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Dieci anni di partito, vent’anni di propaganda
Di Marcello Pamio
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Sabato 24 gennaio 2004, si è svolto a Roma il Congresso nazionale di Forza Italia, per festeggiare i dieci anni della nascita del partito. Una vera e propria celebrazione quasi liturgica, con tanto di preghierina (ripetuta come un mantra), che ha santificato, come inneggiava lo striscione mastodontico alle spalle dell’Oratore: «10 anni di battaglie per la libertà».
Non certo per criticare gli organizzatori del Festival mediatico della Libertà, ma c’è un errore di fondo in tale scritta: non si tratta di 10 anni, ma bensì di un intero ventennale! Proprio così. Fu infatti nel 1984 - anno orwelliano molto preoccupante - che Silvio Berlusconi è sceso in campo, o meglio, è entrato in maniera dirompente nelle case degli italiani attraverso il tubo catodico. All’epoca, forse qualcuno lo ha dimenticato, le emittenti private non potevano per legge trasmettere programmi televisivi in diretta nazionale. Ma il futuro Presidente del Consiglio, per amore della libertà è riuscito, grazie all’intercessione dell’amico Bettino Craxi, ad ottenere leggi su misura - che ricordano vagamente i decreti attuali – che gli permisero di inondare l’etere e iniziare il suo lento ma inesorabile condizionamento massificato di milioni di famiglie italiane.
Oggi, dopo appunto vent’anni, è lì sul palco centrale del palacongressi dell’Eur a gongolarsi davanti a circa 3000 forzaitalioti venuti da tutta Italia, ma soprattutto davanti alle telecamere delle televisioni e a oltre 400 giornalisti! Se calcoliamo fotografi (l’immagine è fondamentale per il Premier), tecnici e operatori, vi erano 460 addetti ai lavori che in modo o nell’altro hanno amplificato, nel bene o nel male, la sua ringiovanita immagine e le sue, non proprio ringiovanite, parole.

C’è una cosa peggiore dell’essere oggetto di chiacchiere: il non esserlo affatto, scrisse Oscar Wilde qualche anno fa. E questo aforisma, tanto caro a Silvio, spiega le figure barbine che il magnate dei media ha fatto in giro per il mondo con la veste di capo del governo prima e presidente dell’Unione europea poi. Poco importa infatti di essere offeso dalla stampa catto-comunista, perseguitato dalle toghe rosse, deriso dalla stampa internazionale, e ridicolizzato dai colleghi europei, perché l’obiettivo, e ci sta riuscendo perfettamente, è quello di diventare una icona massmediatica da idolatrare (nel bene e nel male!). Una immagine a doc, creata da esperti del settore, dell’uomo comune, che senza alcun aiuto esterno si è fatto da solo ed è riuscito a occupare, solamente per meriti professionali, la poltrona più potente e prestigiosa del paese. E questo viaggio, dalle stalle alle stelle, è stato e lo è tuttora, duramente contrastato dal potere corrotto di una sinistra oscurantista che non vuole il vero cambiamento. Ecco  spiegati «i dieci anni di battaglie», di dure lotte contro il sistema.
Anche questo breve articolo, rientra indubbiamente nel chiacchierio di fondo che forse gioverà al premier; ma non possiamo far finta di non vedere come tutte le emittenti televisive, di stato e non (indistinguibili per programmi e pubblicità, se non per il canone) sono riuscite a trovare, nonostante le programmazioni, uno spazio enorme al congresso di Roma. Tralasciando per ovvietà rete 4, ogni canale televisivo, ha inviato nelle case degli italiani le immagini selezionate, i passaggi più importanti e cruciali, le riprese aeree zoomate di persone che osannavano Berlusconi.

Le immagini, è bene ricordarlo sempre, valgono più di mille parole; e gli esperti che curano la scenografia del partito, lo sanno alla perfezione. Tutto è calcolato: dal colore azzurro dello sfondo, alle scritte a caratteri cubitali, dai vestiti, dalle centinaia di bandiere che sventolavano continuamente. Nulla è casuale. Far vedere signore e signori di una certa età, pensionati e ragazzi giovani, giunti in capitale magari dal lontano nord, che si spellano le mani a forza di batterle, che perdono la voce per farsi sentire dal loro demiurgo, non è casale. Tutto questo colpisce gli animi delle persone proporzionalmente al livello di coscienza dei singoli; più il livello di coscienza infatti è basso e più una persona è manipolabile e condizionabile. Con questo non si vuole affermare che le persone presenti in sala e/o tutti coloro che hanno votato Berlusconi due anni e mezzo fa hanno un livello evolutivo basso. Assolutamente. Ognuno è libero di votare e osannare chiunque. Ma prima dobbiamo comprendere cosa significa libertà. Se è vero ciò che disse Bernard Berenson, e cioè che la «libertà esiste solo tra forze che si combattono all’incirca allo stesso livello»[1], allora nessuno con un minimo di umiltà nell’animo può negare che oggi, come dieci anni fa, manca un pari livello di combattimento tra le forze in campo; il proprietario delle sempre più ricche emittenti private, nonché controllore ufficiale di quelle statali, non può avere lo stesso potere condizionante di un’altra persona, qualsiasi essa sia e di qualsivoglia partito appartenga.
Detto questo, mi permetto addirittura di scomodare Leo Longanesi, il quale disse che «la libertà […] in Italia, è sempre stata mito per pochi»[2].
Se infatti analizziamo criticamente gli accadimenti politici degli ultimi mesi, non possiamo non constatare come la Legge, che dovrebbe essere uguale per tutti, non è proprio così uguale

Note:
[1]
Bernard Berenson, «Tramonto e crepuscolo»
[2] Leo Longanesi, L’ultimo miracolo, da In piedi e seduti

 
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