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Il
Presidio NO DAL MOLIN e le lotte per la pace
Di Antonella
Randazzo per www.disinformazione.it
– 28 maggio 2007
Autrice del libro “DITTATURE: LA STORIA
OCCULTA”
L'Italia, la Germania, il Giappone,
Nel 2006, emersero informazioni su un piano statunitense
per costruire diverse nuove basi militari in Europa, allo scopo di
potenziare gli arsenali utili alle guerre attuali e future. Nella
Repubblica Ceca si formò un coordinamento di oltre 40 organizzazioni,
che attuarono diverse manifestazioni contro la nuova base militare. Ciò
spinse gli americani a preparare una campagna mediatica mistificatoria,
per convincere i cechi dei presunti vantaggi di una base militare Usa.
Il cavallo di battaglia della propaganda americana fu la paura, si cercò
di convincere la popolazione a credere nelle presunte minacce da parte
dell'Iran e della Corea del Nord. Ma dopo le numerose guerre americane
di aggressione, le popolazioni non sono così sciocche da credere che
piccoli paesi possano voler sfidare il gigante americano, e sanno assai
bene che le basi servono ad altre guerre di aggressione o a portare
avanti le guerre già iniziate dalle autorità americane. Oggi tutte le
popolazioni europee si aspettano che le 500 bombe nucleari custodite
nelle basi Nato in Europa vengano ritirate e che non vengano costruite
altre basi militari Usa.
Secondo Chalmers Johnson, le basi militari americane rappresentano il
livello di dominio imperiale che le autorità statunitensi hanno
raggiunto:
Una volta si poteva seguire l’espansione dell’imperialismo contando
le colonie. La versione statunitense delle vecchie colonie sono le basi
militari. Seguendo su scala globale i cambiamenti che riguardano le basi
possiamo conoscere molto dell’"impronta" imperiale americana
e del militarismo che l’accompagna... Nel 2005 le basi militari
americane all’estero erano 737. E a causa della presenza militare in
Iraq e della strategia della guerra preventiva del presidente George W.
Bush, il numero continua ad aumentare... Nel 2005 gli alti comandi
militari hanno destinato alle basi all’estero 196.975 uomini in
uniforme, accompagnati da altrettanti familiari e funzionari civili del
dipartimento della difesa. Inoltre hanno assunto sul posto 81.425
persone. Nel 2005 il personale militare americano dislocato in tutto il
mondo, compreso quello in patria, era di 1.840.062 unità, oltre a
473.306 funzionari del dipartimento della difesa e 203.328 dipendenti
stranieri. Nelle basi oltreoceano, secondo il Pentagono, c’erano
32.327 baracche, hangar, ospedali e altri edifici di proprietà, mentre
quelli in affitto erano più di 16.527. Le dimensioni di questi impianti
sono state registrate nell’inventario:
A Vicenza, all'insaputa della popolazione, è stata presa
la decisione di costruire una nuova base militare, per accogliere la
173esima brigata aviotrasportata statunitense, che comprende 1800
soldati americani, attualmente in Germania. E' stato progettato un
complesso di 700 mila metri cubi di caserme, impianti militari e
logistici; 61 villette a schiera, un albergo, un campo da bowling e un
ospedale, che sarà collegato a quello vicentino. La spesa prevista dal
Pentagono è di almeno 680 milioni di dollari. Dovrebbe sorgere una vera
e propria cittadella autosufficiente, con centri commerciali e palestre,
case e una mensa per 1.300 persone. Tutto questo ha lo scopo di
agevolare le guerre americane contro i popoli, preparando gli arsenali
per nuove guerre di aggressione.
Il presidente del Consiglio Romano Prodi, il 16 gennaio, da Bucarest
annunciò che è "doveroso mantenere gli impegni con gli
alleati", dimenticando che il primo impegno dovrebbe essere quello
preso con i cittadini, che si aspettano che egli governi nell'interesse
della popolazione, e non per favorire il bellicismo americano.
Il governo Prodi, ignorando completamente la pericolosità
e la criminalità delle autorità statunitensi, propaganda di essere un
“governo amico” degli Stati Uniti, condannando l'intera popolazione
italiana al pericolo di avere sul proprio territorio una massiccia
militarizzazione. La nuova
base militare al Dal Molin nasce dall'idea criminale di "guerra
preventiva", ossia per attuare aggressioni contro i popoli del
Medio Oriente. Il dissenso degli italiani alle guerre preventive è
pressoché totale, e la mobilitazione popolare contro la nuova base
militare a Vicenza è emersa in tutta la sua forza alla manifestazione
del 17 febbraio scorso. I mass media ufficiali cercarono in tutti i modi
di screditare la manifestazione parlando di "pericolo
violenze" e mettendo in campo almeno 1300 poliziotti, come si
trattasse di un evento sovversivo e violento, da cui dover difendere i
cittadini, e non un evento voluto dai cittadini per affermare la propria
volontà di pace. In realtà, il dispiegamento delle forze di polizia
serve sempre più ad intimidire i cittadini, per scoraggiare ogni
dissenso o protesta. Nonostante le intimidazioni del governo, a Vicenza
si ebbe un corteo di oltre 150.000 persone.
Il popolo vicentino (come l'intero popolo italiano), è un
popolo pacifico, che ama la vita serena e dedita ai valori religiosi e
alla famiglia, la sua realtà è ben distante da quella che le autorità
statunitensi vorrebbero imporre al mondo intero: un futuro di
distruzione e guerra contro chiunque metta in discussione la loro
supremazia. Proprio nei giorni delle proteste di Vicenza, le forze
militari statunitensi colpivano diverse città irachene, arrestando e
torturando civili inermi, ed esponendo i corpi martoriati per
terrorizzare la popolazione. Tutto questo orrore risultava del tutto
insignificante agli occhi del governo italiano, che attraverso i media,
metteva in evidenza le previste violenze dei vicentini, anziché
denunciare i veri crimini e i responsabili. Le nostre autorità ci
vorrebbero far credere che gli Stati Uniti sono un paese
"democratico", e spacciano la subordinazione coloniale
dell'Italia per "amicizia fra popoli".
Nei giorni del dissenso vicentino, si aprì una campagna
mediatica che mostrava i "nuovi terroristi", ovvero le
presunte nuove brigate rosse. La notizia veniva oltremodo amplificata
dai telegiornali e dai quotidiani, che mettevano i titoli che
denunciavano il terrorismo accanto alle notizie su Vicenza. E' davvero
una strana coincidenza che, proprio quando le manifestazioni di dissenso
al governo saltavano alla cronaca, apparivano presunti terroristi, le
cui notizie giungevano ad occupare diverse pagine dei giornali. E' più
di un sospetto che le nostre autorità abbiano attuato strategie
mediatiche per screditare il dissenso o criminalizzarlo, in modo tale da
isolarlo e distruggerlo. Ma l'esperienza della "strategia della
tensione" e del G8 di Genova ha insegnato qualcosa agli italiani,
che oggi possono comprendere quale sia la vera natura dell'attuale
potere politico. Spaventare brandendo il pericolo terrorismo potrebbe
risultare ancora più inefficace se si pensa che vengono accusati di
terrorismo persino cantanti che criticano il Vaticano, i pacifisti e i
no-global. Tentare di associare il legittimo dissenso al terrorismo è
patetico, oltre che disonesto, antidemocratico e immorale.
Dopo il sì di Prodi, Vicenza, rimasta sconcertata, si è
sollevata gridando "Vergogna, vergogna"'. Alcuni vicentini
hanno bruciato le bandiere dell’Unione e le tessere elettorali. Al
sindaco, Enrico Hullweck, venne chiesto di indire un referendum, ma egli
si rifiutò perché sapeva benissimo quale sarebbe stato il
risultato.
Non tutti i politici hanno voltato le spalle ai cittadini di Vicenza,
Olol Jackson, leader dei Verdi, che si è autosospeso dal suo partito,
ha spiegato il suo appoggio alla lotta:
Stiamo lottando solo per difendere la nostra terra, il nostro sogno di
pace: la verità è che l’Ulivo intende conquistare voti in Veneto con
una politica di destra, come ha fatto col Mose a Venezia... Quello del
no al Dal Molin è un movimento trasversale, costituito da cittadini di
ideologie diverse, anche opposte. Questa base ci costerà tantissimo
sotto il profilo economico, perché il 40 per cento delle spese sarà a
carico nostro. Poi sul piano territoriale, per l’esagerata e
scriteriata occupazione di suolo e, in piena crisi idrica, dovremo dare
metà dell’acqua agli Usa.[2]
Per far accettare la nuova base, sono state dette diverse
menzogne, ad esempio, che gli americani porterebbero lavoro e denaro, o
che ci sarebbe stato soltanto un modesto ampliamento della base già
esistente. Ma i vicentini non sono caduti nei tranelli, e hanno compreso
assai bene la pericolosità della situazione. Spiega Gianni Turcato,
coordinatore dei Giovani Comunisti: "Fanno sorridere, per non
piangere, le dichiarazioni di Prodi sul fatto che quello del Dal Molin
è un problema urbanistico. Gli Usa sono casomai un’impresa di
demolizione molto efficiente, soprattutto con i loro bombardamenti
intelligenti che hanno utilizzato in vari Paesi. Dopo l’11 settembre
l’America ha lanciato la sua politica del terrore globale e Vicenza
rischia di diventare l’avamposto dove si preparano i conflitti".[3]
La protesta di Vicenza permette a tutti gli italiani di
mettere in discussione l'appoggio diretto o indiretto ad una politica di
guerra continua, che serve soltanto al mantenimento dell'assetto di
potere attuale. La protesta contro la basi militari è un passo verso la
pretesa di un nuovo assetto politico-economico, fondato sul rispetto dei
diritti umani e sulla gestione equa e saggia delle risorse dei paesi del
mondo.
Se amiamo davvero la vita, i nostri figli e noi stessi, abbiamo il
dovere di rigettare l'ordine mondiale che l'élite anglo-americana ci
sta imponendo, e di rifiutare con determinazione la tortura, la
violenza, la distruttività e la guerra. Non c'è una via di mezzo: o
siamo complici dei crimini perpetrati con le continue guerre di
aggressione ai popoli, oppure ci dissociamo e pretendiamo, nei fatti, ciò
che ci viene promesso a parole: la democrazia, la pace e la sovranità
sul territorio.
Il presidio permanente "No Dal Molin" organizza
diverse iniziative culturali e di sensibilizzazione al problema della
militarizzazione statunitense. Da qualche mese viene pubblicato il
Giornale Dal Molin, che spiega le ragioni della lotta e fornisce una
vera informazione su questioni importanti per tutti i cittadini
italiani.
Il mancato ascolto dei politici alle giuste istanze sollevate dai
vicentini ha prodotto uno scollamento fra l'attuale classe politica e la
cittadinanza. E' stato creato un senso di rigetto del sistema politico
attuale, che di fronte ai problemi dimostra come esso non è a servizio
dei cittadini, ma un organo di controllo e di potere sui cittadini,
servo di un'oligarchia che gestisce indisturbata il potere finanziario
ed economico.
I vicentini hanno mandato una lettera ai parlamentari statunitensi per
indurli a non votare per la costruzione della nuova base militare di
Vicenza. Fra le altre cose, la lettera diceva: "Vicenza è
un'antica città piccola e bella... i suoi cittadini non vogliono la
base americana ma possiamo assicurare che non hanno sentimenti
antiamericani, essi vogliono soltanto proteggere il patrimonio
italiano".
Per il bene della popolazione mondiale, occorre avversare
in modo netto e deciso lo strapotere statunitense, che oggi sta
imponendo basi militari ovunque, col pretesto della "lotta al
terrorismo". L'Africa sta subendo crimini e violenze ancora più
massicce rispetto al periodo coloniale. Tutto è ormai posto sotto il
controllo americano: ufficiali e soldati americani vanno e vengono per
l'intero continente, attuando piani di distruzione, assalti e torture
contro i popoli africani. L'obiettivo delle autorità statunitensi è
che il mondo diventi una grande base militare, e che ovunque i popoli
accettino passivamente, impauriti, il loro potere criminale. Continuano
ad organizzare eserciti per ogni parte del mondo: per l'Africa c'è l'United
States Africa Command (Africom), per l'Europa c'è l'United States
European Command (Eucom), nel Caucaso e nei pressi del Mar Nero c'è
Tutto questo ha l'obiettivo di reprimere, distruggere vite
umane, esercitare violenza e imporre il dominio con la forza delle armi.
La militarizzazione porta un clima di orrore e di morte, come spiega lo
studioso Joseph Gerson:
Non dimenticherò mai il volto di una donna di Okinawa che ha condiviso
il ricordo di come quando era una ragazza, la sua intera generazione di
ragazze –ora donne di mezza età-, fosse terrorizzata dal brutale
stupro e assassinio di una giovane ragazza da parte di un soldato USA. O
lo sguardo dei più contadini di Okinawa –ognuno dei quali indossava
una fascia per capelli con scritto “La vita è sacra”- che facevano
un sit-in al di fuori del tribunale di Naha, chiedendo la restituzione
della loro terra... È grazie alla passione con cui ha insistito un
giovane attivista coreano contro le basi, che io ho visto un CD, che la
sua organizzazione aveva fatto sull’uccisione di due ragazze -Shin
Hyo-soon e Shim Mi-sun- da parte di un carro armato poche settimane dopo
quell’atrocità e per la sua insistenza che io ho fatto qualcosa su
questo. E un buon amico islandese una volta mi ha raccontato come i
dimostranti una volta piazzarono la testa di un cavallo su una pertica
per invocare le antiche divinità vikinghe di sbarazzare l’isola
dell’abominevole base aerea di Kefkavik. Lo facevano a mo' di burla,
ma erano quanto mai seriamente impegnati.
Le basi portano insicurezza, l’assenza di autodeterminazione, di
diritti umani e di sovranità. Degradano la cultura, i valori, la salute
e l’ambiente delle nazioni ospiti e degli Stati Uniti. Se permetti di
essere colpito dalla sofferenza d’un altro, questa diventa tua.
L’imperativo diventa por fine alla sofferenza altrui.[4]
Le brutali aggressioni all'Iraq e all'Afghanistan sono
servite anche a far capire chi comanda, e l'occupazione militare delle
ex repubbliche sovietiche, Tajikistan, Kirgisistan e Uzbekistan,
dovevano servire ad indicare nelle autorità di Washington l'unico
potere imperiale del mondo attuale. Nelle ex repubbliche sovietiche sono
state imposte numerose basi militari permanenti, costringendo i popoli a
perdere la loro sovranità territoriale.
E' ora di riconoscere che questo gruppo di persone, che organizza guerre
e vuole militarizzare il mondo, è affetto da patologie psichiatriche di
grave entità, e non si può continuare a concedere a persone gravemente
disturbate il potere sulle nostre esistenze e sul nostro territorio.
Occorre capire profondamente la follia che c'è nel voler fare le guerre
e nel torturare, violentare le donne e uccidere bambini. Questo gruppo
di persone è capace di esaltare la morte e la distruzione, dando alle
guerre o alle battaglie nomignoli che richiamano forza, eventi naturali
o buffi, come "Tempesta nel Deserto" (Desert Storm),
"Agita e cuoci al forno" (shake and bake) o "Colpire e
terrorizzare" (Shock and Awe). Parlano di “Nuovo ordine
mondiale”, come se noi tutti fossimo burattini nelle loro mani. Ci
impongono un sistema fondato sulla forza, per convincerci a continuare a
stare sottomessi, ma tutto questo ha un limite e avrà una fine.
La massiccia militarizzazione delle autorità Usa non è
sostenuta soltanto dalle nostre autorità, ma anche da alcuni grandi
industriali e banchieri, che guadagnano cifre da capogiro grazie alle
guerre. Questi guadagni aumentano di anno in anno. Nel 2006 le
autorizzazioni all'esportazione di armi hanno superato i 2,1 miliardi di
euro, il 61% in più rispetto all'anno precedente. Le banche hanno
incassato almeno 1,5 miliardi di euro, guadagnando in "compensi di
intermediazione" oltre 32,6 milioni. La banca che ricava più
guadagni dalle guerre è il gruppo San Paolo IMI, seguono Banca
nazionale del lavoro, Banco di Brescia, Banca Popolare Antoniana Veneta,
Banca Intesa, ecc. Altre
banche, come
I nostri governi sono completamente sottomessi alle lobby
delle armi, e continuano a stanziare denaro pubblico per investimenti
bellici. Favoriscono i profitti delle banche armate e delle imprese
belliche. Oltre a Finmeccanica, altre imprese, come Avio, Agusta, Oto
Melara, Alenia Aeronautica, ecc., hanno raddoppiato e in alcuni casi
triplicato i loro profitti.
Il Ministero della Difesa ha creato il Fondo per le esigenze di
investimento per la difesa, attraverso cui eroga molto denaro al settore
bellico. Sono stati stanziati, per il biennio 2007/8, oltre 800 milioni
di euro per un progetto aerospaziale e per la costruzione di caccia
Eurofighter, in collaborazione con aziende inglesi, spagnole e tedesche.
Inoltre, il fondo riceve un miliardo di euro all'anno per ogni missione
di guerra all'estero. Insomma, il nostro governo, che attua tagli
drastici in tutti i settori importanti per la qualità della vita degli
italiani (sanità, scuola, giustizia, cultura, ecc.), non bada a spese
per quanto riguarda le guerre e la produzione bellica.
Il nostro paese fornisce armi a molti paesi che non
rispettano i diritti umani. Il governo permette che siano vendute armi
in tutte le aree di guerra, e nei paesi in cui i popoli sono sottomessi
da sistemi tirannici, come il Kuwait, l'Arabia Saudita, i paesi del Nord
Africa, l'Africa subsahariana, e persino la vituperata Siria. Quando si
tratta di distruttività e controllo dei popoli, l'oligarchia dominante
non conosce limiti né colori politici. Basti pensare che anche il
governo Berlusconi, che si professava apertamente
"filoamericano", vendeva armi alla Siria (che era accusata di
fornire armi agli hezbollah).
In tutto il mondo continuano a svolgersi manifestazioni, cortei,
proteste e sollevazioni contro l'attuale sistema di potere, e i nostri
media non ce ne danno notizia, facendoci credere che quella di Vicenza
sia una protesta isolata. Quest'anno si sono svolte numerose
manifestazioni per la pace in tutto il mondo. Ad esempio, il 24 febbraio
Negli Stati Uniti sono sempre più frequenti le
manifestazioni per la chiusura di Guantanamo e contro le guerre
americane. Spesso le proteste sono organizzate da persone gravemente
danneggiate dal sistema di potere attuale, come reduci, madri di soldati
uccisi e parenti di persone torturate o ingiustamente detenute. Ad
esempio, Cindy Sheelan, madre di Casey, un soldato ucciso in Iraq, l'ex
prigioniero inglese Asif Iqbal, rinchiuso per due anni e mezzo senza
alcuna accusa, e Zohra Zewawi, madre del detenuto britannico Omar
Deghayes, a cui viene negato di vedere il proprio figlio.
In molti paesi, come
Anche in questi ultimi mesi, gli inglesi hanno continuato
le proteste contro la guerra in Iraq, capeggiate da reduci e da madri di
soldati uccisi, come Rose Gentle, madre di Gordon Gentle, ucciso in Iraq
nel giugno del 2004. La signora Gentle è diventata la portavoce di
un'associazione di madri di soldati britannici morti in Iraq, che
organizzano proteste e di tanto in tanto si accampano davanti a Downing
Street.
Nel settembre dello scorso anno, si sono svolte in molti Stati degli Usa
manifestazioni di protesta contro la guerra in Iraq. Alle proteste hanno
partecipato anche veterani di guerra, deputati, gruppi religiosi e varie
organizzazioni a difesa dei diritti umani. Il governo, come in altre
manifestazioni, ha risposto utilizzando la forza e arrestando migliaia
di persone. Ma ciò non ha affatto scoraggiato i manifestanti, che
continuano a lottare. Racconta il reverendo Lennox Yearwood, arrestato
per aver protestato contro la guerra: "Come cittadini e persone di
fede, dobbiamo essere la coscienza del nostro paese".[6]
Il 21 settembre del 2006, 500 gruppi religiosi hanno
firmato una "Dichiarazione di pace", attraverso cui chiedono
il ritiro dei soldati americani dall'Iraq, la chiusura delle basi
militari e la creazione di una cultura della pace, che lavori per il
benessere dei cittadini e per la ricostruzione dei paesi distrutti dalla
guerra. Durante le
manifestazioni per la pace, migliaia di attivisti vengono arrestati o
pestati. Persino due Premi Nobel sono stati ammanettati e arrestati per
aver protestato pacificamente davanti alla Casa Bianca. Si tratta della
nordirlandese Mairead Corrigan Maguire (Premio Nobel per la pace nel
1976), e dell'americana Jody Williams (Premio Nobel per la pace nel
1997), arrestate insieme a 35 capi religiosi e al pacifista Daniel
Ellsberg, mentre si trovavano davanti alla Casa Bianca e cantavano
canzoni di pace, mostrando foto di vittime civili della guerra. Racconta
il deputato della Georgia John Lewis: "Come partecipante del
Movimento dei Diritti Civili, ho affrontato la violenza con la non
violenza. Mi hanno picchiato e lasciato sanguinante per strada. Mi sono
reso conto che le nostre armi più potenti come nazione non sono le
bombe o i missili. La nostra maggiore difesa è il potere delle nostre
idee, è quello che crediamo sulla democrazia e il rispetto della dignità
umana".[7]
Altri deputati hanno firmato
L'associazione United for Peace and Justice ha organizzato
imponenti manifestazioni contro le guerre americane, a cui hanno
partecipato centinaia di migliaia di persone, che hanno sfilato tenendo
un filo su cui erano state attaccate le foto dei soldati americani
morti. Se avessero attaccato anche le foto dei morti iracheni, afghani e
somali, il filo sarebbe stato chilometrico. In una di queste
manifestazioni, gruppi di persone urlavano "Vergogna!
Vergogna!", e un altro gruppo, mascherato da clown, cantava
filastrocche che ironicamente facevano capire che la politica americana
segue gli interessi dei più ricchi.
Nel gennaio di quest'anno, oltre centomila persone hanno marciato verso
Quest'anno, alla vigilia del quarto anniversario
dell'invasione all'Iraq, almeno 30/40 mila persone hanno protestato
davanti al Pentagono, gridando "Incriminate
Bush", "Riportate le truppe a casa", "Niente sangue
per il petrolio", "No alle torture" e "Sic semper
tyrannis". Il governo, per l'ennesima volta, ha risposto con una
pattuglia di polizia, che ha arrestato centinaia di persone.
Negli Stati Uniti ci sono anche le Donne in Nero, nate nel 1988, quando
un gruppo di donne Palestinesi e Israeliane, vestite di nero,
iniziarono a praticare una veglia settimanale contro l’occupazione
israeliana della West Bank e della Striscia di Gaza. Inizialmente, le
Donne in Nero furono perseguitate, aggredite e insultate con parole come
“puttane”, ma hanno continuato a protestare. Oggi sono sempre più
numerose in diversi paesi del mondo, e lottano contro tutte le guerre.
In California, a Berkeley, dal 1988, ogni settimana si tiene
regolarmente la veglia delle Donne in Nero di Solidarietà.
Nel 2002 si è formato un altro gruppo di donne, capeggiato
da Medea Benjamin, Diane Wilson, Jodie Evans e Gael Murphy. Il gruppo è
stato chiamato Codepink, contrapponendo con ironia il colore rosa al
terrore criminale delle autorità americane. Le donne del Codepink
organizzano spettacoli teatrali in strada, con slogan e battute
satiriche. Il loro slogan principale è "Le donne di Codepink
dicono: Ritiro Immediato". Lo scorso anno organizzarono un digiuno
contro la guerra in Iraq. In quell'occasione, Diane Wilson dichiarò:
"Mentre Bush dichiara che il suo dio gli ha detto di fare la
guerra, il mio dio mi dice che dovremmo fare tutto il possibile per
fermarla, per proteggere sorelle e fratelli in pericolo... Se
permettiamo a questa guerra di continuare, l’invasione di un altro
paese sarà solo questione di tempo: l’Iran, o magari il Venezuela.
Non possiamo rimanere sdraiati come tappetini e permettere che il nostro
governo ci calpesti. Lo sai anche tu, no, che tutto quello che serve al
male per trionfare è che gli onesti non facciano nulla. Dobbiamo fare
qualcosa per arrestare il male... Abbiamo sfilato, fatto campagne di
pressione, siamo state arrestate. Io ho appena finito di scontare tre
mesi di prigione per aver srotolato uno striscione: 120 giorni e 2.000
dollari di multa. Abbiamo fatto una veglia davanti alla Casa Bianca che
è durata quattro mesi. Ma questo non ha fermato la guerra, perciò
dobbiamo andare avanti... Io dico sempre: le donne ragionevoli si
adattano al mondo, le donne irragionevoli adattano il mondo a se stesse.
E’ ben venuta l’ora di essere "irragionevoli".[8]
I popoli di tutto il mondo sanno che le guerre americane di
aggressione sono crimini gravissimi contro le popolazioni. La prima
guerra del Golfo fu sostenuta da 34 paesi, mentre l'attuale occupazione
dell'Iraq è sostenuta soltanto da tre paesi (Regno Unito, Australia,
Stati Uniti), in cui la maggioranza della popolazione è contraria alla
guerra.
Gli europei sono molto insofferenti allo strapotere degli Usa, ma ancora
di più lo sono altre culture, come le asiatiche e la musulmana, che
subiscono il dominio di una potenza estranea alla loro cultura, che
vuole distruggere i loro valori culturali, imponendo un sistema basato
sull'egoismo e sul materialismo consumistico. Molti popoli sono oppressi
e costretti a vivere in miseria proprio per impedire loro una lotta
efficace contro i crimini anglo-americani, ma essi continuano a
ribellarsi, nonostante le conseguenze che sono costretti a subire.
In Giappone, come nelle Filippine, in Kuwait, in Arabia
Saudita, in Ecuador e in molti altri luoghi, la lotta al crimine e alla
guerra è sempre più forte. In Ecuador è nato il movimento "No-basi",
coordinato da Lina Cahuasquí, che organizza manifestazioni e cortei
contro la militarizzazione americana nel Sud America. A Quito (capitale
dell’Ecuador) c'è la più grande base americana del Sud America, e in
America Latina e nei Caraibi ci sono almeno 17 basi militari Usa. In
tutti questi paesi esistono movimenti che lottano per la chiusura delle
basi, che spesso collaborano fra loro, come spiega l'attivista
ecuadoriano Corazón Fabros Valdez: "Abbiamo capito l’importanza
della solidarietà internazionale dopo i successi ottenuti nella lotta
contro le basi militari Usa nelle Filippine... Le Filippine hanno avuto
basi militari Usa per oltre 100 anni, che sono state usate contro il
Vietnam e altre nazioni. Tra gli effetti peggiori, abbiamo assistito a
violazioni dei diritti umani e della democrazia".[9]
Le lotte sono servite a convincere il presidente dell’Ecuador, Rafael
Correa, ad annunciare che non rinnoverà il permesso per mantenere la
base Usa di Manta, e a rifiutare l'installazione di una nuova base
militare sull’isola di Baltra (Galapagos).
Il ricercatore di Focus on the Global South, Herbert Docena, ritiene che
Oltre alla dichiarazione politica, vogliamo istituzionalizzare
Anche i militanti di Porto Rico hanno ottenuto la chiusura
della base di Vieques, che da 60 anni controllava il territorio.
Argentina e Brasile hanno smesso di prendere parte alle manovre navali
insieme alla marina statunitense. Occorre prendere ad esempio questi
paesi, e continuare a protestare contro la militarizzazione.
Noi italiani abbiamo molto di cui protestare, anzi moltissimo. Che dire
del potere mafioso che ci attanaglia? Che dire dei politici mafiosi che
vengono riproposti come candidati? Come molti sanno, ma pochi dicono, la
mafia è l'altra faccia del dominio anglo-americano sull'Italia. E oggi
è più forte che mai. I giovani meridionali che gridano "la mafia
fa schifo" rappresentano il volto pulito del futuro dell'Italia. Un
futuro possibile se i giovani si renderanno conto che oltre a protestare
occorre cambiare la propria mentalità e mettersi nell'ordine delle idee
di dover rifiutare l'attuale sistema politico e di non scendere a
compromessi con chi si spaccia per "democratico" ma sostiene
la legge del più forte e la mentalità mafiosa.
Noi italiani abbiamo il dovere di sostenere la lotta del
"No dal Molin", così come la lotta "No tav", perché
non si tratta di gruppi sparuti di estremisti "antiamericani"
o "antiprogresso", come vorrebbero farci credere, ma di
persone coraggiose che stanno lottando per i diritti che una vera
democrazia dovrebbe garantire e difendere: per la salute, per la pace e
per un mondo senza crimini. I cittadini di Vicenza hanno il merito di
aver esteso la protesta al vasto problema della criminalità e del
terrorismo statunitense, e di rifiutare la militarizzazione non soltanto
sul loro territorio, ma dovunque essa avvenga.
E' tempo di svegliarci, e di capire che il sistema criminale attuale non
può imperare perennemente, e la vera liberazione dei popoli può
avvenire e deve avvenire.
Occorre diventare coscienti che il gruppo dominante sta
utilizzando un enorme potere mediatico per passivizzarci. Così come
indirizzano i nostri acquisti e ci inducono a fare scelte politiche per
sentirci "liberi", ci condizionano affinché diveniamo
complici dei loro crimini.
L'oligarchia criminale utilizza anche l'allarme "terrorismo",
che genera paura e ci paralizza, inducendoci a cercare protezione.
Oppure stimola gli aspetti superficiali dell'esistenza, spingendoci a
perdere il senso della crescita interiore. Veniamo passivizzati anche
attraverso l'associazione mediatica fra protesta ed eversività,
sovversione e terrorismo. Ci viene fatto credere che per il "quieto
vivere" dobbiamo accettare crimini e guerre.
Ma la loro arma più efficace è la disinformazione:
milioni di persone non sanno cosa davvero fanno gli statunitensi in
molti paesi. Non sanno che utilizzano armi chimiche contro la
popolazione inerme, che torturano gli uomini davanti a donne e bambini,
che imprigionano le donne per violentarle
ogni giorno o che uccidono famiglie intere senza scrupoli. Molti non
sanno che il rispetto per i diritti umani è diventato una chimera anche
in paesi come
Tuttavia, la disinformazione talvolta non è totale, e di tanto in tanto
possono emergere contenuti che sfuggono al controllo dell'élite, com'è
accaduto con le foto delle torture nel carcere di Abu Ghraib. Ad ogni
modo, le nostre responsabilità non vengono attenuate dalla
disinformazione o dalla mistificazione dei fatti da parte delle nostre
autorità.
Mettiamoci nei panni dei popoli aggrediti: essi sanno che
noi abbiamo visto le foto delle torture avvenute nel carcere iracheno di
Abu Ghraib, sanno che noi sappiamo che le guerre permettono agli Usa di
saccheggiare il loro petrolio, sanno che sul nostro territorio ci sono
le basi da cui partono i soldati e le armi che serviranno ad uccidere o
a mutilare migliaia di bambini inermi. Secondo Diane Wilson, in Iraq
oggi la popolazione soffre perché noi non stiamo facendo abbastanza per
mostrare il nostro rifiuto ai crimini e alle guerre americane:
Le persone (in Iraq) erano così amichevoli e gentili con noi, sebbene
il nostro paese stesse minacciando il loro. Abbiamo girato per Baghdad
giorno e notte, e quando mi perdevo c’era sempre qualcuno, un bambino
o un adulto, che mi rimetteva sulla strada giusta. Non riesco ad
immaginare come sia la vita quotidiana per gli iracheni, oggi, con tutte
le morti e la violenza che li circondano. Mi spezza il cuore pensare che
i bimbi che ho incontrato sono morti o stanno morendo. (Oggi gli
iracheni) Non vedono gli statunitensi contrastare questa guerra basata
sulle menzogne, così la distinzione fra il governo e il popolo si è
dissolta. Non abbiamo mostrato di essere davvero contro la guerra, e
sarebbe ora di farlo. I loro corpi sono sulla linea di fuoco ogni
giorno, così come quelli dei soldati... Dovremmo essere determinati nel
costruire pace, così come altri sono determinati nel fare guerre.[11]
E' tempo di amare la pace non soltanto a parole, ma
sostenendo tutti coloro che stanno facendo qualcosa di concreto contro
il militarismo e le guerre, come i cittadini di Vicenza. Occorre
indignarsi di fronte all'assenza quasi totale nei media ufficiali delle
iniziative e delle lotte dei popoli contro la guerra e i crimini dell'élite
dominante. Ci vogliono far credere che i popoli del mondo stiano
accettando l'attuale assetto, oppure ci vogliono tenere isolati, in modo
da indebolire le nostre lotte.
Dobbiamo alimentare le nostre risorse interiori, per avere dentro di
noi, prima che all'esterno, un mondo realmente libero e pacifico, privo
di gruppi criminali che tiranneggiano o massacrano i popoli. Dobbiamo
raggiungere quest'obiettivo dapprima a livello individuale, poi a
livello nazionale, e infine porci in armonia con tutti gli altri popoli
del mondo. Sarà questo il nostro futuro, se lo sceglieremo.
Antonella Randazzo ha scritto Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943, (Kaos
Edizioni, 2006);
Se vuoi lasciare un commento agli articoli o ai libri di Antonella
Randazzo vai a http://antonellarandazzo.blogspot.com/
Note:
[1]
Johnson Chalmers, Nemesis: the
last days of the american republic, Metropolitan Books, Henry
Holt and Company, New York 2007.
[2]
http://www.avvenimentionline.it/content/view/1121/349/
[3]
http://www.avvenimentionline.it/content/view/1121/349/
[4]
Gerson Joseph,
"U.S. Foreign Military Bases & Military Colonialism", http://www.zmag.org/Italy/gerson-basimilitariusa.htm
[5]
Legge 17 maggio 2005 n° 94, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del
7-6-2005, che comprende 11 articoli e un memorandum tenuto segreto
anche al Parlamento per "motivi di sicurezza".
[6]
Rizvi Haider, Administrator,
9 ottobre 2006. www.politicaonline.net
[7]
Rizvi Haider, Administrator,
9 ottobre 2006. www.politicaonline.net
[8]
http://www.ildialogo.org/noguerra/digiunocontro27052006.htm
[9]
Kintto Lucas, "Un mondo senza basi militari straniere", http://www.informationguerrilla.org/2007/03/10/un-mondo-senza-basi-militari-straniere/
[10]
Kintto Lucas, "Un mondo senza basi militari straniere", http://www.informationguerrilla.org/2007/03/10/un-mondo-senza-basi-militari-straniere/
[11]
http://www.ildialogo.org/noguerra/digiunocontro27052006.htm