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- Manifesto contro la televisione

Karl Popper: "Contro la televisione"
 Londra - 13/04/1993
Tratto da http://web.tiscali.it/studio3R/

Domanda 1: Sir Karl Popper, Lei ha affermato che la televisione ha, specialmente per i ragazzi, il valore di un'autorità morale e che svolge quindi un ruolo educativo. Alcuni sostengono che questa tesi sia in contrasto con l'idea liberale, secondo cui non bisogna educare le persone, ma informarle. Lei pensa dunque che la televisione dovrebbe avere una funzione educativa?

Risposta: Penso proprio di sì. Credo che distinguere in questo caso tra educare e informare non è soltanto falso, ma decisamente disonesto. Mi dispiace doverlo dire. Non ci può essere informazione che non esprima una certa tendenza. E ciò si vede già nella scelta dei contenuti, quando si deve scegliere su che cosa la gente dovrà essere informata. Per fare questo bisogna aver già stabilito in anticipo che cosa si pensa dei fatti, decidere circa il loro interesse e il loro significato. Questo basta a dimostrare che non esiste informazione che non sia "di tendenza". Bisogna scegliere, e il nostro intendimento determina la nostra scelta. 
    Così, per esempio, Lei può chiedere a qualsiasi professionista della televisione di far parlare una persona frontalmente o di farla parlare di profilo: c'è una bella differenza! Tutto è il risultato di una scelta. Dire che esiste della pura informazione, come semplice trasmissione di fatti, è falso. Voi tentate continuamente di imporre il vostro punto di vista al telespettatore e non potete impedirvi di farlo. Perciò la distinzione tra educare ed informare non regge. Ma questa distinzione non è semplicemente falsa, essa risponde piuttosto ad un preciso obiettivo, perché permette di dire: "Noi siamo obiettivi, vi comunichiamo soltanto i fatti, i fatti come sono e non i fatti come vorremmo che voi li vedeste: i fatti semplicemente come sono". 
   
Questo è falso! D'altronde si parla dell'educazione come di una imposizione necessaria. L'insegnante impone il suo punto di vista all'allievo, al ragazzo che deve essere educato. L'educatore è gravato da una grande responsabilità, mentre colui che informa, il "puro informatore", pare che non ne abbia alcuna. Ma questa differenza non esiste. Se voi siete informatori responsabili, siete anche educatori. Ma se siete educatori irresponsabili, voi state trasgredendo le regole del gioco. Lei non può sottrarsi all'obbligo di educare. Lei come educatore ha una grande responsabilità e così pure la televisione ha una grande responsabilità. Io credo che la maggioranza dei professionisti della televisione non si rendano conto appieno della loro responsabilità. 
    Credo che non siano capaci di valutare l'ampiezza del loro potere. La televisione ha un immenso potere educativo e questo potere può far pendere la bilancia dal lato della vita o da quello della morte, dal lato della legge o da quello della violenza. E' evidente che si tratta di cose terribili! Lei mi dice che io difendo, contro l'ideale liberale, il fatto che le persone debbano essere educate e non informate. Questo ideale sedicente liberale è stato inventato "ad hoc" per non dover rivedere e trasformare il mondo dell'informazione. E' stato inventato proprio e soltanto per questo. Non è stato mai veramente un ideale liberale. Il liberalismo classico sotto tutte le sue forme ha sempre accordato una grande importanza all'educazione e un'importanza ancora più grande alla responsabilità. 
    D'altronde tutte le correnti del liberalismo classico hanno insistito sulla necessità di controllare il potere. Il miglior mezzo è quello dell'autocontrollo. Un certo autocontrollo ci deve essere in ogni caso. Ogni potere, e soprattutto un potere gigantesco come quello della televisione, deve essere controllato. La televisione può distruggere la civiltà. Che cos'è la civiltà? E' la lotta contro la violenza. C'è progresso civile, se c'è lotta alla violenza in nome della pace tra le nazioni, all'interno delle nazioni e, prima di tutto, all'interno delle nostre case. La televisione costituisce una minaccia per tutto questo. La minaccia, beninteso, sarebbe peggiore sotto una dittatura poiché in questo caso ci sarebbe una vera manipolazione allo scopo di far accettare ai cittadini la dittatura. E come ha mostrato Orwell ciò può avvenire senza che la gente si renda conto di ciò che sta succedendo. In ogni caso non ha senso discutere sui pericoli potenziali della televisione. 
    E' sul suo potere attuale che bisogna riflettere e chiedersi se non sia male impiegato. Bisogna piuttosto domandarsi, in rapporto al potere attuale della televisione, se non sia mal impiegato. Io credo che questo avvenga spesso La mia esperienza dell'ambiente televisivo mi insegna infatti che i suoi professionisti non sanno quello che fanno. Si pongono scopi del tipo "essere realisti", "essere avvincenti", "interessare", "eccitare". Questi sono gli obiettivi che si pongono esplicitamente. Ciò che misura l'arte, la tecnica di un uomo di televisione è realizzare tali obiettivi. Non ha coscienza della sua funzione educativa, non ha coscienza del potere enorme che esercita. Lei mi aveva posto la domanda: "Secondo la dottrina liberale l'individuo deve avere le sue responsabilità?", le rispondo: tutto va bene finché si assume delle responsabilità e vi conforma i suoi comportamenti. Ma se diventa violento e aggredisce i suoi vicini deve essere punito. 
    C'è una bella battuta sulla libertà, nata in un tribunale americano. Un uomo dice: "Sono un uomo libero e quindi posso dirigere il mio pugno in qualsiasi direzione". Al che il giudice gli risponde: "E' vero che lei è un uomo libero, ma il limite al movimento del suo pugno è il naso del suo vicino!" In due parole se vogliamo una società da cui, nei limiti del possibile, la violenza sia esclusa e punita solo in caso di necessità, il limite del vostro movimento è il naso del vostro vicino. Questo è il fondamento di una società civile. E' una cosa semplice da definire. Ci sono due tipi di società: il primo è quello dove regna la legge, in cui la legge è introdotta e perfezionata gradualmente in funzione dei seguenti scopi: limitare, solo quando è necessario, la libertà individuale ed evitare per quanto possibile la violenza. Ecco il principio razionale che deve ispirare la legge. Il contenuto della legge deve essere semplicemente, come dicevo prima, che il naso del mio vicino segni un limite al libero movimento dei miei pugni, o meglio che quel limite sia stabilito a una distanza, diciamo di 8 centimetri , dal naso del mio vicino. 
    Questo deve dire una buona legge. La seconda possibilità è il regno del terrore, il regno della violenza e della paura. Ne abbiamo vista troppa, in particolare sotto i regimi nazista e comunista. Milioni e milioni di persone hanno sofferto nei modi più orribili sotto il regno della violenza. Noi dobbiamo lavorare attivamente per contrastarlo. Perciò bisogna formare gli individui alla civiltà, influendo sulle loro aspettative. Questo è il mio progetto educativo.

Domanda 2: Sir Karl, che cosa pensa della violenza mostrata dalla informazione televisiva in occasione della guerra in Jugoslavia?

Risposta: Certo, bisogna mostrarla, ma la si mostra un po' troppo! Non c'è solo violenza nel mondo. La televisione ha fatto per anni dei bei programmi e ancora ne fa di tanto in tanto. Ma il problema che si pone è quello della selezione. C'è già abbastanza violenza nel mondo. Non c'è affatto bisogno di aggiungere a quella violenza delle violenze inventate: in tal modo la gente diviene gradatamente insensibile a qualsiasi tipo di violenza che non sia quella fatta a loro stessi. Quando ero giovane ho lavorato per parecchi anni come educatore di bambini difficili. 
    I più difficili erano quelli che avevano patito violenze nelle loro famiglie. Ho una certa esperienza in merito. A volte portavo quei bambini al cinema - a quel tempo la televisione non esisteva - e lì mi accorgevo che i bambini hanno paura della violenza. Un bambino normale chiude gli occhi per non vederla. Il fatto che la gente si abitui a vedere scene di violenza, che questa diventi il suo pane quotidiano, ciò distrugge la civiltà. Questa è la mia tesi. E' una tesi assai semplice. Coloro che lavorano per la televisione non hanno sufficiente coscienza di ciò che fanno. Vogliono mostrare cose che impressionino, vogliono "essere realisti" e non si rendono conto dei guasti che provocano. La maggior parte di loro non se ne rende conto.

Domanda 3: Lei pensa che i principi di cui abbiamo parlato dovrebbero valere non solo per i lavoratori della televisione, ma anche per quelli del cinema e della radio?

Risposta: No. Bisogna cominciare innanzi tutto dal gruppo più influente, e quello che ha maggior potere è quello dei professionisti della televisione. La mia proposta è questa: fondare una istituzione come quella che esiste per i medici. I medici si controllano attraverso un Ordine. La cosa non riesce sempre perfettamente. Ci sono medici che fanno gravi errori e medici che commettono dei crimini. 
    Ma ci sono pur sempre le regole elaborate dall'Ordine. Beninteso, il Parlamento ha un potere legislativo superiore a quello dell'Ordine dei medici. In Germania e in Inghilterra questa istituzione si chiama "Camera dei medici". Sul loro modello si potrebbe creare un "Istituto per la televisione". La mia proposta è che tutti voi, tutti voi che siete qui, siate registrati provvisoriamente come membri dell'"Istituto per la televisione". In seguito dovreste partecipare a una serie di corsi per sensibilizzarvi ai pericoli a cui la televisione espone i bambini, gli adulti e l'insieme della nostra civiltà. Così molti di voi scoprirebbero degli aspetti ignorati della professione e sarebbero indotti a considerare in modo nuovo la società e il loro ruolo.
    Ritengo inoltre che in un secondo tempo dovreste sostenere un esame per vedere se vi siete impadroniti dei principi fondamentali. Superato l'esame dovreste prestare giuramento, come i medici: dovreste promettere di tenere sempre presenti quei pericoli e di agire di conseguenza in modo responsabile. E' soltanto allora che potreste entrare come membro permanente nell'"Istituto per la televisione". Non mantenendo quella promessa perdereste la vostra licenza. Per avere la licenza che permette di lavorare in televisione, bisognerebbe aver superato con successo l'esame e aver prestato giuramento, nello stesso modo in cui i medici ottengono una licenza per lavorare in ospedale. Non rispettando il giuramento potreste perdere la vostra licenza. 
    Naturalmente vi dovrebbe essere possibile fare appello a una istanza di giudizio superiore, ma se questa confermasse che avete agito irresponsabilmente, perdereste il diritto a lavorare in televisione. Beninteso, queste istituzioni dovrebbero essere elette a maggioranza da voi stessi. E la misura disciplinare che potrebbe togliervi la licenza dovrebbe provenire da una corte in cui fossero dei professionisti come voi a detenere il più alto potere. Bisogna stabilire delle regole. Quanto poi al modo in cui quelle regole devono essere formulate e modificate, dovrebbe essere oggetto di discussione.

Domanda 4: Sir Karl, sono state mosse delle obiezioni contro le Sue proposte di regolamentazione dell'informazione televisiva. Molti, per esempio, giudicano paradossale che un liberale come Lei affermi la necessità di limitare la libertà di espressione. Lei che cosa ne pensa?

Risposta: Devo confessare che faccio fatica a capire queste obiezioni. Potrei aver voglia di esprimermi colpendovi con un pugno, ma è chiaro che non posso, non devo farlo. E' forse antiliberale impedirmi di colpirvi? Qui è in gioco lo stesso principio. Perché dovrebbe essere antiliberale o paradossale per un liberale come me affermare la necessità di limitare la libertà?
    Ogni libertà deve essere limitata. Non esiste libertà che non abbia bisogno di essere limitata. Dovunque ci sia libertà, la miglior forma di limitazione è quella che risulta dalla responsabilità dell'uomo che agisce. Se egli è un irresponsabile subirà le sanzioni previste dalla legge. La sua libertà sarà limitata, se necessario, anche per tutta la durata della sua vita. Certo noi speriamo che una tale necessità sparisca, un giorno. E' questo che definisce lo sviluppo della civiltà: aumentare il grado di incivilimento e ridurre la necessità di imprigionare delle persone per tutta la vita. In ciò si vede lo sviluppo di una civiltà. Ma ciò non vuol dire affatto che sia paradossale per un liberale come me affermare che bisogna limitare la libertà di espressione! 
    Un uomo può essere felice per la sua nuova automobile, e può avere il sentimento che solo guidando molto veloce può esprimere la sua felicità e la passione per la sua automobile; vorrebbe traversare Roma a 200 all'ora per esprimerle a pieno. Qual è la differenza tra questo modo di esprimersi e quello che rivendicano certi artisti o professionisti della televisione? C'è una vera differenza? Bisogna vedere se col vostro modo di esprimervi mettete o no gli altri in pericolo. In altri termini si tratta sempre dello stesso principio. La vostra libertà, che sia quella di agitare i pugni, quella di parlare o di diffondere l'informazione o qualsiasi altra, è limitata dal naso del vostro vicino. E' sempre lo stesso principio, è il principio più semplice che si possa immaginare. 
    E tutti quelli che invocano la libertà, l'indipendenza o il liberalismo per dire che non si possono porre delle limitazioni ad un potere pericoloso come quello della televisione, sono degli idioti. E se non sono degli idioti, sono dei porci che vogliono arricchirsi con lo spettacolo della violenza, educando alla violenza. Si tratta quindi di un principio assolutamente semplice. Se a scuola un professore vi insegna quello che bisogna fare per introdursi illecitamente in una banca o per avvelenare un genitore, se vi dà tutte le informazioni utili per diventare un buon criminale, voi direte che quel professore deve essere rimosso; questo non vuol dire che debba essere messo in prigione, ma che comunque dovrebbe essere rimosso. La stessa cosa dovrebbe valere per i professionisti della televisione. Io posso qui soltanto presentare la cosa nella sua generalità. 
    Mi è impossibile dire quali regole precise dovrebbe avere l'"Istituto per la televisione" dato che è quell'Istituto stesso che dovrebbe elaborarle. Io ho certamente delle idee su che cosa dovrebbero essere, ma per entrare nei particolari ci vorrebbe un regolamento di almeno una ventina di pagine ed io non posso farlo qui, ora. L'essenziale è capire ciò che deve stare alla base di questo regolamento, quale deve essere l'atteggiamento da adottare rispetto alla situazione generale. La gente deve capire, per ora, che la civiltà è messa in pericolo dalla televisione. Ammetto che delle regole simili potrebbero diventare necessarie per i giornali e per altri settori dell'informazione, ma non è questo il soggetto della nostra conversazione. Nel caso della televisione è facile mettere in opera una istituzione per prevenire il cattivo uso di un potere sociale pressochè illimitato.

Domanda 5: Un'ultima domanda: non c'è il rischio che la regolamentazione possa produrre involontariamente una televisione simile al "Grande Fratello" di Orwell?

Risposta: Certo un rischio del genere bisogna metterlo in conto! Simili pericoli esistono sempre. L'esistenza di una società civile comporta tali pericoli. In Italia la mafia rappresenta un pericolo di questo genere. La corruzione è sempre possibile. Bisogna continuamente lottare contro simili eventualità. Ma per ora, allo stato delle cose, mi sembra che sia più vicina al "Grande Fratello" di Orwell una televisione come la nostra, non regolamentata, che non quella che noi vogliamo promuovere. Bisogna fare qualcosa per promuovere la civiltà.

Domanda 6: Sir Karl, ma così, coloro a cui piace guardare la violenza alla televisione ne sarebbero privati?

Risposta: Lei fa una giusta osservazione. Un argomento contro la mia posizione è che io limito non solo i produttori di televisione, ma anche i consumatori. Bisogna privare il consumatore del suo piacere? Si tratta dello stesso principio: bisogna privare di una quota di piacere l'uomo che ha comprato un'automobile che corre a 300 all'ora? Sì, se il suo piacere costituisce un pericolo per gli altri. Lo stesso si può dire per la violenza in televisione. Certi guidatori potrebbero non avere incidenti a 300 all'ora anche attraversando una città. 
    Si potrebbe dire che essi, a differenza di altri, non costituiscono pericolo. Ma la legge deve avere una certa universalità. Non si possono fare dei test alla gente e dire all'uno: "La tua velocità massima deve essere di 70 Km all'ora" e all'altro "per te invece è di 200 Km all'ora". E' impossibile. Certe persone con il loro atteggiamento di rifiuto della violenza non diventerebbero pericolose anche se vedessero le peggiori cose alla televisione, mentre altri possono esserne influenzati. 
    Non si può negare che in molte vicende criminali, l'assassino è in grado di citare con precisione il film o il telefilm che gli ha fornito l'idea del suo delitto. E' un fenomeno abbastanza frequente, benché non succeda sempre. Ma è spesso possibile identificare il momento in cui l'idea di un delitto o della violenza è stata suggerita al suo autore.

Domanda 7: Sir Karl, il cinema non dovrebbe avere anch'esso una licenza, dal momento che come Lei sa, la maggior parte dei film che si vedono in televisione provengono dal cinema?

Risposta: E' proprio quello che io vorrei. Ma c'è una grande differenza. I bambini passano una parte considerevole del loro tempo davanti al video. Per loro la televisione è una parte importante della realtà. Non sono più in grado di distinguere tra ciò che vedono e la realtà. Ma c'è di più! Non ricordo più bene le statistiche relative, ma in America esse stabiliscono che parecchi ragazzi passano in media più di sei ore al giorno davanti al loro apparecchio televisivo. 
    E, se si considera che probabilmente restano in piedi per il doppio di questo tempo, se non si contano i pasti eccetera, questo equivale più o meno alla metà della loro vita. Io penso che il caso del cinema sia molto diverso, perché innanzi tutto bisogna prendersi la briga di andarci, e comunque ci si resta solo due ore o due ore e mezzo. Il problema della televisione è quindi più urgente.

Domanda 8: Perché lo ritiene più urgente?

Risposta: C'è una escalation nel modo di fare televisione. Le cose devono essere rappresentate sempre più forti, sempre più realistiche e orribili. Questa escalation è cominciata qualche anno fa. E dopo di allora le cose sono peggiorate continuamente. E' dunque estremamente urgente intervenire. E non vedo perché lo stesso argomento non dovrebbe valere per il cinema, i libri e i giornali. Secondo me esiste un solo metodo valido: quello della autoregolamentazione, dell'autocensura, non della censura. Gli irresponsabili devono essere ricusati dai loro colleghi. E' un metodo perfettamente liberale in una società retta dal diritto e non dal terrore. Ed è una cosa semplice, non ci trovo niente di complicato


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