Discorso Avv.
Paola Musu conferenza 14 dicembre 2013
Roma – Hotel dei Congressi
Voglio introdurre il mio intervento con una frase di John Maynard Keynes: “Le parole devono essere un po’ selvagge, perché sono l’assalto della ragione contro l’irragionevolezza”.
Vediamo quanto le
mie parole riusciranno ad essere “selvagge”.
Io sono indignata, sono molto indignata; e la mia indignazione nasce dal
profondo rispetto che nutro per lo Stato e le sue Istituzioni, che però
vanno ben distinti dagli uomini che medio tempore si ritrovano a
rappresentarli o ad esserne investiti.
Ricordiamoci che
il legislatore costituente ha previsto la messa in stato d’accusa non
solo della più alta carica dello Stato, ma anche dell’intero esecutivo:
dov’è il Parlamento, oggi, dov’è la magistratura, sia quella ordinaria
che quella speciale!
Il Parlamento latita, la magistratura latita.
Questa non è la
Terza Repubblica, questa è la Notte della Repubblica, se non addirittura
la morte della Repubblica!
Perché si aprono d’ufficio fascicoli di indagine, per ipotesi che
definirei “bagatellari”, o la Procura della Corte dei Conti solleva
d’ufficio l’eccezione di incostituzionalità per la legge sul
finanziamento pubblico ai partiti e non accenna a sollevarla per tutti
quei trattati, regolamenti, direttive, decisioni di fonte comunitaria,
sino ad arrivare al recente decreto legge sulla parcellizzazione e
vendita (ma direi svendita) della Banca d’Italia (e dell’oro che era
dello Stato italiano e che alla stessa fa capo) per effetto dei quali si
è creata e si sta alimentando una voragine incolmabile nei conti dello
Stato, con serio pericolo per la stessa tenuta dell’assetto
istituzionale e per l’indipendenza e il libero esercizio delle funzioni
degli organi costituzionali dello Stato?
Sto parlando
dell’indipendenza e della sopravvivenza dell’Italia come Stato!
E perché, sempre la Procura della Corte dei Conti, non fa in modo di
scoperchiare quell’ enorme vaso di Pandora che riguarda: “atti, studi,
analisi, proposte e relazioni che riguardano la posizione italiana
nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria e sulla
politica creditizia e finanziaria”; atti preparatori del Consiglio della
Comunità europea”; “atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni,
proposte, programmi, elaborazioni e comunicazioni sui flussi finanziari
di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato,
sull’evoluzione, la consistenza, la gestione, il risanamento del debito
pubblico (…)”; “atti, anche preparatori, relativi alla emissione (…) di
titoli di Stato (…)”, e potrei continuare: tutti atti cui è stato
apposto il divieto di accesso con Decreto ministeriale n.561 del 1995,
in deroga alla Legge n.241/1990 ?
Perché non
interviene per verificare cosa è successo e cosa sta succedendo!
Perché nulla hanno fatto a seguito delle dichiarazioni rilasciate da un
Senatore della Repubblica (il Senatore leghista Garavaglia) nell’ottobre
del 2012, in una conferenza a Sant’Ambrogio, circa il ricatto subito dai
parlamentari, ai fini del voto di fiducia all’insediando governo Monti,
da parte degli ispettori della BCE e di Bruxelles ?
Dov’è finito lo
Stato? Ma, soprattutto, cos’è lo Stato?
Lo Stato è il Popolo e questo binomio è tenuto insieme dal Diritto. Al
tempo stesso, la sussistenza di tale unione è garantita dalla Libertà,
la quale esiste solo se e quando la Sovranità, ossia il sommo potere,
appartiene al Popolo: se viene meno il Diritto, viene meno lo Stato. Se
manca la Libertà, la degenerazione è verso l’oligarchia o la tirannide.
Se oggi siamo in
questa situazione è perché è caduto in disuso il Diritto ed è venuta
meno la Libertà.
Questo è Cicerone, questi sono i principi cardine dello Stato moderno
contemporaneo, che trovano il loro fondamento nella tradizione giuridica
romanistica: DIRITTO ROMANO, NON ANGLOSASSONE! Lo ripeto: DIRITTO
ROMANO, NON ANGLOSASSONE!
Che qualcuno lo ricordi a quei presunti “saggi” che dovrebbero fare da
consulenti per la modifica della Costituzione.
Quella Carta non si cambia a piacimento! Nessuna norma di revisione
costituzionale può essere in contrasto con i principi fondamentali di
quella Carta, pena la modifica della forma Repubblicana dello Stato, che
è immodificabile ex art. 139 Cost.
La modifica
dell’art. 81, ed articoli correlati, con l’introduzione dell’obbligo del
pareggio di bilancio, è incostituzionale, così come è incostituzionale
il preteso tentativo di subordinare in via costituzionale il diritto
interno a quello comunitario, senza tener conto di quei principi, come
hanno fatto modificando l’art.117 Cost. nel 2001.
E tra quei principi, vi sono quelli che delineano la parte “economica”
della stessa.
L’euro, e le politiche ad esso correlate, sono concepiti nell’ambito del
contesto del pensiero economico di impronta liberistica, con
esasperazione del principio della libera concorrenza. La Costituzione,
tuttavia, non cita mai il termine “concorrenza”, parla piuttosto di
“programmazione economica”, nell’obiettivo più alto e finale del
rispetto e della salvaguardia della DIGNITA’ SOCIALE (quella che oggi
viene costantemente e da troppo tempo calpestata), in un equilibrio
perfetto di sintesi tra ampio spazio e garanzia della libera iniziativa
economica privata e intervento pronto dello Stato a correzione delle
possibili degenerazioni della concorrenza. Questo perché la concorrenza
viene considerata un fenomeno da controllare e non concepita come
principio fondante dell’economia e dei rapporti economici. Ciò in quanto
consapevoli del fatto che la libera concorrenza elevata a dogma e, con
essa, l’affermazione del principio dell’assenza di regole (nel mercato),
equivale in realtà all’affermazione di un’unica regola: la legge del più
forte!
Sto parlando degli
articoli 41, 42 e 43 e seguenti e 2, 3, 4 della Costituzione!
Quella sintesi non fu solo teorica, ma messa in pratica sino agli anni
“70.
Le cessioni di sovranità operate con la sottoscrizione di quei trattati,
nonché con quelle direttive, decisioni, regolamenti di fonte
comunitaria, sono incostituzionali, oltre che per la violazione
dell’art. 1 e dell’art. 11 della Costituzione, anche in quanto adottati
in aperta violazione degli articoli 41, 42, 43 e seguenti della
Costituzione.
L’euro, e le politiche economiche e monetarie allo stesso collegate,
sono diretta emanazione della fede totalitaria nel credo liberistico: la
fede liberistica elevata a dogma (citando l’espressione di Maurice
Allais, fisico ed economista francese poco noto ai più, ma premio Nobel
per l’economia nel 1988 e liberista “pentito”).
L’euro è un triste
miraggio, una sciagurata utopia: la BCE per Trattato e Statuto ha come
unico obiettivo la stabilità dei prezzi, non la crescita. La sua
politica monetaria, in forza dei trattati, condiziona anche la politica
economica dell’Unione, che di diritto e per diritto le è subordinata;
può emettere decisioni che obbligano direttamente e immediatamente gli
Stati (si pensi all’effetto della famigerata lettera a firma di Trichet
e Draghi) e al contempo non può essere controllata da alcun’altra
istituzione europea (ciò per il principio di totale indipendenza delle
banche centrali, di stampo liberista) e tantomeno dagli Stati.
Salvo che non si faccia riferimento alle quote di partecipazione, che
vedono, con il 18%, il predominio della Germania, per il tramite della
Bundesbank.
E
sull’indipendenza della BCE mi preme un appunto: il noto economista e
premio nobel per l’economia Stigliz, nel corso di una lezione tenuta
alla Columbia University nel gennaio 2012, ha dichiarato che la BCE, in
realtà, è sottoposta ad ordini esterni di privati, in particolare
dell’I.S.D.A. (un’associazione che raggruppa i principali investitori
mondiali in derivati).
Questo non è un fatto sorprendente per lui: fa notare, infatti, che
tutte quelle istituzioni che non sono assoggettate a controllo
democratico, tendono a cadere sotto il controllo di interessi
particolaristici e privati.
È evidente che se la BCE controlla la politica monetaria e, per il
tramite della stessa, la politica economica degli Stati europei (ivi
incluse le politiche di bilancio ed in definitiva la politica dei
governi), e la BCE a sua volta è controllata da interessi alla stessa
esterni, le conseguenze sull’integrità e indipendenza dello Stato sono
innegabili.
Le stesse
privatizzazioni degli anni ’90, nonché quelle in corso di realizzazione,
ivi comprese banche ed enti pubblici, oltre a presentare seri dubbi di
costituzionalità, sono anche dubbie quanto ad effetti: dobbiamo
ricordarci che l’Italia sostenne l’impatto della crisi del’29 grazie al
modello IRI. Quello stesso modello che fu importato da Roosvelt nel New
Deal. Perché dobbiamo ricordarci che il New Deal non fu una geniale
intuizione del Presidente americano: Roosvelt inviò i suoi consulenti in
Italia a studiare il “modello IRI”, che poi importò negli Stati Uniti.
Ed è su quel modello che Orban in Ungheria sta risollevando lo Stato.
Chi ha la moneta ha il potere: l’essenza di questo concetto è che
l’enorme fonte di approvvigionamento di risorse finanziarie legata
all’emissione (stampa) della moneta, nell’ambito di una concezione etica
dello Stato (che nulla ha a che fare con derive filosofiche legate al
concetto dell’”etica”, ma che identifica semplicemente lo Stato con il
Popolo, nel pieno rispetto del Diritto e della Libertà del Popolo),
quelle risorse devono spettare solo allo Stato.
Lo stesso
economista Maurice Allais ricorda che in questo modo l’imposizione
fiscale diretta verrebbe ridotta quasi a zero.
E di questo era ben consapevole in Ministro Andreatta quando nel 1981
inaugurò la nuova fase della politica monetaria portata avanti dalla
Banca d’Italia: lo stesso Andreatta lo riconobbe a dieci anni di
distanza in un articolo a sua firma de Il sole 24 Ore del 1991. In
quell’articolo, l’ex ministro ammise che per effetto di quella “virata”
i ministri del Tesoro si trovarono privi delle risorse finanziarie a
loro necessarie ed il debito pubblico schizzò alle stelle
Il problema chiave
del debito non è la spesa pubblica, ma il fatto che lo Stato è stato
privato delle risorse finanziarie che derivano dall’emissione della
moneta, nonché, in definitiva, della stessa moneta e degli strumenti
legati alla gestione della stessa, come la svalutazione competitiva:
l’unica possibilità che hanno di reperire le risorse che gli sono
indispensabili è quella di rivolgersi alla tassazione o
all’indebitamento sui mercati finanziari (con notevoli vantaggi per
questi ultimi).
E difatti: con le politiche di austerity il debito è cresciuto dal 120%
al 130%.
C’è qualcosa che non va, così come c’è qualcosa (molto) che non va in
certi meccanismi (come il MES) che vorrebbero “salvare” gli Stati dal
debito indebitandoli di più, o che vorrebbero renderli virtuosi
affossandoli nella spirale del debito (fiscal compact).
A questo si aggiungono gli inevitabili squilibri determinati da un’area valutaria come quella concepita per l’euro: il recente rapporto del Tesoro USA evidenzia come la Germania, comprimendo la domanda interna e sfruttando la competitività raggiunta sui salari ai fini dell’esportazione, non favorisce il riequilibrio dei rapporti delle bilance dei pagamenti con gli altri paesi dell’area euro. Più semplicemente: il problema della Grecia, dell’Italia, della Spagna e degli altri paesi del Sud Europa (ma ora anche della Francia), causato dalla mancata disponibilità di quelle risorse di approvvigionamento di cui parlavo, viene accentuato dal fatto che si è creato un inevitabile squilibrio tra un eccesso di importazioni, rispetto alle esportazioni. L’eccesso di importazioni, con il conseguente deflusso di liquidità allo stesso collegato, ha costretto questi stati ad indebitarsi per procurarsi la liquidità di cui necessitavano e di cui non potevano più disporre.
Ciò che deve
essere chiaro è che esiste una contraddizione in termini, fondamentale
ed eclatante, tra obiettivi e principi proclamati e sbandierati in varie
parti della normativa comunitaria, e dalla propaganda europeistica, e la
prova dei fatti. Non solo, ma esiste un fondamentale ed eclatante
contrasto tra i diritti umani ed il recepimento degli stessi nei
Trattati e le condizioni in cui sono ridotte le popolazioni, ai limiti,
anzi oltre i limiti dei crimini contro l’umanità.
Troppi dimenticano che vi è un principio imprescindibile di Giustizia,
che fa parte di quelle leggi non scritte, universalmente riconosciute, e
che vengono ben prima delle leggi scritte, dal quale non è ammesso
prescindere: alla fine chiunque dovrà renderne conto al proprio destino.
Io non sono
antieuropeista, io SONO EUROPEISTA, ma l’Europa che ho in mente è quella
di Adenauer, Schumann, De Gasperi: cooperazione tra Stati nella piena
salvaguardia e rispetto degli Stati, dei loro popoli e della loro
sovranità.
Questa è Europa, non populismo!
E nel nome e nel rispetto dell’identità di quei Popoli e del Popolo
Italiano, citando il verso dell’Inno nazionale concludo: CHE L’ITALIA
SIA DESTA!