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Rupert Murdoch e Lord Black:
due servitori zelanti della propaganda francofona
Tratto da www.nuovimondimedia.it

Due baroni d’impero risoluti nel nuocere per quanto è possibile alla Francia con tutto il loro zelo. Né quella dei loro devoti servitori. Da una parte, Rupert Murdoch, 72 anni, numero uno mondiale degli editori di giornali, vicino al quale "Citizen Kane" farebbe la figura di un editore di bollettini locali. Un visionario geniale rafforzato da formidabili successi. Dall’altra, Lord Black di Crossharbour, 58 anni, numero 3 mondiale della stampa scritta, abile condottiero.
Murdoch, presidente di News Corporation, pubblica 175 giornali nel mondo, tra cui The Times, The Sunday Times, The Sun, The News of the World nel Regno Unito, il New York Post ed il Weekly Standard negli Stati Uniti. 40 milioni di esemplari alla settimana in totale, venduti in tutti i continenti. Lord Black conta tra le sue pubblicazioni il Daily ed il Sunday Telegraph in Gran Bretagna, il Chicago Sun Times oltre Atlantico, ed il Jerusalem Post in Israele.
Rupert Murdoch aggiunge alle offensive delle sue gazzette la forza di percussione delle sue reti televisive sulle due coste dell’Atlantico: Sky TV in Europa e soprattutto Fox News negli Stati Uniti.
Le ragioni di questa ostilità sono molteplici. Un’inclinazione culturale, per prima cosa. Con la certezza, per questi ferventi praticanti del liberismo economico, che il "modello anglosassone", come si dice in Francia, è superiore ad ogni altro.
Rupert Murdoch vede, all’inverso, nell’Unione Europea "un edificio socialista", dunque "decadente", animato "da burocrati francesi", dunque "inetti". Per lui, "un incubo". La necessità, anche "fondata sulla certezza che Dio è sempre accanto ai grossi battaglioni", di trovarsi nel campo dei vincitori. La priorità agli "affari". La convinzione, infine, che sono degli attori decisivi della storia e che la storia va nel senso voluto dall’America. "L'America (...) è una democrazia civilizzata e illuminata che, generalmente, si sforza di comportarsi in maniera responsabile (...). Non ha sicuramente lezioni da ricevere in termini di moralità pubblica dai francesi e dai tedeschi", spiega, seriamente, Lord Black. I francesi? "Dei lillipuziani che pretendono di essere degli alleati", aggiunge.
Il Weekly Standard fornisce a George W. Bush un gran numero degli autori dei suoi discorsi.
E' anche il vettore dei "neocons", i neoconservatori francofobi del Pentagono, come Paul Wolfowitz, teorico della dottrina che porta lo stesso nome, che definisce il ruolo politico e militare degli Stati Uniti come quello "di assicurare che nessuna superpotenza rivale si erga contro l’America".
L'"Europa potenza" voluta dalla Francia è un ostacolo a questa dottrina. Il Weekly Standard è la Grossa Berta del Pentagono per sradicare questo ostacolo. Si ritrovano gli stessi argomenti sentiti alla NATO, nelle pubblicazioni di Lord Black.
Il suo ispiratore? Richard Perle, presidente del "Defence Policy Board", comitato consultivo della difesa, legato a Donald Rumsfeld. Araldo della crociata anti-francese, ha sempre un posto d’onore presso Rupert Murdoch e Lord Black. Conosce bene questi due magnati della comunicazione. È salariato del secondo alla testa della Hollinger Digital e nel consiglio d’amministrazione del Jerusalem Post, filiali del gruppo Hollinger International che pubblica il Daily Telegraph nel Regno Unito. Nell’agosto scorso, M. Perle spiegava dalle colonne del Daily Telegraph "perché l’Ovest deve tirare per primo contro Saddam Hussein".
È anche intimamente legato al primo attraverso la rete di think-tanks dove si annidano i "neocons" americani. Rupert Murdoch vi ha trovato Irwin Stelzer. Direttore all'Hudson Institute che ne conta diversi, M. Stelzer ha uno spazio sul Sunday Times e ripete lungo le sue colonne il suo sdegno verso la Francia "decadente", che paragona, sfavorevolmente, alla Corea del Nord! Richard Perle è amministratore dell'Hudson Institute. Così come... Lord Black. Qualche mese fa, il Daily Telegraph non ha esistato a qualificare la Francia come un "rogue state", letteralmente uno "stato canaglia". Come l'Iraq, la Corea del Nord e l'Iran, insomma. Nulla di sorprendente se gli stessi concetti rimuginati nelle stesse istituzioni dagli stessi ideologi si ritrovino sui giornali simpatizzanti.
Qualche giorno fa, il tabloid New York Post di Rupert Murdoch si faceva beffe dell’"asse dei sornioni" franco-tedesco, espressione ripresa da Richard Perle alla televisione, prima d’indignarsi per l’ingratudine dei francesi, fotografia delle croci bianche di un cimitero americano in prima pagina con questo titolo: "sono morti per la Francia ma la Francia li ha dimenticati". Gli fa eco il Sun, a Londra, che dissertava per l’ennesima volta sulle ragioni per odiare i francesi, e invitava i suoi lettori a partecipare al concorso delle battute più sanguinose sulle "scimmie inebriate mangiatrici di formaggio". Questa "frase" che ha fatto fortuna in America, viene direttamente dai "Simpsons", un cartone animato di successo concepito negli studios Fox di Murdoch.
Direttore del Centre for Policy Studies, un think-tank eurofobo, a Londra, Lord Black ossessionato d’altra parte dall’epopea napoleonica, spiegava giovedì davanti a una platea convinta perché il ruolo del Regno Unito è di essere "il principale alleato dell’America". Questa "alleanza unica deve servire le cause della libertà e della crescita economica". È "preferibile essere invidiati a causa dei nostri successi e del nostro attaccamento a dei principi, piuttosto che scadere in compagnia di questi governi per i quali la viltà equivale alla saggezza, l'ingratitudine alla serenità olimpica e la malignità prende il posto dell'indignazione morale". Il riciclaggio di una retorica già letta, mille volte ascoltata. L'importante non è la verità. È la speranza che a forza di martellare lo stesso leitmotiv, finirà per diventare verità.

(Rupert Murdoch et Lord Black: Deux serviteurs zélés de la propagande francophobe, in "Le Figaro", 17/02/2003, da http://forums.transnationale.org, traduzione Roberto Bosio)


E intanto il signor Sky, nel suo piccolo...

Questo Rupert Murdoch ha 72 anni è un bouquet di tre mogli e sei figli. E' australiano, ha cominciato mezzo secolo fa ereditando un quotidiano dal padre e, da allora, non si è più fermato. E' terribilmente reazionario, e bisognerebbe spiegarlo ai big del governo cinese: ma non è escluso che quando ha siglato con loro gli accordi per Sky Perfect Tv (41 milioni di abbonati) li abbia salutati alzando il pugno chiuso. Nel film «Il domani non muore mai» c'è il cattivissimo tycoon che vuole scatenare la guerra mondiale per alzare gli indici d'ascolto. Qualcuno ha scritto che era ispirato al magnate sbarcato da poco anche in casa nostra.
Se qualcuno lo ha scritto, è perché si trova a lavorare in un giornale non ancora controllato da Murdoch stesso. Il quale viene chiamato Re Sole dagli inglesi, che fanno gli spiritosi su Sole-Sun, il tabloid che alla terza pagina ha una gigantografia di una ragazza a seno nudo e in prima ogni tanto da del verme a Chirac. Meno spiritosa la Bbc, che ha lanciato un allarme planetario contro lo strapotere murdocchiano (chiedendo aiuto al premier Tony Blair).
In America, Murdoch e Fox, ovvero la rete all-news di informazioni che si sta mangiando d'ascolti e attenzioni al Cnn e ha appoggiato Bush nella guerra a Saddam. Un anno fa si è pappato una cosa che si chiama Direct Tv e ha allargato il proprio strapotere sulla tv via cavo USa: si calcolano ora, sotto le bandiere della NewsCorp dell'australiano, 11 milioni di abbonati Usa. Se ci spostiamo in America Latina, Murdoch possedeva già le satellitari Sky Mexico e Sky Brazil e un'altra Sky che copriva Cile, Argentina e Colombia. E con l'acquisizione di Direct Tv si è ritrovato in mano anche un milione e mezzo di abbonati sparsi per tutto il Sudamerica. E' probabile che quando fa girellare il mappamondo nel suo ufficio, mister Murdoch passi compiaciuto le dita sull'Asia (oltre all'avamposto cinese c'è il Giappone consolidatissimo: 4 milioni di abbonati, e poi l'India dove l'invadenza della sua Star tv sta facendo suonare l'allarme ai tradizionalisti), poi arrivi all'Africa e tragga un profondo sospiro: lì è difficile, finora ha messo le mani solo su Libia ed Egitto, altri mercati (Bahrein, Giordania) gli riservano briciole. L'Australia è casa sua, e non mette conto parlarne. In totale, sparsi per il pianeta, fanno 120 milioni di abbonati. E il bello è che in teoria a Murdoch piace soprattutto possedere giornali.
Cosa guardano tutte queste persone? Ovviamente calcio e sport in quantità industriali, targata Sky e Fox, quindi debitamente orientata tenendo conto però delle peculiarità di ogni paese. Poi fiction e cartoni animati planetari, siglati Fox, ovvero quei fenomeni alla X-Files nati quando Murdoch decise che non voleva essere in balia di produttori indipendenti e decise di produrre da solo. E di tutto. E se qualcuno si indignasse nel sentir dire che il calcio italiano lo "produce" Murdoch se ne faccia una ragione.
Il conto dei 120 milioni di abbonati esclude l'Italia, dove Sky ha dichiarato l'obiettivo - minimo - di raggiungere quota 6 milioni in pochi anni. La politica lo scruta con terrore (e con speranze). C'era tutto un mondo che si riconosceva nella cinematografia di sinistra pronto a scendere sul sentiero di guerra con la scomparsa di Telepiù e dei suoi finanziamenti al cinema italiano: una delle prime mosse di Sky Italia è stata quella di annunciare finanziamenti maggiori: cinquanta milioni di euro pronti, si dice. E chi avrebbe qualcosa in contrario da dire?

(Antonio Dipollina, «E intanto i
l signor Sky, nel suo piccolo...», in «Il Venerdì di Repubblica, 5 settembre 2003, n. 807, p. 31)

 
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