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I
programmi di morte delle autorità americane
di Antonella
Randazzo per www.disinformazione.it
- 15 gennaio 2007
Le autorità degli Stati Uniti ritengono necessario
istituire programmi di “addestramento” militare e spionistico per
gli eserciti delle nazioni del mondo. Nel 1991, il Congresso americano
approvò una legge che nella sezione 2011, titolo 10, autorizzava il
programma Joint Combined Exchange Training (Jcet). La legge
prevedeva che il Dipartimento di Difesa americano inviasse forze
“speciali” ovunque nel mondo, per addestrare soldati. Non si
specificava il contenuto di questi addestramenti. I soldati americani
dovevano raccogliere molte informazioni e fotografie del paese in cui
venivano mandati, e capire chi erano i nemici su quel territorio.
Nel 1998, erano state attuate missioni Jcet in 110 paesi,
in cui si verificarono
crimini orribili, massacri, torture e violenze di ogni genere contro le
popolazioni.
Le “missioni” Jcet riguardarono l’addestramento dei commandos
turchi che trucidarono 22.000 curdi, e altre operazioni in America
Latina, in Rwanda, in Pakistan, nello Sri Lanka, in Indonesia e in molti
altri paesi.
Il Presidente del sottocomitato per le operazioni
internazionali e i diritti umani della Camera dei deputati, Christopher
Smith, dichiarò: “Le nostre esercitazioni congiunte e
l’addestramento di unità militari accusate più volte dei più atroci
crimini contro l’umanità, tra cui tortura e omicidio, esigono delle
spiegazioni”.[1]
Il Segretario della Difesa William Cohen rispose alle richieste
avanzate da Smith in modo retorico, dicendo che “nelle aree in cui
le nostre forze armate portano avanti il programma Jcet… promuovono i
valori democratici e la stabilità regionale”.[2]
Gli addestramenti del Jcet vennero richiesti dai dittatori
più spietati e sanguinari, come l’indonesiano Suharto. In
Indonesia il Jcet fu accompagnato dal programma del Pentagono di
assistenza al reggimento Kopassus, che sequestrava, torturava e
uccideva i dissidenti politici. Migliaia di persone scomparvero
misteriosamente, probabilmente giustiziate dal Kopassus.
Le attività del Jcet in Indonesia furono sospese soltanto nel maggio
del 1998, quando la stampa rivelò la vera natura di quelle
“missioni”. Il giornalista Allan Nairn scrisse un articolo sul
giornale Nation, in cui
spiegava la natura criminale dei programmi che il Pentagono sosteneva in
Indonesia.
I programmi come Jcet vengono posti al di sopra della
stessa autorità governativa americana, come spiega lo studioso Chalmers
Johnson: “Se anche un giorno il presidente americano e il
Congresso dovessero decidere di assolvere ai propri doveri
costituzionali e ristabilire la propria autorità sul Dipartimento della
Difesa, non riuscirebbero comunque a porre sotto controllo i programmi
Jcet e altre iniziative simili”.[3]
Il pericolo che la stampa potesse svelare aspetti delle
“missioni” Jcet o di altre organizzazioni simili, com’era accaduto
nel caso indonesiano, ha fatto in modo che le autorità statunitensi
elaborassero una strategia per svolgere queste operazioni senza alcuna
responsabilità diretta. Attraverso la privatizzazione delle attività
militari di addestramento è stato reso possibile occultare
efficacemente le attività criminali che il Pentagono attua in molti
paesi del mondo. Nel caso di impiego di soldati mercenari forniti dalle
società, il Pentagono non ha nessun obbligo di informare, in quanto si
tratta di attività di società private, non soggette alla legge sulla
libertà di informazione poiché di “proprietà riservata”. Può
avvenire così l’occultamento e la deresponsabilizzazione dei crimini
commessi. Come osserva il giornalista Ken Silverstein:
Senza che l’opinione pubblica ne sia al corrente o abbia sviluppato
un dibattito al riguardo, il governo sta inviando società private –
la maggior parte delle quali strettamente legate al Pentagono e
costituite da personale militare in pensione – a fornire addestramento
militare e di polizia agli alleati stranieri degli Stati Uniti.[4]
Le aziende americane forniscono addestramento militare a
moltissimi paesi del mondo, fra questi, Haiti, Angola, Bosnia, Colombia,
Croazia, Ecuador, Egitto, Guinea Equatoriale, Ghana, Haiti, Ungheria,
Arabia Saudita, Kosovo, Perù, Uganda, Liberia, Malawi, Mali, Nigeria,
Rwanda, Senegal e Taiwan.
Nei paesi del Terzo Mondo, queste società vengono sempre più spesso
pagate con parte delle risorse sottratte ai paesi sottomessi. Data
l’alta probabilità di rimanere impuniti, vengono assoldati anche
assassini e squilibrati di ogni genere, abili nel commettere i crimini
più orrendi (mutilazioni, torture, violenze), per sottomettere i popoli
con il terrore. Nel rapporto del World Policy Institute di New
York[5]
si legge:
Negli anni '90 gli Usa hanno continuato a fornire ai paesi africani
armi e addestramento militare, per un valore di oltre 227 milioni di
dollari. Inoltre, le forze speciali americane hanno addestrato i
militari di 34 dei 53 paesi africani, compresi i soldati impegnati su
entrambi i fronti della guerra civile in Congo... Gli Stati Uniti sono i
maggiori mercanti di armi. I problemi che l'Africa deve affrontare
'conflitti, instabilità politica, tasso di crescita economica più
basso del mondo' sono stati alimentati in parte dal coinvolgimento degli
Usa nel continente.... la fornitura e vendita di armi, e i conflitti che
esse alimentano, hanno un impatto devastante sull'Africa subsahariana. (Mobutu
è stato) aiutato a costituire il suo arsenale militare con una flotta
di aerei C-130, un continuo rifornimento di fucili, armi leggere e
pesanti, l'addestramento di 1350 soldati... fino alla sua caduta....gli
Usa hanno contribuito a costituire gli arsenali militari di otto dei
nove governi coinvolti... Nel marzo '99 un trafficante di armi belga è
stato arrestato in Sudafrica mentre cercava di vendere 8 mila fucili
M-16 di fabbricazione statunitense, provenienti dagli arsenali
costituiti al tempo della guerra del Vietnam. In realtà, molti
trafficanti illegali d'armi attualmente operanti in Africa centrale
hanno cominciato come operatori segreti degli Usa.
Una delle società più importanti, che ha stipulato
contratti con
Oggi le operazioni del tipo Jcet, sia pubbliche che
private, sono coordinate dal Dipartimento della difesa e accompagnate
dall’attività di vendita delle armi. Gli Stati Uniti sono il primo
produttore e venditore mondiale di armi. Per i prodotti bellici i
governi americani spendono almeno il 25% del Pil, e il governo ha
assunto ben 6500 persone incaricate di stabilire relazioni
“diplomatiche” finalizzate alla vendita di armi. Quasi sempre gli
Stati Uniti armano entrambi i contendenti, come nel caso Grecia/Turchia,
Iran/Iraq, Israele/Arabia Saudita, Taiwan/Cina. Gli Usa possono così
influire sulla durata e sull’epilogo della guerra. Hanno cioè il
potere di “alterare significativamente gli equilibri militari”.[6]
Gli Stati Uniti vendono armi a paesi privi di nemici, come
Le autorità americane hanno reso potentissimo l’esercito birmano, per
proteggere la produzione di oppio.
Oggi gli Usa e
Negli ultimi tre anni sono state uccise decine di migliaia di persone.
Solo fra la popolazione Karen della Birmania, i morti sono almeno
30.000.
Attualmente vengono creati numerosi programmi per tenere
sottomessi i paesi africani e asiatici. I rapporti delle autorità
militari e politiche americane sono infarciti di menzogne per negare i
crimini commessi attraverso questi programmi di morte. Ad esempio, il
generale americano James L. Jones ha dichiarato alla Commissione
per i servizi armati del Senato, il 7 marzo del 2006, che le varie
organizzazioni armate create per terrorizzare e sottomettere il popolo
africano, come l’African Contingency Operations, Training and
Assistance (Acota) e il Theater Security Cooperation (Tsc) sono
“programmi di cooperazione per la sicurezza”.
Jones fa più volte appello all’esigenza di “una sicurezza
comune”, e per “sicurezza” intende in realtà il mantenimento del
potere sui popoli. Egli parla di “disordine” e “minacce”, senza
specificare di preciso chi sarebbe l’artefice di tutto questo,
includendo nei presunti pericoli l’immigrazione come il terrorismo, le
carestie come i tracolli economici:
(Il) nuovo “disordine” mondiale, porta con sé sfide del tutto
uniche, che richiedono approcci nuovi e differenti nella cooperazione
con i nostri alleati, la distribuzione delle risorse e lo sviluppo di
strategie volte a proteggere i nostri interessi nazionali… Le
complessità del mondo e la diversità delle sue minacce richiedono il
nostro continuo impegno per la completa implementazione della nostra
trasformazione… Attraverso la continua trasformazione possiamo aiutare
i nostri amici ed alleati a mantenere sicuri i propri confini, a
sconfiggere il terrorismo e a migliorare le prospettive economiche di
molte regioni del teatro afro-europeo… In questo secolo, il cammino
verso un mondo più pacifico e prosperoso si basa sul riconoscimento di
una nuova gamma di pericoli che minacciano in modo chiaro i nostri
interessi comuni… In nessun ordine particolare, queste minacce
includono epidemie, terrorismo, carestie, tracolli economici,
immigrazione illegale incontrollata, proliferazione di armi di
distruzione di massa, narcotraffico, fondamentalismo radicale e,
naturalmente, conflitti armati. Questi pericoli hanno natura
transnazionale e non possono essere facilmente contenuti all’interno
dei confini geopolitici.[7]
La parola “terrorismo” è menzionata di frequente dal
generale, che però non spiega cosa intende con tale parola, e non
menziona i crimini delle truppe americane e le conseguenze devastanti
delle occupazioni militari americane. Descrive l’operato delle truppe
americane come fosse una missione di tipo filantropico e attribuisce la
causa dei problemi a fattori ambientali o demografici:
In Africa, l’instabilità politica è aggravata dai problemi sociali,
economici e di sicurezza legati al tasso di crescita della popolazione,
all’inefficace gestione del territorio, alla desertificazione, ai
dissesti agricoli ed ambientali, agli spostamenti in massa dei profughi
e alle pandemie. Nel corso degli ultimi cinque anni, gli Stati Uniti
hanno risposto a crisi umanitarie ed instabilità politiche in Somalia,
Mozambico, Liberia, Chad, Sierra Leone, Repubblica Democratica del
Congo, Costa d’Avorio e, recentemente, nel Darfur. Negli ultimi cinque
anni, abbiamo perseguito una posizione di maggiore impegno nel
raggiungimento di una stabilità durevole, attraverso misure proattive e
preventive. Le conseguenze della mancanza di azione potrebbero includere
il continuo e ripetuto intervento americano nei conflitti e nelle crisi
umanitarie, l’interruzione di commerci vitali per lo sviluppo delle
economie nascenti africane e l’aumento della presenza del
fondamentalismo radicale, specialmente nei vasti spazi africani
ingovernati.[8]
Considerato tutto questo impegno umanitario, non si capisce
come mai le popolazioni africane vivono in miseria, muoiono di fame e
protestano con forza contro il dominio americano. In realtà, la
presenza massiccia di truppe americane e di formazioni mercenarie
finanziate dal Pentagono, ha causato la morte di milioni di persone, e
provocato immani devastazioni sociali, politiche ed economiche, rendendo
l’Africa un vero e proprio inferno per i popoli africani.
La retorica buonista americana è un ulteriore affronto per tutti coloro
che a causa dei programmi terroristici americani hanno perso i familiari
e sono stati privati dei diritti umani.
[1]
Washington Post, 12 luglio
1998.
[2]
Ibidem
[3]
Johnson Chalmers, Gli ultimi
giorni dell’impero americano, Garzanti, Milano 2001.
[4]
Silverstein Ken, “Privatizing War, How Affairs of State Are
Outsourced to Corporations Beyond Pubblic Control”, in Nation,
28 luglio-4 agosto 1997.
[5]
Pubblicato su Missione oggi,
aprile 2000, pp. 17-32.
[6]
Arms Control Today, maggio
1995.
[7]
La dichiarazione può essere letta
integralmente su http://www.eucom.mil/italian/2006_Posizionamento.pdf.
[8]
Ibidem