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La
pubblicità subliminale
Di Ruben Ratti
- tratto dal libro "Occulta sarà tua
sorella"
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IL LIBRO
Ho visto cose che
vuoi umani non
potreste neanche immaginare
Vicary-Packard-Key:
il triangolo della persuasione
Potevamo stupirvi con
effetti speciali
e colori ultravivaci...
PUBBLICITA DELLA PHILIPS
L’evento che portò alla ribalta l'argomento della
pubblicità subliminale è ormai molto noto. Nel 1957 James Vicary, uno studioso di marketing, durante la proiezione del
film Picnic (Joshua Logan, Usa, 1955) mandò sullo schermo tramite un
apposito strumento, le scritte «bevete Coca-Cola» e «mangiate pop
corn». Il tempo di proiezione, 1/3000 di secondo, risultava così breve
da rendere impossibile la visione agli spettatori. Alla fine del film si
scopri che vi era stato un consumo medio di Coca-Cola e pop corn
statisticamente superiore alla media (rispettivamente del 18% e 57%),
dal che se ne dedusse che il comportamento d'acquisto era stato
condizionato da quel messaggio non visto. L’ulteriore deduzione che
seguiva era incredibile: si prospettava l'ipotesi di poter influenzare i
consumi di una persona semplicemente proponendole dei messaggi di cui
essa stessa rimaneva ignara. Quando i risultati di questo esperimento
divennero di dominio pubblico si accese immediatamente in America un
forte dibattito etico sulla tecnica.
La questione attirò l'interesse del mondo industriale perché, come
disse Vicary:
Il miraggio che questa forma persuasiva potesse incrementare il fatturato delle aziende fece trovare finanziatori interessati ad approfondire il tema, tanto che nacquero le prime agenzie specializzate in pubblicità subliminale.
A livello governativo, invece, le massime autorità
istituzionali in materia di pubblicità, come
Vicary si rivelò un vero apprendista stregone, perché anche quando cercò di ridimensionare l'importanza dei suoi risultati, che non furono mai replicati nemmeno da lui stesso, la dichiarazione della sua scoperta fu come una formula magica capace di far muovere tutto un mondo di curiosità, interessi, divieti e attenzioni che non riuscì a fermare nemmeno la più radicale delle sue affermazioni: «L’esperimento era stato tutta una montatura [ ... ] allo scopo di allargare la clientela della mia ditta di marketing che attraversava un momento di difficoltà» (siamo nel 1962 ... ).
Da quel momento iniziarono a fiorire ritrovamenti di
inserimenti subliminali, non più solo nel cinema, ma anche nella
musica, alla Tv, alla radio, negli spot pubblicitari di ogni genere, cioè
in tutti quei messaggi che quotidianamente arrivavano a milioni di
persone. Si cominciò anche a sperimentare questa tecnica su larghe
masse, con esperimenti fatti alla radio e alla Tv, episodi che
aumentarono la notorietà di Vicary e spinsero l'opinione pubblica a
prendere posizione sull'argomento. Questa pratica associava una frenesia
e un timore nascosto che solo successivamente potranno essere
chiaramente compresi: la pubblicità subliminale si rivelò un tema
capace di attirare una curiosità morbosa, perturbata da fantasmi che
gonfiavano l'importanza della sua presunta influenza. Le numerose prove
scientifiche provenienti da più discipline, che mettevano
plausibilmente in serio dubbio la sua efficacia e addirittura il suo
oggettivo funzionamento, non riuscivano ad arginare la propagazione
delle credenze intorno ad essa, arrivando invece a creare una teoria
irrazionale dell'evento, montata su «prove» la cui validità era tutta
da verificare. Più ne parlavano giornali e media, più sembrava
accrescersi la convinzione della sua efficacia. Nel 1958 Richard Lessler (vicepresidente della Grey Advertising Agency) consigliò ai suoi clienti, in un messaggio
televisivo, l'uso della pubblicità subliminale, proponendola come una
buona integrazione tra lo spettacolo e il messaggio commerciale.
Anche il cinema, grande protagonista della scena sociale di quegli anni, colse al balzo l'occasione di questo morboso interesse del pubblico, facendone un nuovo soggetto da sceneggiare, da romanzare, compiacendosi indirettamente di alimentare i fantasmi più turpi sull'efficacia della persuasione subliminale. Fantasmi che oggi ritroviamo, come idea più o meno strutturata in opinioni e credenze, anche nelle nostre ricerche sul cinema e sulla pubblicità in genere. Scrive Pratkanis:
Da un sondaggio effettuato attorno al 1970 negli Usa emerse che l'8 1 % di coloro che avevano risposto e che avevano sentito parlare della pubblicità subliminale la riteneva una pratica corrente e che oltre il 68% riteneva che essa riuscisse a vendere i prodotti. Fatto più sorprendente, le indagini dimostrano che molti vengono a conoscenza degli influssi subliminali attraverso i mass media e i corsi di scuole medie e college, ulteriore indicazione della necessità di un'educazione scientifica nelle scuole americane.'
Ma ancora, nel 1982, il «Journal of Marketing» riportò
un articolo in cui veniva definita come «la più allarmante e
oltraggiosa arma inventata dopo la mitragliatrice», il «Globe Mail»
ripropose il problema della possibilità che fosse usata senza scrupoli
per scopi politici, e il «New Yorker» affermò che con il subliminale
la mente della persone potesse essere «rotta e invasa» (vedremo fra
poco l'insidiosità di un linguaggio simile). Gli stessi studi
scientifici non si arrestarono, anche se subirono delle radicali
trasformazioni rispetto al subliminale proposto da Vicary.
Un altro fattore a favore della diffusione di questo «mito»
fu che proprio in quegli anni, negli Stati Uniti, stava emergendo una
particolare lettura della società consumistica ben rappresentata nei
contenuti del libro di Vance
Packard, “I persuasori occulti”. Se la sua impostazione
scientifica era quella della ricerca motivazionale, che nasceva proprio
in quel periodo, leggendo il suo testo si ha la sensazione di essere
messi costantemente in guardia dai pubblicitari, presentati come
totalmente schierati a favore dei produttori, che a loro volta
considerano i consumatori solo come polli da spennare senza pietà,
ingannandoli in tutti i modi pur di rifilare loro il proprio prodotto:
pur di vendere.
Nel libro domina un senso di spiazzamento costante del
lettore/consumatore, spaventato dalla trama diabolica del supermercato,
come quando Packard cita il nome di Vicary e la sua ipotesi dell'«ipnosi
da supermercato». Vi è un criptico piacere nel presentare il prodotto
come una trappola cognitiva e affettiva, il gusto dello smacco e dello
scacco ai danni del consumatore perpetrato dalla pubblicità, tanto che
a volte il libro sembra il manuale di un mago in vena di svelare i suoi
trucchi.
Analizzando il linguaggio usato da Packard si nota come
faccia ampio uso del registro psicoanalitico e di questa teoria
consideri proprio il più fondante ma sibillino dei suoi concetti:
l'inconscio. Il ricorso a questo linguaggio, usato al di fuori di un
setting terapeutico psicoanalitico, predispone a un uso manipolatorio
del senso della frase, anche se la lettura mantiene una forte
impressione di plausibilità argomentativa, frutto più delle qualità
intrinseche del linguaggio psicoanalitico che delle argomentazione
addotte. E proprio il ricorso a questo registro, se non proprio alla
teoria in generale, tra il 1960 e il 1970 era in piena affermazione:
inizia il tempo in cui si afferma «quella psicoanalisi da salotto» che
farà tanto male agli psicanalisti seri e alla materia in generale, ma
che in compenso darà luogo alle brillanti interpretazioni di Woody Allen. Un esempio, parallelo a Packard, è un libro di Cousin
dal titolo emblematico Imbrattare l'inconscio (1957), dove la pubblicità
subliminale viene presentata in questo tono: «[una tecnica capace di]
penetrare le parti più profonde e intime della mente umana per
lasciarvi ogni sorta di graffi». Questo linguaggio è fortemente
induttivo di associazioni che fanno sentire esposti e indifesi, come
sottolinea la metafora della violenza carnale («penetrare le parti [
... ] intime»), ma ancor peggio è la seconda frase («graffiare la
mente») perché induce a pensare alla mente come a una specie di tavola
di gesso su cui si incide un graffio indelebile (il messaggio
subliminale) che segnerà per sempre la coscienza. E’ come se il
subliminale fosse paragonabile a un grave trauma infantile o a traumi
post-torture, tanto per citare due eventi che «lasciano il segno». E
su questa strada si scende verso generalizzazioni indebite e facilone,
del tipo: «Se è possibile vendere più pop corn usando questa tecnica,
perché non lo si può fare anche per spingere l'approvazione dell'uso
di testate nucleari?».
Il subliminale, quel «qualcosa che non si percepisce bene»,
sarebbe andato a sostituire i decenni di studi sulla comunicazione
persuasiva, che si arrovellava su come far cambiare opinione alla gente,
ignorando gli aspetti principali che questi studi avevano già
individuato: le caratteristiche della fonte (l'aspetto fisico,
l'importanza percepita, la credibilità, ecc.), la struttura del
messaggio (la coerenza argomentativa, la logicità interna ed esterna,
ecc.), il medium utilizzato (il gruppo, la televisione, la radio, ecc.).
Ma sarà ancora la strada dell'inconscio che verrà battuta, qualche
anno più tardi (1970), da un altro celebre protagonista della saga del
subliminale: il professor Wilson
Bryan Key, un ricercatore di marketing che diventerà famoso per le
scoperte sulle «figure subliminali», nascoste nelle normali immagini
pubblicitarie, che avrebbero la proprietà di sedurre lo spettatore.
Anche questa proposta di Key e i suoi libri ebbero molto successo,
trovando nel grande pubblico entusiasti sostenitori disposti a credervi,
nonostante i risultati sperimentali successivi non concordassero con le
sue ipotesi.
Il successo «di pubblico» di questa tecnica fu enorme e
quasi inversamente proporzionale alle prove scientifiche della sua
efficacia, ancora oggi rileviamo nelle nostre ricerche sul cinema (e sul
product placement) residui di alcuni fantasmi di allora. Cercando le
cause di questo successo, la letteratura pare ormai concordare su alcune
spiegazioni.
La prima è contenuta nel discorso fatto finora sui mass media.
Giornali, Tv, cinema, radio fecero da cassa di risonanza al fenomeno
subliminale: quando un argomento stuzzica e incuriosisce, infatti,
questo si propaga da solo, come se il sassolino lanciato quasi
sbadatamente da Vicary, scendendo a valle, avesse provocato una valanga.
Vi è una seconda spiegazione, di tipo psicologico, su cui
concorda la letteratura: la strana facilità che ebbe il tema del
subliminale ad attecchire nell'opinione pubblica, grazie al clima
sociale che si respirava in quel tempo. Si era all'inizio di una
stagione sociopolitica particolare, in cui si stava sviluppando il
timore che un pugno di uomini di potere potesse usare questi mezzi per
condizionare la popolazione, piegandola ai proprio scopi. Nel 1958 William
Dawson, un rappresentante del Congresso, guidò una battaglia contro
il subliminale affermando che potesse «essere usato per scopi politici»'.
Si temeva uno scenario orwelliano di un'umanità annichilita e impotente
di fronte a chi detiene gli strumenti della propaganda: un mondo di
zombi al servizio di un qualsiasi big brother fu evocato con particolare
insistenza nei confronti della pubblicità subliminale.
Non era infrequente vedere rappresentati i piani alti del
potere politico come una cricca di burattinai interessati solo che le
persone facessero i movimenti da loro voluti, nullificando il libero
arbitrio del singolo cittadino in favore dei propri interessi personali.
Questo comportamento di massa, conosciuto alla psicologia e ben
descritto dalla cosiddetta «teoria della cospirazione», consiste nella
tendenza a imbastire trame spesse e complicate intorno ad argomenti che
abbiano certe caratteristiche, come il non essere supportati da prove
certe, non essere «falsificabili». Questi eventi sono gli omicidi
politici, come quello del presidente Kennedy
(1963), trame politiche come quelle del Watergate
(1973) o del nostrano «caso Ustica» (1980), le vicende delle sette
(come i suicidi di massa), l'operato delle agenzie di spionaggio (come
il caso MkUltra della Cia).
Su questa interpretazione, tramite la teoria della cospirazione,
converge gran parte della letteratura.
Ma accanto a queste due spiegazioni ve ne è un'altra che
è pari per importanza e che emerge adottando uno sguardo che
contestualizzi il periodo storico. Ciò di cui ci si sta occupando
accadeva negli anni in cui era in pieno processo di formazione la «società
dei consumi», che si sviluppava su una base di fondamentale ottimismo
fondato sulla fioritura economica e che scopriva lentamente e «in tempo
reale» sia i suoi pregi sia i suoi difetti. Il raggiungimento del
benessere aveva fatto emergere nuovi problemi (inquinamento, nuovi
conflitti sociali, ecc.), dando luogo a un'analisi critica del mondo
economico in cui la pubblicità, e quindi il subliminale, svolgevano un
ruolo chiave. La nascita del movimento artistico della Pop Art, che
trovava la sua ragion d'essere proprio in relazione alla società dei
consumi, è la prova di questa elevata sensibilità.
(…)