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Scuola di giornalismo: il ratto della Sabina
perché la querela contro Raiot è una vergognosa farsa
11 dicembre 2003 tratto da www.pennarossa.it

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La querela miliardaria con cui Mediaset ha bloccato Raiot non è solo una vergogna: è una vera e propria farsa. Le presunte accuse, i “ci hanno danneggiato”, non stanno in piedi e non c’è bisogno di essere avvocati per capirlo.
Non stupisce che la Rai finga di temere una querela che non c’è: i mediocri e allineati dirigenti non hanno bisogno di motivi seri per obbedire al capo. Stupisce piuttosto che nessuno si sia dato da fare per smontare le ridicole motivazioni di Mediaset.
Ci proviamo noi.

Chi ha paura di Marcorè
Raiot ha dedicato due soli momenti a Mediaset: nella parodia del ministro Gasparri e nel monologo in cui Sabina Guzzanti ha spiegato gli investimenti pubblicitari nei media italiani.
Solo un illuso può credere che Mediaset sia stata offesa, o peggio danneggiata, dalla parodia di Marcorè. Andatevi a rivedere lo schetch sul sito della Rai: gli attacchi a Mediaset sono battute che avrebbe avuto il coraggio di scrivere anche Striscia la Notizia.
Il fatto è che le parodie non fanno paura a nessuno. Mille volte più cattive erano quelle di Corrado Guzzanti sul Caso Scafroglia (stessa rete e stessa ora) e nessuno si è sognato di chiedere milioni di euro di danni.

No Martini? No partito
Nel secondo momento dedicato a Mediaset Sabina Guzzanti ha citato i dati della pubblicità sui giornali, sulla Rai e su Mediaset. Con l’aiuto di un testo in sovrimpressione ha mostrato il calo degli investimenti pubblicitari su tutti i media, Mediaset esclusa. Ha spiegato che il successo di Mediaset è dovuto soprattutto ai grandi gruppi (Martini & Rossi, Procter & Gamble, Tim, Omnitel) che hanno tagliato gli investimenti sulla carta stampata per spostarli in massa su Mediaset. Attenzione: Sabina Guzzanti non ha usato affatto toni da comizio, come qualcuno ha detto. Al contrario, ha letto i dati con i toni di un colonnello Bernacca davanti alle previsioni del tempo. È questo che ha scatenato la reazione.

Ai confini della realtà
Questa parte della puntata purtroppo non la trovate sul sito della Rai. Che sia un caso? La trovate solo su siti ribelli come Indymedia e pochi altri, amatoriali. No, non è un caso. Perché è questo il vero nodo del contendere: a terrorizzare Mediaset, a partire dal suo padrone nonché capo del Governo, non sono le parodie, le battute o le presunte falsità. Sono quei quattro dati in sovraimpressione che spiegano, senza urlare, la realtà: Mediaset continua a guadagnare soprattutto grazie alle grandi e potenti aziende e multinazionali. La Guzzanti non ha aggiunto altro.

Le prove con un clic
Per verificare quanto riportato dalla Guzzanti, bastano pochi minuti su internet. Chiarissima è un’inchiesta di Repubblica, firmata da Giovanni Valentini nello scorso luglio. L’inchiesta indica gli stessi dati ma li accompagna con commenti ben più duri: questi sì capaci di far male.
Eppure non ci risultano querele milionarie.
E niente paura se ai comunisti di Repubblica non credete: il trend di crescita di Mediaset è confermato perfino nel sito di Publitalia, la concessionaria di pubblicità di Mediaset, dove alla voce bilancio leggete gli stessi entusiastici dati sulla crescita degli investimenti e del fatturato.
Con la promessa agli investitori di fare ancora meglio in futuro.

Pubblico e provato
Dunque che senso ha la querela contro Raiot? Nessuna. Avrebbe avuto un appiglio se la Guzzanti si fosse lasciata andare a commenti velenosi quali: “I grandi gruppi investono solo su Mediaset per tenersi buono il governo oltre che per tenerlo in pugno”. No. Questo - e molto altro - lo trovate invece sull’inchiesta di Valentini o sui servizi che mezza stampa continua a dedicare a questo gigantesco conflitto d’interessi (due esempi: qui il Corriere stronca la Gasparri con le stesse motivazioni, qui l'Annunziata lancia accuse durissime a Mediaset. Di querele, neanche l'ombra).
Quello che terrorizza Mediaset, i suoi dirigenti, il suo padrone e i suoi amici è la semplice realtà. Una realtà che è (ancora) possibile raccontare nei giornali, nei teatri, nei libri e su internet ma non in televisione. Perché il pubblico di libri, giornali e teatri è una minoranza e non può fare male. Lo ha tranquillamente ammesso anche il capo, giusto ieri, a un convegno sull'informazione: "Le massaie non leggono i giornali".
Il pubblico televisivo invece è maggioranza. Perciò c'è un limite preciso a quello che può vedere. Sì alle parodie sulla Moratti che distrugge la scuola, su Gasparri che gli fa le leggi su misura, su Tremonti che sbaglia i conti. No ai dati (pubblici) sugli investimenti e alle conseguenze che ognuno può trarne. No alla realtà, dunque. Quella non fa ridere. Diverte solo il capo.
Che preferisce gustarsela da solo.

m.r.

 
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