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Ci
hanno rubato anche
l’acqua!
Marcello Pamio - 20 novembre
2009
Mercoledì 4 novembre scorso, dopo solo due giorni di
discussione, è stato approvato il decreto-legge 25 settembre 2009, nr.135:
“Disposizioni urgenti per
l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze
della Corte di giustizia delle Comunità europee”, pubblicato
nella Gazzetta ufficiale n. 223.
Il voto in Senato è la conclusione di un iter parlamentare che dura da
2 anni, infatti il governo Berlusconi, con l’articolo 23 bis della
legge 133/2008, aveva provveduto a regolamentare la gestione del
servizio idrico integrato che prevedeva, in via ordinaria, il
conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a
imprenditori o società, mediante il rinvio a gara, entro il 31
dicembre 2010.[1]
Quella legge è stata approvata il 6 agosto 2008, mentre
l’Italia era casualmente in vacanza!
Un anno dopo, precisamente il 9 settembre 2009, il Consiglio dei
ministri ha approvato un decreto-legge (l’accordo Fitto- Calderoli),
il cui articolo 15, modificando l’articolo 23 bis, muove passi ancora
più decisivi verso la privatizzazione dei servizi idrici.[2]
Il Pd, che è sempre stato piuttosto favorevole alla privatizzazione
dell’acqua, ha proposto nella persona del senatore Bubbico, un
emendamento compromesso: l’acqua potrebbe essere gestita dai privati,
ma la proprietà resterebbe pubblica…[3]
Tale vergognoso decreto, passato con la fiducia ieri, da
effettivamente il via libera alla privatizzazione dei servizi pubblici
locali.
”Leggendo (neanche troppo attentamente) la “causale” del ddl, ci
si accorge di essere di fronte all’ennesima “rapina di Stato” che,
sotto il vessillo della “privatizzazione forzata” imposta dalla Ue,
in realtà nasconde un bisogno di energie economiche per far quadrare i
debiti con l’Europa”. [4]
“Le
disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari... si
traducono in bisogno di denaro per il governo italiano. Nessun diktat
europeo impone la privatizzazione dell’acqua, anzi...”
”Risoluzione europea 11 marzo 2004, “Strategia
per il mercato interno, priorità 2003-
Le stesse norme verranno ribadite nel IV° forum mondiale
sull’acqua nella Risoluzione europea 15 marzo 2006, che al paragrafo 1
dichiara: “l’acqua è un bene
comune dell’umanità e come tale l’accesso all’acqua costituisce
un diritto fondamentale della persona umana; chiede che siano esplicati
tutti gli sforzi necessari a garantire l’accesso all’acqua alle
popolazioni più povere entro il
L’emendamento che prevede l’affidamento della gestione
dei servizi idrici locali ai privati, è il 15.504 e vede la firma del
senatore piddino Bubbico.
Malgrado Bubbico in Senato abbia osannato il successo del Pd nella firma
del ddl, sostenendo: “Grazie a un emendamento del Pd è stata
scongiurata la privatizzazione dell’acqua, bene indispensabile, di
primaria importanza per tutti i cittadini”, leggendo lo stesso
emendamento si scopre la “truffa”. “Tutte
le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato
[...] devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del
soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle
risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni
pubbliche [...]”.
Che in soldoni vuol dire: servizio autonomo affidato ai
privati e proprietà pubblica della risorsa, ossia l'acqua.
L'emendamento 15.504, un provvedimento quindi di privatizzazione dei
servizi pubblici, avallato dal Pd, è stato respinto solo dall'Italia
dei Valori e da tre senatori del Partito democratico (Marinaro, Zanda e
Nerozzi), voti favorevoli di Udc, Pdl, Lega Nord e Pd, in questa
"originale coalizione istituzionale" fautrice del nuovo
principio: l'acqua un bene privato del mercato.
I partiti hanno criminalmente reso l’acqua un bene privato!
Come vedete, gli avvoltoi, indipendentemente dal colore
partitico, rimangono sempre e solo degli avvoltoi, stipendiati, in
questo caso, direttamente dalla lobbies
delle bollicine.
Il mercato dell’acqua in Italia è un mercato molto interessante, per
via degli 11 miliardi di litri di acqua minerale bevuti ogni anno.
Stiamo parlando di circa 5 miliardi di euro di fatturato per i soliti
noti.
Con simili numeri è possibile corrompere e/o convincere
chiunque.
Il rapporto dei prezzi tra acqua minerale in bottiglia e “l’acqua
del sindaco” (da ieri non più del primo cittadino, ma dei
privati) ha dell’incredibile: un litro di acqua minerale costa
mediamente 0,35 - 0,40 euro, contro 0,001 euro dell'acqua del rubinetto.
La grande truffa dell’acqua in bottiglia
(tratto da www.trekking.it/it/articoli/La-grande-truffa-dell'acqua-minerale_2503.html
)
Fino a qualche anno fa, le “acque minerali” dovevano
comunque sgorgare da fonti certificate, monitorate, e con
caratteristiche dell’acqua almeno particolari rispetto alla semplice
acqua potabile.
Poco importa se, anche in questo caso, si potrebbe configurare
quantomeno l’appropriazione discutibile, ancorchè tollerata dalle
normative, di un bene che appartiene a tutti i cittadini, poichè le
acque sotterranee fanno parte del demanio pubblico.
Le aziende private che sfruttano le falde acquifere
potabili, infatti, pagano alla collettività un irrisorio “canone di
coltivazione”, a fronte della concessione, spesso permanente, di un
bene pubblico. In pratica, gli amministratori che dovrebbero gestire, e
non svendere il patrimonio collettivo, lo hanno invece“regalato”
alla speculazione delle multinazionali.
Se nella legislazione italiana “il quadro normativo stabilisce che le risorse idrominerali sono un bene
pubblico, fanno parte del patrimonio indisponibile delle regioni e il
loro uso deve essere improntato all'interesse pubblico”, non si
capisce come sia possibile che in calce alle concessioni “regalate”
ad alcuni famosi marchi di acqua minerale figuri la scritta
“perpetua”: significa che alcune multinazionali accumulano miliardi
vendendo l'acqua di tutti, per sempre, come
Sempre Nestlè (che vende nel mondo 19 miliardi di litri
d’acqua), ha in concessione lo sfruttamento delle fonti di Pejo, in
Trentino, da cui estrae e imbottiglia 110 milioni di litri/anno (con un
ricavo di circa 35 milioni di euro/anno), e attualmente paga al Comune
di Pejo una tassa di concessione di 30.000 euro l’anno.
Oggi, almeno sulla carta, le aziende che sfruttano l’acqua sono
soggette a una minima tassa di 0,0005 euro al litro, ma solo sul
prodotto imbottigliato; tanto per fare un esempio, in Lombardia (la
regione più ricca di fonti e sorgenti) vengono imbottigliati 3 miliardi
di litri d’acqua, ma altri 7 miliardi vengono sprecati nelle fasi di
lavorazione.
La truffa, però, è ben altra, e sconvolgente: oggi,
spesso, nelle bottiglie di plastica in vendita sugli scaffali dei
supermercati, o sui tavoli di pizzerie e ristoranti, si trova “acqua microfiltrata”, pagata a prezzo dell’acqua minerale, ma
altro non è che acqua del rubinetto, la stessa che esce da quelli delle
nostre case, messa in bottiglia e ricostituita con l'aggiunta di
anidride carbonica e sali minerali.
Nel mondo, l'azienda leader nella vendita di “acqua del rubinetto”
è
Con risvolti curiosi, se non fossero tragici: l'acqua
Dasani (Coca-Cola), prelevata dall’acquedotto pubblico della contea di
Kent e commercializzata in Gran Bretagna, con un aumento del prezzo di
3.166 volte rispetto al costo di origine, è stata ritirata dal mercato
perchè, nonostante uscisse pura dal rubinetto, come certificato da
numerose perizie, una volta imbottigliata diventava potenzialmente
pericolosa perchè addizionata con una elevata percentuale di bromato,
nota sostanza cancerogena.
Campagna
nazionale "SALVA L’ACQUA" del Forum Italiano dei Movimenti
per l’Acqua
www.acquabenecomune.org