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La
realtà supera, ancora una volta, la fantasia!
di
Carlo Bertani
“Lo
hanno arrestato come un bandito!”
Emanuele
Filiberto di Savoia
“Ma
un bravo poliziotto, che sa fare il suo mestiere,
sa che ogni uomo ha un vizio, che lo farà cadere…”
Francesco
Dé Gregori – Il bandito e il campione
Primo
di Aprile 2006: se qualcuno vi avesse avvicinato in strada, per
chiedervi quali di questi tre eventi era il più probabile nei famosi
“prossimi 100 giorni”:
Berlusconi
perde le elezioni;
Vittorio
Emanuele IV arrestato per associazione a delinquere e sfruttamento della
prostituzione.
Avreste
risposto con un’alzata di spalle : «Oh grullo, che stai a dire:
Berlusconi lè belle che cotto, lo dicon anche i sondaggi…le altre son
tutte bischerate…»
Invece
viviamo nel più fantasmagorico cabaret planetario mai esistito, dove il
gioco delle parti è oramai la regola e non l’eccezione: i re
gestiscono un giro di puttane e i grandi capitalisti un giro di arbitri;
le une e gli altri – dobbiamo ammetterlo – sono figure di grande
potere, giacché amministrano i più amati aspetti ludici
dell’esistenza, gioco e sesso.
Forse
il regal rampollo è soltanto un giocherellone, un player
che si era messo “in affari”: chi lo arresta? Un giudice,
ovviamente, che però si chiama Woodcock
– quasi Woodstock
– un magistrato
italiano che, per rispettare i canoni della commedia, assume un nome
anglosassone, fugando così definitivamente i sospetti che durante
Ma
la storia non finisce nemmeno qui: poteva mancare il giornalista-profeta
che aveva intuito tutto?
In
anni lontani, quando in paesi come il Sudafrica c’erano regimi
dichiaratamente razzisti e la comunità internazionale aveva dovuto –
almeno pro-forma – sottoporli all’embargo sull’acquisto di armi,
il nostro reale rampollo divenne rappresentante della Agusta (sì,
quella degli elicotteri) e, non si sa come, riuscì ad aggirare –
forse grazie alle sue nobili origini – le maglie dell’embargo.
Risultato? Tanti begli elicotterini made in Venegono (Varese), con le
nere mitragliatrici ai portelli laterali, pronte a colpire chiunque si
ribellasse ad un regime che lasciava morire per terra la vittima di un
incidente stradale se non arrivava l’ambulanza esattamente correlata
al gruppo razziale d’appartenenza del ferito.
Gli
elicotteri dell’Agusta sorvegliavano dall’alto, e talvolta
intervenivano, quando c’era il rischio che il famigerato battaglione Buffalo
– composto dalla peggior feccia bianca sudafricana – non ce la
facesse a raggiungere il “target” giornaliero di neri ammazzati come
cani.
Non contento di tutto ciò – mentre si trovava sul suo panfilo al
largo della Corsica, sul confine delle acque territoriali italiane –
il regal rampollo si rammentò che i suoi avi nascevano per censo già
ammiragli: all’avvicinarsi di un’imbarcazione battente bandiera del Reich
germanico, forse sopraffatto da atavici rancori, sparò con un Garand (arma da guerra, vietata la sola detenzione, pena anni 9 e
mesi 6 di reclusione) contro il vascello nemico.
Risultato: un giovane turista tedesco morto dopo settimane d’atroci
sofferenze.
Beh,
direte voi, ma il Codice Penale,
Ma certo! Cosa credete, che il progresso del diritto dai tempi di
Montesquieu sia acqua fresca? Perdinci! La corte francese (competente
per territorio) si riunì e giudicò quell’atto infame.
Il processo fu però avocato dalla Procura Generale di Parigi: non era
il caso di lasciare ai plebei giudici corsi il grave fardello di segnare
il destino di un re. La città che aveva ghigliottinato Luigi XVI e
Maria Antonietta non volle perdere il privilegio di rinnovare le proprie
tradizioni: il re vada alla sbarra come un qualsiasi cittadino! Liberté
Egalité Fraternité!
Una
perfida fata morgana confuse – però – la lucidità di quei giudici:
quando il boia stava già oliando la lama della ghigliottina,
improvvisamente giunse, inaspettata, la piena assoluzione.
Non conosciamo le motivazioni di quella sentenza e possiamo soltanto
fare delle ipotesi: forse i magistrati francesi non erano stati
informati che
Pare che il Principe avesse scambiato il numero identificativo dello
yacht tedesco con quello della corazzata Bismarck:
bene avete fatto altezza – dissero i giudici – ad opporvi, come un
eroico Enrico Toti, ai terribili cannoni da 381 della warship
nazista con un solo, modesto fuciletto da fante. Per quanto ci
sforziamo, non riusciamo a capire come una persona che uccide con un
colpo di Garand un giovane che stava dormendo
possa farla franca.
In
Italia la sentenza non fu proprio ben accolta, vista anche la scarsa
popolarità della monarchia sabauda; in uno spassoso fondo su
“L’Espresso” Giorgio Bocca chiese di sospendere la disposizione
transitoria che vietava l’ingresso in Italia agli eredi al trono
maschi: “Tornate altezza, tornate” – scriveva – “vi troveremo
anche un posto all’INPS, basta che non andiate più in giro per il
mondo a farci fare queste brutte figure.”
Sì, forse abbiamo fatto bene – seppur tardivamente – a seguire il
consiglio di Bocca, ma il guaio è che adesso il tormento l’abbiamo in
casa!
Non possiamo più ripristinare la disposizione transitoria che vietava
l’ingresso in Italia agli eredi maschi di casa Savoia, e non sarebbe
nemmeno giusto perché qui il problema investe una sola persona (anche
se pare che sia immischiato nella torbida vicenda anche il cugino,
Simeone di Bulgaria); d’altro canto, anche per i francesi invasori
valeva la stessa regola: non tutti i francesi sono ladri, ma Buonaparte
sì.
Certo
che il buon Principe – sempre sfuggito alle maglie della giustizia –
se proprio “bandito” non è, dobbiamo almeno ammettere che ha
accumulato nel corso degli anni un discreto “pedigree” giudiziario,
solo che il rango ha offuscato tutto.
Il giovane tedesco ucciso era figlio del noto medico Geerd Ryke Hamer
(il codificatore della Nuova Medicina), ma a nulla valsero i numerosi (e
costosissimi) ricorsi contro la sentenza dei giudici parigini, che
definire “iniqua” significa usare il più edulcorato degli
eufemismi. Se uno qualsiasi di noi avesse ucciso – senza ragione
apparente – il figlio di un medico tedesco o di chicchessia, dove si troverebbe
ora? Come minimo a sfogliare le albe con il sole a scacchi per qualche
decennio: e poi raccontano che il “sangue blu” non porta vantaggi;
domani stesso cercherò d’acquistare su Internet un titolo nobiliare,
lo pagherò in una sola “botta” con il PostaPay.
C’è
però un aspetto giuridico che vorremmo sottoporre all’attenzione del
giudice Woodstock – pardon, Woodcock – ossia il problema della
cittadinanza. Il real rampollo ebbe a lamentarsi pochi giorni or sono
– nel bianco salotto delle Supreme Porte, ospite dell’Insetto –
che «tuttora, non aveva la piena cittadinanza italiana».
Ma, allora, siamo in presenza di un cittadino extra-comunitario che ha
contravvenuto alla legge Bossi-Fini, grazie alla quale – non
dimentichiamo – schiere di pericolosi delinquenti con i piedi scalzi
sono rispediti al mittente affinché non infettino l’italico stivale!
E non finisce qui.
Una delle ultime “riforme” del governo Berlusconi inseriva nel
corpus giuridico un concetto interessante: pene minori per gli
incensurati e maggiorate per i recidivi.
Facciamo
il punto: traffico d’armi ed omicidio (sul giudizio della corte
francese, va beh…) ed oggi associazione a delinquere finalizzata alla
corruzione, collusione con la criminalità organizzata e sfruttamento
della prostituzione. Sarebbe stato meglio se i giudici francesi
l’avessero condannato e schiaffato dentro alla (ricostruita) Bastiglia:
già, perché adesso siamo noi a dover togliere le castagne dal fuoco al
rampollo Savoia. Come dite? Condannarlo? Gli unici Re imprigionati che
ricordo furono Maria Stuarda, Giacomo I, Luigi XVI e lo zar Nicola II.
Meglio non sfidare la storia.
Dal punto di vista strettamente giuridico – se i difensori del
Principe accettassero un consiglio – suggerirei di puntare sulla
Bossi-Fini: in fondo, si tratterebbe solo di rispedire al mittente uno
dei tanti sans papier che
ingombrano le piazze italiane. Uno di più od uno di meno…sì, forse
sarebbe la soluzione migliore: coperto dal pietoso velo della notte, il
Principe potrebbe partire – incolonnato in mezzo ai Mahmud ed agli
Hassan – da un aeroporto secondario con destinazione
Carlo
Bertani bertani137@libero.it www.carlobertani.it