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L’origine
dell’Anima secondo Pitagora
Pitagora (640-
Tratto dal libro: “Pitagora e i Misteri”
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I
neofiti ricevettero dal Maestro una quadruplice lezione, poiché da lui
appresero il segreto della dualità dell’essere umano, la psicologia
segreta, la pesata dell’anima e l’origine di essa.
a)
La nostra anima è imprigionata nel corpo, diceva il Maestro, formulando
questa regola col celebre adagio: «Sôma Sêma», «il corpo è una
tomba». Nel corpo, l'anima lotta costantemente contro le nostre
tendenze inferiori. L'essere umano è dunque duplice, è al tempo stesso
materia e spirito. Ognuno di questi elementi ha la propria originalità
e la propria natura caratteristica.
b) L'anima è composta da una particella di etere
caldo e da una di etere freddo; una di esse è eterna. La nostra anima
si nutre di sangue, e persino quelle dei morti ne bramano ancora la
vitalità: è così che si spiegano i fenomeni di ossessione, di
vampirismo, le apparizioni ed i fantasmi che certe persone hanno potuto
percepire. L'anima è legata al corpo dai bronchi, non dal cervello, ed
entra in noi col primo atto di respirazione, abbandonandoci all'ultimo
respiro. Di notte, acquisisce un'espansione maggiore, e durante il sonno
non si può spostare fino a distanze considerevoli. E’ in questo modo
che vengono spiegati i fenomeni di telepatia, di chiaroveggenza e di
premonizione.
La vita umana
partecipa del calore universale ed è in risonanza col sole, portatore
di vita; come la pioggia discende dal cielo, entra in terra e poi risale
verso il sole, per l'evaporazione del mare, allo stesso modo le anime
discendono dal cielo, entrano nella prigione della carne e risalgono
verso il Sole al momento della morte. Gli occhi sono le porte del Sole:
essi hanno in sé un elemento igneo ed emettono raggi che vanno a
cogliere l'oggetto esterno. Ciò spiega le immagini degli specchi. La
visione è possibile solo attraverso l'acqua e l'aria, che sono fredde.
La nostra voce è formata dall'etere freddo e invisibile.
Abbiamo in noi quattro vite successive, incastrate l'una dentro l'altra.
L'uomo è un minerale, perché ha in sé lo scheletro, formato da sali e
da sostanze minerali; attorno a questo scheletro è ricamato un corpo di
carne, formato di acqua, di fermenti e di altri sali. L'uomo è anche un
vegetale, perché come le piante si nutre, respira, ha un sistema
circolatorio, ha il sangue come linfa, si riproduce. E anche un animale,
in quanto dotato di motilità e di conoscenza del mondo esterno, datagli
dai cinque sensi e completata dall'immaginazione e dalla memoria. Infine
è un essere razionale, in quanto possiede volontà e ragione. Abbiamo
dunque in noi quattro vite distinte e dobbiamo quindi conoscerci quattro
volte. Il nostro motto deve essere quello del frontone del Tempio di
Delfi: «Conosci te stesso»; questo è l'ABC di ogni speranza.
d) Da dove
proviene la nostra anima? Secondo Cícerone, che riprende certe tesi
degli antichi, essa deriva dall'anima cosmica e si lega al corpo fisico
nel quale è caduta. L'anima è un numero che si muove per propria virtù
e cade in un determinato corpo seguendo una segreta affinità.
Qual è il
motivo di questa caduta? E’ per il suo bene, per il suo progresso, per
evolversi verso la perfezione e per ridiventare un giorno degna di
appartenere di nuovo alla sua patria celeste.
L'anima è
limitata dal corpo in cui è racchiusa, sia per quanto concerne la
conoscenza che per l'irraggiamento. Essa non può morire per rinascere:
è la dualità corpo-anima che perisce, per rendere possibile una
reintegrazione celeste grazie a questa rottura del legame che la vincola
alla terra. L'uomo muore nel senso che il suo corpo fisico ritorna alla
terra; la particella di etere caldo della sua anima sussiste per un
certo tempo dopo la morte, poi morirà a sua volta, e sarà questa la
seconda morte. Ma la particella di etere freddo è immortale e subisce
la legge delle peregrinazioni fino alla sua ascensione finale.
Queste sono, a
grandi linee, le lezioni che ricevevano gli Akousmatikoi.
Ancora una volta, il Maestro parlava loro per enigmi:
«E’ un crimine tirare i sassi contro le fontane» (Simb.7). La
fontana dà generosamente la sua acqua chiara a tutti, senza
discriminazioni o interesse. L'iniziato deve fare lo stesso. Non bisogna
mostrarsi ingrati verso coloro che illuminano il popolo, che servono i
loro simili con i consigli della loro saggezza; rispettiamo dunque i
nostri maestri perché sono i nostri benefattori.
«Non mangiare con la sinistra» (Simb. 8). La sinistra, per gli
antichi, era la mano del l'imperfezione, dei profitto disonesto. Non
accettiamo dunque nulla che provenga da una fonte impura.
«Non attizzare il fuoco con la spada» (Ak. 5). Non eccitiamo un
essere in collera, ma piuttosto calmiamolo con parole dolci o con. soave
armonia. La collera è una malattia che l'armonia può guarire,
ristabilendo l'ordine turbato.
«Non portare l'immagine di un Dio su un anello» (Ak.9). Bisogna
saper tacere e non parlare a tutti gli argomenti elevati. Non gettiamo
ai porci le perle dell'iniziazione.
«Semina la malva senza mangiarla» (Ak. 13). Sii dolce con gli altri
ma non con te stesso.
«Non spezzare il pane» (Ak. 24). Non essere avaro. Gli antichi
dividevano il pane in quattro parti, con una croce intagliata al centro.
Diamo agli sfortunati con larghezza e non con parsimonia.
«Allontana
da te la spada affilata» (Ak. 40). Evita i violenti, i collerici, i
maldicenti.
«Onora la toga, lo scanno, il Ternario» (Ak. 53). Rispetta la
gerarchia, l'autorità legittima, l'armoniosa organizzazione del mondo.
Infine,
segnaliamo che gli universalmente noti Versi Aurei si aprono con
l'invito a riconoscere la gerarchia che domina il mondo e alla quale il
Miste deve rendere il giusto omaggio.
«Prima
d'ogni altra cosa, rendi agli Dèi immortali il culto consacrato;
rispetta Colui che protegge i giuramenti e gli eroi pieni di nobiltà.
Onora infine gli spiriti sotterranei offri loro i sacrifici tradizionali»