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La questione monetaria
Ing. Lino Rossi
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– Messa al passivo delle “banconote in circolazione”
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/ricec/relann;internal&action=_framecontent.action&Target=_top
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È
Nel momento in cui si pongono nelle passività i suddetti
“redditi” succede che gli stessi vengono sottratti al CONTO
ECONOMICO, così come definito dall’art. 2425 del C.C.. Significa due
cose:
1)
il
reddito così trattato non viene sottoposto a nessun tipo di imposizione
fiscale, né a nessun tipo di rientro nelle casse dello Stato;
2)
lo
stesso viene fatto sparire dalla contabilità per prendere la misteriosa
via del “NERO”.
Il mondo accademico prova a correre in soccorso a
bankitalia spiegando meglio la faccenda. Dal libro universitario di
economia aziendale (Produzione e Mercato - A. Birolo G. Tattara - Ed. Il
Mulino - 1991 - ISBN 88-15-02961-3): "Si
osservi che il biglietto di banca rappresenta un debito
della banca centrale nei confronti di chi lo possiede. Quando un
biglietto torna alla banca centrale, il debito che esso rappresenta è
automaticamente estinto; l'eliminazione del debito comporta dunque la distruzione della moneta".
Quindi è tutto chiaro!? Bankitalia si è sbagliata a
definire le “banconote in circolazione” come “reddito” perché
in realtà è un debito e quindi fa benissimo a mettere quelle somme
nelle passività. La banconota che torna alla banca centrale viene
distrutta.
Vengono spontanee alcune domande:
a)
da
quando in qua un soggetto percepisce gli interessi di un debito da esso
stesso contratto?
b)
quando
un debito non viene richiesto da nessuno è ancora tale? Nessuno infatti
ha titolo per andare alla Banca d’Italia ad esigere la restituzione di
quel “debito”!
c)
da
quando in qua un debitore “distrugge” il credito altrui? Quelle
banconote sono della collettività e servono per scambiare i beni che la
collettività stessa produce. Ciò verrà spiegato in seguito.
Il mondo accademico in questo caso ha sicuramente svolto
l’ingrato compito di “Avvocato delle cause perse”.
Vediamo di quali cifre stiamo parlando. Dai bilanci
ufficiali presenti sul sito della nostra banca centrale troviamo:
anno |
Banconote
in circolazione [€] |
1996 |
54.799.175.735 |
1997 |
58.914.304.307 |
1998 |
63.220.005.474 |
1999 |
70.614.050.000 |
2000 |
75.063.752.000 |
2001 |
64.675.772.000 |
2002 |
62.835.488.000 |
2003 |
73.807.446.000 |
2004 |
84.191.125.720 |
2005 |
94.933.679.360 |
2006* |
100.000.000.000* |
*
stima |
Si tratta quindi di circa il triplo della manovra
finanziaria in esame questi giorni. Sottolineo la misteriosa forte
contrazione degli anni 2001 e 2002. Si comprenderà meglio in seguito
l’assurdità di questa stranezza.
Quando troviamo:
-
nella
seconda edizione di “Euroschiavi” di Marco Della Luna ed Antonio
Miclavez, Arianna editore –
alle isole Cayman sono stati trovati i seguenti conti:
700 26891 A01 N BANCA D'ITALIA UFFICIO RISCONTRO VIA NAZIONALE, 91
I-00184 ROMA ITALIA
709 27154 A01 N BANCA D'ITALIA SERVIZIO RAPPORTI CON L'ESTERO, UFFICIO
RISCONTRO 2484 VIA NAZIONALE, 91 I-00184 ROMA ITALIA;
-
sul web
- http://spazioinwind.libero.it/cobas/finanzaloro/bancaditalia.htm
-
-
nel Corsera
del 26-10-95 il Financial Time ha scritto che per questo investimento
-
ne Il Sole 24 Ore dell’ 8-10-98 - "E' assurdo
utilizzare riserve nazionali per investire su un fondo come Ltcm, che
era chiaramente speculativo", dichiara Edward Thorp,
"padre" degli Hedge Fund americani;
-
nel
libro “Il Potere del denaro svuota le democrazie” di Giano Accame,
ed. Settimo Sigillo – un esplicito riferimento alla presenza della
Banca d’Italia alle isole Cayman.
COSA POSSIAMO PENSARE?
Possono essere
informazioni vere o false; poco importa; andare a rintracciare i fondi
neri è sempre un’impresa complessa. Ciò che conta è che quei soldi
non sono dove dovrebbero essere, ovvero nelle casse dello Stato a lenire
il nostro enorme debito pubblico.
Ma l’argomento del contendere è “solo” di 100
miliardi di euro?
Dal sito http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Debito-Pub/index.htm
scopriamo che il debito pubblico nazionale il 31/12/2005 era pari a 1.511
miliardi di € dei quali l’80% sono titoli di Stato; oltre 1.200
miliardi di €.
http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Debito-Pub/Dati-Stati/Composizio/2005/Composizione-dei-Titoli-di-Stato-in-11.pdf
Quindi apparentemente lo Stato è indebitato con i Cittadini possessori
di tutti questi titoli di debito pubblico. È questa solo una parte
della verità. La verità completa è scritta fra le righe degli atti
ufficiali.
Dalla sentenza con la quale il tribunale di Roma ha
condannato il Prof. Giacinto Auriti per temerarietà, il 20 settembre
1994, apprendiamo: " ....
Della seduta della Camera dei Deputati tenutasi il
17/03/1995, il deputato Pasetto rivolse una interrogazione al Ministro
del Tesoro per sapere se non intendesse promuovere una riforma
legislativa diretta a definire la moneta un bene reale conferito,
all'atto dell'emissione, a titolo originario di proprietà di tutti i
cittadini appartenenti alla collettività nazionale italiana, con
conseguente riforma dell'attuale sistema dell'emissione monetaria, che
trasforma la banca centrale da semplice ente gestore ad ente
proprietario dei valori monetari. Nel rispondere a tale interrogazione,
il Sottosegretario di Stato per il Tesoro, Carlo Pace, ha affermato: è
inesatto sostenere che la banca centrale è proprietaria dei valori
monetari, avendo per legge il compito istituzionale di emettere moneta e
quindi crearla e di immetterla in circolazione "mediante il
trasferimento ad altri soggetti, normalmente
verso il corrispettivo di titoli o valute estere, attraverso le
operazioni a tal fine legislativamente previste (quali, ad esempio,
quelle di risconto o di anticipazioni, disciplinate dagli articoli 27 -
30 del Regio Decreto 28 Aprile 1910, n. 204, e successive
modificazioni)"; ciò premesso, "in sostanza, per tutta la
durata della circolazione, la moneta rappresenta un debito una passività
dell'Istituto di Emissione; e come tale è iscritta, nel suo Bilancio,
fra le poste passive".
Proviamo a seguire la procedura vigente passo dopo passo.
La collettività ha prodotto nuovi beni e servizi che non può immettere
con successo sul mercato perchè manca la necessaria monetizzazione pari
ad esempio a 5 miliardi di €. Lo Stato emette titoli di debito
pubblico pari a 5 mld di € per il quale l’autorità monetaria emette
nuova moneta.
Prima di questo istante ci trovavamo in questa
configurazione:
-
debito
dello Stato: 1.500 mld di €;
-
banconote
in circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca
d’Italia: 100 mld di euro.
Dopo l’effettuazione dell’operazione ci troveremo in
questa configurazione:
-
debito
dello Stato: 1.505 mld di €;
-
banconote
in circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca
d’Italia: 105 mld di euro;
-
nuovi 5
mld di € di titoli di debito pubblico all’attivo della situazione
patrimoniale della Banca d’Italia;
-
nuovi 5
mld € virtuali monetizzano la società.
Qualora
Succederebbe che la banca d'Italia incasserebbe 5 mld di € che
stornerebbe dalle banconote in circolazione, così come pure stornerebbe
dall'attivo i titoli di Stato.
Ma i 5 miliardi di € ricevuti dai risparmiatori che fine fanno? Essi
sono annullati contabilmente dalla messa al passivo delle monete emesse
a costi pressoché nulli nel passaggio precedente. La parola
“Cayman” in questi casi risulta particolarmente sinistra per la
collettività ed interessante per chi smaneggia quelle somme. Otterremmo
quindi la seguente configurazione:
-
debito
dello Stato: 1.505 mld di €;
-
banconote
in circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca
d’Italia: 100 mld di euro;
-
ritorno
alla configurazione di partenza dei titoli di debito pubblico
all’attivo della situazione patrimoniale della Banca d’Italia;
-
5 mld
di € in nero da sistemare da qualche parte.
Il mondo accademico giura che quei 5 mld vengono distrutti,
ma qualche dubbio appare lecito. Ipotizziamo che gli si creda e si creda
anche alle tiepide ed incerte dimostrazioni presentate da bankitalia nei
suoi bilanci. Otterremmo la seguente configurazione:
-
debito
dello Stato: 1.505 mld di €;
-
banconote
in circolazione al passivo della situazione patrimoniale della Banca
d’Italia: 100 mld di euro.
Ma questo non è ciò che serve alla collettività; ad essa
serve una monetizzazione di 5 mld di euro SENZA contrarre nessun
indebitamento, perché è essa che ha prodotto quei nuovi beni e quindi
quei 5 mld di € sono dello Stato che la rappresenta.
La procedura è identica anche nei paesi “comunisti”.
Non è difficile ora comprendere la genesi del pressoché generalizzato
indebitamento pubblico di tutti gli Stati.
Se invece lo Stato emettesse per proprio conto le monete
oppure la banca centrale gli cedesse le monete emesse a costi
tipografici e questi ne postasse l’importo all’attivo del proprio
bilancio, la configurazione che si otterrebbe sarebbe la seguente:
-
lo
Stato non si indebiterebbe;
-
il
corpo sociale beneficerebbe dei 5 mld di € per effettuare le
transazioni necessarie alla messa sul mercato dei nuovi beni prodotti da
esso stesso.
È proprio questo ciò che serve alla collettività.
2 – Perché lo
Stato ha delegato ad un organismo privato sovranazionale la gestione
della moneta?
Il motivo “ufficiale” è che storicamente spesso è
successo che il potere politico non ha operato ragionevolmente con le
proprie monete, provocando fenomeni negativi quali gli aumenti dei
prezzi determinati dalla produzione di troppa moneta.
In risposta a due interrogazioni del 3 novembre e 1°
dicembre 1994, rispettivamente dei senatori Natali e Orlando
(appartenenti il primo al gruppo di Alleanza Nazionale, ed il secondo al
gruppo di Rifondazione Comunista), il Sottosegretario di Stato per il
Tesoro, Vegas, ha ripetuto quale fosse il compito istituzionale
dell'Istituto di Emissione ed ha ribadito che questo non fosse
proprietario dei valori monetari e che per tutta la durata della
circolazione la moneta rappresentasse un debito, come tale iscritto nel
bilancio dell'istituto fra le poste passive.
Come ulteriore argomentazione il Sottosegretario Vegas ricordò come nella
attuale dottrina economica e nelle opinioni pubbliche degli Stati
europei fosse avvertita e radicata l'esigenza "di non concentrare
nelle mani di uno stesso soggetto politico, quale potrebbe essere
l'autorità di governo, il potere di creare moneta e quello di
spenderla, onde impedire che la moneta diventi strumento di lotta
politica"; e ricordò che tale esigenza aveva trovato esplicito
riconoscimento giuridico nel Trattato di Maastricht, che "sancisce il
principio cardine dell'autonomia delle banche centrali dalle autorità
governative statali, affidando in via esclusiva alle prime le
funzioni monetarie e lasciando invece alle seconde la cura della
politica fiscale e di bilancio".
Infatti un sistema economico si ha:
P.I.L. |
= |
V |
* |
M |
= |
P |
* |
B |
Dove:
P.I.L. è il prodotto interno lordo, espresso in €/anno;
V è la velocità della
circolazione monetaria, espressa in utilizzi/anno;
M è la massa monetaria presente
sul mercato, compresi i risparmi correttamente
P sono i prezzi dei beni e
servizi prodotti e commercializzati in un anno,
B sono i beni ed i servizi
prodotti in un anno;
nel momento in cui uno Stato mette in circolazione troppa
moneta, cedendo alle richieste sindacali e/o corporative e/o lobbistiche,
“gonfiando” M, a parità di beni e servizi prodotti, succede
automaticamente che i prezzi aumentano.
Ma è anche vero che se una collettività produce nuovi
beni e servizi, deve disporre di una adeguata monetizzazione senza
indebitamento, perché altrimenti l’equilibrio non verrà mai
raggiunto (esattamente ciò che accade a noi).
Si aprono ora due scenari, quello attuale e quello che dovrebbe essere
se si rispettasse
COME FUNZIONA OGGI
Lo Stato monetizza il sistema economico indebitandosi della
necessaria nuova moneta, introducendo un grave elemento di instabilità
progressiva:
COME
DOVREBBE FUNZIONARE
Lo Stato monetizza il sistema economico stampando la
necessaria nuova moneta e ponendo il valore nominale delle stesse
all’attivo della Sua contabilità: MONETA CREDITO.
ULTERIORI
OSSERVAZIONI
Ipotizzando che sia corretto definire l’inflazione come
l’aumento dei prezzi P, perché l’autorità monetaria agisce su di
essa sempre restringendo l’accesso al credito, ovvero contenendo M,
quando non è l’eccesso di M a cagionare l’inflazione stessa?
Quando i prezzi P aumentano a causa del rincaro di alcune materie prime
importanti come ad esempio il petrolio, il rame, ecc. non abbiamo
certamente la circolazione monetaria in eccesso; anzi, per avere
l’equilibrio bisognerebbe aumentarla proporzionalmente senza
indebitare nessuno. Gli attuali aumenti del TUS sono del tutto
ingiustificati; determineranno un peggioramento del debito pubblico, con
tutte le ricadute che conosciamo. L’emissione di “moneta
credito” risolve agevolmente il problema ristabilendo il
necessario equilibrio senza alcuna sorta di problema sociale.
Quando i prezzi P aumentano a causa di carenze strutturali
come ad esempio la mancanza di un adeguato numero di punti vendita
rispetto al fabbisogno (come in Italia negli anni ’70 ed ‘80), non
abbiamo certamente la circolazione monetaria in eccesso; anzi, per avere
l’equilibrio bisognerebbe aumentarla proporzionalmente senza
indebitare nessuno. Gli aumenti di quegli anni del TUS erano del tutto
ingiustificati; hanno drasticamente contribuito al peggioramento del
debito pubblico. L’emissione di “moneta credito” risolve
agevolmente il problema ristabilendo il necessario equilibrio senza
alcuna sorta di problema sociale.
Quando i prezzi P aumentano a causa dell’aumento del
debito pubblico, alimentato dalla spirale perversa della “moneta
debito” (come in Italia negli anni ’70 ed ’80, ma soprattutto
in America Latina ed in alcuni Paesi in via di sviluppo), non abbiamo
certamente la circolazione monetaria in eccesso; anzi, per avere
l’equilibrio bisognerebbe aumentarla proporzionalmente senza
indebitare nessuno. Gli aumenti del TUS sono del tutto ingiustificati;
contribuiscono tragicamente al peggioramento del debito pubblico ed al
collasso sociale. L’emissione di “moneta credito”
risolve agevolmente il problema ristabilendo il necessario equilibrio
senza alcuna sorta di problema sociale.
Prima domanda per i negazionisti:
come si può monetizzare un sistema economico in stato di carenza
monetaria, senza indebitarlo?
Per chi non è negazionista la risposta è immediata: lo
Stato stampa la moneta necessaria al raggiungimento dell’equilibrio,
postandone il valore facciale all’attivo.
La risposta dei negazionisti non è nota.
Seconda domanda per i negazionisti:
vista l'autonomia
delle banche centrali dalle autorità governative statali, qual è
l’autorità che valuta il comportamento delle banche centrali stesse? A chi rispondono del loro operato? Che senso ha parlare di democrazia se
lo strumento fondamentale di gestione della cosa pubblica non è nelle
mani dei rappresentanti del popolo?
Va sicuramente sottratta al potere politico la facoltà di
violare il Diritto Naturale, ma non si ravvisano certamente nelle
questioni monetarie gli estremi per effettuare questa sottrazione. La
questione monetaria è un tutt’uno con la “res publica”.
Ing. Lino Rossi
P.S.:
Numerosi lettori mi hanno invitato a trarre le conclusioni della prima
parte, peraltro “ovvia” ed a portata di chiunque abbia avuto la
pazienza di seguire tutti i passaggi; infatti Loro stessi Vi sono
pervenuti. Esse si possono sintetizzare in questa maniera:
- il danno che ha subito lo Stato da questa procedura illegale è pari all’ammontare dei titoli del debito pubblico in essere, ovvero oltre 1200 miliardi di euro, dei quali 1100 già fatti sparire in nero e 100 sotto forma di banconote in circolazione; non ci sono elementi per determinare la genesi e la sorte dei 300 miliardi di euro rimanenti di debito, diversi dai titoli di debito pubblico;
-
la convinzione che lo Stato è debitore nei confronti dei risparmiatori
possessori dei titoli del debito pubblico è assolutamente incompleta e
quindi errata e fuorviante. La realtà è ben espressa dalla presente
affermazione, dedotta dai documenti ufficiali con il metodo
matematico-deduttivo posto a fondamento della nostra civiltà:
lo Stato è debitore dei confronti dei risparmiatori possessori dei
titoli del debito pubblico dell’importo dei titoli stessi ma è pure
creditore per lo stesso importo nei confronti della propria banca
centrale di emissione, perché la stessa gli ha sottratto negli anni
quelle risorse in base ad una procedura ingannevole e contraria alla
Costituzione, al buon senso ed al Diritto Naturale.
NOTE
1) A pagina 441 del bilancio
bankitalia 2005 infatti troviamo:
BANCONOTE
IN CIRCOLAZIONE
Dal
2002 alla BCE viene attribuita una quota pari all’8 per cento
dell’ammontare totale delle banconote in circolazione, mentre il
restante 92 per cento viene attribuito a ciascuna BCN in misura
proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione al capitale della
BCE (quota capitale). La quota di banconote attribuita a ciascuna BCN è
rappresentata nella voce di stato patrimoniale Banconote
in circolazione. La differenza tra l’ammontare delle banconote
attribuito a ciascuna BCN, sulla base della quota di allocazione, e
quello delle banconote effettivamente messe in circolazione dalla BCN
considerata, dà origine a saldi intra Eurosistema remunerati. Dal 2002
e sino al 2007 i saldi intra Eurosistema derivanti dalla allocazione
delle banconote sono rettificati al fine di evitare un impatto eccessivo
sulle situazioni reddituali
delle BCN rispetto agli anni precedenti. Le correzioni sono apportate
sulla base della differenza tra l’ammontare medio della circolazione
di ciascuna BCN nel periodo compreso tra luglio 1999 e giugno 2001 e
l’ammontare medio della circolazione che sarebbe risultato nello
stesso periodo applicando il meccanismo di allocazione basato sulle
quote capitale. Gli aggiustamenti verranno ridotti anno per anno fino
alla fine del 2007, dopodiché il reddito
relativo alle banconote verrà integralmente redistribuito in
proporzione alle quote, versate, di partecipazione delle BCN al capitale
della BCE (Decisione BCE 6 dicembre 2001, n. 16, sulla distribuzione del
reddito monetario
delle BCN degli Stati membri partecipanti a partire dall’esercizio
Gli
interessi attivi e passivi maturati su questi saldi sono regolati
attraverso i conti con
Il
Consiglio direttivo della BCE ha stabilito che il reddito da signoraggio della BCE, derivante dalla quota
dell’8 per cento delle banconote a essa attribuite, venga riconosciuto
separatamente alle BCN il secondo giorno lavorativo dell’anno
successivo a quello di riferimento sotto forma di distribuzione
provvisoria di utili (Decisione BCE 17 novembre 2005, n.
Per l’esercizio 2005 il Consiglio direttivo della BCE ha
deciso che l’intero ammontare del reddito
da signoraggio resti attribuito alla BCE stessa.