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La
sacra alleanza del King David
Stefano Liberti - «Il Manifesto» 19 ottobre 2003
Neocons,
sionisti cristiani e likudnik riuniti a Gerusalemme per ridisegnare il
Medioriente.
«Israele
è il ground zero della cruciale battaglia per la sopravvivenza della
nostra civiltà». È con questi toni solenni che si è aperto domenica
scorsa il primo Jerusalem summit, evento di fondazione di un nuovo think
tank internazionale che si
propone di «creare nuovi paradigmi per la questione di Israele e dello
stato palestinese». Riunita per tre giorni a Gerusalemme, la
manifestazione ha visto la partecipazione dei principali leader
dell'estrema destra israeliana, di importanti esponenti della cupola
neo-conservatrice e di noti ideologi del movimento sionista cristiano.
«Una nuova allenza di gente di molte fedi e nazioni devote a Israele»,
come annunciava il comunicato stampa approntato per l'occasione dagli
organizzatori. Tra le persone riunite a questa kermesse spiccavano, da
parte israeliana, vari esponenti del partito dell'Unione nazionale, come
il ministro dei trasporti Avigdor Lieberman e quello del turismo Benny
Elon, oltre ai likudnik più estremisti, come l'ex premier e attuale
ministro delle finanze Benyamin Netanyahu e il ministro della sicurezza
interna Uzi Landau. Da parte americana sono invece convenuti alcuni tra
i più noti guru della galassia neo-cons:
Richard Perle, membro e già presidente dell'influente Defence policy
board del Pentagono; Daniel Pipes, esperto di islamofobia nominato da
Bush nel consiglio di amministrazione dello Us Institute for peace;
Elliot Abrams, del Consiglio di sicurezza nazionale, già noto per aver
partecipato all'Irangate e aver organizzato gli squadroni della morte in
Salvador e Guatemala durante l'amministrazione Reagan.
L'islam, il nuovo totalitarismo
A
consultare il sito web messo in piedi per l'evento
(www.jerusalemsummit.org), si scoprono i princìpi fondanti di questa
nuova «alleanza di intellettuali, leader pubblici e religiosi»: la
convinzione che tutta la terra tra il mar Mediterraneo e il Giordano
appartenga al popolo ebraico; la ricerca di soluzioni «creative» per
gli arabi palestinesi che vivono a Gaza e in Giudea e Samaria (Cisgiordania);
l'identificazione dell'islam con il nuovo totalitarismo. È partendo da
questi significativi punti fermi che gli avventori hanno potuto
ascoltare compiaciuti la «road map» alternativa del ministro Elon, che
prevede la sconfitta totale dei palestinesi e la loro deportazione verso
la Giordania. Hanno poi potuto applaudire Perle - insignito per
l'occasione di un'onorificenza creata ad hoc - quando ha detto senza
usare mezzi termini che «gli Stati uniti dovrebbero ora attaccare la
Siria».
La
mafia russa si getta nella mischia
Al
di là dei nomi conosciuti dell'establishment dell'estremismo sionista
predominante negli attuali governi israeliano e statunitense, vi erano
anche altre figure meno note, la cui partecipazione è significativa
perché segna l'allargarsi del fronte favorevole al ridisegno del
Medioriente in funzione della Grande Israele. Prima di tutto, tra gli
organizzatori del summit spicca la Michael Cherney foundation, creata
dall'omonimo uomo d'affari di origine russa per assistere le vittime
degli attentati suicidi e le loro famiglie. Arricchitosi dal nulla dopo
il crollo dell'Unione sovietica, Cherney è stato accusato di complotto
contro lo stato in Bulgaria e si è rifugiato in Israele, dove è
considerato da alcuni il «padrino dei padrini della mafia russa».
Oltre al soccorso delle vittime, la fondazione da lui creata è
impegnata attivamente nel convertire la chiesa ortodossa russa -
tradizionalmente antisemita - al sionismo militante, in funzione di un
presunto nemico comune: l'islam.
Sulla sua stessa lunghezza d'onda appaiono le varie organizzazioni
sioniste cristiane che hanno preso parte al summit di Gerusalemme: la
Religious zionists of America e l'International christian embassy, solo
per citare le più celebri.
Uniti
dall'obiettivo della Grande Israele, i vari personaggi che si muovono
nei meandri di questo nuovo think
tank ultra-sionista appaiono
animati da motivazioni diverse, che la dichiarazione di princìpi del
summit non manca di mettere in luce: «per alcuni che sono religiosi,
l'ultima e immutabile ragione (per l'affermazione della Grande Israele, ndr)
è che Dio ha promesso questa terra al popolo ebraico. Ma questo
principio è valido anche dalla prospettiva della storia e del diritto
internazionale (sic)».
Strettamente
riservata alle star dell'estremismo sionista, la riunione è stata
organizzata con cura, fino ai minimi dettagli. Gli incontri si sono
tenuti al King David hotel, lo stesso dove nel 1946 le bande
paramilitari Irgun e Stern hanno compiuto un attentato dinamitardo
contro i britannici, uccidendo 92 persone. Un luogo altamente simbolico:
da lì, secondo Olon e suoi accoliti, è cominciata l'inarrestabile
ascesa di Israele. Che, per l'appunto, si concluderà solo con il
controllo totale dello stato ebraico sui territori biblici di Giudea e
Samaria.