Perché stai mangiando
così?
Michele Riefoli,
per gentile concessione di “Scienza e Conoscenza”, nr. 49
I meccanismi psichici e i condizionamenti che ci spingono ad abbuffarci o ad esagerare con il cibo
Già!
Una bella domanda. Perché stiamo mangiando? E soprattutto, perché spesso
mangiamo male e troppo? Si tratta semplicemente di abitudini scorrette e quindi
dell’incapacità di uscire da schemi già acquisiti? Oppure ci sono delle
motivazioni psicologiche che inducono ad avere un rapporto col cibo conflittuale
e compulsivo? Le cause di questi problemi sono di natura fisica o mentale?
Le risposte non sono sempre scontate. In realtà siamo obbligati a mangiare per
la necessità di garantire tutte le normali funzioni dell’organismo. L’uomo però,
a differenza di tutti gli altri animali, mangia anche per ragioni che vanno
oltre la mera sopravvivenza, e così accade qualcosa che non sfugge
all’osservazione: mangiamo troppo!
Infatti, le statistiche raccontano che in Italia più del 50% della popolazione è
in sovrappeso oppure obesa. Evidentemente c’è qualcosa che spinge le persone a
mangiare più di quello che consuma e dato che siamo tutti quanti soggetti a
condizionamenti, ci troviamo a fare i conti con meccanismi fisici, mentali e
sociali che spesso impediscono una relazione con il cibo naturale ed
equilibrata.
Meccanismi fisici che ci spingono a mangiare troppo
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Mangiamo troppo perché mangiamo male
Cibi
raffinati, conservati industrialmente, poveri di nutrienti, ricchi di grassi e
zucchero determinano uno stato di malnutrizione di fatto, anche quando dovessimo
essere sazi e persino grassi. Tutto ciò anche a causa di una flora batterica
intestinale squilibrata che non riesce più a svolgere le sue importanti funzioni
di assorbimento selettivo dei nutrienti, perché non riceve sufficiente fibra
vegetale, ciò di cui si nutre prevalentemente. Vitamine, enzimi, antiossidanti,
sali minerali e oligoelementi, sono i micro-nutrienti necessari al nostro
organismo per ottenere salute e benessere di lunga durata. Se questi elementi
vengono a mancare, i centri nervosi della fame restano in costante eccitazione e
spingono a comportamenti alimentari compensatori: in altre parole pur mangiando
in abbondanza si ha sempre fame. Viceversa, con un'adeguata alimentazione ben
pianificata e bilanciata sul piano nutrizionale, basata su frutta e verdura,
ortaggi ed altri cibi vegetali integrali, freschi, ricchi di nutrienti e vitali
perché consoni alla nostra natura, l’organismo è soddisfatto e i centri nervosi
della fame si placano ottenendo un senso di sazietà duraturo che ci consente di
stare bene in salute e di non essere più ossessionati dal cibo a tutte le ore.
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Cibo dolce e
ciclo mestruale
Ci sono
molte donne che in prossimità del ciclo mestruale avvertono un irresistibile
desiderio di cibo dolce. Questo accade perché in quelle circostanze aumenta il
metabolismo degli zuccheri e quindi il consumo di glucosio da parte
dell’organismo, che ne fa maggiore richiesta. La soluzione salutista è fornire
al corpo zuccheri sani e naturali come quelli della frutta dolce e matura. In
questo modo si evita di buttarsi a capofitto su cioccolato, gelati e su altri
generi “di conforto”, con piena soddisfazione dei bisogni del corpo.
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Mangiare per
abitudine o perché è giunta l’ora.
Spesso la
gente mangia per abitudine. Il più delle volte perché è l’ora di farlo.
Bisognerebbe aspettare di avere appetito prima di mangiare. Ci sono persone,
invece, che quando giunge l’ora del pranzo o della cena, se non possono mangiare
subito, si fermano come se avessero le pile scariche, oppure si innervosiscono
molto.
Per ovviare a questo problema il consiglio è di effettuare diversi
spuntini fra il pranzo e la cena, preferibilmente a base di frutta, in modo tale
da non arrivare mai al limite del calo di zuccheri.
Inoltre, per non drammatizzare troppo l’attacco di fame, è anche bene
riflettere sul fatto che l’organismo quando riceve il cibo certamente non è in
grado di utilizzare immediatamente l’energia in esso contenuta. Infatti gli
alimenti devono essere prima digeriti e assimilati e tali operazioni possono
richiedere diverse ore. Ma allora, quando dopo mangiato ci sentiamo subito
meglio e in forze, che cosa ci ha tirato su? Ci avete mai pensato? Il nostro
immediato stare bene non può dipendere da quell'energia. E in effetti, chi sta
bene ed è in buona salute, se lascia passare il momento, se resiste un attimo
all’attacco di fame, scopre che poi la fame passa, e le energie tornano
ugualmente.
Così quando rientrate a casa dal lavoro e vi innervosite perché la cena
non è ancora pronta, potete dire mentalmente al vostro corpo di cominciare a
consumare le riserve di energia che sicuramente ci sono nel pannicolo adiposo
(ciccia) e intanto bevete un bel bicchiere d’acqua oppure una buona tisana,
tutt’al più nell’attesa sgranocchiate un gambo di sedano o una carota, oppure
mangiate un frutto prima di uscire dall’ufficio. Vedrete che la serata prenderà
subito un’altra piega.
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Mangiare per non
sentire il vuoto allo stomaco
Molte persone
confondono la percezione di un disagio nella zona dello stomaco con lo stimolo
della fame. C’è chi sente un “vuoto”, chi avverte dei fastidiosi gorgoglii,
altri delle contrazioni addominali, altri ancora raccontano di avvertire una
specie di tremore interno. Non è normale avvertire un disagio ogni volta che lo
stomaco è vuoto. Se così fosse sarebbe il segnale di qualcosa che non va e
bisognerebbe scoprire cosa. Potrebbe trattarsi di problemi di stomaco dovuti
alla presenza di Helicobacter pylori, a un eccesso di peristalsi dovuta a
stress, a fermentazioni attribuibili al pasto precedente e altro ancora. Avere
appetito non è una malattia, ma il desiderio fisiologico necessario a orientare
una persona alla ricerca di cibo per nutrire il corpo.
Meccanismo psichici che ci spingono a mangiare troppo
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Mangiare per compensare carenze affettive o un dispiacere
Mangiamo troppo
anche per compensare qualcosa a livello psichico? Sembra proprio di si! Mangiamo
in eccesso, per esempio, quando viviamo delle insoddisfazioni, delle perdite o
delle frustrazioni. Una storia d’amore è finita? Una persona cara ci ha lasciato
per sempre? Immediatamente sentiamo che dentro di noi si è rotto qualcosa. Chi
non ha avvertito almeno una volta quel senso di vuoto accompagnato da una gran
rabbia o dalla voglia di piangere? Poi, pian piano, arriva la rassegnazione. In
molti casi la persona reagisce e riprende a vivere, in altri rimane un latente
stato di tristezza e apatia che se non si risolve può diventare cronico.
A questo punto entra in scena il cibo. Come una sorta di farmaco
antidepressivo riesce effettivamente ad alleviare i sintomi del dispiacere, ma
attenzione, non li cura. Non si può curare veramente una depressione di origine
emozionale con torte e bomboloni alla crema.
- Mangiamo
troppo per automatismi della mente inconscia
Dalla mia
ricerca (Il
rapporto mente-cibo,
Armando 2005)
ho potuto
osservare che molte persone con disturbi del comportamento alimentare
(sovrappeso, obesità bulimia) hanno in realtà problemi associati a
insoddisfazione sessuale, a conflitti irrisolti con i genitori, a gravi problemi
di autostima.
I problemi sessuali generano conflitti con se stessi e il partner e spesso
inducono sentimenti d’inadeguatezza e senso d’impotenza, che a volte si
traducono in fame compulsiva.
Ma il bisogno di riempire lo stomaco in modo eccessivo può nascere anche da
memorie che si attivano nella mente inconscia, la quale può contenere esperienze
vissute dai propri genitori o avi che hanno storie familiari di miseria e di
stenti economici. La persona è riuscita a conquistare una migliore posizione
sociale grazie al duro lavoro e quindi tende a esorcizzare con una quantità di
cibo fuori misura un possibile ritorno all’indigenza. Così mangia, mangia,
mangia, come per continuare a dire a se stesso e al mondo: “non sono più poveri,
guardate quanto cibo c’è in tavola”.
Lo stesso può accadere alle persone con avi che hanno vissuto la fame e la
denutrizione nei campi di prigionia durante la guerra o a causa di eventi
naturali come le carestie, la siccità, le epidemie o per lunghi periodi di
malattia. I discendenti ereditano per via epigenetica questi modelli di
comportamento nati da un'esperienza che nemmeno è loro, ma di cui diventano i
nuovi depositari.
Altro meccanismo mentale molto frequente è quello del “copiare” la voglia o
il bisogno di mangiare di altre persone a cui siamo in qualche modo
energeticamente collegati (parenti, amici, colleghi).
Se dovessero attivarsi questi meccanismi, la soluzione è riconoscere il
meccanismo in atto ed essere disposti a “lasciare andare” ciò che non è nostro e
che viene ripetuto in automatico dalla mente inconscia.
Meccanismi sociali che inducono a mangiare troppo
Chi
non si è mai sentito costretto a mangiare almeno una volta? “Se non
finisci quello che hai nel piatto non ti alzi da tavola”– disse quella volta la
mamma, per non parlare del più esplicito “mangia, altrimenti prendi le botte”. E
che dire di tutte le volte che volevamo avanzare del cibo per rispettare il
nostro senso di sazietà, e ci siamo sentiti dire: “non si lascia nulla nel
piatto, ci sono i bambini in Africa che muoiono di fame”. Non immaginiamo quanti
schemi mentali sul cibo nascono nell’infanzia. “Se fai il bravo ti compro il
gelato” (cibo come premio) è un classico.
Poi ci sono persone, soprattutto fra i giovani, a cui occasionalmente piace
farsi notare. Il bisogno di attirare attenzione ed essere accettati e
riconosciuti per essere capaci di qualcosa di straordinario o di diverso, spinge
alcuni ad adottare comportamenti alimentari esagerati.
Può accadere in una festa o nelle cene con amici, difficilmente a casa da soli, perché se non ci si può far notare da nessuno che senso avrebbe abbuffarsi? Costoro non sono bulimici, e a differenza di questi ultimi desiderano essere visti e considerati dei simpatici mangioni. In genere si tratta di soggetti con scarsa autostima.
Altro aspetto molto comune e che spesso mangiamo per far contenti gli altri. L’abbiamo imparato fin da piccoli, quando mangiare rendeva contenti la mamma, il papà, i nonni. “Dai, assaggiane almeno un pochino, fallo per me”. “Ho preparato il dolce apposta per te”. Se da bambini siamo stati indotti da un input affettivo a mangiare anche quando non ne sentivamo il bisogno, da adulti, ogni volta che qualcuno offrendoci del cibo vorrà esprimere un sentimento di amore o di amicizia, noi non sapremo resistere. Questo schema mentale che sfrutta il meccanismo della similitudine, farà leva sul concetto secondo cui se il cibo è amore, come posso rifiutare? “Dai mangia amore mio, l’ho fatto per te”. Sentite come suona? Chi riuscirebbe a dire di no?
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Mangiare intanto che si guarda la tv.
È stato
osservato che consumando i pasti davanti alla tv si mangia circa il 20% in più.
Molti si riconosceranno in questo dato per esperienza. Mangiare davanti alla tv
accesa porta spesso a distrarre il proprio istinto, a non avvertire il senso di
sazietà e a mangiare più del necessario.
Chi ha problemi di peso a causa di questa abitudine, dovrebbe aumentare
la quota di cibo crudo (frutta e verdura, cereali germinati, semi oleosi non
tostati) e spegnere il televisore.
- Mangiare per
socializzare
Siamo animali
sociali anche se non sempre socievoli. Una pietanza ben preparata è buona, ma in
compagnia, chissà perché, è ancora più buona. Condividere il piacere di mangiare
stando insieme alle persone con cui ci troviamo bene è un fatto naturale, un
piacere che fa bene. Attenzione però a non ubriacare l’istinto con un'atmosfera
capace di farci accettare anche il piacere che fa male con troppa leggerezza. Il
cibo non è solo socialità ed affettività, ma, che ci piaccia o no, è anche
biochimica, molecole e sostanze che se non hanno un impatto positivo sul corpo,
ce l’hanno certamente negativo, mai neutro. Il cibo è ciò che siamo e che
saremo, perché si trasforma letteralmente nel nostro sistema mente-corpo.
Possiamo scegliere liberamente di godere del cibo insieme ad altri, sapendo bene
che non conviene affatto adottare modelli alimentari lesivi della salute. Quando
c’è la salute c’è tutto!
Concludendo, mangiamo per tanti motivi e molti di essi inducono a eccedere con il cibo con conseguenze sulla salute. Il benessere non è una scienza esatta, ma è un’arte. L’arte di saper stare in equilibrio nonostante gli innumerevoli fattori che cercano di destabilizzarci. Diventare consapevoli di tutto ciò che condiziona il nostro comportamento alimentare è il primo, ma necessario, passo per trovare armonia e forza interiore, equilibrio e benessere psico-fisico duraturi.
Articolo pubblicato per gentile concessione della redazione di
Scienza e Conoscenza
Tratto da
Scienza e Conoscenza n. 49 (luglio/settembre 21014)