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Giovanni
Pico della Mirandola
Marco Sommaria – dal libro
“Ribelli: 1000-2000 un lungo millennio”
In contrapposizione
con la concezione che si fonda sull'esigenza religiosa dell'animo umano,
nell'Italia del Quattrocento si sviluppa un grande movimento culturale
che rivaluta la figura dell'uomo nel mondo: si passa dalla centralità
di un dogma religioso a quella dell'essere umano.
Questo movimento umanistico è
pluridisciplinare. Si occupa di architettura, arte, letteratura,
politica, scienza, storia e altro ancora. E’ quasi esclusivamente
laico e si sviluppa soprattutto a Firenze. In questo periodo si
riscoprono i classici greci e latini; opere finalmente ripulite dalle
interpretazioni forzate e dagli errori di trascrizione dei manoscritti
compiuti in precedenza. Da questa riscoperta si rivalutano i valori
laici e mondani della vita: la riaffermazione della responsabilità e
del libero arbitrio di ogni individuo, che va a sostituire la casualità
capricciosa della fortuna; la valorizzazione della bellezza e
funzionalità del corpo umano, anche come fonte di piacere fisico da
tempo colpevolizzato dall'ideologia la celebrazione della vita attiva.
Nella
prima metà del Quattrocento si afferma un Umanesimo civile. Durante
questi anni gli umanisti partecipano attivamente alla gestione della
politica di Firenze - nelle altre città non è possibile, vista
l'affermazione delle signorie. Invece, nella seconda metà del secolo -
quando s'impone la signoria dei Medici - prende vita un Umanesimo
filosofico. Al secondo filone di questo movimento culturale appartiene
Giovanni Pico della Mirandola.
Giovanni nasce da famiglia principesca nel castello dei signori di
Mirandola e Concordia, a Modena, nel 1463. Rivela precocemente una
straordinaria capacità di apprendere. Studia diritto canonico a
Bologna, ma a quattordici anni lo abbandona per filosofia e lingue. Una
carriera folgorante lo porta a Firenze, Padova, Parigi e Firenze.
Scrive
Conclusiones philosophicae, cabalisticae et theologicae (1486),
in cui espone il suo pensiero filosofico costituito da 900 tesi tratte
da fonti eterogenee. Prepara l’opera per un convegno che vuole
organizzare con i dotti dell'epoca. Il suo scopo è quello di giungere
ad una universale concordia fra tutte le filosofie e religioni. Progetto
che, però, va in fumo a causa dell'intervento di Papa Innocenzo VIII.
Infatti, una Commissione nominata apposta dal pontefice per giudicare le
tesi pichiane arriva alla conclusione che sette sono offensive o
eretiche e sei infondate.
Innocenzo, per non sbagliarsi, vieta la stampa e la lettura di tutte. Il
filosofo difende la sua posizione, ma è costretto a fuggire in Francia
per evitare la persecuzione ecclesiastica. Il papa, una volta avuta la
notizia dell'allontanamento di Pico, diffonde la notizia della condanna
delle sue tesi e ne ordina l'arresto - cosa che avviene dalle parti di
Lione. La prigionia, grazie alle sue amicizie fiorentine, dura solo un
mese.
Su
invito di Lorenzo de Medici detto il Magnifico, si stabilisce
definitivamente a Firenze.
Denuncia
il degrado a cui è giunto l'umanesimo a lui contemporaneo. Il suo
saggio De hominis dignitate (la dignità dell'uomo) è
considerato un manifesto dell'Umanesimo. Pico immagina che Dio, dopo
aver creato il mondo e i suoi abitanti, pensa di dar vita all'uomo -
culmine della sua opera - senza destinargli un ambiente preciso. E’
l'uomo, completamente libero di scegliere, che deve trovarsi una
collocazione di proprio gradimento. Scrive: “Perciò
assunse l'uomo come opera di natura indefinita e postolo nel centro
dell'universo così gli parlò: "Né determinata sede, né un
aspetto tuo peculiare, né alcuna prerogativa tua propria ti diedi, o
Adamo, affinché quella sede, quell'aspetto, quelle prerogative che tu
stesso avrai desiderato, secondo il tuo volere e la tua libera
persuasione tu abbia e possieda. La definita natura degli altri esseri
è costretta entro leggi da me stabilite, immutabili; tu, non costretto
da nessun limitato confine, definirai la tua stessa natura secondo la
tua libera volontà, nel cui potere ti ho posto.
Ti
ho collocato al centro dell'universo affinché più comodamente,
guardandoti attorno, tu veda ciò che esiste in esso. Non ti ho fatto né
celeste né terreno, né mortale né immortale, affinché tu, quasi
libero e sovrano creatore di te stesso, ti plasmi secondo la forma che
preferirai. Potrai degenerare verso gli esseri inferiori, che sono i
bruti, potrai, seguendo l'impulso dell'anima tua, rigenerarti nelle cose
superiori, cioè in quelle divine".
Ad un mondo
naturale governato da leggi immutabili stabilite da Dio si contrappone
l'essere umano, che ha facoltà di decidere se scadere a livello dei
bruti oppure fondere il proprio spirito con quello divino. Per Pico
della Mirandola l'uomo non ha una sua natura, ma può realizzarla con
l'azione. Quindi, può crescere. migliorare, trasformare il mondo e se
stesso senza limiti. E insieme l'evoluzione umana.
Negli ultimi anni della sua
breve vita si scaglia contro gli astrologi che fanno derivare gli eventi
dagli influssi astrali. Qui Pico vede distrutta ogni possibile libertà
umana da lui sempre sostenuta. Probabilmente la stessa cosa che provo io
quando faccio zapping sulle TV locali. Per contro è favorevole alla
magia, nella quale vede per l'uomo uno strumento di controllo della
natura.
Nel 1493 papa Alessandro VI, succeduto a Innocenzo VIII, assolve Pico da
ogni nota di eresia.
Dopo tredici giorni di febbri misteriose e dolorose - per cui si parlerà
di un possibile avvelenamento Giovanni Pico muore nel convento
fiorentino di San Marco. E’ il 1494.
Poco prima della sua morte si era avvicinato alla predicazione di
Girolamo Savonarola.
Curiosità: la sua memoria era tale che dopo la lettura di un poema
poteva recitarlo anche cominciando dal suo ultimo versetto.
Nel