Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
- Pagina
massoneria
- Pagina religione
I due
San Giovanni – Il culto solare
Tratto
“Il libro del vero massone”
Noi
abbiamo più volte visto errare un sorriso di ironia e quasi di
compassione sulle labbra di molti neofiti, i quali, non ancora abituati
a riflettere ed a cercare la ragione recondita delle cose e delle forme,
che permangono, malgrado i tempi e le innovazioni, non sapevano
concepire come mai in un istituto, che fa guerra ad ogni credenza
volgare, potesse durare il costume, difeso pertinacemente dai più
esperti Massoni, di raccogliersi, come una confraternita di barbieri o
di falegnami, sotto il patrocinio dei santi.
Non sarà male che quei neofiti sappiamo perché i Rosacroce, che pur
erano spiriti lati e liberi e nemici di ogni credenza irragionevole e
superstiziosa, lasciassero all’Ordine, e l’Ordine mantenga ancora, i
due Protettori.
Altrove
abbiamo accennato fugacemente che i due patroni delle Loggie massoniche
si festeggiano, l’uno al solstizio d’inverno, l’altro a quello
d’estate, rilevando perciò come essi, per
Si può forse ammettere che solamente per caso i patroni delle
Confraternite Costruttrici fossero i due santi, che il calendario
religioso festeggia ai solstizi? Che solamente per caso, o così come
senza pensarci, i Rosa-Croce li conservassero? Il buon senso risponde di
no: quindi la necessità di investigare e concludere. Le vecchie
confraternite avevano ereditato dalle istituzioni iniziatorie e dagli
antichi collegi, specialmente Greci e Romani, l’uso di festeggiare i
solstizi, per festeggiare la natura che, in quelle epoche dell’anno,
sente rinvigorirsi od indebolirsi la forza del suo maggior ministro, del
sole, il quale comincia allora a rimanere di più o di meno sul nostro
emisfero, cioè comincia a nascere o comincia a morire. Le religioni,
oltre alle feste solstiziali, si erano tramandate dall’una all’altra
quelle degli equinozi, nelle quali si festeggiavano, con grida di gioia,
a quello di primavera, il sole che arditamente ascende nei cieli, e
scalda e feconda ed infiamma d’amore l’universo; e si celebrava, a
quello d’autunno, con pianti e gemiti di dolore, il sopraggiungere
della tenebra, che vince la luce. Johannes è forse corruzione e
derivazione del vecchio Janus, bifronte, che ha in mano le chiavi, con
le quali apre o chiude le porte dei cieli “ianua coeli” del vecchio
Giano che ritorna, sotto il nome di Pietro, al quale ed ai suoi
successori, i sommi pontefici, i cristiani hanno attribuito le chiavi
per aprire o chiudere il tempio della grazia divina e della beatitudine
eterna; ed i pensatori ritengono perciò i due Sangiovanni simboli dei
solstizi, che sono veramente le porte dei cieli: inoltre anche ritengono
che la doppia fronte del nume, il quale volge gli occhi tanto al passato
che al futuro e dai cui quei santi derivarono il nome, sia l’emblema
del pensiero massonico che deve contemporaneamente guardare indietro e
avanti, perché è indispensabile tener conto degli insegnamenti del
passato e dell’esperienza, per preparare all’umanità le vie del
progresso nell’avvenire.
E
bene a ragione, se i due Sangiovanni sono simboli dei solstizi e quindi
emblemi del culto solare, la Massoneria li ha conservati come patroni,
essa che si fonda sulle dottrine delle antiche istituzioni iniziatorie
ed ha, come tutte quelle avevano, per suo obietto fondamentale lo studio
ed il culto della natura.
Nelle vecchie teogonie, talvolta sotto leggende involute ed oscure,
tal’altra sotto emblemi semplici e trasparentissimi, tutta la credenza
si riassume nei menomi naturali e più segnatamente nei corsi apparenti
del sole. Platone diveva che i Greci, fin dalla più remota antichità,
adoravano il sole, la luna e gli astri; né si accorgeva che anche ai
suoi tempi conservavano i medesimi Iddii sotto i nomi di Ercole, Bacco,
Apollo, Diana, Escupalio: i Romani deridevano le divinità adorate sulle
sponde del Nilo e proscrivevano, o poco veneravano, Anubi, Iside, Se
rapide; e nondimeno li adoravano anch’essi sotto i nomi e le forme di
Mercurio, Diana, Cerere e Pluto. Nel Cristianesimo si svolge questa
leggenda: un dio nasce da una vergine al solstizio d’inverno, muore e
resuscita all’equinozio di primavera, dopo esser disceso alle regioni
infernali: ha un corteggio di dodici apostoli, che ricordano i 12 mesi
dell’anno, o i 12 segno dello zodiaco, condotti da un capo che ha
tutti gli attributi del vecchio Giano. Questo Dio si incarna in una
vergine al solstizio di inverno, quando il sole comincia a rinascere;
grandeggia nel sacrificio e vince le tenebre dell’inferno,
all’equinozio di primavera, quando il sole si solleva nei cieli, e la
nascita ed il sacrificio e la resurrezione ed il trionfo avvengono per
redimere l’umanità dal malo spirito, che, sotto le forme del
serpente, il quale nelle antiche credenze egiziane assumeva il nome di
Tifone, aveva indotto una donna a disobbedire al comando di Dio,
introducendo così nel mondo il disordine e il peccato. La donna era
stata creata con l’uomo al sesto giorno, cioè, sciogliendo
l’allegoria della Genesi, alla fine del tempo nel quale la natura si
era tutta ordinata, e dal suo fecondo seno erano usciti i più preziosi
prodotti ed appariva come un meraviglioso giardino, che gli Ebrei
chiamarono Eden, forse corrompendo il nome Eiren, col quale questo luogo
di delizie, ricolmo di bellezze e di beni, era designato dai Magi. Così,
decorsi i primi sei giorni della creazione, giunti al principio degli
altri sei, apparisce l’albero del bene e del male, cioè s’inizia
l’azione del principio malefico, la natura comincia a disordinarsi,
finché, più tardi, il serpente, simbolo di Tifone, induce l’uomo al
peccato, ed il principio del male trionfa; cioè l’inverno ed il
freddo, e la desolazione ed il pianto invadono la natura; il sole è
breve e languido sul nostro emisfero, finché non torni a rinascere, nel
solstizio d’inverno, non torni a rinascere dalle regioni infernali ed
a trionfare con l’Ariete con l’Agnello all’equinozio di primavera.
In quel tempo si celebra anche oggi la Pasqua, che significa
“passaggio”, cioè il punto in cui il sole passa ai segni superiori
dello zodiaco e torna ad illuminare e fecondare il creato: “Ecce
Agnus Dei qui tollit peccata mundi”
A
confortare queste nostre osservazioni riproduciamo ils seguente brano di
un discorso pronunciato il 27 dicembre 1884 a Parigi dal Fratello
Leblanc del Supremo Consiglio dei 33
“Da tempo immemorabile i
Fratelli Massoni si intitolavano: Massoni di S. Giovanni, Massoni liberi
di S. Giovanni, Fratelli di S. Giovanni; e la loro corporazione era
spesso designata col nome di Confraternita di S. Giovanni”
Le
riunioni o gruppi di operai massoni chiamavansi Loggie di S. Giovanni.
Questo vocabolo era divenuto sinonimo di quello di Officina ove si
insegnava e si praticava l’arte di tagliar la pietra.
Il patronato di S. Giovanni si è trasmesso fino a noi. Per chi vuole
andare al fondo delle cose, esso costituisce un’intera rivelazione
sulla natura delle idee religiose professate nelle Loggie.
Adottando questo
vocabolo, i nostri padri, o almeno i più intelligenti fra loro, quelli
che dirigevano, non avevano ubbidito semplicemente ad un’idea pia
conforma all’opinione del tempo; essi continuavano, sotto il nome di
S. Giovanni, l’antico culto filosofico di Giano, dio della pace,
protettore, nell’antichità pagana, dei collegi degli architetti e
degli operai, le cui feste celebravansi
nei solstizi, come quelle di Giovanni Battista e di Giovanni
l’Apostolo, onorati dalla Chiesa il 24 giugno e il 27 dicembre.
Sembra provabilissimo che se i Massoni avessero voluto prendere un santo
nella Chiesa cattolica per loro patrono, essi avrebbero almeno designato
con esattezza quello che sceglievano. Al contrario essi rimangono nel
vago: si dicono Fratelli di S. Giovanni: ma di qual S. Giovanni? Del
Precursore o dell’Apostolo Evangelista? Essi non se ne curano e
solennizzano indistintamente la memoria di questi due personaggi: il San
Giovanni d’inverno e il San Giovanni d’estate.
In
realtà essi celebrano i solstizi, perché il fondo del loro culto, come
quello degli iniziati in ogni tempo, consiste nella venerazione della
gran madre natura, e le loro feste sono quelle del loro benefico sole,
nei suoi due apogei. Il loro dogma è la ragione simboleggiata nello
studio della geometria, rappresentata dalla squadra, dalla riga e dal
compasso.
La loro morale è la più dolce di tutte, la morale di pace, rincarnata
nel vecchio Giano a due facce, che la Chiesa Romana, in quel periodo
indeciso, sì bene denominato periodo di paganizzazione del
cristianesimo, ha continuato a deificare ad ogni solstizio sotto il nome
dei sue San Giovanni.
Per
conto nostro aggiungiamo: che tutti i popoli, verso il 25 dicembre, cioè
al solstizio d’inverno, celebrano feste in onore di un dio adorato
generalmente come un nume solare. Nell’India il solstizio d’inverno
era un giorno di grande allegrezza, e si chiamava il mattino degli dei