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Petrolio di guerra
Mario Capanna – tratto da «QN quotidiano nazionale» 24 agosto 2004

Petrolio alle stelle – politica alle stalle. Tranquilli, ci dicono: l’impennata dei prezzi del greggio non è dovuta a speculazioni, l’offerta non riesce a soddisfare la domanda, insomma si tratta di un fatto «oggettivo». Ma dai, come si fa a berla?
Dato di fonte ONU: delle migliaia di miliardi di dollari, movimentati e scambiati nel mondo ogni giorno, il 95 per cento è impiegato in speculazioni e arbitraggi, nell’immenso gioco di fluttuazioni dei cambi e di manovre sui differenziali dei tassi d’interesse; solo il 5 per cento riguarda scambi commerciali o transazioni economiche reali. Dunque: il denaro usato per moltiplicare denaro con cui fare altri soldi, strozzando l’economia reale su scala planetaria. Allucinante.
Tutti ricordiamo qual era lo schema iniziale: si invade l’Iraq, secondo produttore mondiale di greggio e, una volta accolti come «liberatori», in breve tempo pomperemo oro nero a iosa con beneficio universale.
I conti non sono tornati: a parte le menzogne con cui si è cercato di motivare l’attacco, la guerra si sta incancrenendo, i sabotaggi agli oleodotti si susseguono e universale è divenuto non il beneficio, ma l’incertezza.
Destinata peraltro al aumentare, come è facile constatare, grazie al terrorismo di stato che favorisce la reazione simmetrica. Il petrolio è divenuto un propellente essenziale di questa spirale perversa. Usato per fare la guerra, alimenta la guerra. Se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che dei mentecatti non avrebbero potuto produrre un risultato più devastante. Affidato il mondo alla guerra, una delle conseguenze è che paghiamo salato il petrolio di guerra. Gli speculatori ringraziano. Che cosa aspettano le associazioni dei consumatori a proclamare uno sciopero dell’auto? Circoliamo a piedi e con i mezzi pubblici. Ce ne gioveremmo anche in salute.


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