quelli USA coincidevano. Finché c’era da ricevere
rifornimenti ed armi dagli USA per combattere i russi od i serbi tutto
filò liscio, ma quando s’iniziò a parlare di petrolio la questione
divenne più complessa.
Osama Bin Laden
sentenziò che i mujaiddin non dovevano colpire gli impianti
petroliferi, perché – a suo dire – rappresentano la fonte di
reddito della futura nazione araba che vorrebbe edificare. In Iraq
vengono attaccati gli oleodotti per rallentare l’esportazione del
greggio iracheno verso gli USA e l’Europa, ma non vengono attaccate le
aree di produzione: la ragione della guerra è tutta qui, ed il
vincitore potrà mettere le mani su un gruzzolo che non riusciamo
nemmeno a quantificare in beni. Con 49.000 miliardi di dollari ci si può
permettere d’acquistare 200 milioni di Ferrari, centinaia di flotte
mercantili o militari, addirittura degli Stati, tutto compreso nel
prezzo.
Ovviamente, tutti sono interessati a questo piatto di
poker: arabi ed europei, americani e russi, giapponesi e cinesi; tutti
“lavorano” in qualche modo per raggiungere i propri scopi. Non
crederemo mica che
La guerriglia in Iraq va avanti da anni, e ci raccontano
che sono “poche migliaia” di fanatici che tengono in scacco con il
terrorismo il più potente esercito del pianeta. Prima considerazione:
se fossero veramente “poche migliaia” di terroristi, l’Iraq oramai
sarebbe più tranquillo di un cantone svizzero; è evidente a tutti che
così non è.
Domanda: chi rifornisce – da anni – la guerriglia irachena con
esplosivo, munizioni, lanciarazzi RPG, missili contraerei spalleggiabili
ed infine la merce più preziosa, ossia i dollari per vivere e
corrompere?
Risposta: chi non vuole consegnare nelle mani USA la fonte
primaria d’energia del pianeta.
Vogliamo i nomi ed i cognomi?
Ecco dove inizia il campo minato, perché nessuno – nel sottobosco
internazionale dei servizi segreti – vi racconterà mai la verità:
anzi, racconteranno soltanto ciò che a loro conviene in quel momento.
Qual è l’obiettivo di Europa, USA e Giappone? Garantire un flusso
costante di petrolio, possibilmente a prezzi non esorbitanti. Qual è
l’obiettivo degli arabi e della Russia? Regolare i flussi e mantenere
il prezzo il più elevato possibile. Qual è l’obiettivo della Cina?
Sottrarre petrolio all’Occidente per alimentare la “fame”
d’energia del nuovo colosso industriale del pianeta. Mescoliamo in un
bussolotto i tre ingredienti, con tutti i loro derivati, ed osserviamo
il risultato: le briciole di questi colossali interessi sono sufficienti
ad alimentare terrorismo e guerriglia per decenni.
Veniamo ora all’ultimo atto, ossia al nostro “armiamoci
e partite” verso il Libano: ci siamo illusi d’andare in Libano al
comando della missione, ma quando i francesi hanno mostrato il cappello
di Napoleone ci siamo debitamente inchinati; comme
vous voulez, mon colonel.
Subito si sono levate voci accusatorie: gli italiani vanno a fare gli
scagnozzi per gli americani in Libano!
A parte il fatto che andiamo a farlo per i francesi, non mi sembra
proprio che gli interessi della Francia e degli USA coincidano
perfettamente. Dopo essere stata scippata del petrolio iracheno,
Quali sono gli obiettivi?
Troppo presto per dirlo: senz’altro, però,
Una prova che l’attuale momento è un periodo d’attesa ce lo
fornisce una fonte affidabile: il prezzo del greggio, che è in calo. Se
fosse in preparazione il grande assalto a Siria ed Iran, i future sul greggio sarebbero così bassi?
In definitiva, il cui
prodest non fornisce prove concrete, ossia nomi e cognomi, mentre
“l’andar per prove” significa soltanto assaggiare ad uno ad uno
l’infinita serie di esche che i nostri amabili governi ci preparano
tutti i giorni.
Chiediamo ai nostri magistrati – senz’altro preparati e con molti
mezzi a disposizione – com’è finita la “partita” per chiarire
Piazza Fontana, Brescia, l’Italicus, Bologna, Ustica…chiediamo loro
se sono riusciti a ricostruire un quadro coerente di quegli avvenimenti.
A parte Vinciguerra, reo
confesso della strage di Peteano, ed una condanna per la strage di
Bologna assegnata alla banda Fioravanti – una sentenza che lascia
parecchi dubbi ancora aperti – nulla.
Almeno, chi scelse il cui
prodest qualche idea di cosa avvenne riuscì a farsela, ma nessuno
se la sentì d’interrogare ad uno ad uno i componenti della famosa
“lista” della P2 ritrovata a villa Wanda – in quel di Castiglion
Fibocchi – l’abitazione di Licio
Gelli. C’era la “crema” della Repubblica.
Anzi, ai due magistrati che scesero da Milano a Roma per consegnare la
lista della P2 nelle mani dell’allora ministro Forlani,
il leader democristiano rispose “che, in quei casi, era consuetudine
che lo Stato fornisse il volo di ritorno con un aereo di Stato: ma non
era quello il caso”. Che caso.
Nemmeno il viaggio di ritorno si videro pagare i due magistrati che
erano “andati per prove”: i miei più sinceri auguri a chi desidera
calcare quei sentieri.
Carlo Bertani bertani137@libero.it www.carlobertani.it