Il rapporto sull'11 settembre
L'omissione della verità

di Sergio Finardi da "Il Manifesto" del 6 agosto 2003

Il rapporto sull'attività delle agenzie e dei servizi segreti statunitensi («Intelligence Community», IC), prima e dopo gli attacchi dell'11 Settembre 2001, è stato condotto da una Commissione congiunta dei Comitati di Senato e Camera sui Servizi Segreti ed ultimato nel Dicembre 2002. Dopo sette mesi di revisione e pesanti censure per ragioni di «sicurezza nazionale», è stato reso pubblico poche settimane fa. Scopo formale e limite del lavoro della Commissione, da un lato la comprensione degli errori e delle responsabilità della IC di fronte alla minaccia terroristica e dall'altro l'individuazione di elementi di riforma della stessa IC, che assorbe decine di miliardi di dollari nel suo complesso (i bilanci reali sono segreti) e tra i duecento e i trecentomila addetti diretti e indiretti in patria e all'estero. 
Eleanor Hill, ex Ispettrice Generale del dipartimento della Difesa e per 15 anni pubblico ministero in Florida, ha guidato lo staff di ricerca, mentre a presiedere all'attività della Commissione sono andati quattro parlamentari con una lunga esperienza politica, due per ognuno dei Comitati, nelle figure dei loro presidenti e vicepresidenti: per la Camera, Porter J. Goss (Repubblicano, Florida, ex-agente del servizio Operazioni clandestine della CIA, già membro del Comitato di indagine sull'esportazione di tecnologia satellitare alla Cina) e Nancy Pelosi (Democratica, California, membro anche del Comitato sugli Stanziamenti di Bilancio, punta della «sinistra» in Congresso); per il Senato, Bob Graham (D., Florida, già governatore della stessa, tra i maggiori proponenti del famigerato Patriot Act) e Richard C. Shelby (R., Alabama, sponsor di programmi di armamenti e di quello per la difesa missilistica spaziale, membro anche del Comitato del Senato sulle Attività bancarie, presidente del sottocomitato sui Trasporti). Tra i membri della Commissione, John D. Rockefeller IV, della relativa dinastia (D., West Virginia, più volte suo governatore, esperto di Estremo Oriente e membro del Comitato del Senato sulle Relazioni Internazionali, nonché della Trilateral Commission).

Iniziato nel Giugno 2002, il lavoro della Commissione (un milione di documenti esaminati, 500 interviste condotte e 20 audizioni) si è svolto, per così dire, in salita. I suoi membri hanno più volte denunciato gli ostacoli procedurali posti da Bush e Cheney, nonché i tentativi di negare l'accesso a informazioni essenziali da parte dei responsabili della Sicurezza nazionale, dei vari servizi segreti e del dipartimento della Giustizia. Il lavoro di censura, inoltre, è stato tale da far dichiarare a Bob Graham, al momento della presentazione del rapporto (24 luglio 2003), di essere «profondamente irritato dal volume di materiali che sono stati censurati» ed aggiungere che la Commissione, nella raccomandazione finale n.15, chiamava «Presidente, corpo esecutivo e Congresso a rivedere i criteri correnti per la secretazione dei documenti e a renderli più realistici», parole rese anche più chiare da quelle finali della raccomandazione n.15, ove si chiedono all'esecutivo misure «che mettano al riparo contro l'uso del processo di secretazione dei documenti come scudo per proteggere gli interessi di bottega dei servizi».

Le difficoltà al proposito sono emerse sin dall'inizio, come è facile dedurre da una delle appendici del rapporto intitolata «Limitazioni all'Accesso [alle informazioni] incontrate dalla Commissione congiunta» e comprendente in realtà quattro dei noccioli essenziali della vicenda, che sono rimasti così «in sospeso»: il mancato accesso ai testi dei rapporti quotidiani dell'IC al presidente (President's Daily Brief), che non ha permesso di provare che Bush jr. era al corrente di certi eventi; il negato accesso a documenti CIA sulle relazioni con Stati esteri, che non ha permesso di valutare gradi e merito della loro collaborazione; il rifiuto dell'amministrazione di rilasciare dati sui budget per le attività della IC, che non ha permesso di valutare l'entità delle risorse reali in relazione ai compiti; il diniego posto da Condoleeza Rice (responsabile del National Security Council) all'accesso a certi documenti relativi alle operazioni clandestine della CIA contro Bin Laden prima dell'11 Settembre.

Cosa si ricava, comunque, dalla lettura del rapporto, i cui contenuti riassumiamo qui sopra? Si può rilevare che vi è una certa sconnessione tra le conclusioni e raccomandazioni fatte dalla Commissione e quanto emerge dal rapporto stesso. Per quanto possa essere divertente o utile puntare il dito sui fallimenti e i burocratismi meschini della IC nella vicenda, dal rapporto si evince che la stessa IC ha di fatto prodotto un considerevole lavoro di intelligence e di contro-misure, clandestine e non, sulle reti terroristiche. Nonostante le giuste critiche portate al rapporto stesso da due dei membri della Commissione, in una memoria allegata, emerge abbastanza chiaro che ciò che di importante non è in realtà stato fatto riguarda i massimi responsabili delle Amministrazioni Clinton e Bush, segnatamente di quest'ultima. Ed emerge piuttosto evidente che quelle «omissioni» hanno dei lati molto oscuri. Vi era una massa di informazioni disponibili sull'estrema probabilità di un attacco imminente del tipo di quello effettuato e il rapporto le elenca partitamente.

Ne aggiungeremmo noi altre - in base alla lista compilata, con citazione della relativa fonte pubblica, da Paul Thompson del Center for Cooperative Research - che erano in possesso della IC statunitense, ma di cui il rapporto non parla: informative circostanziate venute dal Marzo all'Agosto 2001 da: Afghanistan, Argentina, Egitto, Germania, Giordania, Gran Bretagna, Italia, Israele, Marocco e infine Russia (su ordine diretto di Putin, come da lui stesso dichiarato). Dunque? Si sarebbe tentati di trarne qualche conclusione, ma di ciò che non si può provare conviene tacere.


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